giovedì 20 giugno 2019

La regina dei giardini / Intervista a Francesca Marzotto Caotorta


Verona, Giardino Giusti, il giardino della nonna, nel quale Francesca Marzotto Caotorta ha imparato a camminare

La regina dei giardini

Intervista a Francesca Marzotto Caotorta



20 OTT 2015 
di
GIOVANNI ZACCHERINI

La sua immagine esteriore come “personaggio” e il suo sentire come “persona”...
Nel corso degli anni mi sono resa conto che il fatto di non avere alcuna immagine esteriore di me, poteva crearmi qualche problema. Già da ragazzina, quando mi consideravo un cesso ambulante, sentivo qualcuno dire “come è diventata bella Francesca” e io, tornata a casa, andavo davanti allo specchio al quale domandavo: “E quella sarebbe la bellezza?”. Non davo alcun valore a quella che ero, né a quello riuscivo a fare. Col tempo mi sono resa conto di quanto poco generoso sia il non dare valore al raggiungimento di certi risultati e Il non aver detto, per questo, tutti i giorni, grazie alla dea della fortuna.


Francesca Marzotto Caotorta


Si sente di raccontare il suo sogno?
Che si smetta di raccontare il nostro paese attraverso la critica e si cominci a mostrarne tutta la meraviglia. Quante sono le persone di gran valore di cui non ci si accorge. Quanti i luoghi meravigliosi sconosciuti ai più.
Per lei il piacere è…
Quale tipo di piacere s’intende? “Dire, fare, baciare, lettera, testamento?”. Se proprio, proprio lo si vuol sapere, un piacere bellissimo e indimenticabile rimane quello di avere un bambino nella pancia e suo padre appoggiato alla pancia.
La donna oggi: liberazione o integrazione?
Per tante donne la strada della liberazione è ancora lunga e pericolosa, ma il viaggio sarà valso la fatica se, alla fine, avrà imparato a rimanere una donna che non ha bisogno di contrapporsi o copiare i riti maschili.
Donna e/è potere… cosa ne pensa?
Ci sono tanti tipi di potere che una donna può esercitare. Dalla “resdura” delle famiglie contadine, alla regina. Credo sia questione di indole e di fortuna.
Stereotipo e realtà della donna milanese...
Io non sono milanese e sono infinitamente grata a questa città che del fare fa il suo sistema di accoglienza e di legame.
Il rapporto della donna con l’uomo contemporaneo: confronto o scontro?
Mi sembra che oggi molte donne si attrezzino di grosse lenti di ingrandimento per mettere sotto esame il genere maschio per verificare quanto quel dato esemplare possa corrispondere alle aspettative dettate dalle convenzioni del momento. Non mi sembra che ci sia gran condivisione.
Sessualità, maternità, lavoro: tre fili che s’intrecciano, confliggono o si elidono?
Se il richiamo è forte, sessualità e lavoro convivono, idem per quanto riguarda sessualità e maternità. Mentre mi sembra quasi impossibile riuscire ad avvicinare maternità e lavoro perché, secondo me, una madre deve esserci anche quando non la cerchi, ma sai che è lì per te. L’ho imparato dai miei errori.
Lei ha avuto e ha un peso determinante nella riscoperta del significato e della bellezza del verde e dei fiori:Gardenia e Orticola sono un po’ sue creature…
Premetto che credo che il mio DNA sia verde, perché il mondo delle piante e dei giardini si trova su per i rami di generazioni, a riprova pare che la mia prima parola detta fosse “albero pino”. L’avventura di Gardenia è cominciata poco dopo essere arrivata a Milano, dopo 20 anni di Torino. Erano anni in cui Ippolito Pizzetti ci insegnava che non c’era separazione tra arte, letteratura, scienza, architettura e che bisognava solo ri-imparare ad ascoltare il racconto narrato da piante e giardini. In Italia non c’erano i giornali che all’estero si avvicinavano a trattare quel mondo in quel modo. Egidio Gavazzi, che il quegli anni dirigeva Airone, mi presentò a Giorgio Mondadori che disse che poteva essere una buona idea e mi chiese di preparare un numero zero. Quello stesso numero divenne poi il primo numero di Gardenia, il nome che in qualche modo voleva avvertire che il tema del giardino poteva interessare, le donne, i giovani, i seri professionisti, così immaginai che un po’ evocava "garden-gardenia" , ma anche proponeva un fiore ritualmente maschile: quello che si mette all’occhiello. Fu un gran successo che mise al bando lo stereotipo dell’italiano che non ama le piante. Orticola è il frutto di un lavoro di squadra e di plagio. In Francia andavamo tutti a vedere la mostra di Courzon, il FAI aveva organizzato qualcosa di simile a Masino e allora domandai agli amici del Consiglio di Orticola: “perché non riprendiamo la tradizione della Società Orticola di Lombardia di organizzare mostre floreali? Non sarebbe male, in questi anni di 'mani pulite', fare qualcosa per la città anche se occorresse infilare le mani nella terra”. Cominciò così, 20 anni fa, a formarsi una squadra tanto affiatata da non sentire gli effetti che il tempo via via le riservava. E penso che siamo riusciti nell’intento di far conoscere a un vasto pubblico anche tanti piccoli e appassionati vivaisti, o le collezioni botaniche di grandi professionisti che arrivavano da tutta Italia.
Ildegarda di Bingen si è incantata di fronte al miracolo delle piante, le ha osservate e studiate ricavandone anche rimedi naturali...
Santa Ildegarda era una donna che sapeva farsi domande e cercava risposte imparando a osservare. Anni fa, dopo aver preso il diploma di erborista, avevo un negozio di erboristeria che seguiva anche l’esperienza di Messeguè. Tra i miei libri ci sono scaffali dedicati al tema della cura con le piante. Tra quanto mi è rimasto impresso di quella esperienza c’è l’osservare che, col tempo, bastava guardare chi entrava per prevedere cosa avrebbe chiesto. Conoscere i poteri che, nelle scorrere dei secoli, sono stati riconosciuti alle piante è un genere di sapere, la nostra Santa pareva fare di quei poteri un ponte per arrivare nel segreto degli uomini.
Che poesie e prose suggerirebbe per gustare la bellezza dei giardini in letteratura?
Temo che se cominciassi questo tipo di catalogo ne uscirebbe una lista di pagine e pagine. Cominciamo dal Cantico dei Cantici e saltiamo fino a Cicerone e Plinio il giovane, guardando tra le pagine di tanti classici latini. Tanti gli autori medievali che celebrano la bellezza di un fiore o l’ideale di giardino, a ricordare quanto presente tra noi sia l’influenza araba, si leggano i versi di Ibn Bàsrun, Ibn Hamdiis , Abd’ar Rahman, che raccontano i giardini della Cuba a Palermo. Boccaccio descrive un giardino, Petrarca ha il suo giardino ad Arquà. Da leggere sono i versi di Lorenzo il Magnifico e Poliziano e da rileggere come il Tasso descrive il giardino di Armida. Pagine intere occorrerebbero per ricordare gli autori quattro-cinquecenteschi, ma Leon Battista Alberti e Palladio sono imprescindibili. Del giardino scrive Francesco Bacone e pure Montaigne nel suo viaggio in Italia. Ricordi di giardini si trovano tra gli appunti del viaggio in Italia di Goethe, e nelle Affinità elettive ci fa partecipi del suo progetto di giardino. J.J Rousseau in Emile racconta un ideale di giardino ben più modesto di quello di cui si circondò a Ermenonville. Arrivando a tempi più vicini, di fiori e giardini scrissero Pascoli, D’Annunzio e Rainer Maria Rilke con le sue Lettere intorno a un giardino. E così via...
Che suggerimenti darebbe per la creazione di un giardino e quali errori evitare?
Un po’ di errori da evitare li ho descritti nel mio ultimo libro All’ombra delle farfalle. Primo tra tutti non conoscere le caratteristiche del luogo (il clima, la direzione dei venti, il tipo di terreno, ecc). Secondo: non conoscere la natura delle piante: di cosa hanno bisogno, cosa temono, come saranno da grandi. Perché troppo spesso si vedono piante troppo vicine tra loro o troppo vicine alle costruzioni. Terzo: non aver chiarito quanto tempo e quanti soldi abbiamo da dedicare al giardino. Quarto: prendersela per quanto ci va storto.
Orto e giardino…
La grande differenza tra giardino e orto è che nel primo le piante devono essere belle e sane, nel secondo devono anche essere buone. Così che quando guardi il tuo giardino capita che ti senta un po’ giardiniere, po’ un pittore, un po’ un narratore, ma quando vai nell’orto e prendi quello che serve per dar da mangiare, ti senti un dio.
Dove ci accompagnerebbe per scoprire i giardini e le fioriture più belle di Milano?
Tra i più bei giardini di Milano c’è sicuramente il giardino degli Atellani, in corso Magenta, di cui è ben distinguibile l’architettura che scandisce gli spazi, accoglie le statue, dà armonia al rapporto tra le piante.
Cosa fare per rendere Milano più verde?
Checché se ne pensi, Milano ha un ricchissimo patrimonio di piante e giardini. Quello che spesso le manca è la qualità della loro manutenzione.
L’Eden può essere raffigurato come un giardino-orto o un orto-giardino?
Il giardino dell’Eden è un luogo indefinito: “un giardino creato in Eden, a Oriente” dicono le scritture. Un giardino in cui c’era di tutto: sia quello che serviva alla vita, che quello che poteva distruggerla. Eden è anche il luogo da cui si può essere cacciati. Così che quel giardino diventa metafora della stessa vita su questa terra. Ognuno può creare il proprio Eden, dopo aver fatto chiarezza su quali valori lo vuole rappresentare in quel luogo. Un giardino può nutrire con la sua bellezza, fatta anche di piante buone da mangiare, può deliziare con la sua pace. Con la sua luce e le sue ombre. Occorre ben ricordare che un orto richiede un lavoro costante e una continua lotta agli invasori, per i quali l’orto non sarà più il loro Eden.
Giovanni Zaccherini
Laureato in Lettere Moderne all'Università degli Studi di Milano, ha insegnato materie letterarie, storia, filosofia e storia dell’arte negli istituti superiori. Ha collaborato e collabora con il Comune e il Circolo Filologico milanesi alla selezione e divulgazione di autori e testi inediti e all'organizzazione di eventi culturali.
Giornalista pubblicista, “Premio Guidarello per il giornalismo d'autore” 2010 per la sezione cultura, ha pubblicato e pubblica sulle terze pagine dei quotidiani “Avvenire”, “il Corriere di Romagna”, “il Resto del Carlino”, “La Voce di Romagna”, “Prealpina”, “Varese News” e sui periodici “la Ludla”, “la Piê”, “Libro Aperto”, “Stanza Letteraria” con rubriche di critica d'arte, musica, storia e letteratura. Ha compilato le voci “Dialetto”, “Folclore” e “Proverbi” per l'enciclopedia “Sguardi sulla Romagna” e ha collaborato all’ “Antologia della letteratura romagnola” di prossima uscita.
Ma, al di là di questi sintetici dati, nella mia vita e nella mia professione c’è soprattutto il desiderio di vivere con gli altri quella cultura che ci rende più “umani” e vicini in una comune condivisione. Ricordo le mie prime esperienze, come animatore del Comune di Milano, quando mi aggiravo nelle nebbie delle periferie per ricercare, raccogliere e insegnare a leggere e scrivere agli ultimi analfabeti che venivano dal sud. Poi, gli anni di insegnamento nei licei della Milano “bene”, anzi della Milano “da bere” … situazioni ed ambienti diversissimi, che mi hanno messo in grado di saper apprezzare e godere di culture e persone tanto lontane.
Per questo, anche nella mia attività giornalistica ho sempre rifuggito dallo specialismo e mi è piaciuto scrivere, mettendomi in sintonia con generi e periodi diversi: dall’ultima edizione di “Kind of blue” di Miles Davis, ai concerti grossi di Corelli, ai cori delle mondine. Oppure, cambiando campo, dalle eroine di Crepax, ai tesori della grafica rinascimentale, all’architettura liberty. Ecco, lo scrivere è come un dono, il dono di un piacere condivisibile e condiviso, un essere per sé e per gli altri.



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