Jane Birkin, 73 anni festeggiati spudoratamente: pubblicando tutta la verità dei diari segreti
Di passaggio in Italia per presentare il suo libro-confessione, Munkey Diaries 1957-1982, Jane Birkin ha raccontato il suo rapporto con la femminilità, la moda e la bellezza. Svelando anche il perché non la vediamo più recitare da un po'
14 DICEMBRE 2019
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ettantatre anni oggi. E invece di sparire in una nuvola di mistero Jane Birkin cosa fa? Festeggia il compleanno con la pubblicazione di Munkey Diaries. Diario 1957-1982. Raccolta di tutte le confessioni, i ricordi e le emozioni che Jane ha scritto in un diario da quando aveva 11 anni, indirizzandole sempre a Munkey, una scimmietta di peluche vinta a una tombola. Un flusso inarrestabile di dettagli intimi ora a disposizione di tutti grazie a Edizioni Clichy, che li ha tradotti da poco in Italia.
Anche se principalmente sono una testimonianza della carriera e degli incontri che hanno trasformato Jane Birkin da brava ragazza a sex symbol, i Munkey Diaries rivelano a sorpresa una donna complessa, divertente, audace e autentica. Lontanissima dall’immagine della bambolina fragile che i media le hanno appiccicato troppo a lungo. Al di là della mitologia della sua relazione con Serge Gainsbourg e degli scandali degli anni 60 e 70, l’attrice, modella e cantante inglese, madre di Charlotte Gainsbourg, ha mescolato humor e fascino in una prosa aggraziata e soave. Come la sua voce quando cantava classici come Je t’aime moi non plus o Jane B.
Cosa l’ha spinta a pubblicare i suoi diari segreti?
Ho lottato a lungo con me stessa prima di decidere se pubblicarli. Ma poi ho pensato che ci sono state fin troppe storie su di me o sulla mia famiglia raccontate dagli altri, ho voluto perciò fornire finalmente la mia versione. Proprio in questi giorni, in Francia, è uscita la seconda parte, Post Scriptum, in cui racconto la mia “seconda vita”.
Come ci si sente a essere stata una donna rivoluzionaria capace di sovvertire i canoni dell’epoca attraverso, ma non solo, il corpo: per la prima volta androgino, maschile e femminile al tempo stesso?
È davvero grandioso poter pensare di aver contribuito in qualche modo alle rivoluzioni dell’epoca, anche se non posso dirlo con certezza. Di sicuro, dopo di me, le ragazze con poco seno hanno cominciato ad essere apprezzate di più. È stata davvero una gioia dopo anni di prese in giro in collegio.
Che rapporto ha avuto con la sua bellezza? La sensazione è che si sia sempre sentita a metà fra il potenziale erotico femminile e il suo lato maschile. Penso, per esempio, al suo ruolo e al suo look “tomboy” nel film Je t’aime moi non plus del 1976 diretto dal suo Serge.
Credo che, per tutta la mia vita, la mia preoccupazione era unicamente di piacere a Serge, che mi diceva sempre di essere terrorizzato dai seni grossi. A parte questo, la mia infanzia è stata quella di un maschiaccio, sempre insieme a mio fratello Andrew. E credo di essere stata anche una madre maschiaccio. Anzi, mi piace proprio pensarlo.
Tornando a Je t’aime moi non plus: il film era davvero interessante e moderno per quanto riguarda l’identità di genere. Lei interpretava una ragazza che si chiama Johnny, con i capelli cortissimi e che si innamora, ricambiata, di un omosessuale.
Credo che né io né Serge fossimo consapevoli, all’epoca, di una tale modernità. Anche se gli anni 70 vengono ricordati come i più trasgressivi, non c’era la libertà di oggi. E credo che sia semplicemente un sollievo, e una conquista, che ai giorni nostri si possa orgogliosamente dichiarare la propria sessualità.
Nei primi anni 80, su un aereo per Londra le cade la borsa. Scocciata per il contenuto sul pavimento si rivolge al vicino di posto lamentando la mancanza di un modello capiente, magari con le tasche interne. L’uomo era Jean-Louis Dumas, direttore di Hermès. Da cui la Birkin Bag, simbolo paradigmatico del suo rapporto accidentale con la moda. Che dettava invece di subirla.
Per quanto riguarda la borsa, sono molto fiera di averla ispirata ma soprattutto di averla disegnata io stessa. Da giovanissima ho fatto anche da modella ma all’epoca non eravamo delle muse pagate dagli stilisti. Indossavamo ciò che era divertente senza pensare ai marchi. Certo, ogni tanto Serge mi regalava qualche abito stupendo di Saint Laurent, ma la creatività di quegli anni ci permetteva di essere libere dai codici della moda.
Può raccontarci cosa pensa del #metoo francese, esploso con veemenza da poco?
La condizione femminile non sarà più la stessa. Gli uomini non avranno più gli stessi atteggiamenti di un tempo nei nostri confronti e le ragazze oggi sono più consapevoli dei loro diritti. Certo, tutto quello che è successo deve anche essere un monito, un consiglio a non infilarsi più in situazioni sgradevoli. Ma credo, anzi spero, che quello che è successo negli ultimi due anni possa aver contribuito a cambiare soprattutto la mentalità dei maschi.
Da qualche anno lei ha smesso di recitare e si è dedicata, con successo, alla regia. Ha diretto il film Boxes, dove recita sua figlia Lou e, per la prima volta, Adèle Exarchopoulos. Come mai?
Perché, semplicemente, non amo più il mio viso.
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