Regina della Swinging London degli anni’60, compagna epica e disperata di Mick Jagger, fenice risorta dalle sue ceneri tossiche, ma anche apprezzata attrice e sempre sicura icona di stile, è morta a 78 anni Marianne Faithfull. «Marianne si è spenta serenamente oggi a Londra, in compagnia della sua amorevole famiglia. Ci mancherà moltissimo» si legge nel comunicato della sua portavoce.
Già, la serenità finalmente, dopo una vita certamente ricca ma anche tormentata: perché Marianne Faithfull ha incarnato fin troppo lo spirito dei favolosi 60, dove tutto sembrava possibile, in una spirale attorcigliata di fama e abusi, dove i secondi finirono per bruciarla, detronizzandola e buttandola letteralmente in strada.
Facendo un passo indietro, i natali erano già nobili, perché Marianne, per parte di madre, era la pronipote di Leopold Von Sacher Masoch, aristocratico d’Austria, più celebre per i suoi romanzi erotici Venere in Pelliccia su tutti, da cui si sarebbe generato appunto il termine masochismo.
Che avrebbe sicuramente connotato l’esistenza della discendente Marianna, cresciuta in realtà nei sobborghi piccolo borghesi di Reading, Inghilterra di provincia e scoperta per caso a una festa, diciottenne, dal ruvido Andrew Long Oldham, manager degli allora in rampa di lancio Rolling Stones.
Un incontro folgorante: perché dapprima le avrebbe artisticamente segnato la vita, con il suo brano più celebre As Tears Go By, firmato da Jagger & Richards (e in futuro mai troppo amato dalla stessa Marianne: «Era un ritratto commerciale di me stessa», avrebbe detto anni dopo). Ma, soprattutto,sarebbe diventata la fidanzata di Mick, dopo aver lasciato il marito John Dunbar e il figlio Nicolas, appena nato.
Di li, quattro anni di fuoco: mentre la scopre anche il cinema (recita per Godard in Una Storia Americana e interpreta Ofelia nell’Amleto di Tony Richardson), Marianne troneggia sulle copertine dei tabloid, nelle edizioni dei telegiornali della Bbc, alle feste del jetset (celebre una sua istantanea con Alain Delon), sempre protagonista, incarnando più di ogni altra la rivoluzione del costume che da Londra, la Swinging London, si diffonde nel resto del pianeta.
Segnata dalle droghe: all’inizio fonte di ispirazione per gli Stones. È lei a generare capolavori della band come «Wild Horses» o «You Can’t Always Get What You Want». Ed è lei a scrivere anche «Sister Morphine» insieme agli altri, anche se la paternità della canzone non le verrà riconosciuta se non dopo una lunga battaglia legale.
Ma, appunto, Marianne si brucia: le prime avvisaglie dopo che la polizia la scopre nuda nel 1967 in un appartamento insieme a Jagger, Richards e altri sei uomini. In un mondo apparentemente libero, ma in realtà ancora profondamente sessista, dove, dirà, «loro figuravano come glamour e io una prostituta e una cattiva madre», la notizia fa scandalo. Nel 1970, la fine: cocaina ed eroina la disintegrano, Jagger la lascia e Marianne inizia a vagare per le strade di Soho.
Si riprenderà solo dieci anni dopo, quando il nuovo fuoco del punk la riscopre e lei regala un album che rimarrà una pietra miliare «Broken English», con la voce ora arrochita dalle sue traversie e in sottofondo i suoni elettro metallici dell’epoca.
È la rinascita per Marianne. Che riprende il volo, smette di drogarsi definitivamente e produce dischi con regolarità, venendo apprezzata da quell’altro folletto disperato di Nick Cave, Beck, Damon Albarn e perfino i Metallica. Mentre la riscopre anche il cinema, superba Maria Teresa d’Austrianella «Maria Antonietta» di Sofia Coppola.
Dovrà affrontare altri malanni: contrae l’epatite e combatte contro un cancro al seno. Ma supera anche questi scogli: negli ultimi anni vivrà a Parigi, alla quale, ferita a morte dedicherà una struggente canzone: «They Come at Night». L’ultimo ostacolo, nel 2020, il Covid: ventidue giorni di ospedale. Ma cosa volete che siano di fronte ai marosi del passato? E ora, Marianne, è finalmente serena.
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