Peter Handke |
Tutti contro il Nobel a Peter Handke
Le madri di Srebrenica, gli scrittori, gli editorialisti insorgono per le posizioni filoserbe del vincitore. E c'è persino chi chiede di ritirare il premio
Le madri di Srebrenica, riunite nel ricordare le vittime del genocidio serbo nella cittadina bosniaca, non ci stanno. Quel Nobel per la Letteratura a Peter Handke, lo scrittore austriaco che negli anni della guerra aveva difeso con toni apologetici le azioni del regime di Miloševic, arrivando a partecipare al funerale dell'ex leader serbo nel 2006, è davvero troppo. Uno schiaffo morale alle vittime, nell'anno del Nobel che doveva cambiare tutto e segnare la rinascita del comitato dell'Accademia svedese. Proprio dopo gli scandali sessuali che avevano fatto saltare per aria la scorsa edizione. E adesso, dichiara Munira Subasic, presidente dell'associazione Madri di Srebrenica: ritirate quel premio. Una posizione convidisa da una buona fetta della comunità degli scrittori, da Salman Rushdie a Jennifer Egan.
Perché Peter Handke non è solo l'autore della sceneggiatura de Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders, o delle posate riflessioni di Pomeriggio di uno scrittore (Guanda). E' anche l'opinionista che aveva parlato ironicamente della Serbia come del Paese che "tutti definiscono l'aggressore", fino a scrivere un libro, Un viaggio d'inverno ovvero giustizia per la Serbia (Einaudi, 1996), che già nel titolo dice tutto. Il premio Nobel per la Letteratura 2019 non ha mai ritrattato le sue posizioni filoserbe. Ha solo precisato, nell'intervista rilasciata ad Anais Ginori di Repubblica nel giorno della vittoria del premio: "Io parlo solo da scrittore. Le mie non sono posizioni politiche, non sono un giornalista". Comprensibili, perciò, le reazioni di chi la violenza del regimo serbo l'ha vissuta da vicino. Come l'ambasciatrice del Kosovo negli Stati Uniti, Vlora Çitaku, che ha scritto, sempre su Twitter: "Sono scioccata, è uno schiaffo a tutte le vittime del regime di Miloševic". O ancora, come il presidente kosovaro Hashim Thaci e il primo ministro albanese Edi Rama, che fanno sapere di essere entrambi a un tempo addolorati e disgustati dalla notizia, o infine come il sopravvissuto al massacro di Srebrenica Emir Suljagic, che risponde così ad un post dell'Accademia del Nobel:
Anche la comunità internazionale degli scrittori reagisce. "Siamo davvero sconvolti per la scelta di uno scrittore che ha usato in passato la sua posizione per minare la verità storica e offrire aiuto ai perpetratori del genocidio", ha detto la scrittrice Jennifer Egan, in qualità di presidente della Pen America, l'associazione no profit americana per la difesa della libertà di espressione. E ancora: "Rifiutiamo l'idea che un autore che ha ripetutamente messo in dubbio la realtà di crimini di guerra ben documentati meriti di poter essere celebrato per il suo "ingegno letterario".
Giudizi analoghi a quelle di Salman Rushdie, che già nel 1999, in un articolo uscito sul The Guardian e su Repubblica, aveva assegnato allo scrittore austriaco il titolo di "Scemo internazionale dell'anno", accusandolo di "fiancheggiare l'orrore". "Non ho nulla da aggiungere a quello che ho scritto in passato", ha detto Rushdie sempre al Guardian dopo aver saputo del Nobel a Handke, ricondividendo sul suo profilo Twitter l'annuncio di Pen American e accogliendo così la notizia del secondo premio assegnato dall'Accademia svedese (per l'anno precedente, il 2018) alla scrittrice polacca Olga Tokarczuk: "Festeggiamo la nostra vera vincitrice del Nobel".
Un punto di vista condiviso da molti commentatori. In un durissimo editoriale indirizzato, il Times sostiene che con questa scelta l'accademia svedese "si macchia di un disonore che non potrà mai più cancellare". Il filosofo sloveno Slavoj Žižek, sul Guardian, va oltre: "Questa è la Svezia di oggi: un apologista dei crimini di guerra prende il Nobel, mentre invece tutto il Paese ha partecipato all'assassinio di un vero eroe dei nostri tempi, Julian Assange".
E intanto è stata lanciata una petizione su Change.org per revocare il premio a Peter Handke, proprio come le Madri di Srebrenica. Nella spiegazione, si legge: "Una persona che difende un mostro come Miloševic come non merita di ricevere nemmeno il più semplice riconoscimento letterario. Figuriamoci un Nobel".
LA REPUBBLICA
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