giovedì 13 dicembre 2018

Sara Forte / Sintesi, ordine, geometria


Il burattinaio scaltro, 100 x 100, dettaglio, tecnica mista su tela, 2010


Sara Forte: sintesi, ordine, geometria

Per voce creativa

GIOVANNA LACEDRA
13 DICEMBRE 2018

Per voce creativa è un ciclo di interviste riservate – e dedicate – alle donne del panorama artistico italiano contemporaneo. Per questa occasione incontro Sara Forte (Verbania, 1978).
Entrare nello studio di Sara Forte, in zona Città Studi a Milano, è come conquistare un’isola di pace, nel ristoro dell’ordine e del silenzio. Le sue opere ti accolgono, con regalità, slancio e compostezza. Ciascuna sembra aver conquistato il proprio posto, su di un piedistallo, un tavolino o una parete. E ciascuna sembra essere regina del suo spazio, paga del proprio misurato equilibrio. Composizioni astratte in silicio aggettano dalla parete, e città invisibili vitree si avvitano verso il cielo. La linea curva, il cerchio, la spirale, sono forme che tornano nella sua opera, come percorsi. Come se il filo conduttore della sua ricerca fosse proprio questa idea di continuità, ciclicità e perfezione.


Isaura Crystal, Vetro di Murano, 80 cm

Tutto è magnificamente composto nello studio di Sara: gli strumenti del mestiere, la fotocamera sul treppiede, i cataloghi delle sue mostre. È uno studio-spazio espositivo che vale la pena visitare, poiché rispecchia perfettamente la sua ricerca artistica. Sara è una donna pacata, dolce e decisa, dai modi sempre gentili e aggraziati. Ha un carattere ostinato e una grande fede in ciò che persegue.
Dall’atelier di moda di sua madre al vetro di Murano, il passo è stato non proprio breve, ma sicuro. Mossa da una volontà tenace e volitiva, Sara è arrivata a lavorare con i migliori maestri vetrai della Laguna e a collaborare con brand di alto livello. Dopo una prima fase nella pittura di figurazione, guidata nell’apprendimento delle diverse tecniche pittoriche dal maestro Antonio Vittorio Alfieri, il suo stile scivola verso l’astrazione. La produzione di Sara si gioca attualmente su questi tre elementi: sintesi, ordine, geometria. Ma pur rasentando il confine col design, trattiene un’aura mistica. Come se il trascendente vivesse, in effetti, di un assetto supremo, e come se quell’assetto abitasse dischi in silicio e vertigini di vetro. Sara Forte vive e lavora a Milano. Questa è la sua Voce Creativa per voi.


Olio e acrilico su dischi di silicio applicati su tavola, cm 60 x 80, 2016

Chi sei?
Un corpo celeste alimentato dalla poesia delle arti, finito sulla Terra per caso.
Quale buio ti fa paura?
Temo il giorno in cui smetterò di fare ricerca.
La scelta più coraggiosa che hai fatto?
Subire il fascino dell'arte e farne una professione.
La rinuncia più coraggiosa che hai fatto?
La rinuncia è stata conseguente alla scelta. Ho rifiutato una vita preconfezionata che non sarebbe mai stata la mia.
Se non fossi un’artista chi saresti?
Mi sarei sicuramente avvicinata al mondo del design.
Perché lo fai?
L'arte è per lo spirito ciò che il nutrimento è per il corpo. Attraverso l'arte ci uniamo a un'entità trascendente, respiriamo al suo ritmo e assimiliamo l'energia necessaria per il nostro rinnovamento spirituale. Una sorta di purificazione dell'interiorità che approda ad un più alto stato di elevazione. Ciò che Aristotele definì “Catarsi”.
Quale credi sia il compito di una donna-artista, oggi?
Credo che oggi l'artista (donna o uomo che sia) abbia il dovere di essere e rimanere coerente con se stesso, senza arrestarsi alle attrattive di un arrivo. Credo che il compito di chi fa arte oggi sia quello di perfezionare il mondo dando alla realtà un contributo nuovo, migliore, esprimendo ciò che è ancora inespresso.


Fedora 2016, Vetro di Murano, cm 55 x 25
È vero che la scaturigine di un’opera è sempre autobiografica?
Quando si parla di creazione spesso si rimanda alla luce tutto ciò che ha una relazione con la vita umana. Nell'arte ciò è legato ad un ordine già esistente delle cose per produrne un altro, in questo modo l'esperienza personale assume una forma dal significato universale che parla al cuore di tutti.
Vetro e geometrie: da dove nasce questa tua ricerca?
Sono sempre stata attratta da tutto ciò che è forma e materia. Ho sostituito il collage di carta stampata su tela con i dischi di Silicio a conferma che l'uomo è fatto per comunicare, e oggi la comunicazione viaggia con i mezzi tecnologici che quotidianamente usiamo. Il Silicio che uso per le opere in 3d è un prodotto dell'industria, fondamentale per la costruzione di tablet, smartphone e computer. Un fermo immagine sul nostro tempo, materiale vetroso di archeologia moderna ignorato dalle masse ma prezioso per i nostri legami. In parallelo utilizzo il vetro artistico per la realizzazione delle mie sculture, recandomi periodicamente in fornace a Murano. Materiale tanto affascinante quanto estremamente complesso da lavorare. Vetro come metafora della vita: fragile, incantevole e trasparente.
Un lavoro tuo che ti sta maggiormente a cuore e perché?
Uno dei lavori a me più cari è la scultura Isaura Crystal, un'opera realizzata da una squadra di 5 maestri vetrai di una difficoltà di esecuzione incredibile. 80 centimetri di vetro di Murano di leggerezza assoluta.


Olio e acrilico su disco di silicio applicato su tavola, cm 35 x 35, 2016

Che ruolo ha la memoria nel tuo lavoro?
Sono cresciuta con una mamma designer di moda. Lei e le mie zie lavoravano insieme nel loro atelier di famiglia dove confezionavano abiti sartoriali su misura. Da piccola mi divertivo a giocare con gli scampoli e i fili colorati. Fili che ho portato nel mio lavoro come elemento di unione tra energia ed essere umano, tra visibile e invisibile, tra corpo e mente.
Credi in Dio?
Credo nell'uomo, nella sua intelligenza e nella libertà spirituale.
A ispirarti, influenzarti, illuminarti ci sono letture particolari?
Sono particolarmente legata alla letteratura del Secondo Novecento italiano da cui ho tratto ispirazione per alcuni lavori in vetro. Adoro anche gli autori russi dell'Ottocento, la filosofia neoplatonica e i testi del Buddismo Mahayana.


Olio e acrilico su disco di silicio applicato su tavola, cm 35 x 35, 2017

Scegli tre delle tue opere da presentarci
Il Burattinaio scaltro anno 2010, tecnica mista su tela, cm 100 x 100. Opera eseguita su fogli del giornale Il Sole 24 ore. Una trasposizione simbolica sul sistema economico e artistico mondiale.

SI 66, anno 2017, olio e acrilico su disco di silicio applicato su tavola cm 35 x 35. Ogni lavoro in 3d realizzato in Silicio ha come titolo la sigla “SI”(che ne determina la collocazione nella tavola periodica degli elementi) accompagnata dal suo numero progressivo. “SI” costituisce anche suono, apertura, invito.

Fedora, anno 2016 vetro di Murano, cm 55 x 25, collezione privata. Opera eseguita in fornace con la tecnica della Murrina e ispirata al mondo di Italo Calvino e alle sue Città Invisibili. Luoghi inventati e non riconoscibili ognuno con un nome di donna, una sorta di mondo parallelo immaginario dove le forme morbide e sinuose si muovono in totale assenza di controllo al di fuori di ogni preoccupazione logica.

“Al centro di Fedora, metropoli di pietra grigia, sta un palazzo di metallo con una sfera di vetro in ogni stanza. Guardando dentro ogni sfera si vede una città azzurra che è il modello d'un'altra Fedora. Sono le forme che la città avrebbe potuto prendere se non fosse, per una ragione o per l'altra, diventata come oggi la vediamo. In ogni epoca qualcuno, guardando Fedora qual era, aveva immaginato il modo di farne la città ideale, ma mentre costruiva il suo modello in miniatura già Fedora non era più la stessa di prima, e quello che fino a ieri era stato un suo possibile futuro ormai era solo un giocattolo in una sfera di vetro”.

(Italo Calvino - Le città Invisibili)

L’opera d’arte che ti fa dire: “questa avrei voluto realizzarla io!”?
Questo è ciò a cui ho pensato quando per la prima volta vidi il lavoro di Mimmo Iacopino. Opere composte da metri da sarto intrecciati con nastrini di velluto e raso, intrise di un senso di tridimensionalità eccezionale. Un lavoro purissimo.
Un o una artista che avresti voluto esser tu.
L'elenco degli “Immortali dell'arte” sarebbe fin troppo lungo. Nutro un amore particolare verso le avanguardie russe. Artisti coraggiosi, che hanno posto il loro talento al servizio della libertà di pensiero e non di regime, mettendo a repentaglio la loro stessa vita. Uno su tutti Kazimir Malevic. Un gigante.
Tre aggettivi per definire il sistema dell’arte in Italia.
Per quanto mi sforzi non riesco a trovare aggettivi positivi in merito. A parte qualche gallerista illuminato e molti ottimi artisti ancora non premiati dal mercato, il sistema arte in Italia è ancora troppo pigro e stantio. Asservito alle proposte internazionali dettate dalle grandi case d'aste.
In quale altro ambito sfoderi la tua creatività?
Ho alternato la parte artistica con alcune collaborazioni, disegnando pezzi unici di gioielleria e realizzando disegni per stampe di tessuti e accessori.


Sara Forte
Ritratto

Work in progress e progetti per il futuro.
Attualmente sto collaborando con lo storico brand del vetro Barbini di Murano. Stiamo creando una collezione numerata di specchi artistici con inserti in vetro di pregio per il quale abbiamo già delle richieste. È stata appena avviata una collaborazione con la Galleria Contini Contemporary di Londra. Mentre per il prossimo anno ho in programma una mostra personale alla Galleria Gilmen di Lugano e tre a Milano: una alla Galleria Il Castello, l’altra alla Galleria Studio Guastalla e un’altra istituzionale dove presenterò le opere dei miei ultimi cinque anni di attività assieme a nuovi lavori.
Il tuo motto in una citazione che ti sta a cuore.
“Memento audere semper”.

WSI


Lady Optical / Bridget Louise Riley
Ketty La Rocca / Il mio corpo dall'Io al Tu
Shamsia Hassani / Street Art in burqa a Kabul
Eleanor Antin / Tra autobiografismo e alterazioni estetiche
Rosalba Carriera / Fino all'ultimo sguardo
Yoko Ono / La bambina dell’oceano diventa una performer
Berthe Morisot / La donna dell'Impressionismo
Suzanne Valadon e la Belle Époque / Dai ritratti all’indagine della nudità
Valie Export / Quando l'arte è autodeterminazione
Francesca Woodman / Alcune disordinate geometrie interiori
Shirin Neshat / Silenzi scritti sul corpo
Jana Sterbak / Sotto la carne
Ana Mendieta / Con il sangue e con il corpo
Hannah Wilke / Il corpo in dialogo
Orlan / La mia opera d’arte sono Io
Pippa Bacca / Quando la performance diventa missione
Regina José Galindo / La poetica della violenza


venerdì 7 dicembre 2018

Mickey Rourke e Axl Rose irriconoscibili / La foto social è virale

Mickey Rourke e Axl Rose oggi e, nel riquadro , 30 anni fa

Mickey Rourke e Axl Rose irriconoscibili: la foto social è virale

I volti delle due star completamente trasformati da eccessi, vecchiaia e botox


Di Giuseppe Gaetano
6 dicembre 2018 
Se la soluzione non fosse contenuta nel titolo, onestamente, quanti avrebbero saputo rispondere alla domanda «chi sono i due celebri vip immortalati in questa fotografia?». Chi conserva impresso nella memoria, negli anni ‘80, il volto conturbante e tenebroso dell’attore newyorkese di 9 settimane e ½ e Angel Heart; o i tratti dolci ed efebici del frontman dei Guns N’ Roses, 30 anni fa, mentre cantava Welcome to the Jungle, può faticare a riconoscere Mickey Rourke (a sinistra) e Axl Rose (a destra) nella “strana coppia” immortalata insieme, un paio di giorni fa, seduta nel pubblico a un incontro di boxe presso lo Staples Center di Los Angeles. Il volto ormai totalmente «botulinizzato» di Rourke e quello truccatissimo di Rose, rende francamente ardua l’identificazione.

L’età è semplicemente indecifrabile. A prima vista, forse, potrebbero anche dimostrare un po’ meno dei 66 e (appena) 56 anni che hanno rispettivamente; ma c’è anche chi ci arriva meglio - come ad esempio Sean Connery o Mick Jagger, che di anni ne hanno rispettivamente 88 e 75 - e senza bisogno di particolari trucchi. Rourke, tornato alla ribalta con la saga Sin City The wrestler, continua a lavorare per il grande schermo. Il cantautore, invece, sono ormai dieci anni che non pubblica un disco da solista, ed ha ripreso solo recentemente ad esibirsi dal vivo con Slash. Due anni fa chiese a Google di rimuovere una sua immagine comparsa in Rete, che lo ritraeva ingrassato e con i capelli radi, vistosamente tinti di rosso. Chissà cosa farà adesso, che il web frulla di commenti e ricondivisioni.

CORRIERE DELLA SERA



martedì 13 novembre 2018

Per voce creativa / Intervista a Evita Andújar


Evita Andújar in Studio


Per voce creativa

Intervista a Evita Andújar

13 NOVEMBRE 2018, 
GIOVANNA LACEDRA
Per voce creativa è un ciclo di interviste riservato alle donne del panorama artistico italiano contemporaneo. Nasce nel 2014 sul blog “EllePourArt”, ma da oggi entra a far parte della sezione Arte di WSI Mag. Per questa prima occasione incontro Evita Andújar, (Écija, Spagna, 1974).
Evita è una donna solare, delicata, genuina, dal fascino denso e gentile. È una pittrice che plasma il colore in maniera decisa. Lo spinge e distorce come un corpo duttile. Lo fa vivere di vita propria. E pulsare sulla tela. Evita è un’artista notevolmente prolifica, che negli anni ha sviluppato una cifra stilistica personale e riconoscibile. Si è formata alla Facoltà di Belle Arti di Siviglia, svolgendo anche un dottorato in pittura e restauro. E nel 2000 è approdata in Italia, vincendo una borsa di studio dell’Accademia di Spagna a Roma. Qui ha lavorato come restauratrice, ma negli ultimi anni si è concentrata sulla pittura. Il suo è un linguaggio già ben definito, fatto di pennellate ampie, rapide e ben orchestrate.


Evita Andújar. Stolen selfie 4. Acrilico su tela, cm45 x45, 2018.

Il colore, nei dipinti di Evita, appare sciogliersi, accompagnato dal gesto, materno, rapido, eppure delicato, dell’artista. Non esiste disegno preparatorio. Tutto nasce dal colore. Le pennellate costruiscono ogni volta una realtà liquida, dalle atmosfere spesso rarefatte, in cui le figure sembrano sfaldarsi, sdoppiarsi, sciogliersi. O scomporsi, per poi ricostruirsi nell’immaginario. Alcuni volti svaniscono, altri si sgualciscono. Altri ancora dimenticano di avere occhi e nasi e bocce. E vibrano come accenni.
Di particolare impatto “social” – pur conservando un certo lirismo, sempre presente nelle opere di Evita – è la serie “Stolen Selfie”, nata come una riflessione sull’essere, ormai scavalcato dall’apparire. Le protagoniste, come in tutta la sua produzione, sono prevalentemente donne. Eroine di instagram o facebook, vittime del selfie, di questo bisogno quasi incontrollabile di mettersi in mostra, costruirsi un personaggio, sentirsi ammirate. Evita archivia selfie di utenti che sceglie con cura, seleziona e scarica nel suo hard disk– operazione che va a sottolineare la completa cancellazione di una privacy o di diritti su queste immagini, da parte del soggetto stesso, nell’istante in cui condivide pubblicamente un proprio autoscatto – e li modella, poi, sulla tela, attraverso la sua pennellata sottraente, sommaria, fluida e sublimante. Il risultato è una galleria di ritratti in cui l’identità dei soggetti è cancellata della tecnica fluida della pittrice, ma le pose, i gesti, gli scorci, evidenziano la vera radice di queste immagini.


Evita Andújar. Stolen Selfie 17 o Ricordo Presente. Acrilico su tela, cm80x90, 2018

Evita scorpora parzialmente i corpi delle sue creature. Scorpora l’aspettativa di un ordine visivo. Scorpora il corpus di presenze prevedibili e intuibili. Le sue creature ci sono mentre svaniscono. Compaiono mentre si cancellano. E vivono di una danza plastica tra tocco alla Jenny Saville e deformazioni alla Francis Bacon. Come foto scattate con tempi di esposizione assai diluiti, o visioni mai pienamente messe a fuoco, le immagini dipinte da Evita sono apparizioni in divenire, percezioni approssimative, ricordi. La pittura è traccia mnemonica, impronta tangibile. Mano imprendibile. Scivola via, si smaterializza. Per tornare, poi, come un dono. Evita vive e lavora nella Città Eterna, Roma. Questa è la sua Voce Creativa per voi.


Evita Andújar. Stolen selfie 9 o Toglimi il respiro. Acrilico su tela, cm 80x90, 2018

Chi sei?
Ogni volta che penso di saperlo si ricomincia da capo (sorride) . Mi viene più facile descrivermi con qualche aggettivo: verace, leale, passionale, determinata, permalosa e testarda.
Quale buio ti fa paura?
L’altra me, quella che mi guarda con il vuoto degli occhi dall’altra parte dello specchio.
Se fossi tuo figlio cosa vorresti imparare da te?
Vorrei imparare a nutrirmi di enormi sorrisi pieni di entusiasmo come la mamma.
Se non fossi un’artista chi saresti?
Sarei una restauratrice di dipinti murali, è un mestiere che ho già fatto per tanti anni e che mi serviva a calmare la mia bramosia per la pittura.
Perché lo fai?
È l’unico modo che conosco per poter “Essere” nel senso più assoluto della parola. Qualcuno potrebbe dire che seguo il mio karma.


Evita Andújar. Stolen selfie 5 o Io non ci sono. Acrilico su tela, cm 80x90, 2018


Quale credi sia il compito di una donna-artista, oggi?
Come donna credo sia importantissimo continuare a seguire il prezioso percorso che altre donne, in passato, hanno avviato. Credo che dobbiamo continuare a cercare la nostra "libertà" in una società ancora altamente maschilista, e credo che dobbiamo sempre pensare alle nuove generazioni di donne. Come artista mi avvalgo della mia arte che mi serve come arma per raggiungere anche questi obiettivi.
È vero che la scaturigine di un’opera è sempre autobiografica?
Certo, in ogni mia opera c'è un velo autobiografico più o meno denso, fondamentale per rendere sincero il mio lavoro.
Da dove nasce questa tua ricerca?
A un certo punto della mia vita ho, con mia sorpresa, perso i miei punti di riferimento, ed è stato lì che ho capito l'importanza del "fluire" per poter sopravvivere.
Un lavoro tuo che ti sta maggiormente a cuore e perché?
Liquidi 1 del 2016. Con questo lavoro ho cominciato la mia serie Liquidi cuore pulsante della mia ossessione. Penso sia con questo lavoro che la mia ricerca si comincia a definire in un modo più maturo.
Che ruolo ha la memoria nel tuo lavoro?
Senza memoria non esisterebbe nessuno dei miei dipinti, quindi direi “laceratamente necessaria”.


Evita Andújar. “Liquidi 2”. Acrilico su tela, cm 145×100, 2016

Credi in Dio?
Sono cresciuta in una famiglia cattolica. Credo nel “Noi” pieno e nel legame che ci unisce, come soluzione del tutto.
A ispirarti, influenzarti, illuminarti ci sono letture particolari?
Sono stata un lettrice compulsiva e non solo d’arte, arrivavo a leggere un libro al giorno. Tanti anni fa capii che leggere aveva anche il potere di cambiare la realtà fisica oltre che quella spirituale. Adesso il tempo è quello che è e leggo sopratutto i libri degli amici. Ora, ad esempio, ho sul comodino Le parole rubate di Roberto Grammicia, Autunno a Venezia di Andrea di Robilant e Angeli terribili di Gianni Barbacetto.
Scegli tre delle tue opere, con un fil rouge che le unisca:
Il Trillo del diavolo (2017), Io non ci sono (2018) e Ricordo presente (2018), sono tre opere che hanno come punto in comune le tematiche di Eros e Thanatos, fondamentali nelle mie opere.
L’opera d’arte che ti fa dire: “questa avrei voluto realizzarla io!”?
Più che un’opera singola è la genesi di alcune opere che mi sorprende e rende un pizzico invidiosa, a volte per il concetto, altre per la tecnica superba, altre ancora (per il bene dello spirito) per entrambe.
Un o una artista che avresti voluto esser tu...
In realtà nessuno. Ma avrei voluto conoscerne da vicino diversi. Ad esempio: Velásquez, Rembrandt, Picasso, Zobel, Rodin, Bacon e Freud. Dei contemporanei mi emozionano molto Adrian Ghenie, Nicola Samorì o Aron Demetz.


Evita Andújar. “Liquidi 8”. Acrilico su tela, cm 95×105, 2017

Tre aggettivi per definire il sistema dell’arte in Italia...
Poco elastico, molto snob e a volte sorprendentemente“illuminato”.
In quale altro ambito sfoderi la tua creatività?
In tutti, impossibile non essere “creativa” nella mia folle quotidianità!
Work in progress e progetti per il futuro...
Sono stata invitata a partecipare all’Ayla International Art Symposium ad Aqaba in metà novembre, e sempre nello stesso mese partecipo con una mia opera al Giorno del Ricordo dedicato alle vittime del’Holodomor organizzato dall’Ambasciata Ucraina. Inoltre ho in programma una bipersonale a Roma con Antonio Tamburro da 6° Senso Gallery e in gennaio con Andrea Pinchi al Relais Rione Ponte con la Emmeotto Gallery. Sono in divenire alcune personali per il prossimo anno, tra cui una a Reggio Emilia con la Galleria De’ Bonis, un’altra a Galatina con Art and Ars Gallery e un’altra ancora a Palermo, con la Raffaello Centro d’Arte. E poi ci sono altri work in progress da definire a breve, tra i quali una mostra a Catania e un progetto speciale con Roberto Gramiccia tra altri.
Il tuo motto in una citazione che ti sta a cuore...
“Amate appassionatamente la vostra missione. Non ne esiste una più bella. È molto più alta di quanto il volgo ritenga. L’artista adora il suo lavoro: la sua ricompensa più preziosa è la gioia di fare il proprio dovere. Il mondo sarà felice solamente quando tutti gli uomini avranno anime d’artista. L’arte è anche una splendida lezione di sincerità, l’artista esprime sempre ciò che pensa, egli ci insegna la franchezza. Ah, come la società si sbarazzerebbe delle brutture e con quale rapidità la nostra terra diverrebbe un Paradiso!” (Testamento di Rodin).
WSI



Lady Optical / Bridget Louise Riley
Ketty La Rocca / Il mio corpo dall'Io al Tu
Shamsia Hassani / Street Art in burqa a Kabul
Eleanor Antin / Tra autobiografismo e alterazioni estetiche
Rosalba Carriera / Fino all'ultimo sguardo
Yoko Ono / La bambina dell’oceano diventa una performer
Berthe Morisot / La donna dell'Impressionismo
Suzanne Valadon e la Belle Époque / Dai ritratti all’indagine della nudità
Valie Export / Quando l'arte è autodeterminazione
Francesca Woodman / Alcune disordinate geometrie interiori
Shirin Neshat / Silenzi scritti sul corpo
Jana Sterbak / Sotto la carne
Ana Mendieta / Con il sangue e con il corpo
Hannah Wilke / Il corpo in dialogo
Orlan / La mia opera d’arte sono Io
Pippa Bacca / Quando la performance diventa missione
Regina José Galindo / La poetica della violenza


sabato 10 novembre 2018

giovedì 1 novembre 2018

Valerio Succi / Tre inediti






Valerio Succi

Tre inediti

*

Cosa si fa quando non se ne può più? Si cambia!
va bene, Alberto, ma è davvero difficile
queste valigie pesano, nemmeno Ryanair l'accetta
tocca quindi lasciarle qui, da dove parto...risco con dolore
ragazzo madre, dio poeta e del sole
in un nuovo Valerio, ora che si fa sul serio.

Cambia quegli abbaglianti: m'accechi
sparendo la nuova strada, a piedi
sotto un percorso di lampioni, sognando
di essere tra i campioni, d'all-in vado
per cambiar corsia alla vita
in questa via m'esprimo, rinato dopo Primo
già nudo sulla piazza, chiuso in una stanza.



*


Il concorso pretende una poesia sulla luce
fonte di salvezza, via della purezza
ma chi l'ha mai vista nella sua interezza
mica adatti a descriverla in nuce.

Ora sol la poesia prega
nuovo vento mena
società, a te questo nuovo grido
se utile o meno, chissà
l'importante è che sconvolga
la tua stramagmatica realtà.



*

Non si tratta di sitcom
con sempre le stesse amicizie, una semplice trama
giusto qualche imprevisto, ma in fondo tutto fila liscio
d'anno in anno, di serie in serie
tanta felicità ma soprattutto

le risate sotto solo mero trucco

fra poco invece nei cinema il film, tu protagonista
in cui l'inciampo è previsto, plot twist inaspettati
drammi non programmati, tutti cadono
in sala attendono: in fondo, saprai, ti rialzerai, deus ex machina
qualcuno affianco, per il famoso fiato l'affanno
basta saper aspettare, non lasciarsi andare
alla fine non vince - mai -  il male.

Cambia quindi colonna sonora
viala malinconia in sottofondo
rigiriamo le scene venute male
lì i sottotitoli: c'è chi non capirà
prepara il sorriso, accendi i riflettori
le luci della ribalta prima, o poi
lo sparo: ammazza chi cazzo vuoi


ATELIER


Valerio Succi nasce nel 1998 a Lugo, in provincia di Ravenna. Abita a Bagnacavallo, fino a quando non inizia a frequentare la facoltà di lettere presso l'Università di Bologna, città dove attualmente vive. Precedentemente ha pubblicato in due antologie: «Novecento non più – verso il Realismo terminale», La Vita felice, 2016 e «Nessun dannato orologio», SENSOINVERSO Edizioni, 2015.
Di prossima pubblicazione la sua opera prima, presso Terre D'ulivi edizioni, «Primo».