Michel Houellebecq
La carta e il territorio
Jeff Koons si alzava dalla sua sedia, le braccia protese in uno slancio di entusiasmo. Seduto di fronte a lui su un divano di pelle bianca parzialmente ricoperto di un tessuto di seta, un po' incurvato, Damien Hirst sembrava sul punto di formulare un'obiezione; il volto rubicondo aveva un'aria cupa. Entrambi indossavano un abito nero — quello di Koons, a righe sottili — una camicia bianca e una cravatta nera. Fra i due uomini, sul tavolo basso, era posato un cestino di frutta candita cui né l'uno né l'altro prestavano attenzione; Hirst beveva una Budweiser Light.
di Michel Houellebecq
Traduzione di Fabrizio Ascari
pagine 360
€ 20
Bompiani, 2010
Michel Houellebecq
La carta e il territorio
Pascuale la Forgia
Attendevo questo libro e devo ammettere che il titolo mi aveva preoccupato. Mi aveva fatto pensare a giochetti alla Borges o alla Calvino, giochetti che mi hanno anche divertito, ma che non mi hanno lasciato nulla in tasca, se non qualche curioso argomento di conversazione. Per fortuna non è andata così.
La carta e il territorio è invece un ottimo libro. Forse rivela qualche incertezza - soprattutto all'inizio della terza parte -, ma sono lungaggini che si perdonano perché nel complesso il libro va giù con gran velocità.
Del resto Houellebecq, al di là dei gusti personali (che per me hanno un peso pressoché insignificante), è uno dei pochi a prendersi la briga di dirci quel che ci aspetta di qui a pochi anni. E non lo fa descrivendo scenari apocalittici da saggista militante o incrociando dati come un giornalista che crede di aver scoperto il senso della vita. Ma come un osservatore che registra quel che gli succede ogni giorno (anche le cose più banali) e prova a immaginarne le ripercussioni su ampia scala. Una scala talmente ampia da rendere impercettibile e ininfluente l'osservatore di partenza.
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