mercoledì 30 marzo 2016

Elogio del sonno / Il dormire quale viaggio iniziatico




Elogio del sonno


Il dormire quale viaggio iniziatico

Di Giacomo Maria Prati
20 MAR 2016 

Vi giuro figlie di Gerusalemme, per le capre selvatiche

e i cervi dei campi non rialzate né tenete in veglia la diletta

fino a che lei stessa non lo voglia



(Cantico dei cantici di Salomone, traduzione di Giacomo Maria Prati)

In principio fu il sonno. Sì perché l’evento decisivo della storia umana e della stessa storia della salvezza divina fu la creazione della donna, e Dio la crea addormentando Adamo. Mai sonno fu più fecondo e speciale! Con un Adamo solitario nell’Eden non possiamo dire che fosse iniziata la storia e la stessa divina creatività sarebbe rimasta inespressa, sprecata.
Sulla facciata del Duomo di Milano, dedicato a “Maria nascente” campeggia nella posizione più importante, sopra il portone centrale, un gruppo scultoreo che celebra con solennità la nascita di Eva, al centro di un Eden affollato di creature animali e vegetali. Ma il sonno resta importantissimo in tutta la Sacra Scrittura, basti pensare al sonno crepuscolare che coglie Abramo durante un suo sacrificio a Dio, così decisivo che sarà quello il momento in cui Dio gli prometterà un’immensa e spirituale discendenza e, implicitamente, già l’arrivo del Messia.
È un Abramo assonnato quello che assiste al passaggio del fuoco divino sulle vittime da esso divise, a sancire solennemente il giuramento di Dio e a premiare lo stesso Abramo per la sua fede incrollabile dimostrata con la disponibilità a sacrificare l’unico amatissimo figlio Isacco. E ancora: Giacobbe con il suo sonno/sogno profetico a Luz (ribattezzata dopo Betel) che gli rivela la visione profetica e mistica della scala celeste e che apre al suo combattimento angelico e notturno che gli cambierà il nome in Israele. Terzo momento decisivo per l’umanità avviene con il patriarca Giuseppe a cui Dio concede la facoltà di interpretare i sogni che Lui stesso manda al Faraone e senza i quali non si sarebbe salvata la stirpe eletta dalla grande carestia. Quarto passaggio cosmico fatale: i sogni angelici di Giuseppe, sposo di Maria, tramite i quali si manifesta la grande fede e umiltà di Giuseppe di Nazaret e Dio permette un’onorevole nascita terrena al Suo Figlio e lo salva poi da Erode.
Ma pure nell’antichità non ebraica e pre-cristiana il sonno riveste un ruolo assai importante in quanto dall’Egitto alla Grecia e a Roma esistevano appositi spazi rituali nei templi di Asclepio/Esculapio, Iside e Cibele dove il seguace doveva dormire in attesa di una rivelazione divina onirica. Era il rito dell’incubatio. Nell’antico Egitto esisteva proprio un vasto e convenzionale codice di interpretazione dei sogni da far invidia alla smorfia napoletana. Ricordiamo infine il celebre trattato di Artemidoro sull’ermeneutica onirica. Il sonno quale viaggio rivelativo misterico, rituale, sacro non cessa con la nuova epoca cristiana ma assume anzi nuove e imprevedibili forme. Possiamo accennare al tema bellissimo dei “Santi Sette Dormienti di Efeso”, presente in varie icone orientali, al “sonno rituale” medioevale quale prova di virtù del cavaliere con una prescelta dama nella logica cortese-stilnovistica, al sonno magico e fiabesco di Bella che, sciolta dall’anello e addormentandosi, può risvegliarsi nella diversa dimensione del Castello di Bestia, al sonno iniziatico di Don Chisciotte calato da Sancho Panza nella caverna di Montesino, dove incontra Merlino e Dulcinea in una “dimensione parallela”, al sonno di Gesù bambino in tali antichi stupendi dipinti, come la Pala di Piero della Francesco a Brera, dove il pesante dormire del divino infante allude al “riposo” della Gloria di Dio sulla terra con l’Incarnazione, per cui Cristo è il nuovo Tempio, ma pure allude prefigurativamente alla sepoltura di Cristo morto sulla croce.
Il sonno quale “prova” o effetto di un momento decisivo o ierofanico lo troviamo nei sonni pericolosi di Sansone e Dalida, in Giuditta e Oloferne e, infine, nel sonno pesante che affligge alcuni cavalieri come Lancillotto, Galvano e Parsifal in alcuni racconti cortesi medioevali quando si avvicinano al santo Graal senza esserne degni, in quanto è destinato al prescelto Galaad, oppure non è ancora il loro momento di finale coronamento. Il sonno quale sanzione/segnale di un livello di ascesi mistica, come se un corpo non abbastanza spiritualizzato e/o un’anima non ancora “risvegliata” cedesse con il sonno all’avvicinarsi manifestativo dello Spirito di Dio.
L’archetipo cristiano di questa situazione si ha nel sonno dei tre discepoli prediletti, Pietro, Giacomo e Giovanni, mentre nell’orto del Monte degli Ulivi Gesù entra nella fase decisiva della salvezza. Il sonno quale viaggio sapienziale trionfa nel rinascimento con un testo allora assai celebrato e ancora oggi affascinante e simbolicamente assai complesso: l’Ipnoerotomachia di Poliphilo di Francesco Colonna. Il tema del sonno attraversa poi almeno tre secoli di pittura tramite la ripresa del Mito greco: Amore e Psiche, Venere e Marte, la ninfa contemplata dormire dal satiro, Afrodite dormiente (da sola o con Eros), Giove e Antiope, la bella storia di Selene e di Endimione, il tema del “riposo del guerriero”, sono tutti immaginari assai antichi ripresi dal gusto mitologico manierista, barocco e, infine, neoclassico e possiamo spiritualmente ridurre questo ampio “giacimento immaginale” al discorso mistico della Sapienza/Verità che nel viaggio notturno della vita i più coraggiosi e illuminati possono “svelare” e contemplare. Ma guai ad avvicinarsi di giorno e in modo aggressivo altrimenti si finisce come Atteone!
Ricordiamo anche Dioniso e Aura, da lui concupita nel sonno, e da cui nasce Telete, episodio riportato da Nonno di Panopoli nelle stupende sue Dionisiache e che ci allude nei nomi il senso misterico e rituale del sonno quale morte recitata, vissuta, propiziante una rinascita interiore e spirituale. La stessa figura complementare del satiro è emblema di sapienza prima di degradare ad allegoria voluttuaria, a macchietta folkloristica. Socrate è un Sileno nell’aspetto! Possiamo soffermarci un poco su due affascinanti due “sonni speciali”: quello dell’Amata nel biblicoCantico dei cantici e i due sonni/sogni di Dante nel Purgatorio.
Ben tre passi del Cantico di Salomone vertono sul misterioso sonno della Diletta, che appare quale sonno iniziatico, rituale, misterico in quanto non va assolutamente disturbato e sarà solo il Diletto che, alla fine del percorso del sacro poema, la sveglierà “sotto un albero di mele”. Se consideriamo la posizione narrativa di questi passi ci accorgiamo facilmente come essa non sia casuale ma come questo sonno misterico venga descritto ogni volta che l’Eletta incontra l’Eletto: dopo la sua “iniziazione-consacrazione” nella “cella del vino”, dopo l’abbraccio nel primo incontro in “esterno notte” e, verso la fine del testo, appena dopo l’immagine dell’abbraccio finale fra i casolari e appena prima della visione del corte nuziale che viene dal deserto. L’iniziazione mistica e templare dell’Eletta passa per un languido ed estatico sonno che va rispettato!
Nel Purgatorio di Dante, la Cantica più ascetica, misterica e iniziatica delle tre, il sonno del protagonista, viene descritta in due passi chiave. Tramite il sonno Dante accede misteriosamente alla porta del Purgatorio e in simile modo accede alle soglie del Paradiso Terrestre. Il sonno quindi apre e chiude la cantica del Purgatorio. Di che sonno si tratta? Anche in questo caso di un viaggio iniziatico, mistico, sapienziale. Nel primo passaggio Dante si addormenta all’inizio del canto IX° in un sonno mattutino, quindi, profetico. Sogna un’aquila assai simile a una fenice e cita due passi del Mito che alludono a iniziazioni/trasformazioni: Ganimede e Achille nascosto dalla madre a Sciro.
Questo sonno viene associato all’intervento divino tramite santa Lucia e permette a Dante di “rinascere” svegliandosi di fronte alla Porte del Purgatorio e ai suoi tre simbolici gradini: bianco, scuro e fiammante. Il secondo sonno, anch’esso decisivo, lo troviamo nel canto XXVII°, quando Dante si addormenta su dei gradini di una salita. Notiamo la similitudine con Giacobbe che viene raffigurato dormire, a Luz, usando una pietra come guanciale. Chi interviene questa volta in connessione con il sonno di Dante? Addirittura le bibliche Lìa e Rachele, la prima descritta quale giovane bella che raccoglie fiori, come anticipando la visione di Matelda, a sua volta quasi incarnazione del Paradiso terrestre dantesco, in versione stilnovistica.
Anche questo speciale sonno permette un passaggio spirituale decisivo che porta il poeta-pellegrino all’entrata dell’Eden e che viene suggellato ed evidenziato dal fatto che Virgilio incorona Dante quale uomo che ora ha finalmente ripreso il dominio del e sul suo libero arbitrio. Uomo ri-nato, Uomo liberato. I due sonni/sogni appaiono simili e complementari in una logica di ascesi/pellegrinaggio totale (il Purgatorio è anche un Monte dopotutto) e anche per il fatto di venire entrambi associati all’immagine del fuoco divino: nell’aquila imperiale nel primo e nella stella di Venere nel secondo. L’amplesso spirituale “Amore e Sonno” convertono la similitudine di morte/sonno in un'amorevole metanoia sapienziale.
Orsù che il Sonno ritorni! Fondiamo un’Accademia degli Ipnofili!


Giacomo Maria Prati

Avvocato, magistrato onorario, master in economia e gestione dei beni culturali, sviluppa un interesse e una passione crescente per l'arte antica, i simboli e l'iconologia quale cultura ermeneutica universale. Realizza una nuova traduzione dal greco dell'Apocalisse di Giovanni e dalla Vulgata Clementina del Cantico dei Cantici. Curatore, critico, collabora con riviste e associazioni culturali.

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