Il richiamo di Jack London
Seconda parte. Nato per comandare
In quegli anni Jack acquistò uno sloop (non si sa bene come) e diventò "il principe dei pirati delle ostriche"…
Pagina 64:
Buck trotterellò al posto di testa, che era stato di Spitz, ma Francois, senza fargli caso, condusse Sol-leks nel posto ambito: pensava che Sol-leks fosse il miglior cane di testa rimasto. Buck saltò addosso a Sol-leks come una furia spingendolo indietro e mettendosi al suo posto. “Ehi”, gridò Francois dandosi allegramente una manata sulla coscia, “guarda, guarda Buck. Ammazza Spitz e ora vuole prenderne il posto. Via, pivello!” gridò, ma Buck rifiutò di muoversi.
L'imbarcazione di Jack in seguito fu bruciata dai suoi rivali, lui per riscattarsi si arruolò nella squadriglia che combatteva i pirati delle ostriche...
Pagina 63:
Nonostante il dolore e la disperazione, Spitz lottava furiosamente per tenersi su: [...] Per lui non c’era speranza, Buck era inesorabile: la pietà si addiceva a climi più miti. Si preparò all’attacco finale.
Pagina 94:
E Buck era spietato. Aveva imparato bene la legge del bastone e della zanna e non rinunciava mai a un vantaggio e non mollava un avversario che aveva spinto sulla via della morte. Aveva appreso la lezione da Spitz e dai migliori combattenti tra i cani della polizia e della posta, e sapeva che non potevano esserci vie di mezzo. Doveva vincere o essere vinto: mostrare pietà era un segno di debolezza. La pietà non esisteva nella vita primordiale; veniva scambiata per paura e questi malintesi significavano morte. Uccidere o essere ucciso, mangiare o essere mangiato, era la legge; e a questo imperativo, che gli giungeva dagli abissi del tempo, egli obbediva.
Nel 1894 - quando Jack aveva 18 anni - fu arrestato per vagabondaggio a Buffalo e condannato a trenta giorni di prigione, qui, per sopravvivere accettò la protezione di uno dei detenuti più potenti della prigione, in cambio di prestazioni sessuali con lui...
Pagina 29-30:
Stordito, con un dolore terribile alla gola e alla lingua, mezzo morto, Buck cercava di tener testa ai suoi aguzzini, ma venne ripetutamente gettato a terra [...] poi gli tolsero anche la fune e lo gettarono in una cassa da imballaggio simile a una gabbia. Vi giacque per il resto di quella interminabile notte a covare l’ira e l’orgoglio ferito. [...] Che cosa volevano da lui quegli strani individui? Perché lo tenevano rinchiuso in quella stretta gabbia?
Pagina 33-34:
Buck riprese i sensi, ma non le forze: giaceva dove era caduto e guardava l’uomo dal maglione rosso. [...] “Bene, Buck, ragazzo mio”, cominciò bonario, “abbiamo avuto la nostra piccola discussione e la migliore cosa da fare è di non pensarci più. Tu hai imparato qual è il tuo posto e io conosco il mio. Se sarai un bravo cane tutto andrà liscio e starai benone. Se sarai cattivo ti ridurrò a mal partito a furia di botte. Intesi?”. Parlando accarezzava senza timore la testa che aveva così spietatamente colpito e Buck, sebbene i peli gli si rizzassero involontariamente al contatto di quella mano, lo sopportò senza protestare. Quando l’uomo gli portò dell’acqua, bevve avidamente e più tardi trangugiò un’abbondante porzione di carne cruda prendendo a uno a uno i bocconi dalle mani stesse dell’uomo.
Nel 1896 - quando Jack aveva 20 anni - s'iscrisse al partito socialista di Oakland, attratto dalle ideologie Marxiste apprese dal Il Manifesto Comunista…
Pagina 34:
Era stato vinto (lo sapeva), ma non era domato. Si rese conto una volta per tutte che contro un uomo armato di bastone non c’era niente da fare: aveva imparato la lezione e non la dimenticò più finché visse. Quel bastone fu una rivelazione, lo introdusse nel regno della legge primitiva ed egli la imparò bene.
Pagina 112:
Buck provava una gioia selvaggia; sentiva di rispondere finalmente al richiamo, correndo così a fianco a fianco col suo fratello del bosco, verso il luogo da cui certamente quel richiamo veniva.
Jack scrisse infuocate lettere a molti giornali e tenne innumerevoli comizi a Berkeley sulla necessità della lotta di classe...
Pagina 55:
Buck era l’eccezione: era il solo che resistesse e prosperasse, rivaleggiando con i cani eschimesi per la forza, la ferocia e l’astuzia. Era dunque nato per comandare e quello che lo rendeva pericoloso era il fatto che il bastone dell’uomo dal maglione rosso aveva eliminato dalla sua volontà di predominio ogni cieco coraggio e avventatezza.
Continua l’8marzo...
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