venerdì 28 ottobre 2022

Durante la Guerra Fredda, gli intellettuali latinoamericani hanno trovato rifugio nella Praga comunista

 

Lo scrittore brasiliano Jorge Amado, suo figlio (il quarto a partire da sinistra) e il giornalista e drammaturgo ceco Jan Drda (il primo a partire da sinistra), a Dobříš, in un castello della Repubblica Ceca utilizzato come residenza per scrittori cechi e internazionali, in 1950. Foto tratta dall'archivio di Paloma Amado, usata dietro autorizzazione.

Durante la Guerra Fredda, gli intellettuali latinoamericani hanno trovato rifugio nella Praga comunista

Prima della COVID-19, Praga veniva visitata ogni anno da milioni di turisti in cerca di birra a basso costo e architettura mozzafiato [en]. Però, negli anni 50, la capitale dell'allora Cecoslovacchia attraeva una platea di viaggiatori molto diversa: gli intellettuali di sinistra di tutto il mondo, curiosi di vedere com'era la vita sotto il regime socialista.

Molti di quei turisti politici arrivavano dall'America Latina, includendo giganti letterari come Jorge Amado [it, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione] e Gabriel García Márquez. Questo passato condiviso, dimenticato da tempo, sta tornando lentamente ad essere riscoperto e rivalutato in Repubblica Ceca. 

Mentre si svolgeva la Guerra Fredda, sia l'Occidente che l'Unione Sovietica erano impegnati in intense attività propagandistiche per dimostrare la superiorità dei propri sistemi politici e socio-economici, solitamente rivolgendosi a destinatari in Asia, Africa, Medio Oriente e America Latina. Ed entrambe le parti ritenevano l'arte un mezzo efficace per trasmettere il messaggio.

Nell'URSS, la Società di tutte le Unioni per le Relazioni Culturali con i Paesi Esteri, oppure VOKS [en], che sta per la sua abbreviazione in russo, aveva la missione di invitare pubblici intellettuali e scrittori da tutto il mondo non solo in Unione Sovietica, ma anche in altri paesi socialisti, riguardo ai quali questi venivano incoraggiati a scrivere

La Cecoslovacchia, una nazione che si è unita al Blocco Orientale nel 1948 dopo che il suo Partito Comunista aveva orchestrato un colpo di stato, rappresentava una delle possibili destinazioni. Oltre a Jorge Amado e Gabriel García Márquez, il paese accolse scrittori da Argentina (Raúl González Tuñón), Brasile (Graciliano Ramos), Cile (Ricardo Latcham, Pablo Neruda), Cuba (Nicolás Guillén) e Messico (Efraín Huerta, Luis Suárez). Alcuni viaggiavano soli, altri facevano parte di delegazioni più numerose.

Dunque Praga diventò in quei tempi un polo culturale di sinistra, radunando sia gli scrittori progressisti  nascenti che quelli affermati, come il turco Nazım Hikmet e il sovietico Ilya Ehrenburg.

Pablo Neruda, in effetti, potrebbe aver tratto il suo nome d'arte dallo scrittore, poeta e giornalista ceco del XIX secolo Jan Neruda (il poeta cileno era nato come Ricardo Eliécer Neftalí Reyes Basoalto). Lui non lo ammise mai, ma le foto che lo ritraggono mentre passeggia per via Neruda a Praga, o in posa davanti a ristoranti e pub con il nome “Neruda”, offrono terreno fertile per la speculazione.

Michal Zourek, foto usata dietro autorizzazione.

Global Voices ha parlato con Michal Zourek, un accademico ceco che si è concentrato sullo studio dei legami tra il Blocco Orientale e l'America Latina. Zourek, autore del libro pubblicato nel 2018 “Československo očima latinskoamerických intelektuálů 1947-1959” (“La Cecoslovacchia attraverso gli occhi degli intellettuali latino-americani dal 1947 to 1959″, che è stato pubblicato anche in spagnolo), spiega cos'ha motivato questi intellettuali ad accettare un invito del genere [cs]: 


 In America Latina c'erano svariati di regimi autoritari che reprimevano in massa i diritti umani, sostenendo che c'era bisogno di eliminare le forze sovversive di sinistra. Questo è il motivo per cui gli artisti latino-americani a favore dell'ideologia comunista ricevevano sostegno materiale e morale dall'Europa dell'est. Per quanto riguarda le testimonianze dei loro viaggi, i testi scritti negli anni '40 e '50 sono generalmente ricchi di entusiasmo. È evidente che certi aspetti [delle società socialiste] hanno fatto una buona impressione a quegli intellettuali provenienti da paesi in via di sviluppo, in particolare lo stato della scena culturale nell'Est Europa. Ci sono molte menzioni riguardo all'alta qualità di opere teatrali, scuole, infrastrutture e biblioteche comunali, e riguardo all'alto livello di educazione della popolazione.

Zourek prosegue spiegando come Praga e Mosca rappresentassero un luogo sicuro per far sì che quegli intellettuali potessero mettersi in contatto tra loro e incontrarsi. “Non era raro che famosi intellettuali provenienti dall'America Latina si incontrassero per la prima volta nell'Est Europa” afferma Zourek. “Nei loro paesi d'origine questo non era possibile, perché i governi autoritari e anti-comunisti del posto semplicemente non lo permettevano”.

L'Europa dell'Est, sostiene Zourek, ha giocato un ruolo fondamentale nella letteratura latino-americana — se non fosse stato per il movimento internazionale comunista, probabilmente la mitica generazione di scrittori degli anni '60 non sarebbe stata così influente, tantomeno in Occidente. “Fu pubblicato un numero elevatissimo di copie delle opere degli autori in questione [in ceco, polacco o russo], numero molto più alto rispetto alle copie pubblicate nella loro lingua madre. Tutto questo accadde dietro la Cortina di Ferro”, ha affermato.

Busto di Pablo Neruda nel centro di Praga. Foto di Kenyh tratta da Wikipedia, utilizzato dietro licenza CC BY-SA  3.0.

Una terra promessa?

Quando visitavano Praga o altri luoghi in Cecoslovacchia, gli intellettuali di sinistra, che erano soprattutto uomini, venivano trattati come dei VIP: risiedevano in hotel di lusso, non sostenevano alcuna spesa e avevano libero accesso a guide bilingue, ricevevano remunerazioni per i loro scritti e infine facevano tradurre le loro opere in ceco e slovacco.

Coloro ai quali venivano messe a disposizione delle residenze per scrivere alloggiavano per lunghi periodi di tempo, in particolare, nel castello di Dobříš [cs], sede dell'unione degli scrittori cecoslovacchi dagli anni '40 agli anni '90. Alcuni sono rimasti nel castello anche più a lungo, in quanto avevano ottenuto asilo politico.

Come ci spiega Zourek [cs]:


Questi scrittori si facevano pagare le spese di viaggio e durante il loro itinerario, studiato nei minimi dettagli, veniva offerto loro di vedere soltanto gli aspetti più ideali della vita locale. In cambio, gli ospiti stranieri avrebbero diffuso le loro impressioni positive tramite diari di viaggio, articoli e convegni. Questo fenomeno del “turismo politico” è stato l'elemento chiave della propaganda Sovietica, una strategia ben pianificata, che iniziò subito dopo la rivoluzione russa del 1917. Un ruolo di primo piano fu assegnato agli intellettuali che l'Unione Sovietica voleva avere al proprio fianco, per poterli usare in seguito nello scontro ideologico con l'Occidente.

Jorge Amado (a sinistra) e Nicolás Guillén (a destra) sulla strada per la Cina in una stazione ferroviaria dell'URSS, gennaio 1952. Foto dall'archivio di Paloma Amado, usata dietro autorizzazione.

Un'eccezione interessante in questa visione e descrizione idealizzata è Gabriel García Márquez, Il premio Nobel Colombiano laureato in letteratura che visitò la Germania dell'Est, La Cecoslovacchia, la Polonia, l'Ungheria e l'URSS nel 1955 e nel 1957. Fece questo viaggio in parte da solo e, quando veniva invitato ufficialmente, trovava modi per aggirare il programma ufficiale, in modo tale da poter raccogliere informazioni per conto proprio. Nel suo libro, “De viaje por Europa del Este” [en] (“Viaggio attraverso l'Europa dell'Est”), Márquez fornisce una descrizione ch presenta molte più sfumature. Il primo capitolo del libro descrive la Germania dell'Est con termini poco lusinghieri, come nella scena in cui Márquez entra in un ristorante per fare colazione: “quello che le persone mangiavano a colazione era l'equivalente di un pasto intero nel resto dell'Europa [Occidentale] ed era molto più economico. Quelle persone, però, apparivano distrutte e amareggiate, mentre mangiavano porzioni enormi di carne e uova fritte senza alcuna gioia”. In un altro capitolo su Mosca, lo scrittore parla del taboo del culto della personalità di Stalin, citando la sua guida russa che dice: “Se Stalin fosse ancora vivo [morì nel 1953], saremmo vissuti nel Terzo Mondo. Stalin fu la figura più sanguinaria, rancorosa ed egocentrica nella storia russa.”

Gabriel García Márquez (primo a partire da sinistra) nella Piazza Rossa a Mosca, agosto 1957. Foto dall'archivio di Michal Zourek, usata dietro autorizzazione.

Un patrimonio riscoperto per il popolo ceco

In Cecoslovacchia, il comunismo terminò nell'autunno del 1989, e negli stati successori, ovvero Slovacchia e Repubblica Ceca, il passato socialista è solitamente ricordato come un periodo oscuro di violazione dei diritti umani, restrizioni di viaggio e obbedienza forzata verso Mosca.

Tale punto di vista determina l'approccio degli storici cechi e slovacchi verso gli intellettuali di sinistra che visitarono il paese durante quel periodo. Come Zourek, che ha studiato in Repubblica Ceca e in Argentina, osserva [cs]:


Durante i miei studi all'università, ho più volte sentito menzionare il fatto che Pablo Neruda e Jorge Amado fossero vissuti in Cecoslovacchia, ma non pensavo che questo fosse un fenomeno così importante e che entrambi i paesi avessero un legame del genere anche prima della Rivoluzione Cubana [1959]. Questo è forse dovuto al disprezzo con cui ci si riferisce a quegli autori [in Repubblica Ceca e Slovacchia]: molti li considerano idealisti, oppure i soliti idioti che, con le loro visite, sostenevano regimi impegnati in violenze e persecuzioni. La questione è certamente molto più complessa.

Mentre quegli autori sono stati a lungo celebrati nei loro paesi d'origine in America Latina, soltanto adesso la loro eredità sta risalendo in superficie nella storia della Repubblica Ceca. Il diario di viaggio di Marquez è stato tradotto in ceco per la prima volta ne 2018 (“Devadesát dnů za železnou oponou“) [cs], mentre gli altri rimangono in gran parte sconosciuti.

Zourek condivide la sua esperienza personale per spiegare perché il processo di rivalutazione è così difficile [cs]:


Subito dopo la scuola secondaria, ho visitato il Cile, dove l'università era piena di bandiere sovietiche, ritratti di Lenin, dove nelle librerie si vendevano le opere di Marx ed Engels. Pensavo che quell'ideologia fosse morta, e non riuscivo a capire come qualcuno potesse ammirare quelle idee criminali che limitavano la libertà di espressione, che impedivano alle persone di frequentare l'università, di realizzare i propri sogni. Questa posizione antagonista tra i due paesi nei confronti del comunismo è dovuta in gran parte alla diversa esperienza storica. Questo è il motivo per cui io penso che quando diamo un giudizio sul comunismo, dobbiamo separare noi stessi dalla nostra storia ed esperienza personale, che spesso non ci permette di vedere questo fenomeno transnazionale in tutte le sue diversità. Sfortunatamente, questa diversificazione ancora non si sta verificando per molti storici cechi. Non penso sia una sorpresa che le persone nei paesi in via di sviluppo siano più interessate alle politiche della Cecoslovacchia comunista che ai loro compagni in Repubblica Ceca. Questo è iniziato a cambiare leggermente negli ultimi anni e penso che sia grazie alla graduale rivalutazione del periodo comunista da parte del popolo ceco. Credo che negli anni a venire vedremo una serie di opere che dimostrano che la Cecoslovacchia comunista fece cose degne di nota nei paesi in via di sviluppo, che vennero per lo più abbandonate dopo il 1989, per esempio quelle nell'ambito della cultura.

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