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sabato 14 settembre 2024

Liam Young al “Laboratory of the future”

 


Key-frame tratta dal film "Planet City" (2021) di Liam Young: un'immensa e complessa città iperbolica, una grande Megalopoli di 10.000.000.000 di abitanti dove vive l’intera popolazione mondiale


Liam Young al “Laboratory of the future”

18esima Mostra Internazionale di Architettura 2023

Chiara rigotti
10 DICEMBRE 2023

La Biennale di Venezia con la 18esima Mostra Internazionale di Architettura 2023, uno dei più prestigiosi eventi nel campo dell'arte e dell'architettura, ha visto quest’anno la partecipazione di numerosi talenti artistici, ma uno in particolare ha catturato l'attenzione degli spettatori: Liam Young, un architetto visionario che ha trasformato le sue idee in film affascinanti e suggestivi.

La Biennale di Venezia quest’anno si impegna concretamente nella lotta al cambiamento climatico, promuovendo un modello più sostenibile per la progettazione, l'allestimento e lo svolgimento delle sue attività. Nel 2022 ha ottenuto la certificazione di neutralità carbonica per tutte le manifestazioni che si sono svolte durante l'anno. Ciò è stato possibile grazie a un'attenta raccolta di dati sulle emissioni di CO2 generate dalle manifestazioni stesse e all'adozione di misure adeguate. Il processo per raggiungere la neutralità carbonica è stato certificato secondo lo standard internazionale PAS2060 dal RINA.

Per le manifestazioni della Biennale, la componente più significativa dell'impronta di carbonio complessiva è legata alla mobilità del pubblico partecipante. Pertanto, questa mostra sarà la prima grande esposizione di architettura ad adottare un percorso verso la neutralità carbonica, riflettendo anche sui temi di decolonizzazione e decarbonizzazione.

La direttrice Lesley Lokko, classe 1964, con una laurea in architettura alla Bartlett School of Architecture, dottorato alla London University, una tra i fondatori della prima scuola post-laurea di architettura nel continente africano, la Graduate School of Architecture (Gsa) di Johannesburg, ha sottolineato che una mostra di architettura è contemporaneamente un momento e un processo. Oltre alla narrazione, sono importanti anche le questioni legate alla produzione, alle risorse e alla rappresentazione che spesso vengono trascurate. È stato chiaro fin dall'inizio che la Mostra "The Laboratory of the Future" avrebbe adottato il concetto di "cambiamento " come elemento centrale, “un invito a immaginare diversamente, a fare le cose in modo diverso.”

All’interno del Laboratorio si trova uno spazio particolare, Il Carnival, che arricchisce il programma di “The Laboratory of the Future” durante i sei mesi della Mostra con incontri, conferenze, tavole rotonde, film e performance che mirano ad esplorare i temi della Biennale Architettura. Proprio a Carnival, Liam Young ha presentato a maggio un film su gigantesche infrastrutture che galleggiano in mezzo all’oceano: “The Great Endeavor” un film che vuole darci una visione positiva di un futuro dove sapremo collaborare in maniera pluridisciplinare per salvarci.

Holly Jean Buck, una scienziata socio-ambientale, insieme a Liam Young, propone un manifesto che va oltre la semplice riduzione delle future emissioni di anidride carbonica. La loro proposta è di sviluppare la capacità di rimuovere attivamente l'anidride carbonica dall'atmosfera e immagazzinarla nel sottosuolo. Questo progetto ambizioso richiederebbe il più grande sforzo di ingegneria nella storia umana e lo sviluppo di una nuova infrastruttura di dimensioni paragonabili a quella utilizzata dall'industria globale dei combustibili fossili. Chiamato "The Great Endeavor" (La Grande Impresa), questo è un tentativo utopico di coordinare azioni per "decolonizzare l'atmosfera".

Sul cantiere di queste infrastrutture fuori misura, ondeggianti, lavorano migliaia di persone coordinate al ritmo della Vocalist Lyra Pramuk. I costumi da lavoro sono stati disegnati dall’artista Ane Crabtree, con cui Liam aveva collaborato per i costumi di Planet City, esposti nel 2022 al MoMA. Liam Young è soprattutto un regista e designer speculativo nato in Australia. Ha sviluppato una reputazione significativa per il suo lavoro che unisce l'architettura, il cinema e la narrazione. Ha studiato architettura presso la Royal Melbourne Institute of Technology (RMIT) in Australia. Le sue opere sono state esposte in istituzioni e eventi di fama mondiale, tra cui la Biennale di Venezia 2021, il Museum of Modern Art (MoMA), il Victoria and Albert Museum (V&A).

Young è uno dei fondatori del think tank di Futuri Urbani: Tomorrows Thoughts Today e dello studio di ricerca nomade Unknown Fields. Young è stato in precedenza visiting professor di architettura all'Università di Princeton e attualmente ricopre una posizione presso l'Architectural Association di Londra e dirige il M.A. in Fiction and Entertainment presso il Southern California Institute of Architecture con Alexey Marfin a Los Angeles. Young ha collaborato con vari artisti, architetti e pensatori per immaginare e comunicare futuri alternativi. Il suo lavoro spesso esplora temi come l'impatto della tecnologia sulle città, il ruolo della sorveglianza e dei dati, la sostenibilità ambientale e le implicazioni sociali dell'urbanizzazione. I suoi film esplorano la relazione tra architettura, tecnologia e società, offrendo al pubblico prospettive uniche sull'ambiente costruito.

Liam Young immaginando le sedi di Facebook e Google, come ha scritto Andreea Cutieru su Archdaily, porta a una riflessione su un tipo di architettura in cui la scala umana non è più la misura predefinita dello spazio e in cui i parametri che definiscono l'oggetto costruito non si basano sulla condizione umana, sui segni culturali e sui modelli di movimento o orientamento. Nell'organizzazione spaziale sono imperativi il tempo, le esigenze tecniche e l'efficienza del processo. In questi paesaggi automatizzati, le persone sono semplicemente incaricate di supervisionare i processi automatizzati.

Apparentemente privi di qualità architettoniche e in un certo senso non progettati per le persone, ciò che distingue queste tipologie dall'infrastruttura è la loro relazione con il nostro paesaggio culturale. L'edificio anonimo che ospita i server di Google è, infatti, un archivio culturale per la società contemporanea. Secondo Rem Koolhaas la tipologia architettonica principale dei prossimi anni saranno proprio le banche dati.

Per capire meglio questo architetto visionario, vorrei citare i film che sono riusciti a cambiare il rapporto tra autore e spettatore coinvolgendolo con le stesse tecnologie che si rappresentano e criticano poi nei film. Primo tra tutti il film per cui l’ho conosciuto, "Planet City" (2021), un film sperimentale che immagina un'immensa e complessa città iperbolica, una grande Megalopoli di 10.000.000.000 di abitanti dove vive l’intera popolazione mondiale. Il film mostra Torri protette da facciate solari che producono l’energia sufficiente a tutti gli abitanti e orti urbani per l’agricoltura.

In ogni quartiere vengono celebrate danze tradizionali, 365 danze, una al giorno per raccontare le culture di Planet City. Ogni quartiere si rappresenta attraverso ritmi tribali, musica elettronica, costumi selvaggi e innovativi allo stesso tempo, creati dall’artista Ane Crabtree, costumista di Handmaid's Tale, Westworld e Invasion e con uno straordinario gruppo di artisti e maker provenienti da tutto il mondo.

"In the Robot Skies" un cortometraggio realizzato nel 2016, l’autore affronta i temi della sorveglianza. Il film sperimentale esplora la vita quotidiana in una città futuristica utilizzando droni per la ripresa e la narrazione. Il film è stato realizzato in collaborazione con il regista di drone cinematografico Derek Lamberton e il compositore Forest Swords. Le scene sono state girate interamente con l'uso di droni, che fungono da occhi volanti per raccontare la storia.

La trama segue due personaggi, James e Mary, che comunicano attraverso una serie di droni che pattugliano il cielo della città. I droni fungono da intermediari, osservando e registrando le loro interazioni. La storia si sviluppa attraverso le prospettive dei droni, fornendo un punto di vista unico sulla vita nella città futuristica. L' autore esplora temi attuali come la tecnologia e l'intimità nelle città del futuro. Il film offre uno sguardo suggestivo sulle dinamiche sociali e il modo in cui le tecnologie emergenti possono influenzare la nostra esperienza urbana. Il cortometraggio è stato presentato in diverse mostre e festival cinematografici ed è stato ampiamente elogiato per la sua innovazione nel modo di utilizzare i droni come strumenti cinematografici.

Anche in "Where the City Can't See", un cortometraggio del 2016, girato interamente in realtà virtuale, seguiamo una serie di personaggi in una Detroit futuristica e industriale. I personaggi si muovono attraverso la città di Detroit di notte, esplorando gli spazi abbandonati e le strutture industriali. La storia si svolge in un futuro in cui l'uso della tecnologia e della realtà virtuale è pervasivo nella vita quotidiana.

"Where the City Can't See" esplora temi come la tecnologia, l'intelligenza artificiale, la sorveglianza e la relazione tra gli esseri umani e l'ambiente costruito. Il film offre uno sguardo speculativo su come la città e la vita urbana potrebbero evolversi in un futuro prossimo. Uno degli aspetti distintivi di questo cortometraggio è stato l’utilizzo innovativo della tecnologia di realtà virtuale. Gli spettatori sono immersi nella prospettiva dei personaggi, vivendo l'esperienza attraverso i loro occhi e partecipando attivamente alla narrazione.

Di nuovo lo spettatore è anche regista, attore e protagonista. Il cortometraggio ha dimostrato la capacità di Liam Young di esplorare le potenzialità narrative e visive della tecnologia emergente e di creare esperienze coinvolgenti che spingono i confini del cinema tradizionale al di là della relazione statica con lo spettatore, stimolando l’immaginazione e la partecipazione del pubblico. "Under Tomorrow's Sky" (2013) è invece un progetto diverso e il primo davvero importante. Un progetto di narrativa spaziale composto da una serie di storie, video e installazioni, che esplora il futuro delle città attraverso visioni speculative.

Il progetto si concentra sulle sfide e le possibilità che le città del futuro potrebbero affrontare. Esplora temi come la sovrappopolazione, la tecnologia avanzata, l'urbanizzazione e l'impatto ambientale. Attraverso una combinazione di narrazione, immagini e installazioni, Young ha creato un'esperienza che invita il pubblico a riflettere sulle conseguenze delle scelte attuali sulla forma delle città di domani. Il progetto include anche collaborazioni con artisti, architetti, scrittori e designer. "Under Tomorrow's Sky" è stato esposto in varie istituzioni e mostre internazionali, offrendo al pubblico una visione provocatoria e stimolante del futuro delle città. Ha contribuito a consolidare la reputazione di Liam Young come pensatore speculativo e innovatore nel campo dell'architettura e del design.

Ma Liam Young non è il primo architetto a credere nell’immaginazione e nella realtà virtuale come strumento partecipativo per visualizzare un futuro ottimista, per esempio lo studio di Architettura Diller Scofidio + Renfro di New York ha una lunga storia di collaborazioni multidisciplinari che abbracciano il cinema, la performance e l'arte. Il loro progetto più importante è il Blur Building per l'Expo 2002 in Svizzera, che ha fornito una straordinaria esperienza spaziale e sensoriale ai visitatori.

Il Blur Building è un'architettura atmosferica, una massa di nebbia generata da forze naturali e artificiali. L'acqua viene pompata dal Lago di Neuchâtel, filtrata e spruzzata come una sottile nebbia attraverso 35.000 ugelli ad alta pressione. Un sistema meteorologico intelligente legge le mutevoli condizioni climatiche di temperatura, umidità, velocità e direzione del vento e regola la pressione dell'acqua in diverse zone. Entrando nel Blur, le referenze visive e acustiche vengono cancellate. C'è solo una "schermatura ottica" e il "rumore bianco" degli ugelli pulsanti.

A differenza degli ambienti immersivi che cercano una fedeltà visiva in alta definizione con una sempre maggiore virtuosità tecnica, il Blur è decisamente a bassa definizione. In questo padiglione espositivo non c'è nulla da vedere se non la nostra dipendenza stessa dalla visione. È un esperimento di de-emphasis su scala ambientale. Il movimento al suo interno non è regolamentato. Il pubblico può salire fino all'Angel Deck attraverso una scala che emerge dalla nebbia verso il cielo azzurro. L'acqua non è solo il sito e il materiale principale dell'edificio; è anche un piacere culinario. Il pubblico può bere l'edificio. All'interno, c'è un ambiente acustico immersivo creato da Christian Marclay.

Conclusione

La crisi climatica in corso, evidente anche nelle recenti situazioni meteorologiche in Italia, coinvolge profondamente il mondo della ricerca e della progettazione, mettendo in discussione qualsiasi soluzione apparentemente risolutiva. L'architettura stessa si trova vulnerabile di fronte a questa crisi climatica che supera i confini delle singole discipline. Secondo Lesley Lokko, "il futuro non è un copione da scrivere da zero, si trova nei vuoti del presente". Marina Otero Verzier, Direttrice delle Ricerche presso Het Nieuwe Instituut (HNI), sottolinea che le miniere di litio, i parchi eolici e i pannelli solari sono parte integrante degli sforzi di decarbonizzazione per affrontare i peggiori impatti del cambiamento climatico. Tuttavia, questa transizione è vana se non viene affrontata insieme a una riconsiderazione etica di una società fondata sull'esplorazione, lo sfruttamento e il consumismo.

Lesley Lokko afferma che “La via da seguire è indicata dalle parole di Thomas Sankara, ex presidente del Burkina Faso e leader carismatico dell'Africa occidentale sub-sahariana: "Dobbiamo osare per inventare il futuro". Tutto ciò deve avvenire senza lasciare indietro nessuno, seguendo il principio di "Leaving no one behind" dell'Agenda 2030 dell'ONU, che richiede il rispetto, la protezione e la promozione dei diritti umani da parte di tutti i paesi.”

La Biennale di Architettura non offre soluzioni o ricette, ma definisce l'agenda per il pianeta, invitando a ripensare l'architettura in un mondo di risorse limitate. È un appello a comprendere che le scelte che facciamo hanno impatti a lungo termine, sia in termini di occupazione degli spazi che di utilizzo dei materiali. Concepire nuovi modi di vivere e ripensare la produzione stessa è un tema politico ed economico di grande rilevanza.

Il lavoro di immaginazione di Young è essenziale perché ci permette di sfidare le concezioni predefinite e di esplorare possibilità alternative. Ci incoraggia a pensare oltre i limiti attuali e a considerare soluzioni innovative per i problemi che affrontiamo come società. Ci aiuta a stimolare la nostra creatività e ad adottare un approccio proattivo nel plasmare l'avvenire.

Osare inventare l'avvenire richiede coraggio e apertura mentale. Le opere di Young ci invitano a rompere gli schemi e a immaginare soluzioni audaci che potrebbero trasformare il nostro mondo. La sua visione ci spinge a considerare l'architettura non solo come un'arte estetica, ma come uno strumento per la trasformazione sociale e la creazione di ambienti più sostenibil e inclusivi.


Key-frame tratta dal film "Planet City" di Liam Young
Key-frame tratta dal film sperimentale "Planet City" di Liam Young
Key-frame tratta dal film "Planet City" di Liam Young : la biennale s'impegna a celebrare i temi della decolonizzazione dell'Africa e quelli inerenti al clima
Key-frame tratta dal film "Planet City" di Liam Young
Key-frame tratta dal film "Planet City" di Liam Young
Key-frame tratta dal film "Planet City" di Liam Young
  1. Key-frame tratta dal film "Planet City" di Liam Young 
  2. Key-frame tratta dal film sperimentale "Planet City" di Liam Young 
  3. Key-frame tratta dal film "Planet City" di Liam Young : la biennale s'impegna a celebrare i temi della decolonizzazione dell'Africa e quelli inerenti al clima 
  1. Key-frame tratta dal film "Planet City" di Liam Young 
  2. Key-frame tratta dal film "Planet City" di Liam Young 
  3. Key-frame tratta dal film "Planet City" di Liam 



MEER






venerdì 13 settembre 2024

"Biomimicry in Architecture" di Michael Pawlyn




Wasya: una nuova biblioteca biomimetica ispirata al lavoro di Christopher Alexander e Neri Oxman


"Biomimicry in Architecture" di Michael Pawlyn

Analisi di un nuovo paradigma per il futuro dell’urbanizzazione

10 OTTOBRE 2023, 

 

A ottobre del 2007 l’umanità passava da un mondo essenzialmente rurale ad un mondo urbano: per la prima volta, eravamo più numerosi nelle città che nelle campagne! Questo evento non è capitato senza una rivoluzione sociale nei paesi africani, asiatici e dell’America Latina. L’umano si agglutina nelle città che diventano delle vere e proprie megalopoli. La maggior parte di esse si situano vicino al mare: più della metà dell’umanità vive oggi a meno di 50 km dell’oceano.

(Gilles Boeuf)

Gilles Boeuf che ha scritto l’introduzione al libro di Micahel Pawlyn pubblicato in Francia nel 2019, è professore alla Sorbonne di Parigi, Presidente del Consiglio scientifico dell’Agenzia Francese per la Biodiversità, Ex presidente del Museo Nazionale di Storia naturale ed ex Consigliere scientifico al Ministero dell’Ambiente, dell’Energia e del Mare.

Ho scelto di analizzare il presente testo per enfatizzare l'importanza di una rivoluzione di paradigma nell'approccio all'urbanizzazione crescente, sia nei paesi industrializzati che in quelli attualmente in fase di industrializzazione e, conseguentemente, di rapida urbanizzazione. Particolarmente in quest'ultimo caso, vi è la possibilità di introdurre nuovi modelli di sviluppo urbano che siano rispettosi dell'ambiente e delle comunità che lo abitano. Se tali nazioni riescono a proiettarsi verso il futuro senza ripetere gli stessi errori del mondo industrializzato e senza emulare i modelli occidentali, i quali hanno esaurito le risorse naturali, potrebbero invece tracciare nuove strategie verso una vita in città che sia armoniosa con la natura, inclusiva e salutare.

Il fulcro dell'opera di Michael Pawlyn è la ricerca di un rapporto rinnovato e sinergico tra architettura e ambiente naturale, al fine di evitare la possibilità che l'essere umano si veda emarginato dalla sua stessa natura. In questo contesto, Gilles Boeuf, nell'introduzione del volume, si interroga su quale aspetto avranno le città future e quale ambiente vorremmo che queste ci offrissero. L'urbanizzazione ha creato una netta frattura tra gli individui e la natura circostante: molti giovani non sono più in grado di riconoscere una spiaggia o una foresta e spesso ignorano l'origine dei cibi che quotidianamente li nutrono.

Come siamo giunti a questo punto? E, soprattutto, è possibile evitare che questa situazione si estenda ulteriormente, sfavorendo il mondo naturale, considerando il repentino aumento demografico? Possiamo prevenire il progressivo cementificarsi del suolo e la sua trasformazione artificiale? Quali strategie potrebbero essere adottate per controllare e gestire efficacemente il flusso costante di prodotti alimentari dalla campagna alle aree urbane? Tuttavia, la domanda cruciale per noi professionisti riguarda la comprensione di come architettura e città possano rispondere a queste sfide.

Considerando i mutamenti climatici in corso, che prevedono un notevole aumento delle temperature nelle zone urbane, ci poniamo la questione: come affronteremo l'eventuale formazione di isole di calore entro il 2050?Queste sono le domande a cui il libro vuole rispondere dando all’architettura delle missioni specifiche e chiare:

  • conservare il Patrimonio materiale che ci è stato affidato dal passato, nostra memoria storica e identitaria,
  • sviluppare un habitat sano e gradevole, sostenibile, evitando gli errori del passato,
  • contribuire alle economie d’energia grazie alla scelta di materiali, all’uso d’isolamento termico, alla decarbonizzazione dell’atmosfera e forse, come nel lavoro dell’architetto visionario Liam Young, allo stoccaggio di CO2,
  • armonizzare residenze e attività economiche diverse,
  • favorire la verticalità in ambito urbano per evitare di cementificare il suolo all’infinito,
  • moltiplicare le iniziative perché il mondo naturale torni nelle città.

La questione centrale rimane come l'architettura possa contribuire in modo significativo a reintegrare l'elemento naturale all'interno delle città, ristabilendo un'armoniosa relazione tra l'ambiente costruito e l'ambiente naturale stesso. Questo processo può avvenire attraverso la creazione di trame "verdi" e "blu", che sfruttino le risorse dei fiumi e delle foreste, restituendo alle città un tocco di "selvatico".

L'emergere della pandemia di Covid-19 ha messo in luce come il semplice atto di passeggiare nei parchi abbia comportato un significativo miglioramento dello stato di salute degli abitanti delle città, oltre a contribuire parzialmente alla riduzione delle disparità sociali tra i cittadini. Ha fornito una possibilità di benessere naturale anche a coloro che non potevano permettersi una vacanza. La capacità degli alberi di abbassare le temperature durante le condizioni climatiche più estreme è un fatto universalmente riconosciuto.

Pertanto, emerge un imperativo per gli architetti: collaborare strettamente con gli ecologisti al fine di affrontare in modo efficace le sfide ambientali. In questa prospettiva, l'architettura può evolvere da una mera forma estetica a un veicolo per il cambiamento positivo, promuovendo la coesistenza tra uomo e natura all'interno dei contesti urbani. Tale sinergia rappresenta una pietra angolare nella realizzazione di città sostenibili e in sintonia con le esigenze dell'ambiente e delle comunità che vi risiedono.

Il nucleo centrale del libro di Michael Pawlyn è focalizzato su come il processo di costruzione e, in senso più ampio, l'architettura in tutte le sue forme debbano nutrire un impegno per un futuro intriso di ispirazione proveniente dal mondo naturale, un futuro orientato alla biomimetica.

Questa opera non si limita a esporre soltanto principi biomimetici, ma assume la forma di un vero e proprio manuale, ricco di esempi e azioni applicabili al ventunesimo secolo. Tale manuale ci induce a riconsiderare il mondo da nuove prospettive, con l'obiettivo di generare contesti urbani che non solo si rigenerino in armonia con la natura, ma che siano altresì inclusivi e prosperi. (Come afferma Dame Elle MacArthur, pagina 13).

Attraverso un'analisi incisiva del mondo costruito e del mondo naturale, il testo parte dalla contrapposizione nell'origine di entrambi: il mondo costruito si caratterizza per strutture monolitiche, mentre il mondo naturale per strutture gerarchiche. Nel mondo costruito, la forma è imposta da influenze esterne, mentre nel mondo naturale prevalgono l'auto-assemblaggio e, soprattutto, la minimizzazione dell'emissione di tossine nell'ambiente.

Quest'ultimo punto risulta fondamentale, poiché la natura non fa uso di elementi tossici, a differenza del mondo artificiale che impiega l'intera tavola periodica degli elementi, compresi quelli tossici. Dame Elle MacArthur riconosce in Michael Pawlyn un erede spirituale di Christopher Alexander e Victor Papanek, entrambi originari di Vienna. Per comprendere l'importanza di questo volume è opportuno esaminare le loro figure nel contesto dell'architettura e del design.

Christopher Alexander è stato un influente architetto e teorico del design, nato il 4 ottobre 1936 a Vienna e deceduto a Sussex il 17 marzo 2022. È noto per aver sviluppato teorie innovative nel campo dell'architettura e del design, con un'enfasi particolare sulla creazione di spazi e ambienti armonici, funzionali e significativi. Alexander è diventato famoso soprattutto per il suo lavoro sulla "Teoria della Forma", espressa in diversi libri tra cui "The Timeless Way of Building" (1979) e "A Pattern Language" (1977). La sua filosofia si basa sulla convinzione che l'architettura debba rispondere alle esigenze delle persone che la abitano, fornendo spazi che siano intuitivi, funzionali e in armonia con l'ambiente circostante.

Uno dei concetti chiave sviluppati da Alexander è quello dei "pattern" (modelli). Egli sosteneva che esistono soluzioni architettoniche ripetibili e riconoscibili che rispondono a bisogni umani universali. Questi pattern sono elementi di design che possono essere applicati in vari contesti, e Alexander ha sviluppato una serie di 253 pattern in "A Pattern Language". Questi pattern spaziano dalla progettazione di singoli spazi a considerazioni urbane più ampie.

La sua influenza si è estesa oltre il mondo accademico e dell'architettura, influenzando anche il campo del design e dell'urbanistica. I suoi concetti di creazione di ambienti abitabili, basati sulla connessione tra forma, funzione e contesto, hanno ispirato architetti, designer e urbanisti in tutto il mondo.

Christopher Alexander ha trascorso gran parte della sua carriera accademica alla University of California, Berkeley, dove ha sviluppato le sue teorie e insegnato architettura. Ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti per il suo contributo nel campo dell'architettura e del design. La sua eredità continua a influenzare la progettazione di spazi abitativi umani che siano funzionali, esteticamente gradevoli e in sintonia con l'ambiente circostante.

Victor Papanek è stato un designer, teorico e attivista sociale di origine austriaca, nato il 22 novembre 1923 a Vienna e deceduto il 10 gennaio 1998. È stato un pioniere nel campo del design sociale, concentrandosi sull'aspetto etico e responsabile del design e promuovendo un approccio centrato sulle esigenze umane e sulla sostenibilità.

Papanek è noto soprattutto per il suo libro "Design for the Real World: Human Ecology and Social Change" (1971), che è diventato uno dei testi fondamentali nel campo del design sociale. In questo libro, Papanek critica l'approccio tradizionale al design che spesso promuoveva il consumo e lo spreco, sottolineando invece l'importanza di progettare per migliorare la qualità della vita delle persone e dell'ambiente.

Un concetto chiave nel pensiero di Papanek è il "design per tutti" (design for all), che sottolinea l'importanza di creare oggetti e ambienti che siano accessibili e utili a tutte le persone, indipendentemente dalle loro abilità o circostanze. Ha anche promosso l'uso di materiali sostenibili e il riciclaggio nel design, molto prima che la sostenibilità diventasse una preoccupazione diffusa.

Papanek è stato un attivo sostenitore del design responsabile e sociale, lavorando per integrare il design nei contesti umanitari, sviluppando progetti che rispondessero alle esigenze dei meno fortunati e delle comunità marginalizzate. Ha anche influenzato l'educazione al design, cercando di introdurre concetti etici e sociali nei programmi di formazione dei designer.

Oltre ai suoi contributi nel campo del design, Papanek è stato coinvolto in iniziative di attivismo sociale e ambientale. Ha lavorato per promuovere l'educazione sulla responsabilità sociale del design e ha cercato di creare un impatto positivo attraverso il suo lavoro.

L'eredità di Victor Papanek è evidente nell'approccio odierno al design sociale e sostenibile. Le sue idee hanno ispirato molti designers e professionisti del settore a considerare le conseguenze sociali e ambientali del loro lavoro, e a impegnarsi per creare un mondo più equo e sostenibile attraverso il design responsabile.

Il ventunesimo secolo si profila come un'epoca di transizione, non solo nell'ambito dell'ambiente costruito, ma nell'economia nel suo complesso. Esaminiamo dunque quali sistemi economici potrebbero guidarci attraverso una transizione illuminata per creare uno spazio sano per una popolazione di 9 miliardi di persone. È essenziale considerare che un cambiamento dall'attuale sistema lineare, profondamente scollegato dalla natura, è ormai imperativo. Emergono come priorità la creazione di nuovi modelli innovativi che ci emancipino dall'asservimento a materiali costosi e inquinanti, nonché dalle sfide legate all'approvvigionamento energetico.

Negli ultimi 20 anni, si sono sviluppate diverse teorie economiche e idee che hanno contribuito a modellare il dibattito economico globale. Alcune di queste teorie includono: Economia comportamentale: Questa teoria si concentra sullo studio del comportamento umano e delle decisioni economiche in situazioni reali. Gli economisti comportamentali hanno evidenziato come le persone spesso agiscano in modo irrazionale e non sempre seguano i modelli economici tradizionali basati sull'assunzione di comportamenti razionali.

Economia dell'innovazione: Questa teoria esplora come l'innovazione tecnologica e il progresso scientifico influenzino la crescita economica. L'attenzione è posta sull'importanza dell'innovazione e della ricerca e sviluppo per stimolare la competitività e il progresso economico. Economia circolare: Questa teoria si concentra sulla sostenibilità ambientale e propone un modello economico che mira a ridurre l'uso delle risorse naturali e il rifiuto, promuovendo il riciclo e il riutilizzo dei materiali. L'obiettivo è quello di creare un'economia più sostenibile ed ecologicamente responsabile.

Teoria della decrescita: Questa teoria critica il modello di crescita economica illimitata e propone di ridurre l'economia per raggiungere un equilibrio con la capacità del pianeta di sostenere la vita umana e gli ecosistemi. Sostiene che la crescita infinita sia insostenibile e che sia necessario concentrarsi sulla qualità della vita, la giustizia sociale e l'equità.

Economia collaborativa: Questa teoria si basa sul concetto di condivisione delle risorse e della collaborazione tra individui e aziende attraverso la tecnologia e la condivisione di informazioni. Piattaforme come Uber, Airbnb e altre aziende peer-to-peer sono esempi di modelli di business basati sull'economia collaborativa. Queste sono solo alcune delle teorie economiche che hanno guadagnato attenzione e rilevanza negli ultimi anni. Il dibattito economico continua a evolversi e ad adattarsi alle sfide e alle opportunità del mondo in rapida trasformazione.

Il libro "Biomimicry in Architecture" valorizzando un tipo di economia circolare, comincia con la distinzione tra biomorfosi e biomimetismo: secondo Michael Pawlyn, la differenza tra biomorfosi e biomimetismo è una distinzione chiave nel processo di trarre ispirazione dalla natura per l'architettura e il design. Il termine "biomimetismo" si riferisce all'atto di trarre ispirazione dai principi e dai modelli della natura per creare soluzioni innovative. Nel contesto dell'architettura, il biomimetismo coinvolge l'analisi di come la natura affronta determinati problemi di progettazione e come tali soluzioni possono essere adattate ed applicate agli edifici. Pawlyn sottolinea che il biomimetismo non si limita a copiare la forma esterna degli organismi naturali, ma cerca di comprendere i principi fondamentali che stanno alla base delle loro funzioni, per poi applicarli in modo creativo all'architettura.

D'altra parte, il termine "biomorfosi" fa riferimento alla riproduzione diretta delle forme e delle strutture trovate nella natura all'interno del design. In questo caso, l'architettura può prendere direttamente ispirazione dalla morfologia degli organismi naturali, incorporando elementi visivi e strutturali nel proprio design. Tuttavia, Pawlyn mette in guardia dall'eccessiva letteralità nell'applicazione della biomorfosi, suggerendo che invece di copiare fedelmente le forme naturali, è importante adattarle in modo funzionale e sostenibile all'ambiente costruito.

In breve, mentre il biomimetismo si concentra su principi e soluzioni funzionali derivate dalla natura, la biomorfosi riguarda l'incorporazione diretta di forme naturali nei design architettonici. Pawlyn promuove un approccio bilanciato in cui entrambi gli approcci possono coesistere per creare edifici e ambienti che siano sia funzionali che esteticamente piacevoli.

Nel libro vengono esaminati vari esempi di come la natura abbia ispirato soluzioni innovative nell'architettura. Uno dei casi discussi riguarda il sistema di raffreddamento delle termiti e come questo principio possa essere applicato in edifici per ridurre l'uso di energia per il condizionamento dell'aria. Le termiti costruiscono i loro nidi con particolari strutture che consentono il passaggio dell'aria e il controllo della temperatura interna, evitando l'accumulo di calore eccessivo.

Un altro esempio è tratto dalla forma delle ossa, che sono strutture leggere e resistenti. Questo concetto è stato applicato nello sviluppo di una struttura a "guscio" per un edificio, che offre resistenza e stabilità utilizzando una quantità minima di materiale, riducendo così l'impatto ambientale (per esempio nella struttura del guscio del riccio di mare o della spugna di vetro, che cresce nei fondi oceanici resistendo alle forti correnti).

Pawlyn esplora anche come le piante adattate ai climi aridi possano ispirare soluzioni per la raccolta e l'uso efficiente dell'acqua piovana negli edifici. Le foglie delle piante in questi ambienti spesso raccolgono e convogliano l'acqua verso le radici, un principio che può essere applicato per raccogliere e immagazzinare l'acqua piovana per scopi domestici.

Un ulteriore esempio riguarda le caratteristiche di autopulizia delle foglie di loto. Pawlyn analizza come questa proprietà possa essere utilizzata per progettare superfici di edifici che respingano lo sporco e l'umidità, riducendo la necessità di manutenzione e pulizia (esemplare è il lavoro di Neri Oxman al Media Lab del MIT di Boston).

L’autore esplora inoltre il potenziale della stampa 3D nell'ambito dell'architettura e della progettazione sostenibile, considerandola come uno strumento innovativo per applicare principi biomimetici. Pawlyn riflette sulla capacità della natura di autocostruirsi attraverso processi di autoassemblaggio, in cui le parti interagiscono in modo armonioso per formare strutture complesse. Egli suggerisce che la stampa 3D potrebbe emulare questo principio naturale, consentendo la creazione di forme e strutture architettoniche altamente efficienti e sostenibili.

Tuttavia, Pawlyn esprime anche cautela nei confronti dell'uso della stampa 3D, sottolineando che l'approccio dovrebbe essere basato su una comprensione approfondita dei processi naturali. Egli mette in guardia dall'adozione acritica di tecnologie avanzate senza una solida base biologica e morfologica. Egli riconosce che la stampa 3D offre opportunità straordinarie, ma sottolinea l'importanza di mantenere una connessione con i principi fondamentali del mondo naturale.

In conclusione, l'opera di Michael Pawlyn "Biomimicry in Architecture" rappresenta un'illuminante esplorazione dell'intersezione tra la natura e l'architettura, aprendo nuove prospettive per il design e la costruzione sostenibile. Il libro ci guida attraverso un viaggio che va oltre la mera estetica e si addentra nei principi fondamentali su cui si basano gli organismi viventi. Pawlyn ci sfida a superare le convenzioni del design tradizionale, invitandoci a studiare la natura con occhi critici e a riflettere su come possiamo applicare tali scoperte al nostro mondo costruito.

Attraverso una serie di esempi illuminanti e case study dettagliati, l'autore dimostra come i principi biomimetici possano essere integrati in vari aspetti dell'architettura, dall'efficienza energetica alla struttura e alla materialità. La sua visione va oltre la semplice imitazione delle forme naturali, spingendoci a comprendere le profonde connessioni tra l'ambiente costruito e quello naturale.

La distinzione tra biomimetismo e biomorfosi sollevata da Pawlyn ci offre un ulteriore strumento concettuale per affrontare l'interazione tra architettura e natura. L'importanza di adattare i principi biologici e morfologici alla funzionalità dell'architettura è un messaggio centrale che emerge dalla sua analisi. In definitiva, "Biomimicry in Architecture" è un richiamo all'innovazione basata sulla saggezza della natura. Pawlyn ci incoraggia a superare i confini delle convenzioni e ad abbracciare un nuovo paradigma di progettazione che sia in armonia con l'ambiente e che miri a costruire spazi che non solo rispettino il pianeta, ma migliorino anche la qualità della vita delle persone. La sua opera si pone come una risorsa preziosa per coloro che cercano di plasmare il futuro dell'architettura in modo sostenibile, ispirato dalla bellezza e dall'efficienza della natura stessa.

Michael Pawlyn, Biomimétisme et Architecture, tradotto da Elisabeth Lefer e Bruno Lhoste, Editions Rue de l’échiquier, Paris, 2019.


Wasya, una nuova biblioteca biomimetica ispirata al lavoro di Christopher Alexander e Neri Oxman: la struttura della sala di lettura si autoassembla in materiali naturali come il legno, il corten e il bambù
Wasya: una nuova biblioteca biomimetica ispirata al lavoro di Christopher Alexander e Neri Oxman
Wasya, una nuova biblioteca biomimetica ispirata al lavoro di Christopher Alexander e Neri Oxman: la luce solare penetra dolcemente attraverso pannelli di vetro disposti in armonia con l’ambiente circostante
Wasya: una nuova biblioteca biomimetica ispirata al lavoro di Christopher Alexander e Neri Oxman
Wasya, una nuova biblioteca biomimetica ispirata al lavoro di Christopher Alexander e Neri Oxman: gli spazi sono illuminati in modo naturale senza disturbare i lettori immersi nei loro mondi letterari.
Wasya: una nuova biblioteca biomimetica ispirata al lavoro di Christopher Alexander e Neri Oxman
  1. Wasya, una nuova biblioteca biomimetica ispirata al lavoro di Christopher Alexander e Neri Oxman: la struttura della sala di lettura si autoassembla in materiali naturali come il legno, il corten e il bambù
  2. Wasya: una nuova biblioteca biomimetica ispirata al lavoro di Christopher Alexander e Neri Oxman
  3. Wasya, una nuova biblioteca biomimetica ispirata al lavoro di Christopher Alexander e Neri Oxman: la luce solare penetra dolcemente attraverso pannelli di vetro disposti in armonia con l’ambiente circostante
  1. Wasya: una nuova biblioteca biomimetica ispirata al lavoro di Christopher Alexander e Neri Oxman
  2. Wasya, una nuova biblioteca biomimetica ispirata al lavoro di Christopher Alexander e Neri Oxman: gli spazi sono illuminati in modo naturale senza disturbare i lettori immersi nei loro mondi letterari.
  3. Wasya: una nuova biblioteca biomimetica ispirata al lavoro di Christopher Alexander e Neri Oxman




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domenica 8 settembre 2024

Francis Kéré alla biennale di architettura di Venezia 2023






Tecla c2, lago Corazza, dettaglio di passaggio da camera da letto al soggiorno


Francis Kéré alla biennale di architettura di Venezia 2023

Il futuro dell’architettura in Terra: “Tecla: La terra per la Terra di Mario Cucinella”

Chiara Rigotti
10 NOVEMBRE 2023

Costruire non è un problema. Ma riempire un luogo di vita, questo è il vero problema...

Alcuni sognatori credono che bastino quattro mura e un tetto per cambiare la realtà.

(Diébédo Francis Kéré)

La 18ª Mostra Internazionale di Architettura di Venezia, curata da Lesley Lokko, si è concentrata su temi centrali legati alla diaspora africana, al cambiamento climatico, alle economie verdi africane e alla decolonizzazione atmosferica. Intitolata "In the Laboratory of the Future", presenta diversi partecipanti che contribuiscono con il loro messaggio e la loro prospettiva sul ruolo dell’architettura nel plasmare il futuro. Uno di questi partecipanti è Francis Keré, un architetto molto popolare tra i giovani, vincitore del Premio Pritzker nel 2022, originario del Burkina Faso.

Il messaggio principale della mostra è quello di esplorare e immaginare nuovi modi di progettare e costruire gli spazi, tenendo conto delle sfide globali come il cambiamento climatico, l'urbanizzazione, la diseguaglianza sociale e la sostenibilità. La mostra incoraggia gli architetti e i partecipanti a esplorare soluzioni innovative che siano inclusive, rispettose dell'ambiente e culturalmente rilevanti. Il messaggio di Lesley Lokko all’inaugurazione della Biennale lo scorso maggio, citando Thomas Sankara, ex Presidente del Burkina Faso, sottolinea l'importanza di non concepire il futuro come un copione da scrivere da zero, ma piuttosto di individuare le potenzialità e le opportunità presenti nel contesto attuale. Questo invita a considerare i vuoti, le lacune e le sfide presenti nella società contemporanea come punto di partenza per immaginare e costruire un futuro migliore.

Secondo Lesley Lokko la transizione verso energie più sostenibili rischia di essere vana se non viene accompagnata da una riconsiderazione dell'etica della società, che spesso si basa sullo sfruttamento delle risorse, sull’industria estrattiva e sul consumismo.

Vengono citati due esempi specifici per evidenziare le conseguenze negative di alcune iniziative sostenibili. In Cile, l'estrazione del litio, un componente chiave per le batterie delle auto elettriche, ha provocato gravi conseguenze per le comunità indigene di Atacameño, lasciandole senza acqua e compromettendo il loro sostentamento. Nei Paesi nordici, l'espansione dei parchi eolici sta minacciando l'allevamento delle renne, mettendo a rischio la sussistenza delle comunità che dipendono da questa attività.

Questi esempi evidenziano una possibile crisi emergente, definita come "colonialismo verde", in cui le comunità indigene vengono messe in pericolo in nome della sostenibilità stessa. Ciò richiama l'attenzione sulla necessità di includere le comunità locali nei processi decisionali, garantire la redistribuzione dei benefici e rispettare i diritti sociali e ambientali.

L'Agenda 2030 è un piano d'azione globale per il progresso sociale, economico ed ambientale adottato dalle Nazioni Unite nel settembre 2015, suddiviso in 17 obiettivi principali. L’ obiettivo generale è quello di affrontare le sfide più urgenti, tra cui la povertà, l'ineguaglianza, il cambiamento climatico, la protezione dell'ambiente e la promozione della pace e della giustizia.

A questo proposito l'Agenda 2030 promuove un approccio integrato, riconoscendo che lo sviluppo sostenibile richiede un equilibrio tra gli aspetti economici, sociali e ambientali. Inoltre, enfatizza l'importanza della partnership tra i governi, il settore privato, la società civile e le comunità locali per raggiungere gli obiettivi. Uno dei principi fondamentali dell’Agenda è quello di "Leaving No One Behind" (Non Lasciare Nessuno Indietro), che si impegna a garantire che tutti gli individui, indipendentemente dalla loro etnia, genere, disabilità, età, provenienza sociale o geografica, abbiano l'opportunità di beneficiare dallo sviluppo sostenibile.

Questi riferimenti all’Agenda 2030 sottolineano l'importanza di un approccio etico e inclusivo nella progettazione e nella realizzazione di soluzioni sostenibili in ambito architettonico, affrontando sia le questioni ambientali che quelle sociali. Il dibattito si concentra sul superamento dei paradigmi precedenti e sulla creazione di modelli più equi, in cui la sostenibilità non sia solo un obiettivo, ma venga raggiunta attraverso un'impronta sociale e ambientale positiva. Dove lo stesso processo, dalla progettazione alla realizzazione, avvenga con la partecipazione attiva dei beneficiari, in quanto processo socio-ecologico e inclusivo.

Francis Keré, nato in Burkina Faso, rappresenta un importante punto di vista africano nell'ambito dell'architettura. Nato in un villaggio rurale molto lontano dalla capitale, fu mandato a scuola in città grazie all’aiuto economico di tutta la comunità. Dalla capitale vinse una borsa di studio per la Germania e fece il Liceo e l’Università in un paese straniero, da solo. Quando cominciò ad acquisire fama a Berlino decise di tornare in Burkina e dare a tutti i bambini del suo villaggio una nuova scuola primaria e secondaria. La scuola di Gando per cui vinse il premio Aga Khan nel 2004.

La scuola di Gando è oggi un'icona dell'architettura sostenibile e dell'impegno sociale. Situata nel villaggio di Gando, in Burkina Faso, la scuola è stata costruita per fornire un'istruzione di qualità ai giovani della comunità locale. Uno degli aspetti più distintivi del design della scuola è il suo approccio all'architettura bioclimatica. Le pareti in mattoni di terra compressa forniscono isolamento termico naturale, mantenendo gli ambienti freschi durante le calde giornate e riducendo la necessità di energia per il raffreddamento. Inoltre, il tetto in lamiera che serve da ombrello, distanziato dal soffitto in terra dell’aula, molto sporgente, offre ombra e protezione dalla pioggia. Questi tetti sporgenti di Kéré sono imitati dai giovani, creando un modello per le scuole di tutte le zone rurali del mondo.

La scuola di Gando è stata concepita come un luogo di apprendimento aperto e inclusivo. Le aule sono progettate per massimizzare la ventilazione naturale e la luce solare, creando un ambiente confortevole e stimolante per gli studenti. Gli spazi esterni sono stati integrati nel design per incoraggiare l'apprendimento all'aperto e favorire l'interazione sociale. Oltre a fornire un'istruzione di qualità, la scuola di Gando ha avuto un impatto significativo sulla comunità locale. Durante la fase di costruzione, è stato coinvolto attivamente il lavoro degli abitanti del villaggio con la produzione dei blocchi, promuovendo l'empowerment e l'economia locale. Inoltre, la scuola ha contribuito a migliorare le condizioni di vita della comunità e a promuovere la consapevolezza sull'importanza dell'istruzione.

Nel 2008 insieme alla onlus Architettura senza Frontiere Piemonte ho invitato Francis, conosciuto sul cantiere di Fisa International in Burkina, nel contesto dell’UIA World Congress of Architects 2004 a Torino, introducendolo nella lista dei migliori architetti internazionali.

Oltre a questi riconoscimenti, Francis Kéré è stato anche nominato Membro dell'Accademia di Belle Arti di Berlino nel 2017 e ha ricevuto la Medaglia di Oro del Royal Institute of British Architects (RIBA) nel 2018. Il Pritzker Prize nel 2022 gli è stato assegnato per il suo eccezionale contributo all'architettura. La vittoria di un architetto africano che costruisce in terra rappresenta un passo significativo per l'architettura africana e il suo riconoscimento a livello mondiale. Questo evento può contribuire a cambiare la percezione dell'architettura africana e ad aprire nuove prospettive per lo sviluppo sostenibile e l'innovazione nel campo dell'architettura in tutto il continente.

Infatti rappresenta un importante riconoscimento delle sue tradizioni costruttive. L'architettura in terra rappresenta una soluzione sostenibile e ecologica per la costruzione degli edifici. L'utilizzo della terra come materiale di costruzione promuove un'architettura in armonia con l'ambiente circostante. La vittoria di un architetto Burkinbé specializzato nell'uso della terra come materiale di costruzione stimola e promuove comportamenti virtuosi negli intenti delle nuove generazioni fronte alla rapida urbanizzazione in atto oggi nel continente africano. La presenza di Francis Kéré alla Biennale di Venezia 2023 enfatizza e consolida l'importanza di considerare l'Africa come un contesto significativo per la sperimentazione e l'innovazione architettonica.

“L’intero continente africano produce meno del 4% delle emissioni mondiali di gas serra. Questo fatto sorprendente impone una pausa in cui osservare e pensare. Per creare consapevolmente obiettivi in linea con i bisogni che nascono dall’interno. Per trovare modalità di costruzione che non riproducano la perdita, ma ricostruiscano antichi saperi. Per trovare un sapere che non sia privo di valore, ma piuttosto costituisca una preziosa saggezza in grado di alimentare la speranza.”

Kéré Architecture: counteract, Biennale di Venezia 2023

Nous faisons une vision et non une retrospective.

[Facciamo una visione, non una retrospettiva.]

La mostra su Francis a Counteract, alla Biennale di Architettura 2023, si articola in tre momenti distinti che mettono al centro il lavoro e la visione comunitaria e visionaria dell’architetto Burkinabé. Un percorso, con muri che cambiano: dai panelli pubblicitari delle strade delle città Burkinabé a un muro di argilla con decorazioni dell’Archiettura Sudano-Sahelienne, tipica del Sahel, una zona in Africa al di sotto del Sahara caratterizzata da una morfologia da savana arida che in stagione delle piogge diventa molto umida.

Il primo momento della mostra, intitolato "Ciò che era", esplora l'architettura sostenibile e naturale attraverso un'esposizione di edifici storici e contemporanei che si integrano armoniosamente con l'ambiente circostante. Si pone l'accento sulla costruzione con materiali sostenibili e sulle tecniche ereditate da generazioni di costruttori. Attraverso immagini e schizzi, si illustrano i metodi di costruzione di queste strutture, mostrando esempi in diverse fasi di realizzazione.

Il secondo momento, chiamato "Ciò che è", affronta la situazione attuale dell'ambiente costruito in Burkina Faso. Si evidenziano gli edifici urbani, sia esternamente che internamente, rivelando la loro natura utilitaria e le sfide architettoniche dell'odierna vita contemporanea. Si sottolinea l'importanza di trovare soluzioni che rispondano alle esigenze attuali, evitando l'uso massiccio di materiali non sostenibili come la plastica. Il terzo momento, intitolato "Ciò che potrebbe essere", invita i visitatori a considerare approcci alternativi alla costruzione che integrano le esigenze della vita quotidiana e utilizzano conoscenze e materiali provenienti dall'era passata. Si crea così uno spazio che unisce familiarità e innovazione, aprendo la strada a soluzioni architettoniche più sostenibili e inclusive.

Attraverso un approccio consapevole all'uso dei materiali, alla sostenibilità e all'adattamento alle esigenze delle comunità, Keré rappresenta un punto di riferimento per una nuova visione dell'architettura africana. Ma vediamo ora quale è stato il terreno fertile su cui si è posata l’opera di Francis Kéré. Thomas Sankara, l'ex presidente del Burkina Faso (1984-87), è ampiamente riconosciuto per la sua visionaria leadership e la sua ideologia politica progressista. Le sue idee e politiche continuano a ispirare molte persone, in particolare i suoi concetti di "consommez local" (consumate locale) e "osez inventer l'avenir" (osate inventare il futuro).

"Consommez local" enfatizza l'importanza di promuovere la produzione e il consumo locali per raggiungere l'autosufficienza e l'indipendenza economica. Sankara credeva nella riduzione della dipendenza dalle merci e dalle risorse straniere sostenendo le industrie e l'agricoltura locali. Questo approccio mirava a rafforzare l'economia nazionale, creare opportunità di lavoro e preservare il patrimonio culturale del Burkina Faso. "Osez inventer l'avenir" racchiude l'appello di Sankara a osare inventare il futuro. Egli credeva nel mettere in discussione lo status quo e liberarsi dalle influenze neocoloniali. Sankara incoraggiava le nazioni africane a affermare la propria indipendenza, a riconquistare la propria identità culturale e a perseguire soluzioni innovative per affrontare le sfide socioeconomiche. Questa mentalità promuove una visione proattiva, l'autosufficienza e l'empowerment delle comunità africane per plasmare il proprio destino.

Da un punto di vista scientifico, il pensiero politico di Sankara può essere analizzato nel contesto dello sviluppo sostenibile e delle teorie socioeconomiche. La sua enfasi sul consumo locale si allinea ai principi dell'economia ecologica, che promuove la produzione localizzata e le economie circolari per ridurre l'impatto ambientale. La visione di Sankara di inventare il futuro si allinea al concetto di innovazione trasformativa, in cui le società si impegnano attivamente nella creazione di modelli alternativi per affrontare le questioni più urgenti.

L'ADAUA, acronimo di Association pour le Développement d'une Architecture et d'un Urbanisme Africains, era un'organizzazione composta da persone provenienti da diversi paesi, con sede a Ouagadougou, in Burkina Faso. Fondata nel 1975, l'ADAUA aveva come obiettivo quello di rilanciare e promuovere l'architettura tradizionale africana e di formare gli abitanti locali nelle tecnologie appropriate. L'obiettivo principale dell'ADAUA era quello di preservare e valorizzare le pratiche architettoniche tradizionali africane, che riflettevano la cultura, l'identità e l'ambiente dei luoghi in cui erano sviluppate. L'organizzazione promuoveva la conservazione del patrimonio architettonico africano e sosteneva la formazione e la sensibilizzazione sulla progettazione sostenibile e sull'utilizzo delle risorse locali.

Attraverso programmi di ricerca, formazione e scambio di conoscenze, l'ADAUA si impegnava a garantire la continuità delle tradizioni architettoniche africane e ad adattarle alle esigenze e alle sfide dell'urbanizzazione contemporanea. L'organizzazione lavorava in collaborazione con le comunità locali, i professionisti dell'architettura, gli urbanisti, gli studiosi e le istituzioni al fine di promuovere una progettazione consapevole, inclusiva e rispettosa dell'ambiente.

L'ADAUA è stata un importante centro di ricerca nel campo dell'architettura e dell'urbanistica africane e ha svolto un ruolo significativo nel promuovere la diversità culturale e la valorizzazione delle identità locali attraverso l'architettura. La sua attività ha contribuito alla conservazione del patrimonio culturale africano e alla creazione di spazi urbani sostenibili e funzionali che rispondessero alle esigenze delle comunità locali, come l’Ospedale Regionale di Kaédi in Mauritania, progettato e realizzato da Fabrizio Carola. L’ultimo progetto dell’ADAUA, trasformata in Fisa International nel 2007, è stato il Restauro del Museo della Musica di Ouagadougou di cui sono stata l’Architetto principale dal 2008 al 2009. Un progetto realizzato nel 1983 costruito in terra con forme organiche e cupole importanti, situato nel centro della capitale del Burkina Faso. Fisa International crede che esempi eccellenti di architettura in terra aiutino a credere nelle potenzialità dei materiali locali come l’argilla, spesso associati a idee di povertà e al mondo rurale.

Conclusioni

L’architettura di Francis Keré e l’architettura in terra in generale, con una storia che risale a migliaia di anni, presente in diverse culture in tutto il mondo, dimostra un approccio mimetico, olistico e in armonia con la natura circostante. Questo approccio si fonda su principi di basso impatto ambientale, utilizzo efficiente delle risorse e una stretta connessione con la natura.

Gli edifici realizzati con la terra hanno molteplici vantaggi. I materiali sono abbondanti, facilmente reperibili e a basso costo. Il loro uso dinamizza le economie locali. Inoltre, le pareti di terra hanno ottime proprietà termiche e acustiche, garantendo un buon isolamento naturale. Questi edifici sono anche esteticamente affascinanti, con una sensazione di calore e connessione con la terra.

Oggi, l'architettura in terra sta vivendo una rinascita grazie al crescente interesse per la sostenibilità e l'eco-design. Gli architetti e i designers stanno sperimentando nuove tecniche e innovazioni per migliorare le prestazioni strutturali e le finiture degli edifici in terra. Un esempio è Gaia la casa stampata da una gigantesca Stampante 3D. Presentata il 6 e 7 di Ottobre del 2018 a Massa Lombarda (RA), Gaia è la prima casa realizzata con una stampante 3d a base di terra cruda locale (a km zero), e scarti della lavorazione del riso (paglia e lolla di riso), da WASP, leader nella stampa tridimensionale, e con i materiali messi a disposizione dalla Startup italiana RiceHouse.

La vespa vasaia è il nostro modello di sviluppo, un approccio perfetto per costruire case a basso costo, con materiale naturale, a chilometro zero.

(Massimo Moretti)

La realizzazione di Gaia attraverso la stampa 3D in argilla ha comportato una riduzione dei tempi di costruzione e dei costi. “Gaia è un’abitazione piccola (di soli 20 metri quadrati), ma confortevole, che non necessita di riscaldamento o impianti di condizionamento, ma sfrutta la massa termica dei materiali per mantenere la temperatura all’interno costante e mite sia d’estate che d’inverno.”

Gaia rappresenta un esempio significativo di come l'architettura e la stampa 3D possano combinarsi per creare edifici ecologici, esteticamente piacevoli e funzionali. Questo progetto pionieristico ha aperto nuove possibilità nel campo dell'edilizia sostenibile e ha influenzato il progetto dell’architetto Mario Cucinella: “Ispirato metaforicamente a una delle città invisibili di Italo Calvino – la città in continua costruzione – TECLA, un prototipo innovativo di habitat stampato in 3D, è un nuovo modello di abitazione che costituisce una sintesi della filosofia progettuale di MCA. Il nome TECLA (risultato di Technology and Clay) evoca il forte legame tra passato e futuro unendo la materia e lo spirito di antiche dimore senza tempo con il mondo della produzione tecnologica del XXI secolo.”

TECLA: Technology and Clay

La casa progettata da Mario Cucinella nel 2020 si chiama Tecla ed è il prototipo di una abitazione più grande rispetto a Gaia, stampata in 3D in terra cruda.

Tecla rappresenta un'importante innovazione nel campo dell'edilizia sostenibile: utilizzando la tecnologia di stampa 3D, l'edificio è stato realizzato interamente con materiali naturali, in particolare con l'uso di terra cruda come materiale principale.

La tecnica di stampa 3D utilizzata per Tecla consente di creare strutture complesse e dettagliate con una maggiore efficienza e rapidità rispetto ai tradizionali metodi di costruzione. L'uso della terra cruda come materiale di costruzione offre numerosi vantaggi, tra cui la riduzione dell'impatto ambientale, la facilità di reperibilità e la capacità di riciclaggio.

Il design di Tecla presenta forme organiche e curve, ispirate alla natura e all'ambiente circostante. L'edificio è progettato per essere energeticamente efficiente, con un'attenzione particolare all'isolamento termico e all'ottimizzazione dell'uso delle risorse naturali.

Oltre ai vantaggi ecologici, Tecla dimostra anche la flessibilità e le possibilità di personalizzazione offerte dalla tecnologia di stampa 3D. Gli spazi interni ed esterni possono essere progettati in base alle esigenze specifiche degli abitanti, consentendo un'abitazione su misura e funzionale.

La realizzazione di Tecla rappresenta un passo avanti significativo nel campo dell'architettura sostenibile e delle tecnologie di costruzione avanzate. Questo progetto apre nuove strade per l'edilizia e potrebbe avere un impatto significativo sulla progettazione e la costruzione delle abitazioni in futuro.


Residenze insegnanti con rivestimento presso il Villaggio dell'Opera. Foto di Kéré Architettura
Cortile del Burkina Institute of Technology (BIT). Foto di Kéré Architettura
Vllaggio per scuola primaria ideata da Francis Keré, Gando, Burkina Faso
Vllaggio per scuola primaria ideata da Francis Keré, Gando, Burkina Faso
Studenti seduti sulle panchine integrate durante la pausa al Lycée Schorge. Foto di Andrea Maretto per Kéré Architettura
Vista dal cortile della Casa dei Medici Léo. Foto di Jaime Herraiz per Kéré Architecture
  1. Residenze insegnanti con rivestimento presso il Villaggio dell'Opera. Foto di Kéré Architettura
  2. Cortile del Burkina Institute of Technology (BIT). Foto di Kéré Architettura
  3. Vllaggio per scuola primaria ideata da Francis Keré, Gando, Burkina Faso
  1. Vllaggio per scuola primaria ideata da Francis Keré, Gando, Burkina Faso
  2. Studenti seduti sulle panchine integrate durante la pausa al Lycée Schorge. Foto di Andrea Maretto per Kéré Architettura
  3. Vista dal cortile della Casa dei Medici Léo. Foto di Jaime Herraiz per Kéré Architecture




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