Lina Iris Viktor, la Klimt africana
Una donna nera e d’oro
Lina Iris Viktor è un'artista anglo-liberiana dall'eclettico talento, nata nel 1987 in Inghilterra, che abbraccia una vasta gamma di discipline creative, tra cui performance, installazioni site-specific, scultura, pittura e fotografia. Il suo lavoro è stato distintamente etichettato come afro-futuristico dal New York Times.
La pratica di Viktor è intrinsecamente multidisciplinare. Ha ricevuto la sua istruzione in una scuola internazionale a Londra, dove si è concentrata principalmente sulle arti performative. In quanto studentessa residente sette giorni su sette, Viktor spiega come questa esperienza l'abbia immersa in un vortice di culture e religioni differenti, l'abbia insegnata a parlare diverse lingue e a convivere con persone provenienti da tutto il mondo. Questo background le ha donato la visione del mondo che possiede oggi. In seguito, Viktor ha proseguito i suoi studi in teatro al Sarah Lawrence College negli Stati Uniti, ma ha trovato quest'esperienza eccessivamente limitante e riduttiva. Le frustrazioni legate alle questioni razziali e sociopolitiche che ha vissuto in quel contesto l'hanno spinta a cambiare direzione.
Dopo una parentesi nel mondo del cinema, dove ha lavorato con Spike Lee, Viktor ha aperto la sua agenzia di design. Tuttavia, la sua ricerca dell'arte pura e della soddisfazione di creare autonomamente il suo lavoro l'hanno portata verso studi più artistici. Ha studiato fotografia e design presso la School of Visual Arts di New York e si è dedicata a esprimere le sue idee sulla tela. Questo percorso artistico e multidisciplinare riflette chiaramente la sua visione e influenza profondamente il suo lavoro.
La Liberia, situata nella regione occidentale dell'Africa, è una terra di contrasti e complessità storiche. Fondata nel 1847 come rifugio per gli schiavi liberati, la nazione è caratterizzata da una storia di segregazione e disuguaglianza. Qui, le disuguaglianze etniche e sociali, spesso alimentate da una complessa relazione con il passato schiavista, sono rimaste un tema centrale per gran parte del suo sviluppo. Lina Iris Viktor porta con sé questa eredità storica mentre crea le sue opere che sono un crocevia di identità africane, arti visive e commento sociale. Viktor è emersa come un'artista provocatoria e visionaria il cui lavoro esplora profondamente i temi della modernità, delle tradizioni africane e dell'identità, il tutto mentre utilizza l'oro e il nero in un modo che richiama le opere di Gustav Klimt.
L'opera di Lina Iris Viktor è un connubio di materiali, metodi e lessici visivi associati alle forme d'arte contemporanee ed antiche. L'artista plasma una mitologia peculiare che intreccia il profondo passato di una diaspora con un presente espansivo, cercando di scrutare immaginari futuri. La sua sintesi di pittura, scultura, performance, fotografia e doratura con oro a 24 carati produce una carica materialità che affronta contemporaneamente idee filosofiche del finito e dell'infinito, del microcosmo e del macrocosmo, dell'evanescenza e dell'eternità.
Nella cosmologia di Viktor, il nero, sia come sostanza che come colore, ricopre il ruolo principale di materia prima o di fonte primordiale della vita, provocando e sfidando le preconcette visioni sociopolitiche e storiche riguardo alla "nerezza" e alle sue implicazioni universali. Il nero, in Viktor, non è semplicemente un colore o una tonalità, ma è un'entità che rappresenta una forza creativa, un punto di partenza e un simbolo di potere. Questo approccio sfida pregiudizi profondamente radicati legati al colore della pelle e alle connotazioni storicamente attribuite al nero. Si tratta di un invito a riconsiderare e riconsiderare il significato del nero, spingendo a riflettere sulle interpretazioni culturali e sociali che spesso lo hanno circondato.
Il lavoro di Viktor è fondato sulla ricerca e attinge a influenze diverse, tra cui l'arte, l'architettura, la scienza, la matematica, e l'astrofisica, per esaminare non solo le storie culturali della diaspora africana globale, ma anche le civiltà antiche attraverso il tempo e lo spazio. Sebbene i suoi lavori siano spesso intrecciati con simboli e ricche eredità materiche, è importante sottolineare che questi non sono autoritratti, sono forme, donne complesse. Questa forma può rappresentare un personaggio specifico, come ad esempio Yaa Asantewaa, una regina guerriera Ashanti, o la Sibilla Libica, una profetessa della mitologia greca che, durante l'abolizione della schiavitù, è stata riconfigurata come un potente simbolo di emancipazione. Lavorare con i personaggi in questo modo conferisce ai suoi lavori un elemento performativo, poiché permette allo spettatore di immergersi in un universo da lei creato.
Il risultato è un corpus di opere che si muove agilmente tra diversi campi e influenze, offrendo uno sguardo unico sulla complessità delle culture e della storia africana, tanto antica quanto contemporanea. Questo approccio all'arte incarna la visione di una donna libera da stereotipi, confini e regole predefinite, che abbraccia con fluidità le diverse sfaccettature della sua identità, e che si impegna attivamente nella lotta per l'uguaglianza di genere e la giustizia sociale, combinando abilmente tradizione e innovazione.
Kara Walker, un'altra delle figure più influenti dell'arte contemporanea, ha affrontato il tema della "nerezza" attraverso il suo lavoro, fornendo un quadro importante per comprendere le narrazioni visive complesse di artiste come Lina Iris Viktor. Entrambe affrontano la complessità dell'identità nera, del passato storico e del presente, sebbene con approcci artistici distinti.
Kara Walker, nata nel 1969 a Stockton, California, è cresciuta a Atlanta, Georgia. Ha ottenuto il riconoscimento internazionale per il suo uso audace della silhouette e per le opere che esplorano le rappresentazioni e le percezioni razziali negli Stati Uniti. Le sue silhouette, spesso elaborate e dettagliate, affrontano i temi dell'oppressione, dell'identità, del potere e della violenza razziale nella storia americana. Walker è diventata famosa per la sua capacità di raccontare storie complesse attraverso le silhouette, un mezzo che tradizionalmente è associato all'arte dell'Ottocento. Ha reinventato questa forma artistica per narrare una "storia dell'America oscura". Le sue installazioni site-specific spesso immergono gli spettatori in una sorta di sogno allucinato, in cui le silhouette, spesso in nero, raffigurano scene oscure e disturbanti del passato e del presente americano. Le opere di Walker sono cariche di simbolismo, e il nero è un colore chiave nel suo lavoro, non solo come colore della silhouette, ma come veicolo per rappresentare la complessità dell'esperienza nera.
Kara Walker: My Complement, My Enemy, My Oppressor, My Love | Whitney Museum of American Art
Sebbene gli stili di Kara Walker e Lina Iris Viktor siano differenti, entrambe le artiste si dedicano a una profonda esplorazione delle rappresentazioni della "nerezza" e delle identità nere nella loro opera. Kara Walker usa le silhouette per narrare storie complesse sulla storia razziale dell'America, l’uso del nero rappresenta una sfida alle visioni tradizionali del colore come oscurità e, al contrario, lo trasforma in uno strumento potente per rivelare l'America oscura e la complessità dell'esperienza nera. Lina Iris Viktor, dall'altra parte, esplora il nero non solo come colore, ma come "materia prima" o "fonte primordiale" della vita nella sua opera. Il suo uso dell'oro, in particolare, in contrapposizione al nero, è un elemento chiave che porta in luce la tensione tra tradizione e modernità, creando una profonda connessione con le radici africane e l'immaginario afro-futuristico. Mentre Kara Walker si concentra sulla narrazione storica e politica attraverso l'uso delle silhouette, Viktor adotta una prospettiva cosmologica, spingendo a riflettere sul significato del nero nell'universo e nella storia dell'umanità.
Nonostante le differenze nei loro approcci artistici, sia Kara Walker che Lina Iris Viktor sfidano le convenzioni preconcette sul colore nero e la nerezza. Entrambe mettono in luce le complesse connessioni tra passato e presente, tradizione e modernità, e sfidano gli spettatori a riconsiderare il modo in cui la "nerezza" è rappresentata e compresa nell'arte contemporanea. Nel processo, entrambe le artiste aprono spazi per un dialogo più ampio sulle identità nere, la loro storia e il loro futuro. L'interesse di Lina Iris Viktor per l'architettura, la materialità degli oggetti e il loro rapporto con lo spazio influenza molte delle installazioni che immagina e realizza. Con un impulso estetico archeologico e influenze che spaziano dalle tradizioni scultoree dell'Africa occidentale, all'iconografia dell'antico Egitto, all'astronomia classica e alla ritrattistica europea, la pratica di Viktor attraversa i confini tra il mondo mortale e quello divino.
Le sue opere audaci e sfaccettate che mescolano arte africana tradizionale, simbolismo moderno e stile si distinguono anche per l’uso dell’oro. Nell'uso dell'oro notiamo un chiaro omaggio a Gustav Klimt, il celebre pittore simbolista austriaco. Questo omaggio, però, è più di un semplice richiamo; è un dispositivo per esplorare le contraddizioni dell'identità africana nel mondo contemporaneo. Viktor usa l'oro, una tonalità che evoca regalità, ricchezza e prestigio, come sfondo nelle sue opere. Questo non è un omaggio casuale all'oro africano, che è stato una fonte di ricchezza e potere sin dai tempi antichi, ma anche una dichiarazione sulla percezione dell'arte africana e delle culture africane in un contesto contemporaneo. L'uso dell'oro sottolinea l'importanza dell'Africa nel panorama globale e sfida l'idea che le culture africane siano marginali o periferiche.
Nella cultura occidentale l'oro, da sempre, ha detenuto un significato speciale nell'arte. È stato utilizzato per rappresentare non solo la ricchezza materiale, ma anche il lusso, la spiritualità e il potere. Gustav Klimt è noto per la sua "Fase d'Oro", un periodo in cui ha creato opere d'arte che sono intrise di dettagli dorati. Un'opera emblematica di questo periodo è il "Fregio di Beethoven". Questo ciclo murario, realizzato nel 1902 per la 14a mostra della Secessione viennese, celebra il compositore Ludwig van Beethoven. Questo non è stato solo un atto di estrema bellezza, ma anche un gesto audace di sfida all'aristocrazia viennese dell'epoca. Mentre i nobili di Vienna potevano permettersi l'oro nei loro palazzi, Klimt lo ha portato direttamente al pubblico, dichiarando che l'arte dorata non era solo per l'élite.
Nei lavori della Viktor l'oro non è solo un elemento decorativo, ma un simbolo di emancipazione e di ridefinizione della visione della donna africana. Le sue opere sfidano gli stereotipi che hanno a lungo confinato le donne africane in ruoli statici. Le sue opere spesso presentano figure femminili, avvolte in sfumature di nero, che sembrano emergere dall'oro circostante. Questo contrasto tra l'oro brillante e l'ombra evoca una contraddizione intrinseca. La donna ritratta è in bilico tra la modernità e le tradizioni ancestrali. La sua identità è sfaccettata, così come il suo ambiente. Viktor usa l'oro per creare sfondi luccicanti e intricati dettagli, trasmettendo una sensazione di potere e regalità. Le sue opere sono un'opposizione diretta alla rappresentazione stereotipata e spesso degradante delle donne africane.
Questa contraddizione è un riflesso delle complessità dell'esperienza africana contemporanea. Mentre il continente abbraccia la modernità in costante evoluzione, molti cercano di mantenere le loro radici culturali e tradizioni. Viktor cattura questa tensione, spesso rappresentando le sue figure con corone di ispirazione africana, simboli di eredità e nobiltà. L'oro, come elemento comune in queste due storie d'arte, di Klimt ieri e di Lina Iris Viktor oggi, diventa un simbolo di creatività e di sfida artistica. Rappresenta il potere dell'arte di infrangere schemi e di emancipare l'individuo, indipendentemente dal tempo o dal luogo.
L'arte africana sta vivendo una rinascita, spingendo gli artisti a esplorare una vasta gamma di temi e tecniche. La diversità culturale e geografica del continente si riflette nell'arte, che è varia e multiforme. L'arte contemporanea africana sfida anche le etichette culturali e le definizioni. Non è più circoscritta da confini geografici o da temi specifici, ma abbraccia la globalizzazione e le sfide sociali. Gli artisti africani affrontano questioni come il colonialismo, il cambiamento climatico, l'identità di genere e l'urbanizzazione, dimostrando una profonda consapevolezza delle questioni globali. Kara Walker e Lina Iris Viktor, insieme ad altri artisti contemporanei, stanno aprendo nuovi percorsi nella comprensione dell'arte e della cultura africana. Il loro lavoro è un richiamo all'importanza di una narrazione più inclusiva e completa, che non limiti l'Africa a semplici preconcetti.
Tuttavia, questo non è un percorso privo di sfide. Gli artisti africani contemporanei devono affrontare il rischio di commercializzazione e di sfruttamento culturale. Mentre il mondo mostra un crescente interesse per l'arte africana, c'è il pericolo che essa venga svuotata del suo significato autentico e ridotta a mero oggetto di consumo. Interessante notare che, nonostante la ricchezza degli imperi nella storia africana, spesso la narrazione dell'Africa in Occidente è stata dominata da stereotipi negativi che ritraggono il continente come una terra di povertà e fame. Questo divario tra la realtà storica e la percezione occidentale è una sfida significativa che gli artisti africani devono affrontare. La Biennale di Venezia del 2023 in generale, e l'opera di Lina Iris Viktor in particolare, hanno posto l'attenzione su questa questione. Questa spunto di Lina Iris Viktor come "Klimt africana" sottolinea la necessità di riconsiderare le rappresentazioni dell'Africa e di riconoscere la ricchezza delle sue culture e la complessità della sua storia.
In conclusione, desidero condividere un'esperienza significativa vissuta in un Liceo in Burkina Faso, che riflette il potere trasformativo dell'arte. In questo contesto, ci siamo trovati a creare la scenografia per un cortometraggio, un progetto che ci ha spinto a immaginare la città del 2150 e disegnare il ritratto delle donne del futuro con l'ausilio delle intelligenze artificiali. Questo esercizio ha contribuito a gettare le basi di un'ispirazione profonda, una visione che artiste come Lina Iris Viktor, Kara Walker e Wangechi Mutu suscitano in me, un architetto di formazione politecnica, e nelle nuove generazioni africane.
La figura della "donna di Wasya," nata da questo processo creativo, rappresenta una testimonianza tangibile del potere dell'arte nel plasmare il cambiamento sociale. Questa donna, libera dai limiti e dagli stereotipi, incarna un mondo di scelte fluide e di identità multiformi. Nel rispetto delle sue radici culturali, abbraccia le nuove idee e le tecnologie, dimostrando una notevole capacità visionaria. Ma ciò che la distingue è il suo ruolo attivo nella lotta per l'uguaglianza di genere e la giustizia sociale. Non è semplicemente una spettatrice passiva del cambiamento, ma si erge a leader e promotrice attiva del progresso. Nel suo abbigliamento, fonde con eleganza tradizione culturale e design innovativo, attingendo ispirazione da artiste come Lina Iris Viktor e Claude Kameni. Questi abiti sono una celebrazione della sua identità unica e della sua creatività. Tuttavia, non si ferma qui. Questa donna è anche un'ambientalista consapevole dell'importanza di un mondo sano e sostenibile. Si impegna instancabilmente nella protezione dell'ambiente e nella promozione di stili di vita ecologici.
Il nostro progetto, chiamato "Wasya", è realizzato con i ragazzi della 3° del Liceo Internazionale Francese André Malraux di Bobo-Dioulasso, Burkina Faso, 2022-2023.
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- Lo spazio animista e la donna di Wasya - Arch. Chiara Rigotti
- No. XXVI "Refuge from the aftermath... A Reckoning to come", Lina Iris Viktor
- Lo spazio animista e la donna di Wasya - Arch. Chiara Rigotti
- Lo spazio animista e la donna di Wasya - Arch. Chiara Rigotti
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- "Syzygy", Lina Iris Viktor
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