E chi dice che poiché son donna dovrei negarmi al colore, al miracolo della luce, al pennello e alla tavolozza? Perché mai il mio genere dovrebbe essere una condanna? Perché non dovrei meritare di vivere secondo le mie attitudini e il mio amore per l’arte? Per quale ragione esser femmina dovrebbe significare tutto questo?
Una donna nata nel 1841 in una Francia che nega alle persone di sesso femminile la possibilità di compiere studi artistici, non può che porsi simili domande.
Berthe Morisot, Prima del ballo |
Perché non dovrei dipingere?
Perché non dovrei fare ciò che desidero?
Perché non dovrei seguire il mio talento?
Perché dovrei restare marginale?
Sono gli anni Cinquanta del 1800 e una famiglia colta e altolocata lascia Bruges per trasferirsi a Parigi. Sono i Morisot. Nella capitale francese è appena salito al trono Napoleone III, e grazie alla sua volontà la città sta cambiando volto. Uno stravolgente riassetto urbanistico la modernizza, ridisegnandola mediante ampi vialoni chiamati Boulevards. Nel frattempo, pittori come Daumier e Courbet aprono il filone del Realismo, contestando apertamente quelle stagnanti giurie accademiche che – guarda caso –rifiutano le loro opere. Con il Padiglione del Realismo Gustave Courbet rompe gli schemi eludendo le solite, prevedibili scene mitologiche e religiose per raccontare, invece, di una realtà periferica ma pur sempre contemporanea: la realtà “dei villani a un funerale, degli stradaioli che rompono i sassi, dei preti di campagna che tornano mezzo ubriachi da una conferenza clericale”. Intanto nella località di Barbizon, vicina alla foresta di Fontainbleau, alcuni artisti già da qualche anno si ritirano per sperimentare il piacere innovativo di una pittura en plein air, rappresentando la natura in tutta la sua mutevolezza e preannunciando così la nascita della corrente Impressionista. In questa cornice, variegata e rivoluzionaria, si inscrive la figura di una donna che all’arte vuole dedicare la propria vita: Berthe Marie Pauline Morisot.
Berthe Morisot, Eugene Manet e sua figlia in giardino, 1883 |
Pronipote del pittore rococò Fragonard, Berthe ha l’immediata fortuna di prendere lezioni private all’età di soli 16 anni. È proprio sua madre a chiedere a un pittore di nome Guichard – allievo di Ingres e Delacroix – di insegnare l’arte del disegno alle sue tre figlie femmine. Ma tra queste è lei a dimostrare un innato e prorompente talento. E così, in barba al preconcetto e a una cultura fortemente maschilista, in barba al divieto e al ruolo di cui la società francese del XIX secolo vestiva le donne, si mette a dipingere. Ha vent’anni, è bella, raffinata, eburnea e sfacciata. E sa cosa vuole.
Berthe Morisot, bambina nella veranda |
Dopo aver mandato giù l’indigesto boccone del rifiuto all’iscrizione presso l’École des Beaux-Arts, Berthe si affida a un altro grande maestro: il barbizonierre Camille Corot. Grazie a lui scopre l’autentico piacere del contatto con il “vero” e l’amore per la natura. Una natura vibrante e luminosa, da ritrarre immergendosi in essa e portando tela, colori e cavalletto all’aria aperta. Corot educa il suo gesto pittorico, la abitua alla sintesi di una pennellata pregna di luce, fatta di accordi tra gradazioni tonali. La natura, incontrata e poi esplorata con lo sguardo, viene riassunta sulla tela. Berthe scopre così il linguaggio pittorico che più le si addice, senza però dimenticare l’insegnamento dei grandi maestri del passato. Sovente si rifugia nei saloni del museo del Louvre, per esercitarsi in copie dal vero. Un giorno, proprio mentre è intenta a riportare su carta le opulenze di Rubens, un uomo, incuriosito e affascinato, le si avvicina e dopo essersi complimentato per il suo elaborato e per la sua bellezza, si presenta: “Molto piacere signorina, il mio nome è Eduard Manet, sono un pittore … accetterebbe di posare per me?” Berthe risponde di sì e da quel momento diventa la sua più celebre modella. Poi un giorno Eduard le presenta suo fratello minore, Eugene. Berthe se ne innamora e si lega a lui, indissolubilmente. Intanto la sua carriera artistica decolla.
Berthe Morisot, Il riposo |
A partire dal 1864, Berthe inizia a esporre annualmente presso i Salon parigini. Luce, trasparenza, vibrazione del colore. Questo, il suo vocabolario visivo. Madame Morisot dipinge con una tale grazia e raffinatezza da “fissare sulla tela i riflessi cangianti e le luminescenze che compaiono sulle cose e nell'aria che le avvolge ... il rosa, il verde pallido, la luce vagamente dorata, cantano con un'armonia indescrivibile”. Queste le parole di Gustave Geoffroy. Giungiamo al 1874. Anno determinante per la rivoluzione pittorica francese. Il giorno 15 aprile, presso l’atelier del fotografo Felix Nadar, una trentina di pittori rifiutati dal Salon ufficiale, si riuniscono per esporre le loro opere. Comune denominatore: una tecnica pittorica innovativa e antiaccademica che crea paesaggi e figure, eludendo l’imitazione del dato reale e ricercando l’impressione stessa della realtà mediante l’uso di un tocco di colore dinamico. La natura, principale soggetto di queste opere, viene rigorosamente ritratta en plein air (fatta eccezione per la ricerca di Degas), indagando la relazione tra luce e colore, e il variare di quest’ultimo al mutare della prima. Pennellate accostate e giustapposte, fatte di colori puri e spesso complementari, costruiscono le scene o le vedute di Monet, Degas, Cezanne, Pisarro, Sisley, Renoir, Guillaumin. E tra questi, le opere di una donna: Berthe Morisot. La sola pittrice a esporre in quella prima mostra. Successivamente al gruppo si unirà un altro sguardo femminile, quello di Mary Cassatt.
Berthe Morisot, La culla |
Per Berthe il 1874 fu un anno speciale: oltre a esporre nella mostra che vide nascere ufficialmente il movimento Impressionista, sposò Eugene, da cui qualche anno dopo ebbe una figlia: Julie. E anche questo fu un accadimento atipico per una donna del suo tempo, poiché divenne madre a una età allora decisamente tarda: 39 anni! Julie fu uno dei soggetti più ritratti da Berthe. Basti pensare all’opera Bambina che gioca, in cui la piccola è stata immortalata dal tocco cromatico della madre, mentre è intenta a giocare seduta a un tavolo in una veranda. Più generalmente, le tele della Morisot ritraggono donne o bambini immersi in contesti naturali. Si tratta di ambientazioni perlopiù rupestri, ville in campagna, verande o vialetti. A volte anche interni domestici. Nel dipinto titolato Il Riposola pennellata sciolta, compendiaria, sapientemente compone volumi e anatomie, in uno scorcio prospettico laterale in cui la scena è bene equilibrata dalla posizione dei due soggetti – una madre e una bambina – posti l’uno di fronte all’altro su una diagonale. E anche in questo caso la madre e la bambina potrebbero essere la pittrice e sua figlia.
Berthe Morisot, Bambina in abito blu |
Ma un altro aspetto che spicca fortemente nella sua produzione è la carica introspettiva e psicologica degli sguardi da lei dipinti. Nel ritratto di suo marito Eugene, colto mentre gioca con la piccola Julie, la luce del sole filtra tra le fronde e pochi tocchi di colore dotano lo sguardo dell’uomo di forte espressività. Il colore è sempre morbido, sempre fluido, sempre lieve, sempre dinamico. Accarezza la tela – come direbbe Renoir – tramutandone ordito e trama in una palpitante e delicata impressione di realtà. Berthe ama usare l’olio e l’acquerello. Talvolta mescola le due tecniche. Realizza inoltre molti pastelli, incisioni a puntasecca e litografie. Le mostre degli Impressionisti si susseguono nei dodici anni che vanno dal 1874 al 1886, e Berthe partecipa a ciascuna di esse, finanziando inoltre la realizzazione di quella conclusiva. La sua abitazione si trasforma presto in un luogo di incontro per artisti e letterati, tra cui spiccano i nomi di Mallarmè e Zola.
La morte, però, la sorprende prematuramente. Ha solo 54 anni quando una polmonite malcurata la uccide. È il 2 marzo 1895 e un certificato di morte ingiustamente la ricorda come una donna “senza professione”.
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