martedì 31 maggio 2016

Pesa appena 35 kg. / Le ultime foto allarmanti di Angelina Jolie


Pesa appena 35 kg. 

Le ultime foto allarmanti di Angelina Jolie



L'attrice, in visita nella capitale britannica con i figli, è apparsa molto magra e il sito Radar Online ha parlato apertamente di anoressia. Suo padre John Voight e Brad Pitt sarebbero molto preoccupati

di Francesco Tortora


28 aprile 2016 (modifica il 28 aprile 2016 | 14:53)

MILANO - Non è la prima volta che un un sito di gossip lancia l'allarme, ma le ultime immagini di Angelina Jolie sono davvero impressionanti e hanno allarmato i fan. La celebre attrice americana, sposata con Brad Pitt e madre di sei figli, immortalata durante un viaggio a Londra con la sua prole, appare più magra del solito e secondo i nutrizionisti contattati dal magazine Radar Online peserebbe poco più di 35 kg. 

L’anoressia

Secondo il sito americano sia Jon Voight, padre della quarantunenne sia il compagno Brad Pitt sono allarmanti per l'estrema magrezza della star americana. Angelina Jolie non ha mai voluto parlare apertamente dei suoi problemi con il cibo sebbene già in passato diversi tabloid avevano parlato apertamente di "anoressia" e affermato che l'attrice, negli anni della giovinezza, era stata ricoverata in cliniche specializzate. 

Problemi di salute

Dopo la morte di sua madre, avvenuta nel 2007, la Jolie ha vissuto un periodo particolarmente difficile e in quel frangente ha perso molto peso. Ai giornalisti, al tempo avrebbe confessato: "Sono sempre stata molto magra e la perdita di mia madre è stato un duro colpo". Successivamente la quarantunenne, eletta donna più bella del mondo dal magazine People nel 2004, ha avuto diversi problemi di salute e si è sottoposta nel 2013 a una doppia mastectomia e a un intervento di ovariectomia nel 2015.







lunedì 30 maggio 2016

La lezione di Amber Heard / Un livido basta per dire addio a Johnny Depp

Johnny Depp & Amber Heard

La lezione di Amber: un livido basta
per dire addio a Johnny Depp
di Elvira Serra
2016 / 29 Mag



C’è già chi punta il dito contro il tempismo imperfetto: la richiesta di divorzio tre giorni dopo la morte della madre di lui. C’è già chi fa i conti con la calcolatrice in mano: lui ha un patrimonio da 400 milioni di dollari e non aveva fatto un accordo prenuziale. C’è già chi dice che la foto di lei con un livido sotto l’occhio destro è un insulto alle vere vittime di violenza. Ma la verità vera, piaccia o no, è che Amber Heard, fresca (abbastanza) moglie di Johnny Depp, dopo quindici mesi di matrimonio ha avuto il coraggio di chiedere il divorzio e ora se ne infischia se lui è il pirata dei Caraibi più celebre al mondo. Amber, trent’anni e trentuno film, non ci sta a vestire i panni della crocerossina con un uomo drogato e ubriacone, ricchissimo e famosissimo. Non è stata a piangere al telefono con l’amica del cuore per farsi convincere a riprenderlo in casa (la casa di lui, d’accordo) dopo che sabato scorso le aveva scagliato contro un telefonino in faccia come neanche un lanciatore di baseball. Ha messo insieme le giornate no e ha detto che non voleva trasformare la sua storia in una sceneggiata hollywoodiana, perché lei è Amber 
Heard, non Liz Taylor, e suo marito non è Richard Burton (ammesso che siano un modello da seguire).
Dopo l’aggressione di sabato lei si è presentata in Tribunale mostrando i lividi e chiedendo un’ordinanza restrittiva nei confronti del coniuge con l’accusa di violenza domestica (è stata accolta: lui deve mantenere una distanza di cento metri fino alla prossima udienza di giugno). Al netto degli interessi economici (e ci sono) e pur sempre con il beneficio del dubbio (l’attore è difeso dal mastino divorzista Laura Wasser), la buona notizia è che una giovane moglie ha detto basta, prima che la sua vita si trasformasse in un brutto film già visto. Altre grandissime ci sono riuscite, ma c’è voluto tempo.

Carré Otis ci ha quasi rimesso la salute prima di lasciare Mickey Rourke. L’immensa Tina Turner ha piantato il marito e sodale Ike dopo sedici anni di matrimonio. Rihanna ha fatto in fretta, e come non avrebbe potuto, dopo la pubblicazione dell’immagine odiosa che mostrava in che modo Chris Brown le aveva cambiato letteralmente i connotati a suon di pugni e schiaffi la sera prima dei Grammy Awards. Ma l’anno scorso a Vanity Fair ha riconosciuto: «Che errore pensare di poterlo cambiare, finisci per crederti un angelo custode del tuo compagno». A noi, adesso, manca la versione di Johnny. Il suo portavoce dice soltanto: «Data la brevità del matrimonio e la recente perdita di sua madre, Depp non risponderà a nessun gossip, informazione errata o bugia sulla sua vita privata».



giovedì 26 maggio 2016

Van Gogh / Autoritratti

Arlés, 1889
Vincent van Gogh
AUTORITRATTI

Vincent van Gogh by Henri de Toulouse-Lautrec 1887 pastel on cardboard 54 x 45 cm


1888 Self Portrait Dedicated to Paul Gauguin oil on canvas 59.5 x 48.3 cm Arles, September 1888

martedì 24 maggio 2016

Italo Calvino / Cosimo Piovasco di Rondò / Il barone rampante

Il barone rampante sull'albero

Italo Calvino
Cosimo Piovasco di Rondò
IL BARONE RAMPANTE


Il barone rampante è il secondo romanzo della trilogia I nostri antenati, e viene pubblicato nel 1957 dalla casa editrice Einaudi. Il nuovo romanzo prosegue il tentativo di Calvino di unire l’ispirazione realistica del Neorealismo con la componente dell’invenzione fiabesca.



La storia è ambientata nel Settecento ed è narrata da Biagio, fratello del protagonista, Cosimo Piovasco di Rondò. Il giovane, rampollo di una famiglia nobile ligure di Ombrosa, all’età di dodici anni, in seguito a un litigio con i genitori per un piatto di lumache, si arrampica su un albero del giardino di casa per non scendervi più per il resto della vita. Cosimo dimostra ben presto che il suo non è solo un capriccio: spostandosi solo attraverso boschi e foreste e costruendosi a poco a poco una dimensione quotidianaanche sugli alberi. Il protagonista conosce Viola, una ragazzina di cui si innamora, trova un fedele amico nel cane Ottimo Massimo, e diventa figura popolare per gli abitanti delle terre dei Rondò. Lo stile di vita alternativo di Cosimo si traduce col tempo in un percorso di formazione e maturazione: egli conosce i ragazzini popolani, stringe amicizia col bandito Gian de Brughi (che Cosimo instrada alla lettura, fino alla condanna a morte del fuorilegge), si dedica allo studio della filosofia, arrivando addirittura a conoscere Voltaire per lettera, sventa un attacco dei pirati arabi 1, aiuta dei nobili spagnoli esuli ed organizza gli abitanti in gruppi contro gli incendi boschivi. il ritorno di Viola corrisponde con una felice parentesi sentimentale, presto interrotta però dai fraintendimenti e le gelosie tra il protagonista e l’amata, che alla fine sposerà un nobile inglese e abbandonerà Cosimo. Nel frattempo soffiano anche su Ombrosa i venti della Rivoluzione francese e dell'esperienza travolgente di Napoleone Bonaparte; Cosimo, dopo aver provato a sollevare la popolazione locale, incontra il famoso generale rimanendone tuttavia assai deluso. Il romanzo si chiude allora con l'ultimo colpo di scena: anziano e provato dagli anni sugli alberi, Cosimo non si arrende e non scende a terra, rispettando fino all’ultimo la propria promessa. Al passaggio di una mongolfiera, si aggrappa ad un cima penzolante e scompare all'orizzonte.

La prospettiva illuministica de Il barone rampante

La vicenda è collocata in un periodo storico preciso, l’epoca dell’Illuminismo e della rivoluzione, ma, come pure ne Il cavaliere inesistente e ne Il visconte dimezzato assume connotati fiabeschi, riproponendo così quella chiave di lettura della realtà - tipica di questa fase della produzione calviniana - tra realismo e fantastico. Ma per Calvino la scelta che il protagonista compie non è una fuga dal mondo, né dai rapporti umani e dalla società: la storia di Cosimo rappresenta infatti la volontà di un uomo che vuole seguire fino in fondo una regola che si è autoimposto, perché senza di questa non avrebbe un’identità da presentare a se stesso e agli altri. Cosimo decide di salire e vivere sugli alberi non come un “misantropo”, ma come un uomo coinvolto nei suoi tempi e che partecipa alla vita degli uomini, agisce altruisticamente e aiuta gli altri; nella consapevolezza che “per essere con gli altri veramente, la sola via era d’essere separato dagli altri” 2.

Nella prospettiva della trilogia, si realizza qui l’immagine dell’uomo completo, ipotizzato e messo in discussione ne Il visconte dimezzato e poi nuovamente posto in dubbio ne Il cavaliere inesistente: Calvino, secondo cui la completezza esistenziale si raggiunge con l'adesione volontaria a una “ardua e riduttiva disciplina volontaria”, paragona implicitamente la pratica di vita di Cosimo alla “vocazione del poeta, dell’esploratore, del rivoluzionario” 3, suggerendo così un modello operativo anche a scrittori edintellettuali del suo tempo. Molti hanno quindi visto in Cosimo il prototipo dell’uomo illuminista, razionale e filantropo, che osserva dall’alto e partecipa alla realtà contemporanea; ad esempio Leonardo Sciascia vede in Cosimo “una sentinella della ragione, vigile e scattante contro tutti i mostri della natura e della storia” 4. In opposizione alla figura dell’intellettuale, Calvino caratterizza specularmente il personaggio femminile di Viola, che incarna la spinta romantica che, “a contrasto con la determinatezza illuminista”, rappresenta “la spinta barocca e poi romantica verso il tutto che rischia sempre di diventare spinta distruttiva, corsa verso il nulla” 5. E tuttavia , nell’interpretazione dello scrittore, la prospettiva di vita di Cosimo non risolve affatto tutti i problemi, ma può semmai lanciareun segnale d’allarme all’uomo contemporaneo:
È chiaro che oggi viviamo in un mondo di non eccentrici, di persone cui la più semplice individualità è negata, tanto sono ridotte, a una astratta somma di comportamenti prestabiliti. Il problema d’oggi non è ormai più della perdita d’una parte di se stessi, è della perdita totale, del non esserci per nulla. 6
1 Nell’episodio perde la vita lo zio Enea Silvio Carrega, complice dei musulmani e da questi ucciso ma che Cosimo, per pietà ed affetto, descriverà poi come un eroe martire.
2 I. Calvino, Nota a I nostri antenati (1960), in Romanzi e racconti, a cura di C. Milanini, vol. I, Milano, Mondadori, 1991, p. 1214. L’autore, in merito ai personaggi secondari, aggiunge: “Il dato che li accomuna quasi tutti è d’essere dei solitari, ognuno con una maniera sbagliata d’esserlo, intorno a quell’unica maniera giusta che è quella del protagonista”.
3 Ivi, p. 1214.
4 “Il ponte”, XII, 1957.
5 Ivi, p. 1215.
6 Ibidem.

Il barone rampante di Aurora Ghielmini

Il barone rampante di Ivan Quaroni

Illustrazione per la copertina di un'edizione del Barone rampante


Cosimo e Violante

Un amore nato fra gli alberi


Un'illustrazione de "Il barone rampante" di Italo Calvino





lunedì 23 maggio 2016

Il ritorno di Italo Calvino / Quando gli alberi diventano protagonisti


Il ritorno di Italo Calvino

Quando gli alberi diventano protagonisti


16 APR 2016
di
Mauro Giancaspro

È tornato in edicola Italo Calvino con Il barone rampante: capolavoro della letteratura italiana, pubblicato nel 1957 e ridotto da lui stesso, due anni dopo, in versione per ragazzi. In questa versione, che lascia intatte le qualità, le suggestioni, la magia del racconto e della scrittura originari, è riproposto dall’editore Centauria nella collanaGrandi autori per giovani lettori con i divertenti disegni di Maria Enrica Agostinelli: un libro dalla veste grafica attraente, di quelli che si leggono anche a letto senza paura di scompaginarlo con posture rischiose. È una fiaba, dedicata forse più agli adulti che ai bambini, che non ha perso nulla della sua brillante freschezza a sessanta anni dalla pubblicazione e che mantiene la sua nervosa e palpitante attualità, pur essendo ambientata alla fine del Settecento.
La vicenda: il dodicenne barone Cosimo Piovasco di Rondò, decide improvvisamente, con un atto di grave violazione delle severe regole che disciplinano il rito del pranzo, di rifiutare il piatto di lumache che è in tavola. Scappa in giardino e si arrampica su un elce con la consueta destrezza con la quale insieme al fratello minore Biagio è abituato a scalare le più complesse e irte ramificazioni degli alberi intorno alla villa di famiglia. Non scenderà mai più dagli alberi e trascorrerà i cinquantacinque anni che gli restano da vivere tra rami e foglie senza mai mettere piede a terra, non perdendo mai, tuttavia, il contatto con la famiglia, col resto degli uomini e soprattutto col fratello Biagio.
Dall'atto di ribellione, prende il via, un'avvincente storia, fantastica e paradossale ma credibile pur nella sua struttura fiabesca. La scriverà proprio Biagio, un po' seguendolo come può, osservandolo dal basso, un po' raccogliendo le sue confessioni conversando l'uno dalla finestra l'altro da un ramo, e un po' fornendogli attraverso scale o arrampicate tra i rami quello che di volta in volta gli serve per la sua vita “rampante”. Teatro della vicenda è Ombrosa, incantevole luogo di fantasia non lontano dal mare e denso di boschi, localizzabile, tuttavia, in una zona rivierasca della Liguria. Il giovanissimo barone si sposta con l'agilità di uno scoiattolo da un ramo all'altro, organizzando con inventiva e genialità la sua quotidianità volante e vivrà incredibili avventure: una relazione d'amore giovanile che gli resterà sempre nel cuore, l'incontro con scugnizzi ladri di frutta, con operosi contadini, con agguerriti cacciatori, con temuti briganti, con soldati. Riuscirà perfino a partecipare da protagonista, pur senza abbandonare mai la sua insolita posizione di volatile, ai moti che seguiranno la ventata della Rivoluzione Francese.
L'irrefrenabile fantasia di Calvino, capace di mirabolanti trovate, fa sì che Cosimo possa perfino procurarsi libri infiammandosi alle nuove idee rivoluzionare e intrattenere corrispondenze. Tra gli alberi organizza anche una biblioteca, uno studiolo per scrivere e addirittura un archivio delle sue lettere e delle sue memorie: scritti misteriosi che rimarranno per sempre chiusi nelle cavità arboree nelle quali sono riposti. Cosimo morirà a sessantacinque senza toccare nemmeno allora terra. Per la sua scomparsa Calvino riserva al lettore un sorprendente finale a sorpresa, che si tace per non togliere a chi vorrà godersi il romanzo, il piacere e l'emozione di scoprirlo.
Ma il ruolo di protagonista di Cosimo Piovasco di Rondò è condiviso con la natura. “Tutto faceva insomma – scrive Biagio - sopra gli alberi... e viveva civilmente, rispettando il decoro del prossimo e suo proprio”. Sono gli alberi, insomma, ad avere un ruolo preminente nella vicenda. “ Gli olivi – racconta Biagio - per il loro andar torcendosi, sono a Cosimo vie comode e piane, per passarci e per fermarcisi, sebbene i rami grossi siano pochi per pianta e ci sia gran varietà di movimento... Sul duro sorbo, o sul gelso da more, si sta bene; peccato che siano rari. Così i noci, che anche a me, che è tutto dire, alle volte vedendo mio fratello perdersi in un vecchio noce sterminato, come un palazzo di molti piani e innumerevoli stanze, veniva voglia di imitarlo”.
Nei boschi i preferiti da Cosimo sono faggi e querce perché “sul pino le impalcate vicinissime, non forti e tutte fitte d'aghi, non lasciano spazio né appiglio; ed il castagno, tra foglia spinosa, ricci, scorza, rami alti, par fatti apposta per tener lontani”. Gli alberi rappresentano la forza e la bellezza della natura, ma anche lo struggimento del ricordo e della malinconia. La nobile, giovanissima bellissima Violante vive un'impossibile storia d'amore con questo ragazzo che non scende mai dai rami e, ormai adulta e in terre lontane dalla sua Ombrosa, vivrà di ricordo e di nostalgia. “Dalla sua terrazza guardava le foreste, gli alberi più strani di quelli del giardino della sua infanzia, e le pareva a ogni momento di vedere Cosimo farsi largo tra le foglie. Ma era l'ombra d'una scimmia, o d'un giaguaro”.
Non è tutto: gli alberi sono simbolo anche della caducità della vita. “La gioventù va via presto sulla terra – commenta mestamente Biagio – figuratevi sugli alberi, donde tutto è destinato a cadere: foglie, frutti. Cosimo veniva vecchio”. L'ultima confessione del barone rampante, ormai avanti negli anni, lasciata a un ufficiale francese con il quale si trova a conversare, è questa: “Anch'io vivo da molti anni per degli ideali che non saprei spiegare neppur a me stesso: ma io faccio una cosa che è certamente buona; vivo sugli alberi”. Biagio, chiudendo la storia che ha scritto sulla vita arborea del fratello, riflette amaramente: “Gli alberi non hanno retto, dopo che mio fratello se n'è andato, o che gli uomini sono stati presi dalla furia della scure”. Così annota sul suo diario: “Ombrosa non c'è più. Guardando il cielo sgombro mi domando se davvero sia esistita”.
Straordinaria e commovente la considerazione di Biagio che chiude la storia di Cosimo, abbinando la sua morte alla scomparsa degli alberi da Ombrosa. Ripensa al frastaglio di rami, di foglie, di biforcazioni, che ritagliavano spazi irregolari sullo sfondo del cielo e costruivano “un ricamo fatto sul nulla”; un ricamo – scrive – “che assomiglia alla mia scrittura” fatta di ghirigori, di sgranamenti in piccoli acini chiari, come semi puntiformi e “grumi di frasi con contorni di foglie e di nuvole”. Il ricamo dei rami, che non c’è più, è in tutto simile a quello della sua scrittura: l’uno e l’altra fanno parte di un sogno che è finito. Sembra quasi un atto di fede nello stretto legame che c'è tra la natura e la scrittura che da essa è ispirata e a essa è dedicata: una complicità, fatta di similitudine di segni, quando non d’identità, e, soprattutto, di un comune modo di sentire e di esprimersi.

Mauro Giancaspro
Mauro Giancaspro (Napoli 1949) ha diretto per dieci anni la Biblioteca Statale di Cosenza e per diciannove anni la Biblioteca Nazionale di Napoli. Collabora con quotidiani e riviste interessandosi prevalentemente di lettura, comunicazione e arte contemporanea. Nei suoi scritti e nei rapporti umani predilige un approccio ironico e leggero.
Tra le monografie pubblicate: Leggere nuoce gravemente alla salute, Il morbo di Gutenberg (L’Ancora del Mediterraneo). E l’ottavo giorno creò il libro (Cargo), L’importanza di essere un libro (liberilibri). L’odore dei libri, Un libro per piacere(Grimaldi). Elogio del filobus, Elogio della lettera anonima, Elogio del recupero (Pironti).




venerdì 20 maggio 2016

giovedì 19 maggio 2016

Friedrich Wilhelm Nietzsche / La frase più pudica


Friedrich Wilhelm Nietzsche
La frase più pudica 

La frase più pudica che ho udito: "Nell'amore vero è l'anima che abbraccia il corpo".