venerdì 31 luglio 2020

Charles Perrault / Barbablù

Doré

Charles Perrault

Barbablù

C’era una volta un uomo, che avea belle case e belle ville, vasellame d’oro e d’argento, mobili ricamati, carrozze tutte dorate; ma per disgrazia quest’uomo avea la barba blù; e ciò lo rendeva così brutto e terribile, che non c’era donna o ragazza che non scappasse in vederlo.
Una sua vicina, una gran signora, avea due figlie bellissime. Egli ne domandò una in moglie, lasciandole la scelta di dargli questa o quella. Nessuna delle due lo volea, e se lo rimandavano l’una all’altra, non potendo risolversi a sposare un uomo con la barba blù. Un’altra cosa le disgustava, ed era ch’egli s’era già parecchie volte ammogliato, né si sapeva che n’era avvenuto delle diverse mogli.
Barbablù, per far conoscenza, le condusse con la mamma, tre o quattro delle migliori loro amiche e alcuni giovani del vicinato, in una delle sue ville, dove si fermarono otto giorni intieri. Passeggiate, partite di caccia e di pesca, balli, festini, banchetti, non si facea altro. Anzi che dormire, si passava tutta la notte a giocarsi dei tiri, a scherzare; tutto in somma andò così bene che la più giovane cominciò a trovare che il padron di casa non avea la barba tanto blù e che era un uomo proprio come si deve. Tornati appena dalla villa, il matrimonio fu conchiuso.
In capo a un mese, Barbablù disse alla moglie di dover fare un viaggio in provincia, di almeno sei settimane, per un affare di gran momento; si divertisse nell’assenza di lui, invitasse le amiche, le menasse se mai in villa, si trattasse sempre alla grande. “Ecco, le disse, le chiavi delle due grandi guardarobe, ecco quelle del vasellame d’oro e d’argento che non si adopera tutti i giorni, ecco quelle dei forzieri dove conservo l’oro e l’argento, quelle degli scrigni con le gemme, ed ecco il chiavino di tutti gli appartamenti: questa chiavetta qui è del gabinetto in fondo alla grande galleria dell’appartamento a terreno: aprite tutto, andate dapertutto: ma, quanto al gabinetto, vi proibisco di entrarvi, e tanto ve lo proibisco che se per poco lo aprite, non c’è nulla che non vi dobbiate aspettare dal mio furore.”
Ella promise di osservare appuntino gli ordini ricevuti; il marito l’abbraccia, monta in carrozza, e via.
Le vicine e le buone amiche non aspettarono che si andasse a prenderle per correre dalla giovane sposa, tanto erano impazienti di vedere tutte le ricchezze della casa, non avendo osato venirvi quando c’era il marito, perché aveano paura di quella sua barba blù. Eccole ora a correre, per le camere, per le guardarobe, pei salottini, tutti più belli e più ricchi gli uni degli altri. Montate più su, non si saziavano di ammirare la quantità e la bellezza degli arazzi, dei letti, dei canapè, dei gabinetti, delle mensole, delle tavole, degli specchi dove si potea mirarsi da capo a piedi, e le cui cornici di cristallo, o di argento, o di metallo dorato, erano le più belle e magnifiche che si fossero mai viste. Nè ristavano dall’esaltare e dall’invidiare le sorte dell’amica, la quale però non si divertiva punto a veder tante ricchezze, a motivo dell’impazienza che la rodeva di andare ad aprire il gabinetto dell’appartamento a terreno.
Tanto la punse la curiosità, che senza badare alla sconvenienza di piantare in asso la brigata, infilò una scaletta segreta, e con tanta furia discese che due o tre volte fu per rompersi il collo. Arrivata all’uscio del gabinetto, si fermò un poco, pensando alla proibizione del marito e al pericolo della disobbedienza; ma la tentazione era così forte che non seppe resistere: prese la chiavettina e aprì tremando la porta del gabinetto.
Sulle prime, non vide niente, perché le finestre eran chiuse; ma dopo un poco cominciò a distinguere che l’impiantito era tutto coperto di sangue rappreso, nel quale riflettevansi i corpi di varie donne morte e attaccate lungo le pareti. (Erano tutte le mogli che Barbablù aveva sposato e che avea scannato una dopo l’altra). Più morta che viva, si lasciò scappar di mano la chiave del gabinetto, la raccattò, poi, facendo uno sforzo per riaversi, richiuse la porta, scappò in camera sua; ma non c’era verso di calmarsi, tanto era, sconvolta.
Notò che la chiavetta era macchiata di sangue, l’asciugò due o tre volte, ma il sangue non se n’andava; per quanto lavasse e fregasse con sabbia e pietra pomice, il sangue rimaneva sempre, perché la chiavetta era fatata, né c’era mezzo di pulirla a dovere: quando si levava il sangue da una parte, lo si vedeva uscire dall’altra.
Barbablù tornò la sera stessa dal suo viaggio, e disse che via facendo avea ricevuto lettere che gli annunziavano risoluto a suo vantaggio l’affare per cui era partito. La moglie fece il possibile per dimostrargli che era più che contenta di quel pronto ritorno.
La mattina appresso, egli le ridomandò le chiavi, e subito indovinò, vedendole tremar le mani, tutto quanto era successo. “Come va, disse, che non c’è qui la chiave del gabinetto? – L’avrò lasciata di sopra sulla tavola, balbettò la poverina. – Non mancate di darmela subito” disse Barbablù!
Dopo varii pretesti, bisognò pure portar la chiave. Barbablù l’osservò e disse alla moglie: “Che è questo sangue sulla chiave? – Non ne so nulla, rispose la disgraziata, pallida come una morta. – No? non lo sapete? lo so io allora! gridò Barbablù. Siete entrata nel gabinetto? Ebbene, signora, ci entrerete di nuovo e prenderete posto accanto alle signore che avete visto.”
Ella si gettò ai piedi del marito, piangendo, chiedendogli perdono, con tutti i segni di un vero pentimento per non avergli obbedito. Bella e afflitta com’era, avrebbe intenerito una rupe; ma Barbablù aveva il cuore più duro d’una rupe. “Bisogna morire, signora, disse e subito.- Se così è che debbo morire, rispose ella guardandolo con gli occhi bagnati di lagrime, datemi un po’ di tempo per pregar Dio. – Vi do mezzo quarto d’ora, riprese Barbablù, non un minuto di più.”
Rimasta sola, ella chiamò la sorella e le disse: “Sorella Anna, (ché così si chiamava) monta, ti prego, in cima alla torre per vedere se vengono i miei fratelli: mi promisero di venire oggi stesso, e se tu li vedi, fa loro segno che si affrettino”. La sorella Anna montò in cima alla torre, e la povera afflitta le gridava di tanto in tanto: “Anna, sorella Anna, vedi venir nessuno? – E la sorella Anna le rispondeva: “Vedo soltanto il polverio del sole e il verdeggiar dell’erba.”
Barbablù intanto, con in mano un coltellaccio, gridava sgolandosi alla moglie: “Scendi presto, o salgo io. – Ancora un momento, di grazia” rispondeva la moglie; e subito chiamava sommesso: “Anna, sorella Anna, vedi venir nessuno?” E la sorella Anna rispondeva: “Vedo soltanto il polverio del sole e il verdeggiar dell’erba.”
– Scendi presto, gridava Barbablù, o salgo io. – Vengo, vengo, rispondeva la moglie; e poi tornava a chiamare: “Anna, sorella Anna, vedi venir nessuno? – Vedo, rispose la sorella Anna, una nuvola di polvere che viene da questa parte.” – Sono i miei fratelli? – Ahimè! no, sorella mia: è una mandra di pecore. – Non vuoi discendere, eh? urlava Barbablù! – Un altro momento” rispondeva la moglie, e poi chiamava: “Anna, sorella Anna, vedi venir nessuno? – Vedo, rispose la sorella, due cavalieri che vengono da questa parte, ma sono ancora molto lontano. – Sia lodato Iddio! esclamò l’altra un momento dopo, sono i miei fratelli; farò segno per quanto è possibile, che si affrettino.”
Barbablù si mise a gridar così forte che tutta la casa tremava. La povera donna discese, e gli si gettò ai piedi piangente e scarmigliata. “Cotesto non giova a nulla, disse Barbablù, bisogna morire!” Poi, con una mano acciuffatile i capelli, con l’altra alzando il coltellaccio, stava lì lì per tagliarle la testa. La povera donna, alzandogli in viso gli occhi morenti, lo supplicò di accordarle un momentino per raccogliersi. “No, no! gridò egli, raccomandati bene a Dio” e alzando il braccio… In quel punto si bussò così forte alla porta che Barbablù si arrestò in tronco. Si aprì, e si videro subito entrare due cavalieri, i quali, sguainate le spade, corsero addosso a Barbablù.
Riconobbe questi i fratelli della moglie, uno dragone, l’altro moschettiere, e scappò per salvarsi, ma i due fratelli lo inseguirono con tanta furia che gli furon sopra prima che potesse afferrar le scale. Lo passarono da parte a parte con le spade e lo lasciarono morto. La povera moglie era quasi morta quanto il marito; e non avea forza di alzarsi per abbracciare i fratelli.
Barbablù non aveva eredi, e così la moglie rimase padrona assoluta di tutte le sue ricchezze. Una parte ne impiegò a maritare la sorella Anna con un giovane gentiluomo che da gran tempo le voleva bene; un’altra parte a comprare due brevetti di Capitano ai fratelli; e il resto a maritarsi lei, con un uomo molto per bene, il quale le fece dimenticare il brutto tempo passato in compagnia di Barbablù.
Morale
Per attraente che sia, spesso la curiosità costa caro. Ogni giorno se n’hanno degli esempi. È, con buona pace delle donne, un piacere da nulla, che si dilegua non appena soddisfatto.
Altra Morale
Per poco che si abbia senno e si sappia decifrare il garbuglio del mondo, si vede subito che questa storia è una fiaba dei tempi andati. Un marito così tremendo o che voglia l’impossibile non si trova più. Anche scontento e geloso, lo si vede tutto miele con la moglie; e di qualunque colore sia la sua barba, è difficile riconoscere chi dei due è il padrone.
Fonte: Charles Perrault, I racconti delle fate; traduzione di F. Verdinois. Napoli. Società Editrice Partenopea, 1910.


mercoledì 29 luglio 2020

Jack London / Martin Eden / XLI - XLVI

Martin Eden de Jack London: Very Good Cloth (1909) | Morley's Books

Jack London
MARTIN EDEN

Dormì pesantemente per tutta la notte, alzandosi solo all’arrivo del postino la mattina seguente. Si sentiva stanco e inerte e scorse la corrispondenza senza curiosità. Una busta speditagli da una rivista che di solito non pagava gli autori conteneva un assegno di ventidue dollari. Aveva sollecitato quel credito per un anno e mezzo. Osservò la cifra con indifferenza: non provava più alcuna emozione quando un editore pagava. A differenza dei precedenti, quell’assegno non recava con sé la promessa di un futuro luminoso. Era solo un foglio di carta del valore di ventidue dollari che gli avrebbe permesso di comprarsi qualcosa da mangiare.

lunedì 27 luglio 2020

Jack London / Martin Eden / XXXI - XL

Martin Eden by Jack London - Read on Glose - Glose

Jack London 

XXXI
Camminando lungo la Broadway, Martin si era imbattuto nella sorella Gertrude – un incontro imbarazzante ma utile. Era stata lei a vederlo per prima mentre attendeva il tram alla fermata dell’angolo e aveva notato i lineamenti magri e sparuti del viso del fratello e l’espressione tesa e preoccupata del suo sguardo. In effetti egli era alla disperazione dopo un infruttuoso colloquio con l’uomo del banco dei pegni al quale aveva sollecitato un prestito supplementare sulla bicicletta. Con l’arrivo del cupo clima autunnale aveva infatti impegnato il veicolo per non sacrificare l’abito scuro.

sabato 25 luglio 2020

Jack London / Martin Eden XXI - XXX

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Jack London
MARTIN EDEN

Venne una bellissima giornata autunnale, calda e dolce, piena dei fremiti del mutare della stagione, illuminata dal pallido sole dell’estate di San Martino californiana e mossa da lievi brezze che non turbavano l’immobilità dell’aria. Sottili foschie violette, che non erano vapori ma leggeri manti di colore, si nascondevano nei recessi delle colline. San Francisco era posata sulle sue alture come una nuvola di fumo e la baia ai suoi piedi era una macchia corrusca di metallo fuso in cui le imbarcazioni erano immobili o trasportate dalla lenta marea. Il lontano Tamalpais, appena visibile nell’argentea nebbiolina, si ergeva massiccio sul Golden Gate, che si stendeva nella pallida luce dorata del sole al tramonto. Al di là di esso il Pacifico, nella sua indistinta vastità, raccoglieva sul proprio orizzonte masse di nubi che si dirigevano verso terra, presagio del primo infuriare dell’inverno.

venerdì 24 luglio 2020

Jack London / Martin Eden XI - XX

Martin Eden eBook by Jack London | Rakuten Kobo
Jack London
MARTIN EDEN

Martin tornò all’articolo sui pescatori di perle, che avrebbe finito prima se non fosse stato interrotto tanto spesso dai tentativi di scrivere poesie. Erano liriche d’amore ispirate da Ruth, ma non furono mai completate. Non poteva imparare in un giorno a cantare in versi elevati. Rima, prosodia e struttura erano di per se stesse questioni di grande difficoltà, ma egli sentiva che, al di là di questi aspetti, la grande poesia aveva un qualcosa di intangibile e sfuggente che non riusciva a cogliere e a infondere nei propri versi. Era in grado di percepire l’inafferrabile spirito della poesia, cercava di inseguirlo, ma non era capace di raggiungerlo. Gli guizzava davanti agli occhi come una lingua di nebbia luminosa e impalpabile sempre troppo lontana per le sue mani protese, anche se qualche volta riusciva ad acchiapparne un lembo e a tesserne frasi che gli echeggiavano nel cervello come note ossessive o che gli passavano fluttuando davanti agli occhi in vaghe visioni di arcana bellezza. Era sconcertato. Avvertiva un desiderio acuto di esprimere ciò che sentiva, ma poteva solo balbettarlo prosaicamente in parole banali e ordinarie. Rileggeva ad alta voce quei frammenti. La prosodia presentava una scansione perfetta, la rima risuonava in ritmi più ampi e ugualmente impeccabili, ma lo splendore e la nobiltà che sentiva nei grandi poeti erano assenti dai suoi versi. Non riusciva a comprenderne il perché e ogni volta tornava al suo articolo in preda a una rabbia impotente e disperata.

giovedì 23 luglio 2020

Jack London / Martin Eden I - X

We all have Ruth and Martin in us - Cholpon Kozhoiarova - Medium

Jack London
MARTIN EDEN


1
Uno dei due aprì la porta con una chiave ed entrò, seguito da un giovanotto che si tolse il berretto con gesto imbarazzato. Aveva rozzi vestiti che odoravano di mare ed era chiaramente fuori posto nell’ampio atrio in cui si trovò. Non sapeva che fare del berretto e stava cercando di ficcarselo nella tasca del giaccone quando l’altro glielo prese. Ciò fu fatto con tranquillità e naturalezza e il giovanotto imbarazzato gliene fu grato. «Lui mi capisce», pensava. «E mi darà una mano».

mercoledì 22 luglio 2020

Jorge Cadavid / Diario di un virus

Mujer De Cosecha De Detalle Decorativa Con Hermoso Pelo Largo (de ...

Jorge Cadavid
Confinati dalla peste
taglio per la prima volta
i capelli de mia moglie

Un sss! di forbici
e suona nel bagno
la voce della poesia:
lo zigzag della zeta
la vu semplice della visione.

Reccolgo i capelli
la transparenza
la dismisura
del sopravvissuto.


Jorge Cadavid
Diario di un virus / Diario de un virus
Raffaelli Editore, Rimini, 2020, p. 27




martedì 21 luglio 2020

Juan Marsé, morto lo scrittore spagnolo / «La letteratura è un gioco di spartiti con la vita»

Juan Marsé, the writer who did not know where he came from, thu ...
Juan Marsé

Juan Marsé, morto lo scrittore spagnolo: «La letteratura è un gioco di spartiti con la vita»



Domenica 19 Luglio 2020

Lo scrittore spagnolo Juan Marsé, narratore della sua Barcellona, è morto ieri all’età di 87 anni. Lo ha annunciato la sua agenzia letteraria Balcells. «Siamo profondamente dispiaciuti per la morte di Juan Marsé (Barcellona, 8 gennaio 1933 - 18 luglio 2020). Riposa in pace, caro Juan», ha scritto la sua agenzia su Twitter. Tra i romanzieri spagnoli più noti, Marsé ha ricevuto nel 2008 il Premio Cervantes, il più alto riconoscimento letterario del mondo di lingua spagnola. «La letteratura è un gioco di spartiti con la vita», diceva lo scrittore, autore di quindici romanzi in quasi sessant’anni di attività.

IL MESSAGERO



lunedì 20 luglio 2020

Amber Heard contro Johnny Depp / «Minacciò più volte di uccidermi»


Johnny Depp “amenazó con matarme muchas veces”, dice Amber Heard | CNN
Amber Heard e Johnny Depp

Amber Heard contro Johnny Depp: «Minacciò più volte di uccidermi»


Una memoria scritta di 39 pagine è stata consegnata dall’attrice ai giudici inglesi nella causa del divo contro il Sun. Nuove inquietanti accuse all’ex marito: «Dopo le minacce tornava in sé e diceva che era tutta colpa del “mostro” che si portava dentro»


di Redazione online
20 luglio 2020 (modifica il 20 luglio 2020 | 16:42)

«Johnny Depp ha minacciato più volte di uccidermi». Lo ha dichiarato l’attrice Amber Heard, l’ex moglie della 57 enne star dei Pirati dei Caraibi, in una dichiarazione scritta di 39 pagine e consegnata all’Alta Corte di Londra dove è in corso il processo per la causa intentata dall’attore contro il tabloid britannico Sun (l’editore di News Group Newspapers, e il direttore esecutivo Dan Woottonche) che lo aveva definito un «picchiatore di donne». Le vicende giudiziarie di uno dei divorzi peggiori di Hollywood si arricchisce così di nuovi inquietanti dettagli sulla vita coniugale delle due star.

Depp e il suo “mostro”, come Dr Jekyll and Mr Hyde

Le dichiarazioni di Amber Heard sono scioccanti: «Alcuni incidenti sono stati così gravi che ho temuto di essere uccisa intenzionalmente o solo perché, avendo perso il controllo, si era spinto troppo oltre. Ha esplicitamente minacciato di uccidermi molte volte, soprattutto alla fine della nostra relazione», ha affermato la 34enne attrice, come riporta il Daily Mail. Depp sarebbe stato ossessionato dal l’aspetto fisico della moglie e le avrebbe rivolto insulti sessisti quando indossava alcuni abiti. «L’abuso fisico includeva pugni, schiaffi, calci, colpi alla testa e soffocamento. Mi tirava i capelli spingendomi a terra e mi lanciava contro degli oggetti, in particolare vetri di bottiglie». Dopo episodi di questo tipo, sempre secondo il racconto di Heard, Depp tornava in sé e incolpava delle sue azioni un alter ego, una sorta di altra persona creata dalla sua fantasia che lui chiamava «il mostro».

Amber Heard simuló golpes en el rostro, según un amigo de Johnny Depp
Amber Heard e Johnny Depp
Scambio di accuse

Camicetta color crema, gonna scusa e una lunga treccia di capelli appoggiata su una spalla, Amber Heard in aula ha dichiarato ai giudici che, nel periodo degli abusi fisici e verbali, alla fine della loro relazione, lei si sentiva come «un ostaggio spaventato». Depp, da parte sua, ha accusato l’ex moglie di aver avuto relazioni con attori che erano stati suoi partner sul set, come Leonardo Di Caprio, Eddie Redmayne, James Franco, Jim Sturgess, Kevin Costner, Liam Hemsworth, Billy-Bob Thornton, Channing Tatum.

Le ex di lui lo difendono

L’udienza inglese è entrata ora nella sua terza settimana. Nelle prime fasi del processo gli avvocati del Sun, per giustificare la definizione di “picchiatore” data dal giornale alla star hanno mostrato video, foto e dichiarazioni forniti dalla ex moglie.

Ma in tribunale a Londra, Depp ha negato tutte le accuse di abusi fisici e verbali che gli erano state rivolte da Amber Heard. Alcuni testimoni, citati dal suo pool di legali, hanno concordato con la sua versione dei fatti. Anche Vanessa Paradis, madre dei suoi due figli, e l’attrice Winona Ryder, con cui Depp era fidanzato negli anni 90, hanno assicurato, all’inizio della loro turbolenta separazione, nel 2016, che non è mai stato violento con loro.

CORRIERE DELLA SERA