venerdì 23 maggio 2025

Sebastião Salgado e Il sale della Terra

 


Sebastião Salgado e Il sale della Terra


Luisa Gissi

Il regista tedesco Wim Wenders ci ha regalato un’occasione che vi consiglierei di non perdere: conoscere la storia del fotografo brasiliano Sebastião Salgado. Il documentario si chiama Il sale della Terra ed è diretto insieme al figlio del protagonista, Juliano Ribeiro Salgado. Il titolo è chiaro sin da subito: sono gli uomini il sale della Terra, ed è solo la prima di diverse riflessioni antropologiche.



«Alcuni mi considerano un fotogiornalista. Non è vero. Altri, invece, un militante. Nemmeno questo è vero. La sola cosa vera è che la fotografia è la mia vita. […] Scatto immagini in funzione di me stesso, di quello che mi passa per la testa, di ciò che sto vivendo e pensando. E me ne assumo la responsabilità.»

Nato in Brasile nel 1944, Salgado studia economia e statistica, ma presto decide che il suo mestiere è un altro. Si trasferisce a Parigi insieme alla moglie Lelia per iniziare una carriera che diverrà di un bianco e nero brillante. Dal Brasile alla Francia esplorano la conoscenza della solidarietà tra le persone. Lui non si ferma nella Ville Lumiére, continua a viaggiare alla scoperta della natura umana in tutte le sue forme, e la definisce in immagini straordinarie che raccontano storie, mentre sua moglie ne cura l’esposizione al pubblico.

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Sebastião considera l’Africa una seconda casa, documenta con scatti brutali ma importanti il genocidio del Ruanda, studia a lungo antiche tribù dell’America Latina. È incredibile quanto siano varie le capacità dell’uomo e altrettanto incredibile è la capacità del fotografo brasiliano di immortalarle. Si dedica a un progetto grandioso, Genesi − in esposizione purtroppo solo fino allo scorso 2 novembre al Palazzo della Ragione a Milano − , in cui indaga l’origine della Terra nei posti inesplorati del mondo, dall’Antartide al cuore dell’Africa e scrive Dalla mia Terra alla Terra (ed. Contrasto, 2014).

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Guardando il film può essere che vi capiti di domandarvi se mai vi succederà di sentirvi toccare il piede e accorgervi che si tratta di un leone marino, oppure di incontrare una tartaruga alle Galapagos e chiedervi se è la stessa che ha visto Charles Darwin. Certe foto vi faranno pensare all’immensità dell’umanità e altre alla meraviglia del Pianeta. Sarete incantati dal progetto dell’Instituto Terra, grazie al quale scoprirete che è possibile ricostituire una foresta Atlantica in un posto che sembrava essere ormai un deserto, e che i primi a esserne felici sono gli animali che la popolano. Se gli uomini sono il sale della Terra è nella natura che c’è ancora possibilità di 

giovedì 15 maggio 2025

Brigitte Bardot / «Non rinnego la fama, ma non ho mai potuto bere un caffè in terrazza. Sono prigioniera di me stessa»

 



Brigitte Bardot: «Non rinnego la fama, ma non ho mai potuto bere un caffè in terrazza. Sono prigioniera di me stessa»

La diva, che da molti anni ha rinunciato ai riflettori, fa sapere: «È grazie alla fama se oggi, nel mondo, mi conoscono come la persona che protegge gli animali». E Cannes, dove tutto è iniziato nel 1953? «Un incubo. Troppi film brutti, troppe persone inutili»

La fama le ha dato tanto: «È grazie a lei se oggi, nel mondo, mi conoscono come la persona che protegge gli animali». Ma ha avuto un prezzo. Brigitte Bardot, che per la prima volta, dopo undici anni, è tornata di fronte alle telecamere, lo racconta alla televisione francese Bfm. «Non rinnego la fama, ma non ho mai potuto andare in un bistrot a bere un caffè in terrazza. Sono prigioniera di me stessa. Non posso evadere da me stessa».

Ora vive lontana dalla celebre Madrague, la leggendaria dimora comprata nel 1958: «Era il riflesso di me quando facevo follie. Oggi, questa casa qui è il mio riflesso». L’ex icona del cinema abita nella quiete della sua tenuta sulla collina della Garrigue, nella campagna sopra Saint-Tropez, tra cavalli, cani, oche e asini, e confessa di avere archiviato il suo passato nel cinema. Nel 1973 decise di smettere di recitare. «È stata una scelta. L'ho scelto io», spiega. «Ho sempre voluto andarmene prima che qualcuno mi abbandonasse. Sentivo che il cinema stava andando a rotoli. Sentivo che non c'erano più belle storie, belle sceneggiature, buoni dialoghi, non c'erano più registi con una visione. È così che ho preso la decisione di smettere».

Ma un titolo, tra i suoi tanti, lo ricorda con un particolare affetto: L’orso e la bambola, uscito nel 1970. «Lo trovo divertente, grazioso, semplice. Per nulla da star. Si svolge in campagna, con Jean-Pierre Cassel, che in quel film è meraviglioso».


Ma, sul cinema di oggi, Brigitte Bardot è categorica: «È sociale, è brutto, non fa sognare. Io voglio sognare. I film attuali sono di una noia mortale». E Cannes, dove tutto era iniziato nel 1953? «Un incubo. Troppi film brutti, troppe persone inutili. Non ci sono più quegli attori magnifici, più nessuno che ti faccia sognare».

E prende le distanze dal femminismo: «Non è il mio genere. A me piacciono gli uomini». Difende apertamente Gérard Depardieu e Nicolas Bedos, accusati di aggressioni sessuali, criticando il movimento #MeToo, come già aveva fatto nel 2018: «Ipocrita, ridicolo, inutile».

Oggi continua a combattere le sue battaglie. Non per sé, ma per gli animali: «Voglio l’abolizione della caccia alla courre (con una muta di cani addestrati, ndr). È un orrore. Dopo cinquant’anni di richieste ignorate, il governo francese dovrebbe almeno concedermi questa vittoria». Così ha scritto una lettera aperta a Macron, al primo ministro e al Parlamento. «Penso di poter vincere. E in fondo, è il mio ultimo combattimento. A 90 anni, non ricomincerò tra cinque o dieci anni. Questo è l’ultimo».


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