domenica 17 novembre 2019

Andrea Camilleri / Montalbano vuole uccidermi


Andrea Camilleri


Andrea Camilleri

Montalbano vuole uccidermi

Antonio Debenedetti


Stavolta non c'e' il commissario Montalbano e non c'e' la sua epoca. La mossa del cavallo e' un romanzo storico, ambientato nella Sicilia del 1877, spiega Andrea Camilleri, anticipando contenuti e temi del suo nuovo libro in uscita a meta' maggio da Rizzoli. 
La vicenda muovera', cosi' come si aspettano i lettori, da un delitto e fara' spazio ad un' inchiesta da seguire con il fiato in gola. 
"Ho potuto leggere, grazie alla solerzia d'un bibliotecario della Camera, gli appunti presi dal fiorentino Leopoldo Franchetti allorche' conduceva, insieme con Sidney Sonnino, una delle sue inchieste sulle condizione economiche-sociali del Mezzogiorno e in particolare della Sicilia. La mia attenzione e' stata attratta da una vicenda sconcertante, che anticipa e ricorda in qualche modo il caso Livatino. Il testimone d'un delitto, poche ore dopo aver reso la sua deposizione, viene arrestato e accusato proprio del crimine che ha denunciato. Il mio romanzo spiega, lavorando di fantasia, come il poveretto riesca a trarsi d'impaccio". 


L'intreccio poliziesco e la vicenda storica non sono mai stati separati, nei suoi romanzi, dalle osservazioni di costume. E' cosi' anche stavolta? 

"Nella Mossa del cavallo metto l'accento sul rovesciamento dei ruoli (il testimone che viene fatto passare per colpevole); insisto su un gioco delle parti che mi sembra sempre piu' consueto nell'Italia di oggi". 


Parliamo del protagonista. Chi e'? 

"Mi sono immaginato un siciliano che, rimasto orfano, viene condotto a Genova, in casa dei suoi zii. Cresce nella citta' ligure, imparando l'italiano e il dialetto locale. Piu' tardi, pero', quando dovra' lottare per affermare la propria innocenza recuperera', insieme con il siciliano, il modo di pensare e la mentalita' dei suoi padri. E questo lo aiutera' a vincere". 


I suoi numerosi lettori sanno quale importanza abbia per lei, anche nello scrivere le inchieste del commissario Montalbano, il linguaggio sempre molto elaborato e ricco di trovate. 

"Stavolta mi esprimo in un ibrido di italiano, genove e siciliano. A farmi da guida nel ligure, nei suoi labirinti, e' stato Silvio Riolfo. Un po' come Mario Dell'Arco, ma l'accostamento e' spropositato, ha fatto da guida a Gadda per il romanesco del Pasticciaccio". 


Non c'e' Montalbano. Lei prova dunque verso il commissario di Vigata lo stesso misto di affetto e di irriconoscente sazieta' che Simenon sentiva per Maigret? 

"Diciamo che i miei rapporti con Montalbano si fanno sempre piu' dialettici. Mi sono accorto che un personaggio seriale tende sempre e comunque a trasformarsi in un serial killer; che tenta in primo luogo di far fuori l'autore. Se non ci riesce cambia obbiettivo e uccide gli altri personaggi della storia. Ho parlato di tutto questo con un grande giallista sudamericano. Sa che cosa mi ha risposto? Il primo di noi che trova il modo di far sparire sensa danno un personaggio seriale, deve impegnarsi a comunicare la sua ricetta ai colleghi scrittori". 


Fino a tre o quattro anni fa il nome di Camilleri veniva trascurato persino dai Chi e' della letteratura. Adesso e' l'autore italiano piu' richiesto nelle librerie. Vogliamo quantificare questa domanda? 

"Nel 1997 ho venduto centosettantamila copie di tutti i miei romanzi pubblicati da Sellerio. L'anno successivo le copie sono diventate 859500. A queste bisogna aggiungere, sempre nel 1998, le 150 mila di Un mese con Montalbano edito da Mondadori. Mi creda se le dico che non so spiegarmi il perche' di tanto successo 


Una diomanda indiscreta, che siamo im molti a porci. Quanto le danno di anticipo per un romanzo? 

"Circa duecento milioni. Fino a tre anni fa Elvira Sellerio, con la quale continuero' a pubblicare vista l'amicizia che ci lega, mi offriva due milioni." 


Parliamo ancora del suo successo. Come lo sta vivendo? 

"A volte con qualcosa che somiglia all'imbarazzo. E' stato cosi, ad esempio, la scorsa estate quando sei miei titoli occupavano su un grande quotidiano l'intera classifica della narrativa italiana. Una mattina allorche' mia moglie si e' accorta che occupavo solo piu' quattro dei sei posti, abbiamo tirato un sospiro di sollievo". 


Lei e' ormai un uomo decisamente anziano, un nonno. Non le dispiace che il successo l'abbia raggiunto cosi tardi? 

"Non ho nessun rimpianto, in nessun senso. Le cose, ne sono convinto, avvengono sempre al momento giusto. A me il successo e' arrivato quando ero ormai in grado di non montarmi la testa. Eppoi mi fa piacere, adesso che sono pensionato, guadagnare del denaro. Mi sento piu' tranquilli, pensando soprattutto all'avvenire dei miei nipoti". 


E i suoi rapporti con il cinema e la televisione? 

"A fine aprile andranno in onda, sulle rete Rai, due film tratti rispettivamente dal Ladro di merendine e della Voce del violino . Li interpreta Luca Zingaretti che portera' successivamente sullo schermo altri due miei romanzi. Mi fa molto piacere, poi, che allo Stabile di Catania vada in scena una riduzione del Birraio di Preston." 


A Catania le hanno anche offerto la direzione artistica del teatro ... 

Mi e' stato impossibile accettare. ho gia' numerosi impegni". 


Chi l'ha scoperta come scrittore? 

"Niccolo' Gallo che tuttavia non fece in tempo a farmi pubblicare da Mondadori. E' stata poi la volta di Ruggero Jacobbi che ha passato un mio romanzo a Gina Lagorio. Debbo a Gina, al suo interessamento se sono uscito da Garzanti". 


Lei che afferma di aver vissuto come un sottomarino affondato in sostanziale solitudine e lontano dagli ambienti letterari, ha tuttavia letto molto. Quali sono stati gl iautori della sua vita? 

"Anzitutto Gogol, che e' stato il mio punto di riferimento come scrittore. Ho poi amato Gadda e Brancati, che contiua a piacermi moltissimo. Perche' non dirmi poi pirandelliano? C'e' Siascia, poi. Da lui tutto mi divide e a lui tutto mi unisce. E' grande, grandissimo. Quando mi sento le batterie scariche, rileggo Sciascia". 




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