giovedì 9 marzo 2023

Emozionare con una foto / Intervista a Stefano Cocozza


Stefano Cocozza / The Godly Man

Emozionare con una foto

Intervista a Stefano Cocozza

9 MAR 2016
di GIUSEPPE DEL BUONO

Sono al pc in attesa del collegamento con Roma per intervistare un professionista della fotografia che si sta muovendo in campo internazionale e sta riscuotendo successo nella capitale italiana, rimanendo cosciente del fatto che la strada per il successo è comunque lunga. Ecco, finalmente sono collegato con Stefano Cocozza, riesco a sentire la sua voce in modo nitido e lui la mia, le immagini video sono un po’ troppo piccole per i miei gusti, ma va bene cosi… cominciamo con le nostre domande in uno stile radiofonico molto informale…
… Chi sei, da dove arrivi?
Mi chiamo Stefano Cocozza, classe '72, sono nato a Roma dove vivo con la mia splendida famiglia.
Bene Stefano, cosa hai fatto fino ad ora?
Il mio percorso fotografico parte da un ambito prettamente naturalistico. Grazie ai viaggi fotografici, a cui partecipo ogni anno, le mie foto naturalistiche si sono arricchite man mano di sentimenti, di popoli, di sguardi, di umori. Professionalmente ho fatto il docente, il relatore, il fotografo ufficiale per una nota agenzia che organizza eventi nel settore della moda e affini. Attualmente, dopo aver partecipato ad alcuni workshop fotografici di aggiornamento personale, faccio parte di DiaframmiAperti.it , gruppo nato per operare come fotografi nell’ambito delle cerimonie religiose, principalmente matrimoni e battesimi.
Come ti sei avvicinato all’arte, a cosa ti ispiri e cosa senti?
Vivendo in una città come Roma, sono circondato e sempre stimolato dall’arte. Fotograficamente parlando trovo ispirazione negli scatti di Steve McCurry. Artisticamente parlando sono sempre stato attratto dalla bellezza dei colori, delle forme, dai paesaggi e dai ritratti di Vincent Van Gogh. Ogni volta che impugno la reflex mi sento rilassato, la mente si svuota dai pensieri e problemi quotidiani, e ciò mi rende felice come solo la mia famiglia riesce a fare.
Ti definisci legato/a a qualche corrente artistica, a qualche stile contemporaneo, o ad altro?
No, seguo il mio istinto e miei sentimenti, cerco sempre di memorizzare nelle foto le emozioni mie e della gente.
… Una domanda difficile… Stefano, perché sei un’artista?
Forse perché riesco a emozionare le persone con le mie foto.
Quali preferisci tra le tue migliori opere?
Sono particolarmente legato a 3 scatti eseguiti in tre dei miei viaggi fotografici: The godly manHOPEThe Elusive Woman. La prima, The godly man, è stata realizzata in Nepal, per la precisione alla grande Stupa di Boudhanath, in Kathmandu, prima del tremendo terremoto della primavera del 2015. Ne sono molto legato per il ricordo che ho di quei meravigliosi luoghi e per le splendide persone che ho conosciuto in quel paese. Mi ha colpito particolarmente la forza spirituale, di questo uomo, la sua faticosa postura e il bastone che lo aiutava a camminare attorno alla Stupa.
HOPE invece è legata alla meravigliosa esperienza di viaggio trascorsa nella capitale Leh in Ladakh. L’incontro con la madre e questo stupendo frugoletto è stato come un fulmine a ciel sereno. Dal “mei tai” che lo sosteneva sulla schiena della mamma, spuntavano solo questi occhietti pieni di voglia di vivere, curiosità, gioia e appunto "Speranza". Ho chiesto immediatamente alla mamma il permesso di eseguire lo scatto, la donna gentilmente e con un bellissimo sorriso ha concesso che lo realizzassi. Al momento è la foto che ho scelto come home page del mio sito personale.
The Elusive Woman è legata al mio sogno di sempre di visitare il Giappone. Il mito delle donne più elusive al mondo, le gheishe. Donne con straordinarie attitudini artistiche tra cui il canto, la danza e la musica. È emozionante poter assistere alle loro peripezie e corse, tra i turisti nel quartiere di Gion a Kyoto, per non farsi fermare e immortalare.
La tecnica, i colori, le scelte dei soggetti?
Le tecniche per riprendere i soggetti sono tra le più comuni, regola dei terzi, rapporto aurea, mosso creativo. Mi piace molto arrivare in un luogo e osservare per qualche minuto la vita che gira intorno ai soggetti, cogliere le sensazioni, osservare la gente locale e cercare di capire se in quel particolare luogo ci siano delle emozioni particolari da poter cogliere e immortalare. Per i colori scelgo sempre di riprodurre quelli che, nel momento in cui ho eseguito gli scatti, erano quelli che si presentavano davanti ai miei occhi grazie alla luce di quegli attimi. La scelta dei soggetti, a parte il bambino che è stato un incontro causale per le strade di Leh, di solito è sempre accurata e pazientemente attesa nei luoghi dello scatto. Ad esempio l’uomo alla Stupa di Kathmandu l’ho atteso a lungo, in quel luogo alle ultime luci del tramonto, come all’alba, è pieno di fedeli di tutte le età e classi sociali. Mi piaceva il luogo, tutti i colori del buddismo (bianco, nero, blu, rosso, giallo e verde), la luce giusta nel posto giusto, mancava solo il soggetto che alla fine dopo tanta attesa è arrivato.
Dove vorresti arrivare, come vedi il tuo futuro?
Mi piacerebbe molto poter leggere su qualche libro o rivista importante del settore qualche mio racconto fotografico. Per il futuro mi piacerebbe aprire un mio personale studio fotografico e passare la mia passione per l’arte fotografica a mia figlia e a mio figlio.
Cosa ti piace di te, come artista?
Di me mi piace molto la pazienza e la cura che cerco sempre di mettere nella realizzazione dello scatto.
Cosa non ti piace di te, da artista?
Ci sono tante di cose che non mi piacciono, forse quello che non mi piace di più è che in alcuni istanti mi lascio prendere troppo dal momento che sto vivendo e perdo qualche foto interessante.
Quale è stato il riconoscimento più gratificante?
Ad oggi sono due i momenti più gratificanti per la mia professione di fotografo. Il primo è stata la pubblicazione su di una rivista on-line specializzata in alta moda dei miei scatti eseguiti durante una sfilata di moda a Roma. Il secondo è stata la gratitudine ricevuta dai clienti alla consegna del materiale del primo matrimonio eseguito come DiaframmiAperti.

Giuseppe Del Buono
Giuseppe vive tra Londra, Barcellona e Napoli, cura ed organizza eventi artistici e collettive per artisti emergenti, lavorando sempre molto e con passione e collaborando con altri professionisti curatori d'arte e collezionisti d'arte principalmente contemporanea. Le tre città in cui vive, anche se differenti per diversi e molteplici aspetti, hanno qualcosa che le accomuna profondamente, la frenesia creativa ed operativa che si vede cosi come nel centro della City, anche nelle Ramblas de Barcelona e sul golfo di Napoli.




mercoledì 8 marzo 2023

La rivoluzione di Helmut Newton passa attraverso gli scatti più memorabili della sua carriera

 


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HELMUT NEWTON CARLA BRUNI, BLUMARINE, NICE 1993 © HELMUT NEWTON FOUNDATION


La rivoluzione di Helmut Newton passa attraverso gli scatti più memorabili della sua carriera

“Penso che un fotografo, come un bambino educato, dovrebbe essere visto e non ascoltato”.


Il 31 ottobre 2021 ha inaugurato la grande mostra retrospettiva Helmut Newton. Legacy alla Fondazione Helmut Newton di Berlino. Inizialmente programmata per coincidere con il 100° compleanno del fotografo, è stata posticipata di un anno a causa della pandemia.

Ora in mostra una selezione di opere di uno dei fotografi più influenti del XX secolo, conosciuto per le sue modelle alte, forti, muscolose e spesso nude. La sua non era solo fotografia di moda, a partire dagli anni Sessanta, Helmut Newton divenne una celebrità e introdusse nella fotografia i temi dell’erotismo, del voyeurismo e dell’omosessualità. Amava provocare ed era visto come un cattivo ragazzo ma a questo lui rispondeva: “Bisogna essere sempre all’altezza della propria cattiva reputazione”.


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Helmut N.ewton. Thierry Mugler Fashion, US Vogue, Monte Carlo 1995.

La mostra Helmut Newton. Legacy ripercorre cronologicamente la vita e l’eredità del fotografo berlinese. Con circa 300 opere, molte di queste esposte per la prima volta, la mostra presenta aspetti meno noti dell'opera di Newton che attraversano i decenni e riflettono lo spirito mutevole dei tempi. L’esposizione é completata da polaroid, pubblicazioni, materiale d'archivio e dichiarazioni del fotografo che raccontano il suo processo creativo. Rimarrà in mostra fino al 22 maggio 2022, il suo incomparabile lavoro pieno di sottile seduzione ed eleganza senza tempo tra ritratti, nudi in piscina, manichini svestiti e messe in scena di ossessioni sessuali. Un’esposizione che racconta il contributo di Newton alla fotografia attraverso il suo stile provocatorio ma che sottolinea soprattutto come il fotografo fu il primo a immaginare e visualizzare le donne per come sono oggi: donne che controllano la loro sessualità, donne che amano e desiderano chiunque vogliono, a prescindere dal sesso; donne in salute che hanno il controllo del loro corpo e godono del suo splendore.


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Helmut Newton. Prada, Monte Carlo 1984.
© HELMUT NEWTON FOUNDATION

Anticipando la rivoluzione sessuale che arrivò con l’avvento della pillola anticoncezionale, le donne del mondo di Newton sanno ciò che vogliono e se lo prendono; a differenza delle molte critiche che gli vennero fatte, erano molto lontane dall’essere oggetti sessuale deboli e compiacenti. Dietro tanta disinvoltura sulla pellicola si nasconde un uomo che non ha mai parlato volentieri delle sue fotografie e tanto meno della sua vita privata. “Penso che un fotografo, come un bambino educato, dovrebbe essere visto e non ascoltato. Sono un fotografo della vecchia scuola e non ho niente a che fare con l’arte. Non mi lascerò mai andare a discorsi intellettuali sul mio lavoro”.


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Helmut Newton. Cindy Crawford, US Vogue, Monte Carlo 1991.
© HELMUT NEWTON FOUNDATION

Helmut Newton nacque a Berlino sotto il segno dello scorpione nel 1920 da un fabbricante di bottoni, studiò al Werner von Treischeke Realgymnasium finché le leggi di Norimberga separarono gli alunni ebrei da quelli ariani nelle aule. Il padre lo mandò alla scuola americana di Berlino, ma fu presto espulso perché era un allievo irrimediabilmente pigro i cui interessi principali erano il nuoto, le ragazze e la fotografia. All’età di sedici anni imparò ad usare una macchina fotografica e nel 1936 diventò apprendista della fotografa berlinese Yva (Else Simon), specializzata in moda, ritratti e nudi, successivamente deportata e uccisa dai nazisti ad Auschwitz. Nel 1938 Newton lasciò Berlino per Singapore con un lavoro come fotografo di cronaca al Singapore Straits Timesma due settimane dopo fu licenziato dall'editore per incompetenza. Nel 1940 arrivò in Australia e provò con l’esercito, prestò servizio per cinque anni come privato guidando camion da dieci tonnellate. Quando decise di stabilirsi lo fece a Melbourne dove aprì un piccolo studio fotografico e incontrò l'attrice June Brunell (Browne) che diventò sua moglie e che a partire dal 1970, iniziò a fotografare con il nome di Alice Springs.

Newton diventò un collaboratore regolare e importante di Vogue Francia dal maggio 1961 e per i successivi 25 anni. Durante questo periodo lavorò anche per la versione americana, italiana e tedesca di Vogue, oltre che per Linea Italiana, Queen, Nova, Jardin des Modes, Marie Claire e Elle. È all’inizio degli anni Settanta che una serie di problemi di salute tra cui un attacco di cuore, sono il punto di svolta per Helmut Newton che decide che non c’è abbastanza tempo in una vita per copiare gli altri e seguire le mode. In questi anni che trova finalmente il suo inconfondibile stile, come si vede nelle sue fotografie che ritraggono la moda rivoluzionaria di André Courrèges.


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Helmut Newton. In a Hôtel de Passe, Self-Portrait with Model, Paris 1971.
© HELMUT NEWTON FOUNDATION

Inizia a fotografare come dice lui, senza buon gusto, con imperfezioni ed erotismo. Viaggia tra Parigi, Monte Carlo, Los Angeles e i suoi scatti non si fermano sui fondali dello studio ma si avventurano nelle strade, dove le modelle diventano le partecipanti di messe in scena, le protagoniste di una storia di paparazzi, di proteste o altro ancora. Ed è proprio questa la magia delle fotografie di Newton: poter osservare le immagini e riuscire ad immaginare la storia che può esserci prima e dopo quella scena. “Sono come tante altre persone, mi siedo sulla spiaggia o sulla terrazza di un caffè, guardo la gente – soprattutto le donne – e mi invento delle storie. È un buon modo per passare una mezz’ora”.


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