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giovedì 29 luglio 2021

Le fotografie di Ferdinando Scianna, tra caos necessario e voglia di raccontare


Le fotografie di Ferdinando Scianna, tra caos necessario e voglia di raccontare




ferdinando scianna
3. MARPESSA, CALTAGIRONE, 1987 © 2021 FERDINANDO SCIANNA

Appassionato della gente. Vocato all’amicizia. Narcisista. Si definisce così Ferdinando Scianna, 78 anni, da Bagheria, tre figlie, due nipoti. Un fotografo (famoso) che scrive. A dieci anni di distanza dalla prima pubblicazione, Contrasto manda in libreria l’edizione aggiornata della sua autobiografia, Autoritratto di un fotografo. Un racconto, anche per immagini, di sessant’anni della nostra storia. Primo italiano ammesso nel 1982 alla Magnum, mitica agenzia di Robert Capa e Henri Cartier-Bresson, Scianna guarda con disincanto agli eventi che lo hanno formato nel tentativo di cogliere il senso della propria vita.

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Autoritratto, Bagheria, 1960
© 2021 FERDINANDO SCIANNA

Maestro, cosa è stata per lei la fotografia?

È stata un mestiere. Una passione. Un’ossessione. Ho iniziato a scattare foto intorno ai sedici anni, quando mio padre mi regalò la prima macchinetta. Il soggetto preferito erano le compagne di liceo. Nel 1963 Leonardo Sciascia, che considero l’uomo-chiave della mia esistenza, vide delle foto di feste religiose esposte al circolo culturale di Bagheria e lasciò un biglietto di complimenti. Ho pubblicato il primo libro insieme a lui: fin da allora la dimensione del racconto era implicita. Credo che il mio modo di fotografare sia stato sempre influenzato dalla letteratura: Alberto Savinio e Federico De Roberto si intrecciavano con Jorge Luis Borges e Philip Roth. E ho avuto l’immensa fortuna di avere come amici scrittori del calibro di Milan Kundera, Gesualdo Bufalino, Manuel Vázquez Montalbán. Oltre a Sciascia, naturalmente.




ferdinando scianna
Henri Cartier-Bresson, Parigi, 1986
© 2021 FERDINANDO SCIANNA

Fra un reportage di guerra per L’Europeo e un servizio sul colera a Napoli, si è cimentato parecchio con la moda. Come è andata?

Ho iniziato mosso come sempre dalla curiosità. Un allora sconosciuto Domenico Dolce mi chiese di realizzare un catalogo in Sicilia, con pochi mezzi. La modella, Marpessa Hennink, si truccava e pettinava da sola: alta, bellissima, con il suo sguardo verde, inquieto, imbarazzato. In seguito, neanche a dirlo, le ho dedicato un libro (Marpessa, un racconto) ormai introvabile. All’improvviso ho scoperto in me una vena teatrale, da messa in scena, che però scaturiva dalla realtà, dalla strada. Come tutti i miei scatti. Che ho sempre cercato nel caos. Vedevo la moda come una ragazza vestita in un certo modo che vive nel mondo, non in uno studio con la luce artificiale. Da lì è iniziata una nuova avventura con i cataloghi per Yohji Yamamoto e Issey Miyake e i set per Vogue France, Marie Claire España, Harper’s Bazaar.

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Leonardo Sciascia, Racalmuto,1964
© 2021 FERDINANDO SCIANNA

Ha già pensato al prossimo libro?

In realtà è un libro-calendario per il 2022, un unico lunghissimo foglio con un testo e tredici fotografie. Realizzato in carta Tatami giapponese. Titolo: Ma che diavolo è questa bellezza? Da cui forse ricaverò anche una mostra.

BAZAAR




sabato 24 luglio 2021

La fotografia di Ferdinando Scianna

 



La fotografia di Ferdinando Scianna

28 Settembre 2011

Tra i più celebrati fotografi contemporanei Ferdinando Scianna si iscrive alla Facoltà di Lettere e Filosofia presso l’Università di Palermo, dove seguirà diversi corsi senza tuttavia portare a termine gli studi. Nel 1963 Leonardo Sciascia visita quasi per caso la sua prima mostra fotografica, che ha per tema le feste popolari, presso il circolo culturale di Bagheria. Quando s’incontrano di persona, nasce immediatamente un’amicizia che sarà fondamentale per la carriera Scianna.

Sciascia partecipa infatti con prefazione e testi alla stesura del suo primo libro, Feste religiose in Sicilia, che gli fa vincere il premio Nadar nel 1966.

Si trasferisce a Milano nel 1967 ed entro un anno inizia a collaborare come fotoreporter e inviato speciale con l’Europeo, diventandone in seguito il corrispondente da Parigi.

Nel 1977 pubblica in Francia Les Siciliens (Denoel), con testi di Domenique Fernandez e Leonardo Sciascia, e in Italia La villa dei mostri (introduzione di Leonardo Sciascia).

A Parigi scrive perLe Monde Diplomatique e La Quinzaine Littéraire e soprattutto conosce Henri Cartier-Bresson, le cui opere lo avevano influenzato fin dalla gioventù. Il grande fotografo lo introdurrà nel 1982 come primo italiano nella prestigiosa agenzia Magnum, di cui diventerà socio a tutti gli effetti nel 1989. Nel 1984 collabora con Bresson e André Pieyre de Mandiargues per Henri Cartier-Bresson: portraits (Collins).


Nel frattempo stringe amicizia e collabora con vari scrittori di successo, tra i quali Manuel Vázquez Montalbán (che qualche anno più tardi scrive l’introduzione di Le forme del caos, 1989).) Negli anni ottanta lavora anche nell’alta moda e in pubblicità, affermandosi come uno dei fotografi più richiesti. Fornisce un contributo essenziale al successo delle campagne di Dolce e Gabbana della seconda metà degli anni Ottanta.

Nel 1995 ritorna ad affrontare i temi religiosi, pubblicando Viaggio a Lourdes, e nel 1999 vengono pubblicati i ritratti del famoso scrittore argentino Jorge Luis Borges.



Il 2003 vede l’uscita del libro Quelli di Bagheria (facente parte di un progetto più ampio che include un documentario e varie mostre), ricostruzione dell’ambientazione e delle atmosfere della sua giovinezza attraverso una ricerca nella memoria individuale e collettiva. Nel dicembre 2006 viene presentato il calendario 2007 del Parco dei Nebrodi, con dodici scatti dell’attrice messinese Maria Grazia Cucinotta.
Con il concittadino Giuseppe Tornatore, in occasione del suo nuovo film Baarìa, pubblica nel 2009 il libro fotografico Baaria Bagheria.

Intervista a Ferdinando Scianna

MARCO CRUPI





venerdì 23 luglio 2021

Ferdinando Scianna / René Burri


Ferdinando Scianna - René Burri

Ferdinando Scianna - René Burri

a Venezia fino all’8 gennaio 2016

Dal 26 agosto 2016 all’8 gennaio 2017, le sale dello spazio veneziano sull’isola della Giudecca si apriranno alle rassegne “René Burri. Utopia”, curata da Michael Koetzle, e “Ferdinando Scianna. Il Ghetto di Venezia 500 anni dopo”, curata da Denis Curti. La mostra dedicata a Ferdinando Scianna è frutto del lavoro fotografico realizzato su incarico di Fondazione di Venezia e realizzato appositamente per i Tre Oci in occasione del Cinquecentenario della fondazione del Ghetto ebraico a Venezia.

 

I due diversi progetti si snoderanno autonomamente seguendo un percorso coerente e lineare, che si svilupperà a partire dalle 100 opere di René Burri, distribuite tra pianterreno e piano nobile, e si concluderà al secondo piano, con le oltre 50 fotografie inedite di Ferdinando Scianna.

 

Entrambi membri della prestigiosa agenzia fotografica Magnum, Burri (che ne diverrà presidente nel 1982) e Scianna appartengono, pur nella loro diversità, a quella categoria di autori che attraverso il mezzo fotografico esprime personali visioni, sia che si traducano nella passione di Burri di documentare grandi cambiamenti politici e sociali, sia che rispondano al tentativo, nel caso di Scianna, di carpire, all’interno del flusso caotico dell’esistenza, “istanti di senso e di forma”.

 

Utopia di René Burri (Zurigo, 1933-2014) riunisce, per la prima volta, oltre 100 immagini del grande artista svizzero dedicate all’architettura, con scatti di famosi edifici e ritratti di architetti.


La fotografia di Burri nasce dal bisogno di raccontare i grandi processi di trasformazione e i cambiamenti storici, politici e culturali del Novecento con una forte attenzione verso alcuni personaggi (indimenticabili i suoi ritratti di Che Guevara e Pablo Picasso) che ne hanno fatto parte.


Utopia - che si tiene in contemporanea con la Biennale di Architettura 2016 - s’inserisce all’interno di questa prospettiva, in quanto Burri concepisce l’architettura come una vera e propria operazione politica e sociale che veicola e impone una visione sul mondo, e che lo spinge a viaggiare tra Europa, Medio-Oriente, Asia e America latina sulle tracce dei grandi architetti del XX secolo, da Le Corbusier a Oscar Niemeyer, da Mario Botta a Renzo Piano, da Tadao Ando a Richard Meier.

Accanto ai loro ritratti e alle loro costruzioni, in Utopia si ritrovano anche le immagini di eventi storici particolarmente densi di contrasti e di speranze, come la caduta del muro di Berlino o le proteste di piazza Tienanmen a Pechino nella primavera del 1989.

 

L’ultimo piano della Casa dei Tre Oci è dedicato all’opera di uno dei più importanti fotografi italiani, Ferdinando Scianna (Bagheria, 4 luglio 1943). In occasione dei 500 anni della nascita del Ghetto ebraico di Venezia (formatosi il 29 marzo 1516), la Fondazione di Venezia ha deciso di avviare una ricognizione fotografica con l’obiettivo di raccontare la dimensione contemporanea del Ghetto. Il progetto espositivo è realizzato da Civita Tre Venezie.


Scianna ha realizzato un reportage fotografico in pieno stile Street Photography, raccogliendo immagini inerenti la vita quotidiana del Ghetto, senza tralasciare ritratti, architetture, interni di case e luoghi di preghiera. Chiese, ristoranti, campi, gondole sono i soggetti che animano il panorama visivo del progetto. Da segnalare, in questa narrazione, la compresenza di una dimensione simbolica, storica, rituale, intrinsecamente connessa a luoghi e gesti, e una semplicità nella descrizione di un tempo presente e ordinario.


ILAS

martedì 2 aprile 2019

Ferdinando Scianna / Street Photography

Ferdinando Scianna, Il sapore visivo della tradizione nell’immagine di un uomo che attraversa il Ghetto


Ferdinando Scianna

Street Photography

26 ago 2016 — 8 gen 2017 presso la Casa dei Tre Oci a Venezia, Italia
27 NOVEMBRE 2017

Due progetti espositivi autonomi presentano, da un lato, 100 immagini di René Burri dedicate all’architettura e ai suoi protagonisti, dall’altro, 50 scatti inediti di Ferdinando Scianna in occasione dei 500 anni dalla fondazione del Ghetto ebraico a Venezia.
Ferdinando Scianna, Preghiera del mattino nel Midrash Luzzatto dentro la sinagoga Levantina

Dopo il successo della mostra Helmut Newton. Fotografie, la Casa dei Tre Oci di Venezia riprende il proprio programma espositivo con due proposte dedicate ad altrettanti maestri della storia della fotografia: René Burri e Ferdinando Scianna.
Dal 26 agosto 2016 all’8 gennaio 2017, le sale dello spazio veneziano sull’isola della Giudecca si apriranno alle rassegne “René Burri. Utopia”, organizzata da Magnum Photos in collaborazione con la Casa dei Tre Oci, e curata da Michael Koetzle, e “Ferdinando Scianna. Il Ghetto di Venezia 500 anni dopo”, curata da Denis Curti. La mostra dedicata a Ferdinando Scianna è frutto del lavoro fotografico realizzato su incarico di Fondazione di Venezia e realizzato appositamente per i Tre Oci in occasione del Cinquecentenario della fondazione del Ghetto ebraico a Venezia.
Ferdinando Scianna, Signore vestite a festa per Shabbat

I due diversi progetti si snoderanno autonomamente seguendo un percorso coerente e lineare, che si svilupperà a partire dalle 100 opere di René Burri, distribuite tra pianterreno e piano nobile, e si concluderà al secondo piano, con le oltre 50 fotografie inedite di Ferdinando Scianna.
Entrambi membri della prestigiosa agenzia fotografica Magnum (l’uno dal 1959, l’altro dal 1989), Burri e Scianna appartengono, pur nella loro diversità, a quella categoria di autori che attraverso il mezzo fotografico esprime personali visioni, sia che si traducano nella passione di Burri di documentare grandi cambiamenti politici e sociali, sia che rispondano al tentativo, nel caso di Scianna, di carpire, all’interno del flusso caotico dell’esistenza, “istanti di senso e di forma”.

Ferdinando Scianna, Cena di Shabbat nella sede del gruppo Chabad-Lubavitch

Utopia di René Burri (Zurigo, 1933-2014) riunisce, per la prima volta, oltre 100 immagini del grande artista svizzero dedicate all’architettura, con scatti di famosi edifici e ritratti di architetti.
La fotografia di Burri nasce dal bisogno di raccontare i grandi processi di trasformazione e i cambiamenti storici, politici e culturali del Novecento con una forte attenzione verso alcuni personaggi (indimenticabili i suoi ritratti di Che Guevara e Pablo Picasso) che ne hanno fatto parte.
Ferdinando Scianna, Partecipanti alla cerimonia di Shabbat della Comunità Chabad-Lubavitch verso la cena sabbatica

Utopia - che si tiene in contemporanea con la Biennale di Architettura 2016 - s’inserisce all’interno di questa prospettiva, in quanto Burri concepisce l’architettura come una vera e propria operazione politica e sociale che veicola e impone una visione sul mondo, e che lo spinge a viaggiare tra Europa, Medio-Oriente, Asia e America latina sulle tracce dei grandi architetti del XX secolo, da Le Corbusier a Oscar Niemeyer, da Mario Botta a Renzo Piano, da Tadao Ando a Richard Meier.
Accanto ai loro ritratti e alle loro costruzioni, in Utopia si ritrovano anche le immagini di eventi storici particolarmente densi di contrasti e di speranze, come la caduta del muro di Berlino o le proteste di piazza Tienanmen a Pechino nella primavera del 1989.

Ferdinando Scianna, Preghiera del mattino nella sede del gruppo Chabad-Lubavitch / Morning prayer at the seat of the Chabad-Lubavitch movement

L’ultimo piano della Casa dei Tre Oci è dedicato all’opera di uno dei più importanti fotografi italiani, Ferdinando Scianna (Bagheria, 4 luglio 1943). In occasione dei 500 anni della nascita del Ghetto ebraico di Venezia (formatosi il 29 marzo 1516), la Fondazione di Venezia ha deciso di avviare una ricognizione fotografica con l’obiettivo di raccontare la dimensione contemporanea del Ghetto. Il progetto espositivo è realizzato da Civita Tre Venezie.
Scianna ha realizzato un reportage fotografico in pieno stile Street Photography, raccogliendo immagini inerenti la vita quotidiana del Ghetto, senza tralasciare ritratti, architetture, interni di case e luoghi di preghiera. Chiese, ristoranti, campi, gondole sono i soggetti che animano il panorama visivo del progetto. Da segnalare, in questa narrazione, la compresenza di una dimensione simbolica, storica, rituale, intrinsecamente connessa a luoghi e gesti, e una semplicità nella descrizione di un tempo presente e ordinario.

Ferdinando Scianna, Visitatori di una comunità ebraica americana attraversano il ponte del Ghetto Vecchio 

“Ferdinando Scianna – osserva il curatore Denis Curti – ha saputo costruire un racconto delicato […]. Ha dato forma a una memoria collettiva elevando e distinguendo singole storie: se ne avverte la bellezza e la solennità. […] Il dolore mai urlato dell’Olocausto. Le pietre d’inciampo e i segni di una vicenda destinata a restare indelebile. […] Dentro queste fotografie ci si orienta. I punti cardinali si fanno abbraccio e segnano le linee di una confidenza visiva capace di entrare nei confini dell’intimità dei molti ritratti che compongono il complesso mosaico di questa esperienza: è il linguaggio degli affetti, è la grammatica dei corpi”.
La mostra “Il Ghetto di Venezia 500 anni dopo” sarà accompagnata da un catalogo bilingue (italiano e inglese) Marsilio Editori, che presenta, tra gli altri, i testi di Donatella Calabi, Denis Curti, Paolo Gnignati e Ferdinando Scianna.