domenica 29 ottobre 2023
sabato 21 ottobre 2023
Monica Bellucci su Tim Burton: “Felice di aver incontrato un uomo con un’anima meravigliosa”
Monica Bellucci su Tim Burton: “Felice di aver incontrato un uomo con un’anima meravigliosa”
La coppia ha sfilato sul tappeto rosso mano nella mano
"Quello che posso dire è che sono felice di aver incontrato un uomo. Un uomo che ha un'anima meravigliosa. E ho incontrato anche un regista che stimo tantissimo. Questo posso dire". Così Monica Bellucci alla Festa di Roma, dove ieri sera ha sfilato sul tappeto rosso insieme al suo Tim Burton. L’attrice – la cui relazione con il regista di Edward mani di forbice e Mercoledì è ormai un dato di fatto – è qui alla Festa di Roma con due film.
Monica Bellucci e Miriam Leone: "Noi, due donne libere in un mondo di uomini"
Protagonista di Diabolik chi sei? accanto a Miriam Leone nel terzo capitolo della saga da fumetto dei fratelli Manetti dalla creazione delle sorelle Giussani. E poi per il docufilm Maria Callas: Lettere e Memorie che racconta il suo tour internazionale dal novembre 2019 al gennaio 2023 dando voce alla grande soprano. "Maria Callas è una donna che ha speso la sua giovinezza e la sua infanzia per il lavoro, e poi nel momento in cui ha incontrato Onassis ha sacrificato tutto quello che aveva costruito per amore - dice la Bellucci - Ed è una donna che ha detto quello che pensava e l'ha pagato a caro prezzo. Per questo ha ispirato tante artiste di tutte le generazioni e continua ad ispirarle. Perché è moderna, ha questa forza, questa passione e questa fragilità. Ed è da questa fragilità che nasce l'arte".
venerdì 20 ottobre 2023
Fra Dolcino, Margherita La Bella y la Malvagia Eresia
FRA DOLCINO, MARGHERITA “LA BELLA” E LA “MALVAGIA ERESIA”
GENUS BONONIAENessuno se lo ricorda più ma, fino al tardo Ottocento, via Azzo Gardino era conosciuta come via degli Apostoli. Le ipotesi sul motivo di questa denominazione sono tante: la più storicamente corretta è senza dubbio quella che ci propone Mario Fanti, noto studioso cittadino.Via o Borgo degli Apostoli doveva il suo nome alla presenza a Bologna fin dalla seconda metà del XIII° secolo del movimento ereticale degli Apostolici. Sorto a Parma nel 1260 grazie a Gherardo Segarelli, il movimento incontrò un certo seguito e, in un primo momento, non fu nemmeno troppo osteggiato dalle gerarchie ecclesiastiche. Nel 1294, però, il fondatore fu arrestato e nel 1300 condannato a morte. Suo successore fu fra’ Dolcino da Novara.A Bologna gli Apostolici si radunavano nel borgo delle Lame (nella zona di cui sopra, ora frequentato centro universitario) e, a riprova che non incontrarono difficoltà, negli Statuti del Comune di Bologna del 1288 si legge, tra l’altro, che per loro si prevedeva l’esenzione dalla contribuzione per la spesa della selciatura delle strade.D’altra parte, non vi potevano essere accuse specifiche nei loro confronti: non proponevano una particolare lettura dei testi sacri né una loro diversa interpretazione, anzi: l’unica autorità riconosciuta era proprio quella del Vangelo. Tuttavia, ben presto, il loro stile di vita -che si rifaceva a quello della “chiesa primitiva”, alla santa vita degli Apostoli- e l’estrema vicinanza alle prime regole francescane che prediligevano l’assoluta povertà e la negazione dell’esistenza di qualsiasi autorità o gerarchia ecclesiastica, iniziarono a dare molto fastidio in alto loco. Anche perché questo messaggio morale stava iniziando a riscuotere numerose adesioni specialmente nelle classi più basse e nelle campagne del contado e poteva risultare assai destabilizzante per l’organizzazione sociale dell’epoca.Fu così che iniziarono a circolare sempre più pesanti dicerie sul comportamento sessuale degli Apostolici che -appartenendo soprattutto al ceto contadino e al popolino- avevano ovviamente costumi più disinibiti rispetto all’aristocrazia e alla borghesia. Fu proprio questa naturale libertà di costumi l’appiglio per scatenare l’Inquisizione. Come abbiamo visto, Gherardo Segarelli fu arrestato, condannato da Salimbene -vescovo di Parma- e messo al rogo.Frà Dolcino, figlio illegittimo di un prete spretato, era nato nei pressi di Novara. Si sa che aveva una discreta istruzione: conosceva infatti il latino. Entrato nel movimento intorno al 1290, nel luglio 1300 (peraltro Anno Santo) assistette al rogo di Segarelli. Subito dopo, con una lettera-manifesto si autonominò nuovo capo degli Apostolici e azzardò una terribile profezia contro papa Bonifacio VIII. Tale lettera giunse a Bologna, dove venne segnalata anche la sua presenza.Si spostò poi al nord. Nel 1303 era in Trentino dove aveva trovato una compagna, Margherita detta “la Bella”. Intanto, parte della sua profezia si era avverata: Bonifacio VIII era morto un mese dopo essere stato fatto arrestare dal re di Francia. Per lui e per altri “ribelli” contro il papato sembrava davvero arrivato il momento della riscossa.Trasferitosi in Piemonte aveva radunato i suoi seguaci e si preparava a combattere contro il vescovo di Vercelli. Ma la lotta non poteva che risultare impari: dopo il terribile inverno 1306-1307 in cui lui e i suoi uomini erano stati costretti a ritirarsi in montagna e a nutrirsi di radici, erbe e poco più, la sconfitta era giunta e lui e la sua compagna furono catturati. Il papa li condannò a morte. Le sentenze furono eseguite nel giugno 1307. Margherita morì per prima: legata ad una colonna fu bruciata viva sotto gli occhi di Dolcino. Quest’ultimo venne fatto sfilare per le vie di Biella legato in piedi sopra un carro: in carcere non aveva abiurato il suo credo. Durante il tragitto fu pesantemente torturato: con tenaglie roventi gli straziarono le carni fino a scoprirgli le ossa, il naso e altre parti del corpo gli furono strappate, ma non emise un lamento. Davanti ai presenti sbigottiti e impressionati raggiunse il luogo del rogo: fortunatamente era ormai in fin di vita.In quei sette anni con lui come capo, nonostante la dura repressione, il movimento degli Apostolici ebbe ovunque un forte impulso, tanto che egli stesso affermò che i discepoli stavano diventando “numerosi come i granelli di sabbia”. Anche a Bologna vi sono, infatti, parecchie testimonianze e alcune sentenze del tribunale penale che confermano diverse condanne per eresia di suoi adepti. Tanto per citarne una, pare proprio che nel novembre 1307, pochi mesi dopo la sua morte, davanti al popolo bolognese chiamato a radunarsi sulla piazza Maggiore dal suono della campana dell’Arengo, tale madonna Bartolomea sia stata condannata essa stessa al rogo quale appartenente al movimento.Vien da pensare che quanto affermava Frà Dolcino, ovvero che il papa si era allontanato dall’insegnamento d’amore di Cristo, non fosse poi un’ affermazione così lontana dalla realtà…
giovedì 19 ottobre 2023
domenica 15 ottobre 2023
Morta Louise Glück, poetessa premio Nobel
Louise Glück |
Morta Louise Glück, poetessa premio Nobel
Scomparsa a 80 anni l’autrice newyorchese. Già vincitrice di un Pulitzer, era stata la sedicesima donna premiata a Stoccolma con il riconoscimento per la Letteratura
Quando nel 2020 fu conferito premio Nobel per la Letteratura a Louise Glück, non erano probabilmente in molti a conoscere questa poetessa statunitense nata nel 1943 a New York in una famiglia di immigrati ebrei provenienti dall’Ungheria. I lettori della sua poesia, tuttavia, conoscevano bene la necessità, la fondatezza e soprattutto la qualità del suo cantiere poetico, che è andato via via allargando la sua portata conoscitiva e spirituale, come se si fosse sviluppato a cerchi concentrici dissodando e annettendo territori sempre più ampi. Del resto, lo stesso premio Nobel era arrivato dopo una lunga serie di riconoscimenti importanti, dal Premio Pulitzer (1993), al National Book Award (2014), alla nomina a poeta laureato degli Stati Uniti nel 2003.
Il carattere più originale e riconoscibile della sua poesia sta probabilmente nella congiunzione tra l’asciuttezza e il rigore espressivo da un lato (è una poetessa, come suol dirsi, chirurgica), e la durezza dei temi e dei motivi più ricorrenti dall’altro. Sì, perché si tratta di una scrittrice con una visione assai poco edenica e compiacente dell’umano destino. Nelle sue raccolte di poesia parla anzitutto degli snodi traumatici che segnano lo sviluppo, se così si può chiamare, delle nostre vite (a partire dalla sua, che viene scrutata e analizzata senza alcun infingimento). E parla delle difficoltà dei rapporti interpersonali, delle meraviglie e insieme delle insidie dell’amore, della solitudine, degli irrigidimenti e delle falsificazioni ideologiche che intridono l’esistenza quotidiana compromettendone la possibile naturalezza. Sono versi, i suoi, scritti da qualcuno che ha conosciuto la violenza, la prevaricazione, l’ingiustizia, nella carne come nello spirito.
Proprio per questo, nelle sue poesie affiorano spesso non utopici e inarrivabili orizzonti di gioia, quanto degli attimi di reale condivisione e partecipazione umana, se non forse di felicità. Per esempio ne L’iris selvatico, la sua raccolta di poesia in assoluto più apprezzata, Glück scrive: «Nel giardino, nella pioviggine/ la giovane coppia che pianta/ un solco di piselli, come se/ nessuno l’avesse mai fatto prima,/ le grandi difficoltà non fossero mai state/ affrontate e risolte» (la traduzione è di Massimo Bacigalupo, mentre il libro, uscito in lingua originale nel 1992, è stato pubblicato in Italia nel 2020 da il Saggiatore, che poi è l’editore italiano della scrittrice statunitense).
Si vede bene, che a fronte del dolore, della sofferenza, dell’angoscia del vivere (che per questa autrice non sono solo o tanto di natura metafisica, ma ferite sempre storicamente ed esistenzialmente connotate), ciò a cui si aspira non è qualcosa di astratto, ma di direttamente vissuto e esperito, di conquistato adesso e qui. Non è una caso che L’iris selvatico sia il resoconto poetico — quasi un poema, o meglio una sinfonia in versi — di un periodo felice trascorso dall’autrice assieme al figlio in una casa del Vermont e in particolare nel suo rigoglioso giardino (grazie alle cure della poetessa-giardiniere). È la cura del vivente che più importa, quello che ci dicono i suoi versi.
Va poi aggiunto che Glück è riuscita come pochi altri poeti del nostro tempo a dialogare proficuamente con gli autori classici e in particolare con i miti antichi. Il che è senz’altro notevole, visto che si tratta di un’operazione sempre oltremodo pericolosa, in quanto a rischio di retorica e di anacronismo. E invece Glück di volta in volta sembra aver trovato nello schema-base del mito non solo un modello, ma una verifica e una certificazione per le sue intuizioni riguardo alla realtà presente della vita e più in genere dei comportamenti umani. Averno (2006), ad esempio, si rifà direttamente al mito di Persefone e della discesa agli inferi (gli antichi ritenevano che nel lago Averno si trovasse la porta d’accesso all’oltretomba) per indagare la natura dei rapporti familiari e coniugali.
E sono esattamente questi ultimi — la famiglia e l’amore (o il disamore) coniugale — i due motivi che ritornano con più continuità nei suoi versi. In Meadowlands (1997), ad esempio, tratta non solo della fine catastrofica, se così si può dire, di un matrimonio, ma anche e soprattutto della sostanza reale dei rapporti umani, della loro verità o della loro menzogna, della loro durata, dei loro condizionamenti. Mentre in Ararat (1990) il centro dell’attenzione sono le relazioni familiari, oscurate dalla presenza del lutto, anche se poi, proprio la presenza costante della ferita, dà adito a una voce poetica dolcissima e insieme struggente. In ogni caso, questa autrice, che oggi si compiange, è riuscita a fissare nei suoi versi la nostra esistenza lontano da ricette facili e da soluzioni falsamente concilianti (la sua poesia richiede lettori aperti e intelligenti), ma sempre con equilibrio e sobrietà, con intelligenza e una fraterna, umanissima partecipazione.
La vita, i premi e le opere
Louise Glück, morta venerdì 13 ottobre a 80 anni, era nata a New York nel 1943 in una famiglia di immigrati ebrei ungheresi. Nel 2020 ha vinto il Nobel per la Letteratura. L’Accademia di Svezia, nelle motivazioni del Nobel, scriveva di aver scelto la poetessa «per la sua inconfondibile voce poetica che con l’austera bellezza rende universale l’esistenza individuale». Prima del Nobel aveva ricevuto altri premi importanti, dal Pulitzer (1993) al National Book Award (2014), alla nomina a poeta laureato degli Usa nel 2003. Nel 2015 aveva ricevuto dal presidente Barack Obama la National Humanities Medal. In Italia nel 2022 le era stato consegnato il LericiPea alla carriera. In Italia i suoi libri sono pubblicati dal Saggiatore. Tradotti da Massimo Bacigalupo: L’iris selvatico (2020; era uscito nel 1992 per l’editore vicentino Giano), Averno (2020), Notte fedele e virtuosa (2021) e Ricette per l’inverno dal collettivo (2022); da Bianca Tarozzi: Ararat (2021; era apparso nel 2020 per l’editrice napoletana Dante & Descartes) e Meadowlands (2022)