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venerdì 9 settembre 2022

Il “ritorno” di J.D. Salinger

 



Il “ritorno” di J.D. Salinger


Hapworth 16, 1924 racconto lungo comparso nella rivista americana New Yorker nel 1965 è l’ultimo lavoro pubblicato dallo scrittore J.D. Salinger autore di The Catcher in the rye (Il Giovane Holden), un’opera che fin dalla sua comparsa in America ha avuto un successo strepitoso soprattutto fra i giovani e che ancora oggi in tutto il mondo è fra i libri più letti e venduti. Negli anni il mito di un Salinger misogino, poco incline a qualunque tipo di pubblicità che per più di trent’anni ha scelto il silenzio editoriale ha contribuito certamente a far sì che l’interesse in torno a lui rimanesse desto.

La casa editrice Eldonejo di Milano ha pubblicato quest’anno in Italia questo inedito (pp. 152 £. 25.000) salingeriano che si presenta molto interessante. Innanzitutto è necessario fare una distinzione, che può apparire banale ma che è inevitabile, fra il lettore che potremmo definire “occasionale”, che si trova a leggere il libro per caso, magari perché colpito dalla copertina color carta da zucchero dell’edizione Eldonejo che spunta da uno scaffale di qualche libreria, e il lettore che conosce e ama Salinger e che forse da tempo aspetta di leggere qualcosa di “nuovo” (le virgolette sono d’obbligo considerando che l’opera è del 1965) dell’autore americano. Nel primo caso, quello di un lettore ignaro, questo racconto sotto forma di una lettera ritrovata per caso e di cui non si sospettava l’esistenza provoca come minimo una certa curiosità. Se poi si scopre che la lettera è stata scritta da un ragazzino di sette anni che in seguito, all’età di trentuno anni si è suicidato, la cosa diventa quantomeno interessante. Credo però che alla fine del testo lo sconcerto sia il sentimento prevalente nell’animo del lettore che tutto si aspetta da un bambino di sette anni tranne quello che ha letto.

Questa epistola è un caleidoscopio di immagini, dove soggetti umani e opere letterarie vengono definiti, giudicati, descritti in modo davvero originale a volte impertinente a volte ingenuo, da un bambino genio, presuntuoso ma affascinante. Seymour parla senza timore, con acutezza e senso dell’umorismo di Dio, di filosofia Zen, dell’amicizia, di letteratura e della sua strana famiglia destinataria di questa lettera. Proseguendo nelle lettura infatti appare evidente che ogni membro della famiglia Glass ha qualcosa di speciale e così alla fine del libro o si rimane storditi da questa sovrabbondanza di immagini o, come nella realtà succede quando ci si trova di fronte a un personaggio eccezionale, viene voglia di andargli dietro per saperne di più. Ecco, penso che a chi incontra Salinger per la prima volta attraverso questo racconto venga voglia di scoprire cosa è successo a Seymour, a Buddy e a tutti gli altri nei lunghi anni trascorsi fra il momento in cui è stata scritta la lettera e quello in cui è stata ritrovata.

Nel caso di un lettore amante di Salinger l’incontro con Hapworth 16, 1924 è l’incontro con un amico che non si vede da tempo. Il lettore salingeriano conosce Seymour, conosce Buddy e il resto della “truppa” e leggere questo libro è come sfogliare un album di famiglia, guardare le foto e dire “accidenti come sono cambiati” oppure “è sempre stato così…”.

Avevo 12 anni quando mia sorella maggiore mi prestò Il giovane Holden e mi innamorai subito di Holden Caulfìeld. Successivamente lessi tutto quello che di Salinger esisteva in Italia e conobbi così la prodigiosa famiglia Glass. La prima volta che ho letto questo racconto mi è parso come se la lettera l’avessi ritrovata io, come se questo racconto lungo l’avessi letto solo io e come se questo fosse stato scritto da Salinger due ore prima, come se fosse qualcosa di realmente nuovo. Ho scelto di tradurre Hapworth 16, 1924 perché mi dava l’opportunità di sapere di più, di scoprire di più, di amare di più i mitici fratelli Glass e soprattutto di desiderare di incontrarli di nuovo rimanendo ancora una volta colpita e affascinata dalla loro sorprendente personalità che a me suscita un irresistibile moto di simpatia umana.

Simona Magherini

 

La bio nel 1997

Simona Magherini, traduttrice di quest’ultimo libro di Salinger, ha 31 anni, è laureata in Lingue ed è appassionata e studiosa di letteratura americana. Abita in Toscana con il marito Giorgio e il piccolo Giacomo.

EXLIBRIS



domenica 4 settembre 2022

La vita di Oona O’Neill, la donna che sposò Charlie Chaplin spezzando il cuore a Salinger

 

miss o'neill, debutante of the year
BETTMANNGETTY IMAGES

La vita di Oona O’Neill, la donna che sposò Charlie Chaplin spezzando il cuore a Salinger

Il marito descriverà più tardi l'incontro con la O'Neill l’evento più miracoloso della sua vita.


 22/02/2021

“Sposerai un uomo importante, famoso: uno come Charlie Chaplin, per intenderci, o come me”: con questa profezia – completa di lettura dei tarocchi - un giovane Orson Welles sta corteggiando l’ancor più giovane Oona O’Neill, conosciuta allo Stork Club di New York. Oona, classe 1925, è alle sue prime uscite mondane, insieme alle amiche Gloria Vanderbilt e Carol Marcus, e sta già raccogliendo un esercito di pretendenti e le attenzioni morbose di Truman Capote, che a lei si ispirerà per uno dei suoi personaggi femminili di Preghiere esaudite.

Figlia di Eugene O’Neill, considerato il più grande drammaturgo americano di tutti i tempi e insignito nel 1936 del Nobel per la letteratura, Oona cresce nel New Jersey con la madre, abbandonata da Eugene quando lei ha appena tre anni; in tutta la sua vita vedrà suo padre una mezza dozzina di volte, “e solo per esserne furiosamente criticata”. Il rapporto del grande drammaturgo con i propri figli è noto per essere turbolento al limite della ferocia: da precedenti unioni nascono Eugene Jr., che muore alcolista e suicida, Shane, altro fratellastro di Oona che si trascinerà tra alcool e droghe fino a commettere anche lui suicidio, e infine Oona, che cercherà un simulacro di rapporto con il padre provocandolo con scelte di vita che lui non condivide.


oona o'neill waiting for a bus
Oona O’Neill a New York. (1942)

Finito il liceo, quando grazie al proprio cognome può scegliere tra le più prestigiose università dell’East Coast, Oona decide di spostarsi in California e tentare la fortuna a Hollywood. Ha solo 17 anni quando si presenta a un casting per un film di Charlie Chaplin, che non le da la parte ma si innamora immediatamente di lei. Al compimento del suo diciottesimo compleanno, il cinquantatreenne Chaplin la porta all’altare e le nozze del “Grande Dittatore” con la “bambina di O’Neill” monopolizzano le testate della stampa americana. Eugene decide che sposare un uomo a lui coetaneo è l’ultima provocazione della figlia e taglia definitivamente i già fragili ponti con lei; Orson Welles probabilmente ride sotto i baffi ricordando e maledicendo la profezia di qualche anno prima; ma chi su quei titoli di giornale perde il sonno e forse il senno è un altro protagonista della letteratura americana, J. D. Salinger, che a Oona aveva donato il cuore.

portrait of charlie and oona chaplin

La prima apparizione pubblica della coppia dopo il matrimonio al Mocambo, locale notturno di Hollywood. (1943)Si erano incontrati nel 1942 e per seguirla Salinger si era mescolato alla vita mondana newyorkese, con malcelato disagio ma certamente raccogliendo informazioni e dettagli che avrebbe poi riversato nella critica sociale di cui è intriso Il giovane Holden. Oona accetta la corte di Salinger e i due diventano inseparabili: la felicità sembra sfiorare il giovane autore che fatica a trovare un riconoscimento letterario ma che sente, almeno, di aver trovato l’amore. Dopo pochi mesi di fidanzamento, allo scoppio della Guerra, Salinger entra nel corpo di controspionaggio e inizia il periodo più sconvolgente della sua vita.

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Charlie Chaplin e Oona O’Neill a Venezia. (1959)
ARCHIVIO CAMERAPHOTO EPOCHEGETTY IMAGES

Sarà tra i soldati dello sbarco in Normandia, parteciperà alla sanguinosa battaglia delle Ardenne e sarà tra i primi a varcare i cancelli del campo di concentramento di Dachau, posando gli occhi su una delle pagine più atroci della Storia. L’unico appiglio di salvezza psicologica di Salinger in questi mesi è il rapporto epistolare con Oona, di cui mostra la foto ai suoi commilitoni indicandola come sua futura sposa. Ma la vita di Oona ha preso altre strade e nel 1943 Salinger apprende delle nozze con Chaplin dai giornali. Qui inizia la “stagione psichiatrica” di Salinger e una vita da fiaba per Oona.

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Oona Chaplin con quattro dei suoi figli a New York. (1952)

Chaplin, nella sua autobiografia, dirà che l’incontro con lei è stato “l’evento più miracoloso della vita”: con due matrimoni e due figli alle spalle, l’attore più importante e influente della sua epoca trova in Oona la compagna definitiva. Joan Crawford, che li frequenta, descrive Oona come la “perfetta geisha”, che anche grazie ai 36 anni di differenza dal marito, sembra un’ancella adorante. Lo segue ovunque, bellissima e silenziosa, e gli da ben otto figli. Nel 1952, mentre si trovano a Londra per la premiere di Limelight, a Chaplin viene comunicato che potrà fare rientro negli Stati Uniti solo dopo aver risposto a un’indagine sulle proprie idee politiche e morali: sospettato di sostenere idee comuniste, Chaplin rifiuta di sottoporsi a qualsivoglia testimonianza e rinuncia alla cittadinanza americana assumendo quella britannica per sé e tutta la famiglia.

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Charlie Chaplin sul tetto del Savoy Hotel con la moglie. (1952)
KURT HUTTONGETTY IMAGES

Si trasferiscono in Svizzera, a Corsier-Sur-Vevey, in una splendida villa vicino al lago di Ginevra, dove vivranno fino alla morte di Chaplin, avvenuta nel giorno di Natale del 1977. Lui ha 88 anni e Oona 53. Gli anni da vedova di Oona sono inaspettatamente selvatici: forse per recuperare un’adolescenza non vissuta o forse per il richiamo oscuro della genetica paterna, Oona sprofonda progressivamente nell’alcool e si sbizzarrisce in relazioni con uomini più giovani, tra cui Ryan O’Neal e, secondo i tabloid, David Bowie.

charlie and oona chaplin
Charlie Chaplin e la moglie Oona. (1966)
BETTMANNGETTY IMAGES

Muore nel 1991 di tumore al pancreas e viene sepolta a Corsier-Sur-Vevey nella tomba gemella progettata insieme a Chaplin. Tra i loro numerosi figli, Geraldine ha calcato le scene e fondato un’importante scuola di recitazione; sua figlia, Oona Chaplin, compare nel Trono di Spade e in Taboo. Salinger non risparmierà critiche e sarcasmi verso Oona e Chaplin per il resto della sua vita, e l’unico commento di Oona su di lui, rilasciato in un’intervista, è: “Ci ha coperti di disprezzo per anni: posso solo dire che sono felice di essere la moglie di Chaplin, e non di Salinger”.

BAZAAR


 DRAGON

DE OTROS MUNDOS






venerdì 2 settembre 2022

Salinger / A Perfect Day for Bananafish

 

Illustration by Jonny Ruzzo


J.D. Salinger
A PERFECT DAY FOR BANANAFISH
Illustrations


Illustration by Jonny Ruzzo

martedì 29 ottobre 2019

Salinger, i nuovi misteri del «papà» di Holden

J.D. Salinger


Una nuova biografia che indaga l'enigmatica figura dello scrittore; un documentario al cinema; una nuova traduzione del suo romanzo più famoso, Il Giovane Holden: in attesa dei libri inediti previsti per il 2015, ecco come e perché Salinger è tornato improvvisamente in auge

sabato 9 marzo 2019

Cortázar, lingua spagnola e Oval / Il «Gioco del mondo» al Salone 2019


Julio Cortázar

Cortázar, lingua spagnola e Oval: 
il «Gioco del mondo» al Salone 2019

Nicola Lagioia illustra la nuova edizione della manifestazione torinese
Arriveranno Savater, Masha Gessen, Soyinka. Collaborazione con BookCity Milano


di ALESSIA RASTELLI
6 marzo 2019 (modifica il 7 marzo 2019 | 21:09)

«Una manifestazione popolare, ma che si basa su contenuti alti, proprio mentre la polemica dei nostri tempi, o presunta tale, vede contrapposti il popolo e le élite. Ecco, questo è un problema che noi non abbiamo mai avuto». Così Nicola Lagioia, direttore del Salone del Libro introduce a Torino, nel giovanilistico spazio «Murazzi Student Zone», la trentaduesima edizione della rassegna. «Il gioco del mondo» è il tema del 2019, ispirato all’opera di Julio Cortázar. Il Paese ospite, o meglio la lingua ospite, sarà quella spagnola. Le Marche, la regione protagonista. Il tutto dal 9 al 13 maggio, sempre al Lingotto, ma con una distribuzione degli spazi che si annuncia rinnovata. «Vogliamo fare in modo che per cinque giorni Torino sia la città del libro, colorata ed entusiasta come lo fu durante le Olimpiadi», dice il presidente Giulio Biino.

Torino, insomma, riparte, dopo quelli che, ammette lo stesso Lagioia, sono stati mesi di «montagne russe». Il Salone, dice il direttore, «ha attraversato momenti da telenovela, o da teatro dell’assurdo, persino da favola dickensiana con l’asta del marchio il giorno della Vigilia di Natale. Eppure oggi possiamo festeggiare: il Salone è salvo ed è tornato la casa di tutti». Tra il pubblico siede Ricardo Franco Levi, presidente dell’Associazione italiana editori (Aie), che in una intervista al «Corriere» lo scorso 15 febbraio aveva annunciato il ritorno al Salone. E c’è Marco Zapparoli, alla guida dell’Associazione degli editori indipendenti (Adei). Quest’ultima raccoglie lo zoccolo duro dei marchi che negli ultimi anni hanno difeso la fiera di Torino, mentre la Fondazione che la organizzava era in liquidazione e si giocava la partita con la concorrente milanese Tempo di Libri. Ora che quest’ultima è stata rinviata al 202o e sta lavorando a una nuova formula, viene invece inaugurata con Milano una nuova collaborazione: con BookCity, la festa partecipata dei libri promossa dall’assessorato alla Cultura di Milano e dall’associazione composta dalle fondazioni Corriere della Sera, Giangiacomo Feltrinelli, Arnoldo e Alberto Mondadori, Umberto e Elisabetta Mauri. Nell’ambito del programma di incontri «aspettando il Salone», che precede la fiera di maggio, Milano ospiterà alcuni autori. «Con chi a Milano lavora bene, noi ci siamo», dice dal palco Maurizia Rebola, direttrice del Circolo dei lettori, la fondazione che organizza la parte culturale della manifestazione. E dentro cui, fa sapere, «entrerà presto anche il Comune di Torino». Da Chiara Appendino, a margine della conferenza stampa, un’ultima stoccata a Tempo di Libri: «Questo per il Salone è l’anno zero — dice la sindaca — con una nuova struttura che tiene insieme il lavoro fatto negli anni scorsi, a partire dalla lunga battaglia con Milano, che quest’anno si può dire essere vinta». 



Il manifesto del Salone 2019, firmato dell’artista Mp5
Il manifesto del Salone 2019, firmato dell’artista Mp5

Quanto ai contenuti della fiera torinese, per ora ci sono solo alcune anticipazioni (il programma sarà presentato ad aprile). La grande lezione inaugurale sarà affidata a Fernando Savater. Arriverà inoltre Masha Gessen, giornalista e attivista di origini russe, ora residente a New York, la quale con Il futuro è storia (Sellerio), ha vinto il National Book Award 2017. E infine lo scrittore e attivista Wole Soyinka, Nobel per la Letteratura 1986, e Matt Salinger, attore e produttore, figlio dello scrittore de Il giovane Holden. Per quanto riguarda il tema, spiega Lagioia, «la cultura non contempla frontiere o linee divisorie, ma supera le divisioni, frantuma i muri, come fa il lettore de Il gioco del mondo di Cortázar. Nato in Belgio, trasferitosi a 5 anni in Argentina, da dove venivano i genitori, poi a lungo a Parigi, è lui stesso un ponte tra culture».
E in questo spirito è stato scelto l’ospite del 2019, la lingua spagnola. «I Paesi hanno confini, non le lingue», dice il direttore, che parla con il consueto ritmo avvincente. L’idea di una lingua ospite prende anche forma in un luogo fisico: la Plaza de los Lectores, con una biblioteca, una libreria, una sala dedicata alle istituzioni e una per gli incontri. L’ubicazione sarà all’interno dell’Oval: uno spazio di 13.000 metri quadrati, novità della prossima edizione. Al suo interno nascerà anche una nuova sala da 700 posti, la Sala Oro, che sostituirà la Sala Gialla, adibita all’International Book Forum, l’area per lo scambio dei diritti. Non ci sarà neppure più il Padiglione 5, dove era tradizionalmente allestita l’area ragazzi del Bookstock Village (che passa nel padiglione 2), né saranno disponibili le Sale Rossa e Blu (non acquistate all’asta). «Stiamo comunque lavorando a una logistica efficiente, in cui editori grandi e piccoli si alterneranno, non ci saranno spazi di serie A e di serie B», spiega Silvio Viale, presidente di Torino, la Città del Libro, l’associazione dei fornitori che ha acquistato il marchio. «Tra le novità — aggiunge — ci saranno anche due ingressi per ridurre il problema delle file».
Aspettando il Salone, arriveranno intanto a Torino, per riflettere sull’identità culturale europea (il Salone si svolgerà poco prima del voto di maggio) Donald Sassoon, professore emerito di Storia europea alla Queen Mary University di Londra (questa sera, 6 marzo alle 21) e il politologo americano Francis Fukuyama (l’11 marzo, alle 18 al Polo del ’900, via del Carmine 14).