domenica 31 ottobre 2021

venerdì 29 ottobre 2021

Andrey Yakoylev / Donne



DONNE
Andrey Yakoylev

Art-director: Lili Aleeva
Models:
Kristina Kudina, Ira Zyryanova, Yana Vilkina
Mona, Olga,
Sofia Sannikova,Irina Meshina, Julija Galimova



mercoledì 27 ottobre 2021

Squid Game / 5 film da vedere assolutamente se avete amato la serie Netflix

 


SQUID GAME: 5 FILM DA VEDERE ASSOLUTAMENTE SE AVETE AMATO LA SERIE NETFLIX



Se recentemente avete guardato la serie campione di ascolti Squid Game sulla piattaforma di streaming on demand Netflix e non ne avete abbastanza, siete capitati nel posto giusto: in questo articolo vi proponiamo infatti 5 film da vedere assolutamente se avete amato Squid Game.

As the Gods will di Takeshi Miike: Shun Takahata vive una normale vita da studente delle superiori quando una bambola Daruma compare all'improvviso e inizia ad obbliga Shun e i suoi compagni di classe a giocare a “Daruma ga koronda”, ovvero il 'Daruma è caduto', un gioco molto simile a "Un, due, tre, stella!"(vi dice qualcosa?). L'unico problema è che la penitenza per la sconfitta durante il gioco è, si avete indovinato, la morte.

Battle Royale di Kenji Fukasaku: diretto dal leggendario regista di yakuza-movie, tratto dall'omonimo romanzo e interpretato da Takeshi Kitano, il film racconta la storia di Shuya Nanahara, uno studente di scuola media che sta cercando di superare il trauma per il suicidio del padre che viene costretto dal governo a competere in un gioco mortale in cui gli studenti della sua classe devono combattere all'ultimo sangue: solo uno di loro potrà sopravvivere.

The Belko Experiment di Greg McLean: scritto e prodotto da James Gunn, il regista di Guardiani della Galassia e The Suicide Squad, è la storia di una normale giornata in ufficio che prende una brutta piega quando 80 dipendenti della Belko Corp. a Bogotà, in Colombia, scoprono di essere chiusi nell'edificio e di dover iniziare ad uccidere i loro colleghi.

Would You Rather di David Guy Levy: otto estranei partecipano ad un apparentemente gioco innocuo, che però col passare dei minuti si rivela sempre più sadico e costringerà i protagonisti a scelte terrificanti.

Il cubo di Vincenzo Natali: cult della fantascienza, racconta la storia kafkiana e piena di colpi di scena di un gruppo di personaggi intrappolati in una struttura costituita da numerose stanze cubiche e dotate di trappole mortali.


Per altre letture, non perdete la parodia di Squid Game con Rami Malek andata in onda in una recente puntata del Saturday Night Live.

CINEMA








domenica 24 ottobre 2021

Peter Dinklage con Rosamund Pike nel cast del thriller I Care a Lot

 




PETER DINKLAGE CON ROSAMUND PIKE NEL CAST DEL THRILLER I CARE A LOT



David Cantire
7 Giugno 2019



Secondo quanto riportato da Variety, Peter Dinklage si sarebbe unito a Rosamund Pike nel cast di I Care a Lot, thriller scritto e diretto da J Blakeson, alla sua terza prova dietro la macchina da presa.
La Pike interpreterà Marla Grayson, un avvocato di assoluto successo con un talento per usare la legge a suo beneficio e a quello dei propri clienti. Ma proprio quando sembra essersi scelta il cliente perfetto per lei, presto si renderà conto che l'apparenza inganna.




Al momento il ruolo di Dinklage nella storia è avvolto dal mistero, in quanto non ci sono dettagli in merito. Le riprese del film, la cui sceneggiatura è anch'essa firmata da Blakeson, cominceranno entro questo mese. Alla produzione troviamo la Black Bear di Teddy Schwarzman e la Sugar November dello stesso Blakeson, mentre Sacha Guttenstein sarà il produttore esecutivo.

Si tratta del primo impegno cinematografico di Dinklage dopo la fine di Game of Thrones, di cui su queste pagine potete leggere la recensione del finale di serie; nel corso degli anni e per il suo ruolo di Tyrion Lannister, l'attore si è guadagnato tre Premi Emmy; nonostante l'ultima stagione dello show abbia richiesto più di un anno per le riprese, Dinklage ha avuto modo di comparire in film quali Avengers: Infinity War e come voce nel film d'animazione Angry Birds 2 - Nemici amici per sempre.
J Blakeson è noto per aver portato sullo schermo i film La scomparsa di Alice Creed e l'horror fantascientifico La quinta onda con Chloe Grace Moretz.





mercoledì 20 ottobre 2021

Rosamund Pike / L'attrice di I Care a Lot

 




ROSAMUND PIKE, L'ATTRICE DI I CARE A LOT CONTRO I POSTER PHOTOSHOPPATI DEI FILM


Attualmente impegnata nella promozione del film Netflix I Care a Lot, l'attrice Rosamund Pike si è trovata a discutere dei fotoritocchi ai poster dei film, in particolare di quelli di cui è stata oggetto in passato.

martedì 19 ottobre 2021

Truman Capote / Ritratti

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Henri Cartier Bresson, 1947
Truman Capote
RITRATTI
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© Cecil Beaton, 1947
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© Carl Van Vechten, 1948


© Irving Penn, 1948
utor desconocido, 1948
truman-capote-richard-avedon-photograph-1955
© Richard Avedon, 1955
Roger Higgins, 1959
© Roger Higgins, 1959
© Jane Brown, 1959
truman-capote-steve-schapiro-photograph-1963
© Steve Schapiro, 1963
truman-capote-irving-penn-photograph-1965
© Irving Penn, 1965
© Mike Salisbury, 1970
truman-capote-richard-avedon-photograph-1974
© Richard Avedon, 1974
 Andy Warhol, 1979
Truman Capote Portrait Session
© George Rose, 1980
Truman Capote 1981 by Robert Mapplethorpe 1946-1989
© Robert Mapplethorpe, 1981





domenica 17 ottobre 2021

Return to La Croisette / the best looks from this year's Cannes film festival


Marc Piasecki / FilmMagic via Getty Images
1/50
Carla Bruni
Wearing Celine at the opening ceremony


Return to La Croisette: 

the best looks from 

this year's Cannes 

film festival



The long-awaited return of the film festival circuit means that award-worthy glamour is finally back in full force. See how our favourite stars turned up the opulence for this year's glitzy event


By Chandler Tregaskes
14 July 2021

Daniele Venturelli / WireImage via Getty Images
2/50
Bella Hadid


Wearing vintage Jean Paul Gaultier at the opening ceremony



Mike Marsland / WireImage via Getty Images
3/50
Marion Cotillard
Wearing Chanel Haute Couture at the opening ceremony

lunedì 11 ottobre 2021

Claudio Magris / «L’uomo? Creatura che sconquassa»

 



Claudio Magris


Claudio Magris: 

«L’uomo? Creatura che sconquassa»

Allo scrittore è stato assegnato a Pistoia
il Premio Internazionale Dialoghi sull’uomo

CorriereTv

Sabato 25 settembre, in piazza del Duomo a Pistoia, lo scrittore e giornalista Claudio Magris ha ricevuto il Premio Internazionale Dialoghi sull’uomo, istituito nell’ambito del festival di antropologia del contemporaneo Pistoia - Dialoghi sull’uomo, promosso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia e dal Comune di Pistoia, ideato e diretto da Giulia Cogoli. In questo video, registrato in questa occasione, lo scrittore riflette su una possibile definizione di uomo. Il Premio Internazionale Dialoghi sull’uomo è conferito a una figura del mondo culturale che con il proprio pensiero e lavoro abbia testimoniato la centralità del dialogo per lo sviluppo delle relazioni umane e contribuito a migliorare il dialogo e lo scambio interculturale. La giuria formata da Lorenzo Zogheri, Giulia Cogoli, Marco Aime, Adriano Favole e Luca Iozzelli – a cui è dedicata l’edizione 2021 del festival - ha così motivato il riconoscimento allo scrittore: «Intellettuale europeo e cittadino del mondo, di cui è stata autorevolmente sottolineata in questi anni l’“identità plurale”, che gli ha guadagnato grandissima fama come lucido testimone della nostra epoca alla deriva. Insigne germanista, originale e grande scrittore, intenso e commovente drammaturgo, poliedrico saggista con forte caratura etica che si esprime anche negli interventi giornalistici, fine traduttore, appassionato e instancabile viaggiatore, Magris rappresenta al meglio l’immagine plurale della letteratura europea. In un’epoca in cui muri e confini anziché dissolversi rinascono subdolamente, Claudio Magris, con i suoi scritti e con il suo impegno intellettuale, testimonia costantemente l’importanza del dialogo come strumento primo della convivenza». Dopo la cerimonia di premiazione, Magris ha tenuto una conferenza con lo scrittore Paolo Di Paolo dal titolo «Quando comincia l’uomo?».

CORRIERE DELLA SERA



giovedì 7 ottobre 2021

Premio Nobel per la Letteratura 2021 a Abdulrazak Gurnah

 

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Premio Nobel per la Letteratura 2021 a Abdulrazak Gurnah


di CRISTINA TAGLIETTI7 ottobre 2021 (modifica il 7 ottobre 2021 | 20:27)
Nato a Zanzibar e arrivato in Inghilterra come rifugiato alla fine degli anni Sessanta, ha vinto per il suo lavoro sugli effetti del colonialismo e sul destino dei rifugiati

Abdulrazak Gurnah ha vinto il Premio Nobel per la Letteratura 2021. Appartenenza, rottura, dislocamento: sono le parole del «fuori» per lui, a cui corrispondono quelle del «dentro»: perdita, dolore, recupero. Così, in un’intervista, riassumeva la sua poetica lo scrittore a cui ieri l’Accademia di Svezia ha assegnato il premio Nobel per la letteratura snobbando, ancora una volta, i grandi favoriti in nome di una scelta che nella scrittura cerca anche un’impronta politica e sociale. I bookmaker quest’anno puntavano su autori di grande popolarità — Murakami, Atwood, Ernaux, addirittura il politicamente scorretto Houellebecq — ma da sempre le scelte del comitato svedese navigano al largo del mainstream e vanno a pescare tra gusti letterari che non sono per tutti i palati, come è accaduto lo scorso anno con la poetessa americana Louise Gluck.

Nato a Zanzibar, in Tanzania, nel 1948, fuggito nel 1968 quando la minoranza di origine araba venne perseguitata, arrivato in Gran Bretagna come studente (ha insegnato letteratura all’Università del Kent), Gurnah ha iniziato a scrivere a 21 anni in inglese, anche se lo swahili era la sua prima lingua. La poesia araba e persiana, in particolare Le Mille e una notte, sono state una fonte importante di ispirazione, così le sure del Corano e le tragedie di Shakespeare. Come saggista ha dedicato testi critici ad altri scrittori postcoloniali appartenenti a due mondi (specialmente Africa, Caraibi, India) come V. S. Naipaul (Nobel nel 2001) o Salman Rushdie, a rappresentanti del meticciato culturale come il nigeriano Wole Soyinka (Nobel nel 1986) e il keniota Ngugi wa Thiong’o, da anni dato tra i favoriti a ricevere la medaglia d’oro dalle mani del re Carlo Gustavo di Svezia.


La motivazione della giuria menziona «la sua intransigente e compassionevole penetrazione degli effetti del col onialismo e del destino del rifugiato nel golfo tra culture e continenti» e in un audio pubblicato sul sito web della Fondazione Nobel, Gurnah, dopo aver rivelato di aver pensato a uno scherzo alla comunicazione di essere il vincitore, ha invitato l’Europa a cambiare la sua visione dei rifugiati dall’Africa e in generale della crisi migratoria: «Molte di queste persone vengono per necessità e anche perché hanno qualcosa da dare. Non arrivano a mani vuote. Molte hanno talento ed energia».

Autore di dieci romanzi e di diversi racconti (il primo libro, Memory of Departure, è del 1987), Gurnah è poco conosciuto in Italia, dove Garzanti ha pubblicato anni fa i suoi romanzi più notiIl paradiso (1994), ambientato nell’Africa orientale coloniale durante la Prima guerra mondiale e selezionato per il Booker Prize, Il disertore (2005), storia di origini, amore, abbandono, e Sulla riva del mare (2001) con un anziano richiedente asilo che vive in una cittadina di mare inglese. Il suo ultimo romanzo, Afterlives, pubblicato l’anno scorso, «tentacolare e intimo» secondo la scrittrice etiope Maaza Mengiste che lo ha recensito sul «Guardian», prende in considerazione la presenza coloniale tedesca in Africa attraverso la storia di Ilyas, che, sottratto ai suoi genitori dalle truppe coloniali tedesche da ragazzo, torna al suo villaggio dopo anni di guerra contro la sua stessa gente.

La migrazione e lo spostamento, dall’Africa orientale all’Europa o all’interno dell’Africa, sono al centro di tutti i romanzi di Abdulrazak Gurnah. Con i suoi personaggi in bilico tra una nuova vita e un passato di cui conservano memoria, costantemente intenti a costruirsi una nuova identità per adattarsi ai loro nuovi ambienti, lo scrittore ha anticipato quella letteratura della migrazione e della multiculturalità oggi molto praticata dagli autori contemporanei più giovani.

Non c’è la nostalgia per un’Africa pre-coloniale, incontaminata e innocente, nei romanzi di Gurnah che, tuttavia, rompe consapevolmente con le convenzioni, ribaltando la prospettiva coloniale per mettere in evidenza quella delle popolazioni indigene. Il suo background, d’altronde, è un’Africa cosmopolita prima della globalizzazione, quella di Zanzibar, che, sotto diverse potenze coloniali — portoghese, indiana, araba, tedesca e britannica — ha avuto collegamenti commerciali con tutto il mondo. «I suoi romanzi rifuggono dalle descrizioni stereotipate e aprono il nostro sguardo su un’Africa orientale culturalmente diversificata e sconosciuta a molti in altre parti del mondo. Nell’universo letterario di Gurnah, tutto è mutevole — ricordi, nomi, identità. Questo è probabilmente perché il suo progetto non può raggiungere il completamento in nessun senso definitivo», ha scritto Anders Olsson, a capo del comitato del Nobel. Ieri, rispondendo alle domande dei giornalisti Olsson ha tenuto a precisare che il lavoro dell’Accademia inizia con largo anticipo e che, per questo, la scelta del vincitore non è influenzata dall’attuale situazione politica e dalle migrazioni in Europa.

«Sono venuto in Inghilterra quando parole come richiedente asilo, non avevano esattamente lo stesso significato: oggi sempre più persone stanno lottando e scappando da stati terroristici — ha detto lo scrittore —.Il mondo è molto più violento di quanto non fosse negli anni Sessanta, per questo ora c’è una maggiore pressione sui Paesi più sicuri. Non vedo divisioni permanenti, le persone si sono sempre spostate. La migrazione degli africani verso l’Europa è un fenomeno relativamente nuovo, ma gli europei che si riversano nel mondo non sono una novità. Penso che ci sia una sorta di avarizia dietro al motivo per cui è così difficile per gli Stati europei fare i conti con questa realtà».


CORRIERE DELLA SERA





mercoledì 6 ottobre 2021

Maneskin, uno scatto nudi sui social per il nuovo singolo «Mammamia»

 


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Maneskin, uno scatto nudi sui social per il nuovo singolo «Mammamia»

di Redazione Spettacoli6 ottobre 2021 (modifica il 7 ottobre 2021 | 09:57)
La band ha postato alcuni scatti senza veli: entusiasmo tra i fan ma anche qualche critica



Completamente nudi, coperti solo da stelline nere per non incappare nella censura dei social: sempre più famosi e sempre più spregiudicati, i Maneskin hanno postato alcuni scatti senza veli in vista dell'uscita del nuovo singolo «Mammamia», in arrivo venerdì 8 ottobre.

Il gruppo rock romano formato da Victoria De AngelisDamiano David, Ethan Torchio e Thomas Raggi continua a cavalcare l'onda dell'enorme successo internazionale arrivato dopo la vittoria all'Eurovision Song Contest e non accenna a porsi dei limiti, scatenando il tripudio dei fan.

Le foto, solo su Instagram, hanno superato il milione e mezzo di like in poche ore, tra l'ovazione di chi ha apprezzato, le contestazioni di chi vi legge una pura mossa di marketing «per far parlare di sé» e le ramanzine di chi è più pudico e ha scritto di non sentirsi a proprio agio davanti ai nudi.

Critiche o complimenti che arrivino, comunque, la band tira dritto, forte anche dei grossi riscontri musicali: le date per il tour europeo del 2022, annunciate nei giorni scorsi, sono andate subito sold out. Per festeggiare l'uscita del nuovo singolo, i Maneskin sono intanto volati a Berlino dove suoneranno la canzone dal vivo per la prima volta giovedì 7 ottobre, durante un pre-listening party.



CORRIERE DELLA SERA


lunedì 4 ottobre 2021

Marilyn Manson, parla l’ex moglie Dita Von Teese: «Con me è stato diverso»

 

Dita von Teese e Marilyn Manson


Marilyn Manson, 

parla l’ex moglie

 Dita Von Teese: 

«Con me è stato 

diverso»

Arrivano le dichiarazioni della diva del burlesque dopo le accuse di abusi sessuali mosse da Evan Rachel Wood. Intanto, anche Wes Borland dei Limp Bizkit e Trent Reznor si schierano contro la rockstar

Rolling Stone
4 FEBBRAIO 2021

Dopo le accuse di abusi sessuali mossi dall’ex compagna Evan Rachel Wood, parla un’altra celebre ex di Marilyn Manson. È Dita Von Teese, la diva del burlesque che è stata sposata con la rockstar dalla fine del 2005 all’inizio del 2007.

Dopo aver ringraziato «tutti quelli che hanno espresso preoccupazione nei miei confronti: apprezzo la vostra gentilezza», Dita Von Teese ha scritto su Instagram che la sua esperienza con Manson è stata molto diversa da quella raccontata da Wood. «I dettagli resi pubblici non corrispondono alla mia esperienza personale, durante i sette anni di relazione con lui. Se ciò fosse successo, non l’avrei sposato nel dicembre del 2005. L’ho lasciato dopo poco più di un anno a causa dei suoi tradimenti e della sua dipendenza dalle droghe».

In seguito alle accuse di Wood, ora al vaglio di un’indagine dell’FBI, altre ex come Rose McGowan hanno denunciato la condotta sessuale dell’artista, e la sua ultima etichetta – la Loma Vista Recordings – l’ha scaricato. Così hanno fatto anche la CAA, l’agenzia che lo rappresentava, e la produzione della serie American Gods, di cui non farà più parte.

E arrivano altri colleghi a rincarare la dose su Manson. Trent Reznor ha dichiarato: «Nel corso degli anni, ho sempre detto che Manson non mi piace, e che con lui ho interrotto ogni rapporto 25 anni fa. Come ho detto quando è stato pubblicato il libro, il passaggio della sua autobiografia che mi riguarda è un’invenzione totale. Sono incazzato oggi come allora».

E anche Wes Borland dei Limp Bizkit si schiera contro di lui: «Sono stato nella sua band per nove mesi. Non è una gran persona. Ogni cosa che la gente dice di lui è vera. Non ascoltate quelli che dicono di queste donne “Si sono fatte avanti solo ora”: fanculo, stanno dicendo la verità. Lui è così. Ha un talento enorme, ma è un tipo incasinato, ha bisogno di essere controllato, di smetterla con le droghe, di venire a patti con i suoi demoni. È una persona cattiva, cazzo. Io c’ero quando stava con Evan Rachel Wood, ero spesso a casa sua, non c’era una bella aria. Una volta, invece, ha cercato di strozzare me mentre eravamo sul palco. Io l’ho ribaltato, l’ho zittito. Una volta ero il suo più grande fan, ora non più. Addio».

ROLLING STONE