lunedì 12 aprile 2021

Italo Calvino, Gli “Amori difficili” e l’alfabeto della scrittura combinatoria

 



Italo Calvino, Gli “Amori difficili” e l’alfabeto della scrittura combinatoria

di Giuseppe Lagrasta

29 OTTOBRE 2018


Prima parte

La sfida combinatoria

La scrittura per Italo Calvino rappresenta una sfida continua, una lotta quotidiana per occupare gli spazi lasciati liberi dall’entropia; occupare quegli spazi, per Calvino, vuol dire allargare il controllo su ciò che provoca il trascorrere del tempo, il vuoto a causa della distanza, l’ansia per la ricerca di un continuo altrove, la forza di lottare per appianare le condizioni umane, di un essere umano, di per sé << difficili >>.

Lo scrittore, quindi, scrive per un lettore invisibile ai suoi occhi e alla sua immaginazione, ma produce per lo stesso,  una scrittura che consente di risemantizzare i termini di una condizione umana <<difficile>> da gestire e da ricollocare alla fine di ogni giornata, alla fine di ogni rito di passaggio, di ogni stagione della vita. E il fondale di questo teatro della vita si apre a nuove figure, nuove attività dialogiche, nuovi momenti di ricerca di incontro che però spesso non si concludono se non con un nulla di fatto. E’ il momento in cui l’io dello scrittore prende le distanze e scantona, evita il palpito continuo con il lettore, si ammanta di ombre sfuggendo a sue responsabilità. Ma è solo per un attimo che avviene la determinazione di questa elisione  – cancellazione.

E il silenzio prende spazio, tra amori difficili, avventure difficili, situazioni difficili, condizioni umane difficili. tenteremo di legare il termine <<difficile>> al comportamento di alcuni protagonisti della narrativa di Italo Calvino, lasciando al lettore l’opportunità di creare nuove connessioni, con un alfabeto calviniano ricco sempre più di sorprese e di stordimenti metaforici e narrativi. Saremo costretti a citare l’aggettivo <<difficile>> più e più volte per sottolinearne la valenza problematica, argomentativa e discorsiva che occupano lo spazio narrativo calviniano.

Difficile sarà, allora per Palomar, indagare il senso della fine, di una fine che si colloca tra il senso dell’incomunicabilità umana e una natura a volte difficile da interpretare a volta gioiosa nella sua disponibilità all’accoglienza dell’umano.
Difficile sarà per il Viaggiatore d’inverno ricollocare i suoi oggetti, le sue parole e le sue cose e le sue avventure tra il correre del tempo, l’entropia senza limiti e le difficoltà incontrate per definirsi un suo destino, in una comunità di destini.

Sarà, altrettanto, angosciante per Marcovaldo, oltrepassare il muro dei sogni e doversi vedere costretto ad aprire gli occhi per conoscere il dolore di essere un uomo di città, perduto tra la nostalgia di un’infanzia quasi felice e una adultità piena di tarme, di storpiature, di fallimenti riconoscendosi, almeno nei figli e nella sua paternità per non esaurirsi, definitivamente, in un dannato della terra.

Lo sarà anche per il Cavaliere Inesistente, sempre alle prese con le sue difficoltà, sempre e continuamente interessato a mettere ordine nel disordine continuo provocato dalla vita quotidiana dell’entropia, costretto a vivere nel vuoto delle sue molteplici esistenze vuote senza sviluppare nessuna possibilità conoscitiva.
Il mondo è vuoto, vuoto e l’armatura, vuoto e il corpo, polvere, neanche polvere è il sentimento che lega il cavaliere inesistente alla sua vita continuamente alla ricerca di un cuore, il suo, perduto.

Le difficoltà le affronta anche Violante, detta Viola, d’Ondariva, la principessina innamorata di Cosimo di Piovasco di Rondò, (protagonista de “Il Barone rampante”), anch’ella presa dalla vita quotidiana, dall’amore inconsulto, in lotta con la sua infanzia e con la sua vaga maturità. Cosimo soffre, Viola pure, il dolore degli altri è presente in Cosimo nonostante viva tra gli alberi. E Viola si perde tra conformismo e desiderio di libertà, condizioni estremamente sconcertanti nel clima dell’epoca. Infatti, anche qui, il termine <<difficile> assume la sua pregnanza. E le difficoltà di Viola e di Cosimo, incarnano il disagio di essere di vivere e di relazionarsi espressioni tipiche della poetica narrativa di Italo Calvino.

L’entropia assume, quindi, nella narrativa di Calvino, un ruolo importante e problematico, che connette, così, la vita alla morte, il desiderio al gioco, la passione al lutto. Ci troviamo di fronte a un castello di vite umane fatte di destini incrociati che chiedono asilo, che chiedono una pausa, forse requie al loro destino di anime vagabonde.

Si concreta così. l’idea di un romanzo calviniano strettamente  connesso al canone novecentesco del romanzo di formazione, in quanto gli esempi riportati in questo articolo ne considerano la valenza e l’efficacia valoriale.

I personaggi di questi romanzi accettano le sfide rivenienti dalle difficoltà incontrate e cominciano una nuova lotta, in continuità con il loro passato e con il loro presente tentando di intravedere uno spiraglio per il futuro, il loro futuro. Non hanno paura, non temono variazioni sulle loro strade vitali, attendono che l’attimo scorrevole ma fluido possa essere intercettato e rivitalizzato, rivissuto, riconquistato. L’ostacolo provocato dalla difficoltà si trasforma, allora, in un metodo per rintracciare risorse perdute e non intercettate, energie dissipate nel vuoto della storia personale ma che ora viene di nuovo arricchita con << strumenti umani >> che sia Calvino che Elio Vittorini chiameranno, << conoscitivi >> .

E la vita che si trascorre tra mille disagi, mille strane combinazioni e molteplici disavventure, sempre alla ricerca di senso e significato, si promuove vitale e vivibile con l’arricchimento di nuove strategie conoscitive che sono indicate dalla relazione, dalla comunicazione, dalla progettazione, dalla leggerezza e dalla molteplicità. Lo strumento conoscitivo, comunque, è rappresentato anche dalla letteratura, dalla struttura della narrazione, quale elemento di innovazione per lo sviluppo della creatività e dell’immaginazione.

Ciò che sta alla base di questi racconti è la difficoltà di relazionarsi e di comunicare, dialogare aprendo così una zona di silenzio, un luogo in cui fare epochè, in cui tentare di rintracciare le parole per dire l’umano e dell’umano. Ecco che l’autore ligure invita ad esplorare, aprire varchi, disseminare parole e dialoghi, circostanze di avvicinamento tra gli umani che fanno dell’incomunicabilità un momento di sfida e di frammentazione dell’umano che spesso perde le parole per dire, le parole per essere, le parole per comunicare.


Seconda parte

Lo spazio combinatorio

La narrazione calviniana, spesso dipana dei momenti di crisi nella relazione umana e tra le relazioni umane; sono momenti in cui, il narrare calviniano si fa più denso, e la ricerca dello scrittore, di parole tra parole che sfuggono. si fa ostinata, precisa e puntigliosa; lo scorrere del narrare dello scrittore ligure apre a nuovi spazi letterari in cui solo una <<parole chiave >> connota l’avvio di una storia che d’ora pin poi si farà struttura densa, efficace, espansa, lieve, fluida e discorsiva. Italo  Calvino scrive nella presentazione alla raccolta di racconti “Gli amori difficili”:  avventura, nella maggior parte dei casi indica soltanto un movimento interiore, la storia di uno stato d’animo,  un itinerario verso il silenzio” in, Racconti e Romanzi, vol. II, Meridiani  Mondadori, Milano, 1992, p. 1289).

La parole chiave “difficile”, quindi si insinua nella tessitura narrativa e si dipana, si allarga, si rende nella sua fluidità, magmatica, armoniosa, problematica, riflessiva tanto che l’autore, ad un certo punto invoca l’itinerario del silenzio, del movimento interiore, della ricerca e conoscenza di uno stato d’animo.

Il silenzio per Calvino non è uno stadio soltanto passivo, ma nei rapporti umani assume un valore di bene prezioso, un valore assoluto. “E nel cuore di questo sole – scrive Calvino – era silenzio”.  Tra mille difficoltà, forse, pian piano sta emergendo come la sfida all’entropia si vince con la meditazione, con la scoperta del mondo interiore e con il desiderio di scrivere e di scriversi, di riconoscersi e di abitarsi nel tempo della propria vitalità interiore che rischia sempre di essere dissipata dal giogo quotidiano delle avventure e delle disavventure. La scrittura di Calvino è detto nella Presentazione “fin tanto evoca immagini di bellezza e felicità, è rarefatta laconica pausata, ma appena deve dire la durezza  della vita si fa minuziosa, copiosa fitta fitta” (Op. cit. p. 1289)

La narrazione quindi attraversa le storie con una attenzione particolare al dire narrativo e allo stile del narrare. Il dire narrativo si coniuga stabilendo l’incontro tra la trama, i personaggi e la storia, lo stile narrativo si dipana attraverso le linee della descrizione dei fatti, quindi dalla descrizione si passa al racconto, min sè e per sé.

Lo spazio narrativo combinatorio si apre a nuovi percorsi e a nuove ipotesi che per Italo Calvino rappresentano stimoli continui per la ricerca di esplorazioni, manomissioni di canoni che tardavano ad essere divelti, tipo il neorealismo che in quel periodo era preponderante in Italia. E il combinatorio si esprime attraverso il passaggio dal modello del narrare descrittivo al modello del narrare raccontando. I due stili fluidificano  offrendo una serie di dispositivi narrativi di eccellente fattura perché si intrecciano linearità, leggerezza, rapidità e precisione, scarti di narrazione che portano vantaggio nel lettore che da invisibile si trasforma in lettore collaborativo e appartenente, elementi, questi che rappresentano potenziali capacità di scoperta del piacere del testo.

E lo spazio narrativo calviniano di quali elementi si nutre ? Lo spazio narrativo è rappresentato dalla metafora per eccellenza che è l’entropia. L’argomentare amplia la discussione narrativa e lo scenario, il fondale del teatro calviniano delle difficoltà, della lotta e della sfida si muove contro l’entropia e contro la dissoluzione del tempo cosmico e del tempo umano. Due dimensioni della ricerca letteraria calviniana che non sfuggono mai alla sua attenzione di scrittore dedito all’incarnare la molteplicità conoscitiva.


LA SCRITTURA MERIDIANA





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