Francesca Marciano |
Francesca Marciano, sceneggiatrice romana giramondo che a NY ha capito di essere una scrittrice
Scrive sceneggiature per cinema in italiano (David di Donatello nel 1992) e romanzi in inglese. Ha conquistato Michiko Kakutani, feroce critica del New Yorker
Sorseggia il suo the osservando Central Park circondata da vivaci colori primaverili: l’erba è di un verde intenso e le querce rosse hanno perso la sfumatura bronzea dell’inverno per vestirsi di rosso purpureo. La luce del sole viene da occidente, ed è ancora forte.
A Michele ha anche raccontato che “qui ci è arrivata giovanissima, alla fine degli anni’70, nel momento in cui lei stava diventando una persona adulta, assaggiava l’indipendenza e ha fatto le prime esperienze. Era una città molto diversa da adesso, non era così divisa in classi sociali, tutto era coeso in un’atmosfera bohemien e c’erano serate incredibili con persone che poi non si sarebbero mai più incontrate” Sorride “C’è stato un momento, un giorno preciso, in cui si è resa conto che voleva essere una scrittrice e che si doveva prendere la responsabilità di questa decisione ed è successo proprio qui, a New York. Ma da quel momento e la pubblicazione sono passati anni”
Francesca Marciano aggiunge acqua calda al suo the e gira il cucchiaino in piccoli cerchi.
I camerieri del Loeb Boathouse lavorano con costanza ma senza fretta, lavano bicchieri, shakerano Martini, si passano le mani umide sopra i grembiuli neri. Un ragazzo – circondato da una dozzina bambini sporchi della schiuma leggera delle bolle di sapone – si avvicina ad un cameriere. Appoggia per terra una coppia di bastoni uniti da una garza e chiede delle indicazioni stradali. Ha un grande volto sorridente, gli ricorda quello di Claudio Amendola quando lo ha diretto in Lontano da dove, il film che ha girato del 1982 insieme a Stefania Casini proprio a New York.
È una relazione anomala quella che ha con il cinema: è passata da attrice, a regista a sceneggiatrice affermata. “Quando ho recitato ero giovanissima” – ricorda ad Ilaria Zaffino su Repubblica “è stato un periodo molto breve della mia vita, ho capito che non era la mia strada. Il primo film è capitato per caso con Lina Wertmüller, avevo vent’anni. Dopo ho lavorato con Pupi Avati, ma poi basta, sono andata in America a studiare. Non mi piaceva fare l’attrice, mi sentivo passiva, invece a me interessava quel che succedeva sul set ma volevo stare dall’altra parte, dalla parte di chi lo faceva. Ho sempre continuato a lavorare per il cinema, alternando film e romanzi”. Dal 1982 ad oggi ha scritto venticinque sceneggiature lavorando con Bernardo Bertolucci, Gabriele Salvatores, Maria Sole Tognazzi e Valeria Golino. Nel 1992 ha vinto il David di Donatello per la sceneggiatura di Maledetto il giorno che t’ho incontrato con Carlo Verdone.
“Aver scritto tanto per il cinema mi ha allenato a gestire i tempi, con i tagli, la velocità con cui si passa da un momento all’altro, come nelle sceneggiature una scena succede all’altra” racconta a Repubblica “Certo quando si scrive un film tutto quello che scrivi si vede, la magia della letteratura è invece mescolare il visibile e l’invisibile. Ma la scrittura cinematografica è sicuramente nel mio retropensiero anche quando scrivo”.
L’animatore con la faccia da Claudio Amendola sfrega le palme delle mani sulle ginocchia dei jeans appiccicosi. Ringrazia e va via portandosi con sé il gruppetto di ragazzini che riprendono ad urlare festosi. Le piace lo schiamazzo dei bambini, l’ottimismo senza complicazioni delle loro voci è lo stesso sia a New York che a Roma che a Nairobi.
Era in Africa quando il suo primo romanzo Rules Of the Wild (Cielo scoperto, Mondadori 1998) è stato acquistato dalla Alfred A Knopf. Lei e la sua editor hanno lavorato senza conoscersi e mandandosi il manoscritto usando DHL con le note scritte a penna. “Una volta” ha raccontato sempre a Michele “ho affidato il mio manoscritto ad un pilota di un piccolo aereo rudimentale da dieci posti sperando che arrivasse a destinazione. Per fortuna tutto è andato bene.” Rivolge lo sguardo verso la Random House Tower come se la potesse scorgere tra le foglie. Ricorda l’emozione quando è entrata per la prima volta nell’enorme hall della Knopf dove sono esposte le prime edizioni di tutti gli scrittori che hanno pubblicato per loro dagli anni Venti. “È stata davvero un’emozione incredibile, pensavo di essere arrivata nel cuore della letteratura americana”.
Rules of the wild, pubblicato nel 1998, racconta la storia di Esmé che, dopo la morte improvvisa dell’eccentrico padre, lascia Roma e parte per il Kenya. Conquistata dallo spettacolo della natura, decide di restarvi. Attraverso la conoscenza di due uomini conosce il lato romantico e doloroso dell’Africa. Dopo la pubblicazione negli Stati Uniti venne pubblicata in Italia dalla Mondadori e successivamente in altri tredici paesi trasformando il romanzo in un best seller. Sulle pagine del New York Times Richard Bernstein parlò di un «romanticismo degno di Flaubert» ed elogiò incondizionatamente «la forza narrativa e la capacità di coinvolgimento» dell’autrice.
Nel 2002 viene pubblicato Casa Rossa (Loganesi, 2002) che racconta una saga familiare che attraversa gli anni Settanta. Antonio Monda ne scrive così su Repubblica: L’ ambientazione italiana di Casa Rossa rivela molti riferimenti autobiografici che vengono rivissuti con uno sguardo che alterna la malinconia del ricordo alla necessità della ricerca e della comprensione. Casa Rossa è il nome di una villa posseduta in Puglia per tre generazioni dalla famiglia Strada. La protagonista, di nome Alina, ritorna nella vecchia casa di campagna quando questa viene messa in vendita, e si presenta al lettore con un incipit spiazzante, che dà immediatamente il tono all’ intero romanzo: “Quando eravamo piccole, io e mia sorella Isabella ci chiedevamo se Alba avesse ucciso nostro padre. Ucciso, e poi messo in piedi la storia del suicidio“. La vicenda, che per usare le parole della protagonista “non racconta quello che sappiamo o abbiamo, ma quello che abbiamo perso.”
Il terzo romanzo The End of Manner (La fine delle buone maniere, 2007) è la storia di Maria, una fotografa che preferisce lavorare con i cibi anziché le persone. Un’agenzia internazionale la sceglie per fotografare donne afgane che tentano di sottrarsi ai matrimoni combinati.
Il Loeb Boathouse si riempie all’improvviso di gente elegante. Persone d’affari che hanno finito di lavorare e si ritrovano con gli amici per un drink prima di andare a casa. Alcuni di loro hanno una copia del The New York Times piegata nella tasca esterna della giacca. Francesca Marciano ricorda nitidamente quando il suo nome è stato pubblicato su quel giornale e il suo libro è stato apprezzato da Michiko Kakutani, la terribile critica letteraria americana.
“Non me l’aspettavo che recensisse il libro e lo apprezzasse.” Racconta su Repubblica “Tutti la temono, non si è fatta scrupolo di stroncare scrittori molto importanti. Quando ha telefonato al mio editore americano per chiedere se veramente l’inglese fosse la mia seconda lingua, sono andati tutti nel panico. Io non ci ho dormito la notte e sicuramente non mi aspettavo il suo commento, quel suo: ‘not unlike, cioè non differentemente, da Alice Munro’.
Michiko Kakutani ha recensito il libro di racconti “The Other Language” Isola grande Isola piccola (Bompiani 2014) definendo le storie di Francesca Marciano “magiche e veloci che passano da Roma a New York a Mombasa, da un piccolo villaggio greco a un’isola remota al largo della Tanzania a una fortezza sulle rive del fiume Narmada in India.” Sottolinea come per i personaggi del libro, viaggiare – o trasferirsi in un’altra città o paese, in un’altra cultura – è un modo per reinventarsi, per scrollarsi di dosso un’identità e provare qualcosa di incantevolmente esotico o solo vagamente nuovo. “Marciano ci fa vedere che queste azioni apparentemente impulsive sono in realtà radicate nell’accumulo, nel corso degli anni, di una miriade di piccoli e grandi risentimenti, e di tracciati e ripercussioni di dipendenze e modelli infelici.”
Nel 2021 viene pubblicato Animal Spirit (Mondadori, 2021) una raccolta di sei racconti attraversati, illuminati – talvolta infestati – dalla presenza animale. Le protagoniste sono principalmente donne che si trovano ad affrontare una scelta, un bivio cruciale che cambierà la loro vita: relazioni clandestine che terminano dolorosamente, eventi che riportano a galla dolorosi e traumatici ricordi del passato, vacanze che cambiano di segno e aprono a nuove avventure.
La redazione di Radio Città Fujiko ha sottolineato come “le storie, seppur piene di difficoltà, hanno tutte una risoluzione, un battito d’ali che ci riconduce fuori e rende liberi: ed è proprio questa ritrovata connessione con il mondo e la natura che diventa salvifica e ci fa splendere di nuovo.”
Adesso il sole è basso all’orizzonte. La luce del tramonto è dappertutto, violenta e fluente, violacea e stupenda. Francesca Marciano si alza dalla sedia del Loeb Boathouse. È il momento di tornare a scrivere.
LA VOCE DI NEW YORK