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Il muro
Il romanzo di John Lanchester è la summa delle paure del 2019, eppure racconta anche come siamo adesso
Lo scrittore inglese ha collezionato nel suo libro le ansie che agitavano l’Occidente fino a ieri: Brexit, immigrazione, clima. Ma, senza volerlo, ne è scaturito il ritratto dell’umanità ostaggio del virus
Dario Ronzoni
7 Maggio 2020
In un futuro abbastanza vicino il mondo sarà sconvolto dal “Cambiamento”, gli spostamenti tra Stati diventeranno illegali e l’Inghilterra, per difendersi dalle acque e dagli stranieri, costruirà “il Muro”, una gigantesca struttura in cemento che si snoda lungo tutta la sua linea di costa, si mangia le spiagge (che restano solo nella memoria dei più anziani) e cancella le scogliere.
Tutti i giovani saranno obbligati a svolgere lungo i suoi bastioni il servizio militare. Turni massacranti di vedetta sotto la pioggia e nel vento, di giorno e notte, armati fino ai denti. Obiettivo: impedire l’ingresso clandestino degli Altri, figure minacciose che vengono dal mare. Se falliscono, la punizione per i soldati è durissima: essere abbandonati in mare.
Da qui parte “Il muro”, romanzo distopico dello scrittore inglese John Lanchester, pubblicato in Italia per Sellerio, uscito in originale nel lontano 2019. Quest’ultimo aspetto, va detto subito, si vede. Perché seguendo i pensieri e la narrazione di una recluta, James Kavanagh, vengono raccolte in una sola narrazione quelle che erano le ansie dell’Occidente – fino a ieri.
C’è la Brexit, riflessa nell’isolamento estremo della Gran Bretagna, addirittura esteso a livello alimentare. C’è il muro, eco ingigantita della propaganda di Donald Trump e delle varie barriere erette in Europa (Bulgaria, per esempio). Ci sono gli immigrati e la sostituzione etnica, che avviene con l’espulsione del soldato inefficiente e l’assimilazione dello straniero – che però potrà al massimo diventare un Aiutante, cioè uno schiavo.
C’è la crisi demografica, racchiusa nella categoria dei Figliatori, persone strane la cui missione inspiegabile (a che pro mettere al mondo altre persone?) garantisce particolari esenzioni. E c’è, come si intuisce, il Climate Change, il grande “Cambiamento”, spartiacque tra due epoche ormai irriconciliabili, evento senza ritorno, cesura tra le generazioni (i genitori si sentono in colpa, i giovani li disprezzano).
Mancano, oltre alla pandemia (ma all’epoca non agitava il sonno di nessuno), gli incubi più orwelliani del genere: il potere totalitario (l’Inghilterra è governata da una sorta di oligarchia non ufficiale, ironica forma di continuità) e, più di moda, la sorveglianza tecnologica. Anzi, a questa Lanchester sceglie di dedicare appena un cenno, cioè l’obbligo di microchippare tutti i cittadini (il particolare promette bene, ma viene abbandonato subito).
Risultato: non c’è nessun percorso di ribellione, men che meno una conversione alla “Fahrenheit 451”, di Ray Bradbury. Il nuovo mondo, per quanto brutale e disumano, è irreversibile.
È in questa assenza di scenari alternativi che si muove l’umanità sfocata dei protagonisti. Racchiusi dal muro, a un tempo metafora grigia e dura realtà, scelgono di adattarsi. Anzi, metà del libro è dedicata alle fatiche spese per sopportare e resistere al freddo e alla pioggia, all’assimilazione della disciplina, alla pazienza.
Per questa fatalista accettazione delle cose, forse l’antecedente letterario più esatto è “Robinson Crusoe”, ma in negativo. In entrambi i casi viene premiata la capacità di adattamento: sul Muro chi sa adeguarsi vince. Chi aspetta non viene punito. Chi riesce a sopportare la noia supera la prova.
Ma a differenza dell’isola del naufrago, qui non serve agire, progettare, immaginare. Occorre annullarsi: «Impari a tenerti a galla. Diventi completamente apatico; non ti sforzi più di far passare la giornata, ma lasci che sia la giornata a far passare te», dice il protagonista.
E così, in questa semi-realtà spietata ma non minacciosa, dove l’autorità non è pervasiva ma resta rigida e lo stato delle cose non lascia possibilità diverse, che Lanchester, senza volerlo, ha tratteggiato la distopia che non si immaginava. Quella della quarantena. Anche qui c’è una forza maggiore che stravolge la quotidianità, è irreversibile (non c’è fase 3 che tenga: anche dopo il vaccino il mondo sarà diverso) e non offre possibilità di ribellione – che non siano autodistruttive – o redenzione – che non siano tardive.
E se i problemi che agitavano il 2019 (e che costituiscono la materia su cui è sorto il libro) appaiono oggi ridimensionati, cambiamento climatico a parte, quello che cambia è solo il fondale.
Anche il nostro, a suo modo, è un nuovo mondo. E anche noi ci siamo entrati sapendo di poter fare soltanto due cose: resistere, aspettare, adattarsi. Come sul Muro.
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