Morta Joan Didion, raccontò la perdita della figlia Quintana
La scrittrice americana scomparsa il 23 dicembre affrontò il lutto per il marito in «L’anno del pensiero magico» e in «Blue Nights» quello per la figlia morta a 39 anni
Dieci anni fa, nel 2011, Joan Didion intitolò Blue Nights il libro (edito in Italia da il Saggiatore) che dedicò alla figlia Quintana Roo Dunne, al calvario che la portò alla morte a soli 39 anni nel 2005: «Un titolo che viene dal crepuscolo, che nei Paesi del nord si attarda all’inizio dell’estate creando l’impressione che le tenebre potrebbero non calare mai», confidò la scrittrice scomparsa il 23 dicembre 2021 a 87 anni ad Alessandra Farkas in un’intervista uscita sul «Corriere» il 17 marzo 2012.
Blue Nights arrivava sei anni dopo L’anno del pensiero magico (il Saggiatore), che Joan Didion dedicò a un’altra scomparsa che aveva segnato la sua vita, quella di John Gregory Dunne, scrittore come lei e suo marito per quarant’anni. Con lui, sposato nel 1964, aveva adottato Quintana quando la piccola, classe 1966, era appena nata. Con lui condivise il lavoro, la vita in California e a New York, i viaggi… John morì all’improvviso la sera del 30 dicembre 2003 per un attacco cardiaco che lo colpì di ritorno dall’ospedale dove la figlia Quintana era ricoverata in terapia intensiva.
Quintana Roo Dunne, che conduceva una vita riservata e si era sposata nel luglio di quell’anno con Gerry Michael, era malata da giorni. Quella che sembrava una semplice influenza — ricostruisce il documentario Netflix del 2017 Joan Didion: il centro non reggerà, diretto nel 2017 dal nipote della scrittrice, Griffin Dunne — peggiorò velocemente. Finì in coma per uno shock settico derivato da una polmonite. Joan Didion ritardò per mesi il funerale del marito, in attesa che Quintana fosse abbastanza in forze per partecipare. Dopo il funerale Quintana andò a Los Angeles, per tornare a Malibu, dove era cresciuta. Non si era ancora ripresa dalla malattia e una caduta mentre scendeva dall’aereo le procurò un ematoma cerebrale che richiese sei ore di intervento chirurgico al cervello.
Di quello che successe dopo non si sa molto. A un nuovo coma seguirono due anni di riabilitazione, ma alla fine — raccontano gli amici — Quintana «perse la voglia di vivere e la sua salute si deteriorò rapidamente». Morì per una pancreatite acuta il 26 agosto 2005 — si parlò anche di alcolismo —, durante il tour promozionale de L’anno del pensiero magico.
In Blue Nights, Joan Didion affrontò il lutto: a quello per il marito si era aggiunto quello per la figlia. Ma si interrogò anche su sé stessa: il timore di non aver capito la paura di abbandono che la figlia adottiva poteva avere, di averle imposto troppe aspettative, ma anche la preoccupazione che Quintana la vedesse non tanto come una madre che potesse prendersi cura di lei ma come una donna fragile di cui doveva essere lei a prendersi cura. Come confessò nell’intervista del 2012: «Dal momento in cui Quintana è entrata nella mia vita, ho vissuto con il timore che qualcosa di terribile le sarebbe potuto accadere. Sono certa che se lei fosse ancora viva, quell’impulso sarebbe ancora più forte».
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