Franz Liszt |
Franz Liszt e gli anni di pellegrinaggio
Musicista in viaggio o musicista in fuga?
di
SALVATORE INCARDONA
Compositore rivoluzionario e dall’animo inquieto, fra il 1835 e il 1839 Franz Liszt intraprende un lungo viaggio, o forse, come sarebbe meglio definirlo, una fuga: sua compagna d’avventura è infatti la contessa Marie d’Augolt, celebre scrittrice francese che – incontrata due anni prima – ha appena abbandonato il marito e le due figlie per seguire il grande musicista ungherese. La prima tappa di questo viaggio-fuga è la Svizzera, che ispirerà al musicista l’Album d’un voyageur e il primo libro delle Années de pèlerinage. Nel frattempo, con lo scopo di non trascurare la propria attività di pianista, Liszt torna a Parigi – città dalla quale era inizialmente scappato insieme alla contessa d’Augolt – ingaggiando una sfida musicale con il compositore austriaco Sigismund Thalberg organizzata dalla principessa Belgiojoso. Nel 1837 Liszt e Marie d’Agoult giungono in Italia, dove nasceranno poi due dei loro tre figli. I soggiorni più importanti saranno quelli del Lago di Como, Venezia, Milano, Firenze e Roma. Durante questi spostamenti, Liszt ha modo di incontrare e stringere amicizia con molti esponenti della cultura musicale sia italiana che europea, fra i quali Rossini, Bartolini, Ingres e Sainte-Beuve. A questa esperienza si rifanno poi moltissime pagine di musica, soprattutto il secondo libro delle Années de pèlerinage. Numerosi sono anche gli scritti che Liszt ha pubblicato in relazione a questo viaggio e alla condizione musicale dell’epoca, fra cui le Lettres d’un Bachelier ès Musique e la prefazione agli “anni di pellegrinaggio”. Tuttavia, oggi sono in molti a credere che gli articoli in questione, pur esprimendo l’effettivo pensiero del musicista, siano stati redatti dalla sua compagna Marie d’Agoult (cfr. ad esempio Cesare Simeone Motta, Liszt Viaggiatore Europeo, Moncalieri, 2000).
Ad ogni modo, che siano vere o meno queste supposizioni, la lettura di tali scritti risulta fondamentale per la piena comprensione non solo della vita di questo straordinario musicista, ma della sua innovativa opera che tanto significato avrà per tutta la musica a venire. E il fatto che il tema del viaggio rivesta qui una componente sostanziale del percorso umano e artistico di Franz Liszt sembra pienamente confermato dalle sue parole:
«Avendo in questi ultimi tempi visitato molti paesi nuovi, luoghi diversi, molti dei quali consacrati dalla storia e dalla poesia; avendo avvertito che i vari aspetti della natura e le scene che vi si riferiscono non passavano davanti ai miei occhi come delle immagini vane, ma agitavano nella mia anima profonde emozioni; che si stabiliva tra loro e me una relazione immediata, un rapporto indefinito ma reale, una comunicazione inspiegabile ma certa, ho tentato di rendere in musica qualcuna delle mie sensazioni più forti, delle mie più vive percezioni».
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Sono queste le intenzioni svelate nella prefazione del primo volume delle Années de pèlegrinage, una raccolta pianistica di grande importanza che comprende ventisei pezzi divisi in tre quaderni, composti in un arco di tempo che abbraccia un intero quarantennio, una sorta di diario musicale che accoglie programmaticamente le suggestioni delle sue letture, delle osservazioni di opere d’arte e di paesaggi, trasponendole nelle sonorità – fino a quel momento inaudite – del suo virtuosismo pianistico.
E se l’opera di Liszt era stata e sarà sempre particolarmente ricca di queste suggestioni, nei pezzi che compongono gli Années de pèlegrinage più che altrove sembra di sentire voci e scene che richiamano la natura, le vallate e le foreste alpine, i paesaggi del confine italo-svizzero con i loro rintocchi di campana. Il “pellegrinaggio” del titolo si riferisce infatti ai viaggi compiuti fra il 1835 e il 1839 in Svizzera e in Italia, in compagnia della contessa Marie d’Agoult. Il primo libro celebra le valli e i laghi della Svizzera, il secondo è dedicato invece all’arte e alla letteratura dell’Italia. (A queste due raccolte se ne aggiungerà in seguito una terza, nel 1866-67, dedicata anch’essa a temi italiani).
L’intera raccolta pianistica segna dunque una fase nodale e importantissima nel percorso musicale di Franz Liszt, e cioè l’incontro e la lunga fuga con la contessa Marie d’Agoult. Per il compositore, ancora ventiquattrenne ma già concertista celebrato in buona parte d’Europa, questo incontro rappresenta un momento cruciale nell’intero corso della sua vita di uomo e di musicista, il quale, da quel 1835 non cesserà mai più di errare fino al ritiro in convento avvenuto trent’anni dopo.
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Franz Liszt (1811 – 1886), in ungherese conosciuto come Ferenc Liszt, fu un pianista, compositore, direttore d’orchestra e organista ungherese. Studiò e suonò a Vienna e Parigi, viaggiando in seguito attraverso tutta l’Europa. Fu uno dei grandi virtuosi del pianoforte del suo tempo, nel quale rivoluzionò la tecnica pianistica e il rapporto tra pubblico ed esecutore. Legato sentimentalmente alla contessa e scrittrice Marie d’Agoult – dalla quale ebbe tre figli – fu intimo amico di molte grandi personalità musicali, fra cui Chopin e Wagner. Nel 1847, separatosi dalla sua compagna, si trasferì in Polonia al seguito della principessa Caroline Von Sayn-Wittgenstein, continuando poi a spostarsi ancora in molti paesi europei fino al 1865, anno in cui ricevette gli ordini cattolici minori e divenne abate.
Salvatore Incardona
Salvo Incardona è nato a Vittoria. Formatosi accademicamente presso l'Università di Pisa, dove ha conseguito la laurea in lettere moderne, si è successivamente specializzato in letteratura tedesca e filologia moderna presso l'Università di Augsburg, in Germania, e dottorato infine in letterature comparate. Ha iniziato la propria carriera collaborando con alcuni periodici di filosofia e critica letteraria (Studi Germanici, Ctonia), in qualità di consulente per numerose case editrici (fra cui ArteStampa e Carocci) e come pubblicista per la rivista Tratti. Ha firmato numerosi articoli per il Wall Street International Magazine, partecipando attivamente alla nascita della testata. Ha tradotto e curato, fra gli altri, il saggio «Antropologia delle immagini» di Hans Belting, alcuni testi di André Malraux e tutte le ultime pubblicazioni di Gianni Salvaterra. Nella città di Imola, dove ha trascorso gli ultimi anni, è stato attivo sia come insegnante di lingua tedesca che in qualità di docente di scrittura e scrittura creativa. Rientrato di recente in Sicilia, lavora in qualità di direttore artistico presso l'associazione culturale Démodé.
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