Forse ci vorrà ancora qualche anno per convincerci, noi napoletani, tenacemente incatenati alla mitografia ormai vieta e stanca del mare, del sole e delle serenate, che Napoli è anche la città di Giacomo Leopardi. E forse l’occasione del bicentenario de L’infinito è quella buona per riprovarci.
Giacomo Leopardi |
Alla fine di questo ultimo mese di maggio, che, a dispetto di tutti i luoghi comuni sulla mitezza del clima partenopeo, è stato assai avaro di sole e di tepore, in una serata di invocata e ottenuta tregua dalla pioggia, Mariano Rigillo da par suo ha recitato, davanti a un emozionatissimo pubblico, proprio L’infinito. E lo ha fatto in un meraviglioso sito, fuori dal tempo e dal fragore cittadino, nel Parco Vergiliano, non lontanissimo dal mare di Mergellina, inerpicato ai piedi di quella antica Crypta Neapolitana, che congiungeva la città greco-romana verso ovest ai Campi Flegrei. Parco che accoglie, proteggendole nell’abbraccio di una vegetazione sontuosa, le tombe di Virgilio e di Leopardi: luogo raccolto e fascinoso, denso di suggestioni.
Ma non è solo la custodia delle spoglie mortali del poeta a rendere Napoli “la città di Leopardi”, forse assai più di quanto non lo sia Recanati, l’odiato borgo natio, dal quale Leopardi sognò sempre di fuggire, e dal quale alla fine riuscì a separarsi. Dopo i soggiorni a Bologna a Milano, a Pisa e a Firenze, giunse a Napoli. Vi arrivò nell’ottobre del 1833 ospite di Antonio Ranieri, che aveva conosciuto l’anno prima a Firenze. E numerosissime sue lettere, inviate all’amico napoletano, scritte in un lasso di tempo brevissimo, testimoniano l’ansioso desiderio di venire a Napoli presso di lui e di fermarsi stabilmente.
Leopardi aveva l’abitudine, nei suoi spostamenti, di portare con sé tutti i suoi manoscritti, un po’ per un senso di geloso possesso delle sue carte, un po’ per la smania di rivedere, correggere e modificare le sue opere. Della sua soffertissima permanenza a Napoli, con l’interruzione di soggiorni altrettanto difficili nella Villa delle Ginestre a Torre del Greco, ci ha lascato un’affascinante testimonianza il bellissimo film Il giovane favoloso di Mario Martone.
La tomba di Giacomo Leopardi a Napoli |
Leopardi abita in zone popolarissime, prima in Vico Pero poi in Via Santa Maria Ogni Bene. La città lo affascina e lo spaventa. La cucina del posto gli piace moltissimo, tanto da spingerlo a compilare su un foglietto un elenco di una quarantina di alimenti che più gradisce. Ama passeggiare da solo e recarsi sul lungomare a fare scorpacciate di frutti di mare crudi. Lo addolora e infastidisce il fatto che gli intellettuali della città non lo abbiano particolarmente in simpatia. Muore nel giugno del 1837 per l’aggravarsi dei suoi malanni, ma forse anche per l’epidemia di colera.
Ma la città di Napoli è soprattutto la città di Leopardi, anche perché nella Biblioteca Nazionale si conserva la quasi totalità dei suoi autografi, compresi Idilli, Zibaldone, Lettere. Documenti di straordinaria importanza per lo studio del poeta, di grande rilievo bibliologico, ma anche di trascinante fascino. La visione degli autografi consente anche di seguire da vicino il fenomeno del divenire continuo delle sue scritture, con le correzioni, i ripensamenti, le variazioni ricorrenti apportate da uno spirito inquieto, non di rado insoddisfatto del proprio lavoro.
Un esempio. Qualche anno fa lo stesso Mariano Rigillo lesse in una sala della Biblioteca Nazionale A Silvia, direttamente dal foglietto autografo sul quale Leopardi lo aveva vergato. L ‘autografo ha una particolarità. Esordisce così: “Silvia, sovvienti ancor quel tempo della tua vita mortale”. Su una pagina della edizione dei Canti del 1835 dell’editore napoletano Starita, appartenuto a Leopardi e conservato alla Nazionale, il primo verso stampato appare già mutato così: “Silvia, rammenti ancor quel tempo della tua vita mortale”. Ebbene sul quel “rammenti” c’è un segno di correzione, fatto per mano dello stesso Leopardi: “Silvia, rimembri”.
Elio Germano in una scena del film Il Giovane Favoloso |
I manoscritti Leopardiani della Biblioteca Nazionale di Napoli sono custoditi data la loro preziosità e la fragilità in camera blindata. Ma alcuni di essi sono eccezionalmente visibili e godibili in questi giorni nella mostra Il corpo dell’idea, immaginazione linguaggio in Vico e in Leopardi, aperta fino al 21 luglio, organizzata alla Biblioteca Nazionale di Napoli da Fabiana Cacciapuoti, leopardista di rango nota per i suoi studi sullo Zibaldone. Un’occasione davvero imperdibile, per i turisti, per gli interessati, per i sognatori di passaggio per Napoli, ma anche per noi napoletani, di ammirare alcuni autografi di Leopardi, compreso quello de L’infinito.
Mauro Giancaspro (Napoli 1949) ha diretto per dieci anni la Biblioteca Statale di Cosenza e per diciannove anni la Biblioteca Nazionale di Napoli. Collabora con quotidiani e riviste interessandosi prevalentemente di lettura, comunicazione e arte contemporanea. Nei suoi scritti e nei rapporti umani predilige un approccio ironico e leggero.
Tra le monografie pubblicate: Leggere nuoce gravemente alla salute, Il morbo di Gutenberg (L’Ancora del Mediterraneo). E l’ottavo giorno creò il libro (Cargo), L’importanza di essere un libro (liberilibri). L’odore dei libri, Un libro per piacere(Grimaldi). Elogio del filobus, Elogio della lettera anonima, Elogio del recupero (Pironti).
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