Cannes 2016: la rivelazione Virginie Efira
Due film al festival, è la nuova regina del cinema francese
di | 22 MAGGIO 2016
Imparate subito questo nome: Virginie Efira. In Elle di Paul Verhoeven appare accanto all’immensa Isabelle Huppert. La Semaine de la critique, sezione indipendente di Cannes 2016, ha aperto con lei e il suo Victoria di Justine Triet, di cui è protagonista assoluta.
La Francia ha imparato ad amare la belga Virginie Efira, 39 anni e un volto bellissimo che sorride da molte cover di magazine, durante il Festival di Cannes 2016. Non solo: Virginie Efira è nei cinema è accanto a Jean Dujardin, in Un homme à la hauteur. Oggi che è una diva, ci racconta che non è stato facile: “Ho fatto televisione per tanto tempo, per cui ho dovuto combattere un pregiudizio nei miei confronti: quella che veniva dal piccolo schermo…”.
Com’è andata sul set accanto a un mostro sacro come Isabelle Huppert?
In Elle penso sia straordinaria. E devo dire che ero pronta a fare qualunque cosa mi avesse chiesto. Nel film sono la sua vicina di casa, Rebecca, un personaggio che è stato ampliato rispetto al romanzo: è una donna molto religiosa, cosa che rispetto. Ma diciamo che la Victoria di Justine Triet mi somiglia di più.
Victoria è una donna forte, che nel lavoro e nella vita cade e si rialza…
Lei non vorrebbe cadere, ma ovviamente tutti abbiamo momenti di debolezza. La follia è volere essere sempre per forza solide, anche davanti alla violenza esterna, quella degli uomini, e voler tenere tutto sotto controllo per forza. Allora quando cadi, lo fai in modo clamoroso e doloroso. Victoria è una donna vera, molto complessa, non è sottomessa, ma non è nemmeno Wonder Woman, è una persona molto reale.
In entrambi i film di Cannes 2016, ha a che fare con uomini che le complicano la vita…
Diciamo che non la rendono più facile… Ma nelle relazioni non c’è mai uno che è vittima e l’altro. Non penso che Victoria per esempio sia solo una vittima di uomini sbagliati. La verità è che bisognerebbe superare il passato, ma non sempre ci si riesce. Forse le farebbe bene un po’ di astinenza, in tutti i sensi, sessuale e sentimentale. Come diceva qualcuno, l’amore mi sembra un sentimento sopravvalutato.
Questo 69esimo Festival di Cannes ha presentato tanti film con donne protagoniste. Una novità secondo lei?
Ci sono sempre stati cineasti che riflettono sulla condizione della donna, penso ad Agnès Varda, ma oggi forse c’è una rappresentazione più complessa, della donna… Charlotte Rampling 15 anni fa diceva che per una donna, a 40 anni nel cinema le cose si fanno difficili. Oggi in Francia c’è la possibilità di fare cinema in molti modi, le regole sono messe in discussione, le donne sullo schermo sono diverse. Le storie rappresentano donne con una sessualità più aggressiva, un arco di età più ampio. E ci sono più registe, quindi non c’è più lo sguardo patriarcale che racconta solo le ragazze. Mi piacciono i film sulle adolescenti, però ci sono tante storie di donne e le donne non sono più relegate in un angolo.
Lei si è mai sentita in un angolo?
Come le dicevo, non è che esiste un “club” del cinema che ti dice “ok, adesso siediti con noi, prenditi un drink, questa è la tua tessera”. C’è voluto un po’ di tempo per farmi accettare da quel mondo che non mi perdonava la tv di successo del mio passato. Ho capito un po’ in ritardo che sentirsi legittimati è un fatto tutto tuo, personale. Se sei la prima a vergognarti del tuo passato, di quello che hai fatto, sarai sempre svantaggiata. Quando ho smesso di giudicarmi, sono anche riuscita a sentirmi in armonia con un progetto o con un regista. Sono riuscita a passare dalla commedia di Justine Triet al dramma di Paul Verhoeven. C’è voluto tempo, ma devi far pace con te stessa, è tutto lì.
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