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lunedì 16 luglio 2018

Francia, incidenti e saccheggi: evacuati Champs-Élysées dopo la festa mondiale

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Francia, incidenti e saccheggi: evacuati Champs-Élysées dopo la festa mondiale


In serata, nella festa dei tifosi sugli Champs-Elysées si sono infiltrati alcuni teppisti: auto distrutte e date alle fiamme, negozi saccheggiati


6 luglio 2018 (modifica il 16 luglio 2018 | 09:58)


Decine di facinorosi e casseur sono venuti a guastare la grande festa popolare per la Francia campione del mondo che questa notte vedeva riunite centinaia di migliaia di persone sugli Champs-Elysées, lanciando oggetti contro le vetrine dei negozi, in particolare il Drugstore Publicis, a pochi metri dall’Arco di Trionfo, dove poco prima erano stati proiettati i nomi dei calciatori eroi dell’impresa di Mosca e il tricolore bleu-blanc-rouge. Gli agenti hanno replicato con i gas lacrimogeni e la folla è stata dispersa nella parte alta del viale, mentre nella parte inferiore, intorno a Place de la Concorde, la situazione è rimasta piuttosto calma.

Secondo la stampa francese, diversi giovani, alcuni incappucciati, hanno fatto irruzione nel Drugstore facendo incetta di bottiglie di vino e champagne. Dopo 15-20 minuti sono stati sgomberati con forti dosi di gas lacrimogeno lanciate dagli agenti. Lo stesso è accaduto nel vicino bar dell’esercizio commerciale. Poco prima di mezzanotte, la prefettura ha deciso di sgomberare quella che i parigini definiscono il «più bel viale del mondo», incluso con l’uso di idranti. Incidenti, scontri e lacrimogeni anche nel centro di Lione e, in misura minore, a Rouen e Mentone. Circa 110.000 agenti sono stati mobilitati dal ministero francese dell’Interno per garantire la sicurezza di questo particolare fine settimana francese.

CORRIERE DELLA SERA






sabato 19 dicembre 2015

Quando Édith Piaf diceva: «Mentre canto lascio la terra»


Édith Piaf

Quando Édith Piaf diceva: «Mentre canto lascio la terra» 

Cento anni fa, il 19 dicembre 1915, nasceva l'"usignolo" di Francia, una delle voci più belle del Novecento, intensa e venata di mille sfumature, una per ogni prova che le ha dato la vita


domenica 18 gennaio 2015

Michel Houellebecq / L’ ultimo “Charlie Hebdo” dedicato al suo nuovo libro


Houellebecq, l’ ultimo “Charlie Hebdo” dedicato al suo nuovo libro

Il romanziere sotto scorta ora piange l’amico morto. Disse: «Non sento una responsabilità particolare per quello che scrivo. Un romanzo non cambia la storia»

di Stefano Montefiori
Corriere della Sera
8 gennaio 2015 | 08:07




Michel Houellebecq è scoppiato in singhiozzi, ieri, quando ha saputo che tra i morti c’era il suo amico Bernard Maris, economista alla Banca di Francia ed editorialista a “Charlie Hebdo”. Sul numero della rivista uscito poche ore prima della strage, Maris conclude con queste parole quello che sarà l’ultimo articolo della sua vita: «Ancora un romanzo magnifico. Ancora un colpo da maestro». Si riferisce a “Sottomissione”, il libro di Houellebecq che negli stessi momenti cominciava finalmente a essere venduto nelle librerie, dopo settimane di indiscrezioni, distribuzioni illegali su Internet e polemiche che, come solo in Francia può accadere, passano rapidamente dalla letteratura alla politica.

È stata una giornata spaventosa per tutti. Michel Houellebecq non ha potuto che viverla in modo ancora più drammatico, per le persone colpite a lui vicine e perché quella, fino alle 11 e 30 era la «sua» giornata, quella dell’uscita del libro più atteso dell’anno, da giorni sulle prime pagine di tutti i giornali. Una giornata preceduta la sera prima da un suo intervento al tg delle 20 sul canale pubblico France 2, in cui lo scrittore di tanti romanzi tra analisi della società e profezia aveva risposto con la consueta flemma alle domande del conduttore David Pujadas. «Non sente di avere una responsabilità particolare, lei che è uno scrittore così importante e seguito?», chiedeva Pujadas. «No - aveva risposto Houellebecq -, forse un saggio può cambiare la storia, non un romanzo». Il giornalista alludeva a una voglia di provocazione - tante volte negata - di Houellebecq, che in “Sottomissione” mette in scena il fantasma più angosciante per la società francese di questi giorni: un Islam trionfante, che ha ragione per vie democratiche di una civiltà giudaico-cristiana ormai estenuata, spossata dall’Illuminismo e dal fardello di libertà che pesa su ogni essere umano. Meglio la sottomissione, allora, suggerisce François, il protagonista del romanzo: delle donne all’uomo (la poligamia viene incoraggiata, più mogli smettono di lavorare e restano a casa ad accudire un unico marito), e di tutta la società a Dio. Anzi, ad Allah.

Per questo, Houellebecq è stato accusato di soffiare sul fuoco, di usare la paura per vendere libri. Ma Houellebecq è uno scrittore, di sicuro il più celebre e forse il migliore scrittore francese contemporaneo, non un opinionista né tantomeno un uomo politico. Ha il diritto di descrivere la realtà, e anche di offrirci la sua idea di quel che la realtà potrà diventare tra qualche anno, «esagerando e velocizzando», come dice lui stesso. Da quando in autunno si è saputo che il suo prossimo romanzo avrebbe dipinto questa Francia del 2022 in mano all’Islam, l’Islam per certi versi rassicurante (donne a parte) del nuovo presidente della Repubblica Mohammed Ben Abbes, il dibattito culturale - e politico - francese ha cominciato a incentrarsi su Sottomissione , fino a esserne completamente monopolizzato.


L’azione militare dei terroristi è stata talmente efficace da essere probabilmente pianificata da mesi, dicono le fonti di polizia: l’uscita di Sottomissione e l’ultimo numero della rivista non c’entrano nulla. I piani si sovrappongono perché c’è la coincidenza dell’uscita nelle librerie, e perché l’ultimo Charlie Hebdo esibisce in copertina una splendida vignetta firmata Luz, almeno lui per fortuna scampato al massacro, che dipinge Houellebecq con l’eterna sigaretta e un ridicolo cappello con stelle e pianeti. Titolo: «Le predizioni del mago Houellebecq», e lo scrittore che dice «Nel 2015 perdo i denti...» (i suoi problemi odontoiatrici sono noti) e «Nel 2022, faccio il Ramadan!».



Nell’ultima pagina di Charlie Hebdo , come sempre, «le copertine alle quali siete scampati»: e riecco Michel Houellebecq in braccio a una Marine Le Pen sognante che canta «Sarai il mio Malraux», disegnato da Cabu, morto nell’attentato; Houellebecq in ginocchio che sniffa una pista di cocaina stesa per strada e il titolo «Houellebecq convertito all’Islam?», disegnato da Coco, alias Corinne Rey, la donna che sotto la minaccia delle armi ha aperto la porta della redazione ai terroristi; infine, ecco un ritratto poco avvenente di Houellebecq, lo strillo «Scandalo!» e il titolo «Allah ha creato Houellebecq a sua immagine!». La firma è di Charb, il direttore, l’uomo che più di tutti gli assassini volevano uccidere. 


Michel Houellebecq è ovviamente sotto la protezione della polizia, come lo sono le redazioni di tutti i giornali e i locali della casa editrice Flammarion, che ieri sono rimasti chiusi. Nel romanzo, gli islamici prendono il potere vincendo le elezioni grazie a un’alleanza con gli esangui partiti di centrosinistra e di centrodestra. Prima che l’ordine coranico regni sovrano sulla Francia e l’Europa, in base al sogno di Ben Abbes di rifondare un impero romano con l’Islam al posto del Cristianesimo, in Sottomissione (uscirà in Italia il 15 gennaio per Bompiani) ci sono scontri, un timido debutto di guerra civile. E la guerra civile, il caos, sono evocati nelle dichiarazioni di mesi fa di Éric Zemmour, l’opinionista che con il bestseller Le suicide français ha generato furiose polemiche su razzismo e islamofobia, con la sua accusa rivolta ai musulmani di Francia di essere «un popolo nel popolo».

Negli ultimi giorni i migliori intellettuali e scrittori francesi, da Michel Onfray a Emmanuel Carrère, si sono pronunciati sulla polemica Houellebecq. Era un dibattito avvincente, toccava tutti. Il massacro a Charlie Hebdo lo rende ancora più centrale ma tutto è già cambiato, la Francia non sarà più la stessa. Michel Houellebecq, atteso giovedì sera alla trasmissione di punta a Canal Plus, dovrà decidere se, e come, partecipare.



sabato 17 gennaio 2015

Michel Houellebecq / Niente in Francia sarà più come prima

Michel Houellebech

L'intervista lo scrittore francese

Michel Houellebecq: 

«Niente in Francia sarà più come prima. Sì, ho paura anch’io...»

Il giorno del massacro era uscito nelle librerie il suo ultimo libro Sottomissione, da domani disponibile anche in Italia

di Stefano Montefiori, nostro corrispondente a Parigi


Corriere della Sera
14 gennaio 2015 | 08:03


Dopo l’attentato a Charlie Hebdo, il più celebre scrittore francese Michel Houellebecq ha lasciato Parigi, protetto dalla polizia. Il giorno del massacro alla redazione, il 7 gennaio, è uscito in Francia per Flammarion il suo ultimo romanzo,Sottomissione, che sarà nelle librerie italiane domani, edito da Bompiani. Houellebecq immagina una Francia del 2022 dove il presidente musulmano Ben Abbes vince le elezioni, islamizza la società e progetta di ricreare in Europa e nel Mediterraneo una sorta di impero romano, unito dall’Islam. Houellebecq aveva sospeso la promozione del suo libro, ma ha scelto di mantenere l’impegno preso con il Corriere della Sera . 


«l’Islam è la religione piu stupida del mondo»
Michel Houellebecq




Michel Houellebecq, lei ha paura? 

«Sì, anche se è difficile rendersi conto completamente della situazione. Cabu per esempio, uno dei disegnatori uccisi, non era del tutto cosciente del rischio, c’era in lui l’anima sessantottina mescolata con una vecchia tradizione di mangiapreti, e in Francia essere un mangiapreti espone a un processo in tribunale che in genere si vince. Penso che Cabu non abbia colto che la questione è ormai di un’altra natura. Siamo abituati a un certo livello di libertà di espressione, e non ci siamo fatti una ragione del fatto che le cose sono cambiate. Anche io sono un po’ così, a livello inconscio. Ma l’idea della minaccia ti viene in mente, ogni tanto...». 

Come ha vissuto il 7 gennaio, che avrebbe dovuto essere la sua giornata, quella della pubblicazione del libro atteso da mesi ? 
«Quando ho saputo dell’attacco a Charlie Hebdo ho chiamato il mio amico Bernard (l’economista Bernard Maris, tra le vittime, ndr), ma non pensavo che fosse coinvolto. Collaborava con loro, non immaginavo che fosse alla riunione di redazione. Ho continuato a chiamarlo, dalle 12 alle 16, non rispondeva. Poi ho saputo». 

Pensa che dopo gli attentati di Parigi la libertà di espressione sarà più difficile da esercitare? Nonostante l’immensa manifestazione di domenica?
«Sì, certo. Niente sarà più come prima. Sicuramente è più dura, per esempio per un disegnatore che comincia adesso». 

Ma «Charlie Hebdo» ricomincia con un nuovo numero che ha in copertina Maometto. Forse quel che è successo potrebbe al contrario dare forza ai giovani. 
«Adesso non c’è problema, faranno lo stesso tutti i disegnatori di Francia anzi del mondo. Dopo non so». 

Lei è sulla copertina del numero uscito la mattina stessa della strage. Il nuovo «Charlie Hebdo» riparte da Maometto. Che cosa pensa di questa scelta?
«Sì, è quel che bisogna fare, è la scelta giusta. Charlie Hebdo ha sotto la testata la scritta “giornale irresponsabile”. È questo il loro motto, ed è giusto che restino fedeli alla loro linea». 

Lei aveva paura anche mentre scriveva il suo romanzo? 
«No, per niente. Quando si scrive non si pensa affatto a come verranno accolte le proprie parole. Scrittura e pubblicazione sono due fasi separate. È adesso che uno capisce i rischi». 

Il libro non mi è sembrato islamofobo, anzi al limite islamofilo. Ma in fondo neanche quello, l’Islam viene abbracciato un po’ per opportunismo.
«È così. I miei grandi riferimenti in letteratura sono Dostoevskij e Conrad. Entrambi hanno dedicato romanzi all’argomento di attualità più importante dell’epoca, ossia gli attentati anarchici e nichilisti, la rivoluzione russa che covava. Sono molto diversi nel modo di trattare il soggetto, ma questi rivoluzionari per loro si dividono in due tipi: farabutto cinico o naif assurdo, talvolta altrettanto pericoloso. Io descrivo invece, quasi unicamente, dei farabutti cinici attraversati talvolta da un pizzico di sincerità». 

Questa parte di sincerità, che finisce per essere sconfitta, la si vede anche nel momento chiave del romanzo, quando il protagonista François si rivolge alla Vergine nera di Rocamadour, ma desiste, non trova la fede.
«Sì quella è la svolta del romanzo. È li che ho deluso i miei lettori cattolici, oltre a quelli laici. Nel progetto iniziale il protagonista si converte al cattolicesimo, ma non sono riuscito a scriverlo. L’avanzata islamica mi è parsa più credibile». 

La settimana scorsa era cominciata con la parola chiave «Sottomissione»; si è conclusa con titoli come «La rivolta di Parigi», «La Francia in piedi», a proposito della marcia. È sorpreso dalla reazione dei suoi concittadini? 
«Non credo che quella marcia pur immensa avrà enormi conseguenze. La situazione non cambierà nel profondo, torneremo con i piedi per terra». 

Davvero per lei è solo un episodio quindi?
«Sì. Non vorrei sembrare cattivo... Ma invece un po’ sì. Quando c’è stato l’incendio della redazione, il primo attentato a Charlie Hebdo nel 2011, non pochi dei colleghi giornalisti e dei politici dissero “sì, la libertà va bene, ma bisogna essere un po’ responsabili”. Responsabili. Questa era la parola fondamentale». 

Anche a lei, di recente, è stato chiesto se non sente di avere una responsabilità in quanto grande scrittore. La trova appropriata questa domanda?
«No, io mi sento sempre irresponsabile e lo rivendico, altrimenti non potrei continuare a scrivere. Il mio ruolo non è aiutare la coesione sociale. Non sono né strumentalizzabile, né responsabile». 

Qual è il problema alla base di tutto, in Francia?
«È il punto di partenza del libro. Il Paese è sempre più a destra ma la rielezione di un presidente di sinistra non è totalmente impensabile. E questo è destabilizzante». 

Il Front National era assente dalla marcia di Parigi.
«Sì, sembra che non li abbiano voluti. Se vogliamo parlare nello specifico del Front National, hanno due deputati e il 25% dei voti (alle Europee, ndr)... C’è uno scarto evidente. Il Front National ha un peso nella società che non corrisponde affatto alla sua rappresentanza parlamentare. Mi domando fino a che punto una situazione simile sia sostenibile, con questa astensione poi. C’è un sistema che dovrebbe essere democratico e che non funziona più». 

Hollande ha detto che leggerà il suo libro. È curioso di conoscere la sua opinione?
«No, dell’opinione letteraria dei politici mi interessa poco. Se François Hollande sarà rieletto presidente nel 2017 forse molte persone emigreranno. Per ragioni fiscali ed economiche, per l’idea che è difficile fare granché in Francia, un Paese che appare bloccato. E poi potremmo vedere qualcuno alla destra del Front National che si innervosisce e passa a un’azione violenta». 

Nel suo romanzo la guerra civile sembra cominciare, poi per fortuna si ferma subito. Ma lei mi sta dicendo che nella realtà questa le sembra un’ipotesi possibile
«Sì, è un’ipotesi possibile. Sono allarmista, certo. Declinista no, perché ci sono cose bizzarre e positive che accadono in Francia, per esempio abbiamo una demografia molto alta, una cosa tutto sommato misteriosa». 

Il grande soggetto del suo libro è in generale il ritorno della religione.
«Sì, è un fenomeno che i media non riescono a cogliere, pensano che la religione sia un fenomeno passato di moda. Ma prima di domenica le grandi manifestazioni di piazza sono state le manif pour tous. Fatte da cattolici molto diversi da quelli che mi ricordavo da giovane, ovvero gente complessata e all’antica oppure di sinistra insopportabilmente perbenista (ride, ndr)». 

Ha letto «Il Regno», il romanzo di Emanuel Carrère, e il suo testo su «Sottomissione» pubblicato dal «Corriere»?
«Si. Carrère ha capito certe cose fondamentali del mio libro». 

Per esempio la tentazione di liberarsi della libertà?
«Si. Della libertà l’uomo non ne può più, troppo faticosa. Ecco perché parlo di sottomissione. È un piacere parlare di Emanuel Carrère e del suo libro che ho molto amato». 

Carrère spera che possa esserci una relazione feconda tra l’Islam e la libertà cara alla civiltà europea erede dei Lumi. È uno scenario possibile?
«I miei valori non sono quelli dell’Illuminismo. Ora, senza andare verso un progetto di fusione grandioso alla Carrère, diciamo che Cattolicesimo e Islam hanno dimostrato di poter coabitare. L’ibridazione è possibile con qualcosa che è davvero radicato in Occidente, il Cristianesimo. Mentre con il razionalismo illuminista mi pare inverosimile». 

Rispetto al 2001 e alla sua celebre dichiarazione «l’Islam è la religione piu stupida del mondo», lei ha chiaramente cambiato opinione sull’Islam. Come mai?
«Ho riletto con attenzione il Corano, e una lettura onesta porta a supporre un’intesa con le altre religioni monoteiste, che è gia molto. Un lettore onesto del Corano non ne conclude affatto che bisogna andare ad ammazzare i bambini ebrei. Proprio per niente». 

È il dibattito cruciale. I terroristi sono pazzi che stravolgono il messaggio dell’Islam, o la violenza è inerente alla natura stessa di quella religione?
«No, la violenza non è connaturata all’Islam. Il problema dell’Islam è che non ha un capo come il Papa della Chiesa cattolica, che indicherebbe la retta via una volta per tutte». 

I suoi romanzi hanno sempre una parte di osservazione della società e un tocco profetico, a cominciare dal capitalismo applicato ai sentimenti di «Estensione del dominio della lotta»... 
«Sì, è stata la mia prima scoperta (ride, ndr)». 

...per continuare con turismo sessuale e terrorismo di massa, clonazione, Francia trasformata in parco giochi per ricchi turisti, fino alla sottomissione all’Islam.
«Comincio dall’osservazione della realtà, ma resta letteratura. So che è difficile da credere ma l’Islam, nel romanzo, all’inizio non c’era. Uno dei motivi che mi hanno fatto scrivere il libro, oltre al fatto che essere ateo mi è diventato insopportabile, è che tornando in Francia dall’Irlanda mi sono reso conto che la situazione era molto peggiore di quanto pensassi. Ho pensato che le cose potevano precipitare in modo spiacevole, e questo mi ha sorpreso». L’intervista finisce, ci salutiamo. «Spero che avremo l’occasione di rivederci in circostanze più felici», conclude lo scrittore.