sabato 28 febbraio 2015

Federico García Lorca / Elegia



Federico García Lorca
Federico García Lorca

ELEGIA

Come un turibolo pieno di desideri,
passi nella sera luminosa e chiara
con la carne buia di nardo appassito
e il sesso potente sul tuo sguardo.

Porti in bocca la tua malinconia
di purezza morta e nella dionisiaca
coppa del tuo ventre il ragno che tesse
il velo infecondo che copre i visceri
mai fioriti colle vive rose
frutto dei baci.

Nelle tue mani bianche
porti la matassa delle tue illusioni,
morte per sempre e sopra la tua anima
la passione affamata di baci infuocati
e il tuo amore di madre che sogna lontane
visioni di culle in case tranquille,
filando tra le labbra l'azzurro della ninna-nanna.

Come Cerere daresti le tue spighe d'oro
se l'amore addormentato toccasse il tuo corpo,
e come la Vergine Maria potresti
sprizzare dai tuoi seni un'altra via lattea.

Ti appassirai come la magnolia.
Nessuno bacerà le tue cosce di bracia.
Né ai tuoi capelli arriveranno le dita
che li toccheranno come le corde dell'arpa.

O donna potente d'ebano e di nardo!
hai il respiro bianco come il finocchio.
Venere con la mantiglia di Manila che odora
di vino di Malaga e di chitarra.

O cigno bruno, il tuo lago
ha loto di frecce, onde di aranci
e spume di rossi garofani che profumano
i nidi secchi che stanno sotto le ali.

Nessuno ti feconda, Martire andalusa,
i tuoi baci sono rimasti sotto la pergola
pieni del silenzio della notte
e del ritmo torbido dell'acqua stagnante.

Ma le tue occhiaie si allargano
e i tuoi capelli neri diventano d'argento:
i tuoi seni profumati si allentano
e le tue splendide spalle si incurvano.

O donna agile, materna e ardente!
Vergine dolorosa che porta inchiodate
tutte le stelle del cielo profondo
nel suo cuore senza speranza.

Sei lo specchio di un'Andalusia
che soffre passioni enormi in silenzio,
passioni cullate da ventagli
e dalle mantiglie sopra le gole
che hanno tremori di sangue, di neve,
e graffi rossi fatti da sguardi.

Te ne vai nella nebbia d'autunno, vergine
come Ines, Cecilia e la dolce Clara,
mentre sei una baccante che avrebbe danzato
coronata di verdi pampini e vite.

L'immensa tristezza che vive nei tuoi occhi
ci dice la tua vita spezzata, fallita,
la monotonia del tuo povero ambiente,
e guardi la gente dalla tua finestra,
e ascolti la pioggia sulla amarezza
della vecchia strada provinciale,
mentre lontano risuonano i rintocchi
confusi e incerti delle campane.

Ma invano ascoltasti gli accenti del vento.
Non è mai giunta ai tuoi orecchi la dolce serenata.
Dietro i vetri guardi ancora e aspetti.
Che tristezza profonda devi avere
nell'anima, sentendo nel cuore stanco ed esausto
la passione di una ragazza appena innamorata!

Il tuo corpo scenderà nella tomba intatto d'emozioni.
Sull'oscura terra spunterà l'alba.
Dai tuoi occhi usciranno due garofani sanguinanti
e dai tuoi seni rose bianche come la neve.
Ma la tua grande tristezza se ne andrà con le stelle
come un'altra stella degna di ferirle ed eclissarle

Granada, dicembre 1918





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