Francis Scoot Fitzegald |
Gatsby, il mito dell’eroe tragico al gran ballo dell’età del jazz
Dal 1º aprile in edicola con il «Corriere della Sera» il capolavoro di Francis Scott Fitzgerald, seconda uscita della nuova collana «I classici di una vita»
di MARCO BRUNA31 marzo 2020 (modifica il 31 marzo 2020 | 20:49)
Ossessionato per tutta la vita dal successo, inseguito dai critici e dalla sfortuna, Francis Scott Fitzgerald (1896-1940) regalò alla letteratura americana uno dei suoi eroi più tragici, Jay Gatsby. Il mito di questo anonimo ragazzo di provincia cresciuto senza un soldo, star della società newyorchese degli Anni Ruggenti, uscì per Scribner il 10 aprile 1925, 95 anni fa, in poco più di duecento pagine incorniciate dentro un titolo immortale.
Il grande Gatsby — dal 1º aprile in edicola con il «Corriere della Sera» nella nuova collana «I classici di una vita» — è un libro dal destino paradossale. Prima di diventare un bestseller, l’opera che T.S. Eliot considerava il primo passo in avanti nella narrativa americana dai tempi di Henry James si rivelò un fallimento. Gatsby venne pubblicato con una tiratura di 23.870 copie e rese a Fitzgerald duemila dollari, appena sufficienti a coprire il debito con l’editore. Per il romanziere che insieme a Hemingway si portò sulle spalle l’età del jazz fu un’umiliazione, curata con l’onnipresente bottiglia di gin. Prima di morire, il 21 dicembre di ottant’anni fa a Hollywood, Fitzgerald scrisse al suo editor Maxwell Perkins, scopritore di una generazione di giganti, una lettera di supplica: «Vorrei che i miei libri fossero in stampa… Credi che un’edizione da venticinque centesimi manterrebbe Gatsby all’attenzione del pubblico oppure il libro non è più popolare?».
La parabola di Jay Gatsby è narrata in prima persona da Nick Carraway, reduce della Grande guerra che dal Midwest si trasferisce a Long Island. Per ottanta dollari al mese, Nick affitta una casa nell’immaginaria West Egg e lavora come agente di borsa. Nell’abitazione alla sua destra vive un personaggio leggendario, in un palazzo che è «una copia accurata di qualche Hôtel de Ville della Normandia», con una grande piscina e venti ettari di giardino. Gatsby si presenta soltanto nel terzo capitolo ma la fama lo rende già onnipresente. La sera tardi musica e grida di divertimento esplodono dalle sue sontuose feste, dove sono più le persone che non conosce che quelle che ha invitato. Una dimostrazione di potere che incuriosisce morbosamente i presenti: c’è chi sostiene che Gatsby abbia ammazzato un uomo o che abbia fatto la spia per i tedeschi durante la guerra, c’è chi giura che sia un contrabbandiere e chi crede che non viva in una casa ma in una nave che si sposta lungo la spiaggia di Long Island. Nessuno sa da dove provenga la fortuna di Gatsby e come quest’uomo sui trent’anni, che dice di aver studiato a Oxford — eco letteraria della mancata laurea di Fitzgerald a Princeton —, sia così in vista nell’alta società del luogo.
Secondo l’amico e critico letterario Malcolm Cowley, per tutta la vita Fitzgerald è stato «da un lato ospite di un grande ballo e dall’altro ragazzino che sbircia dalla finestra le belle signore eleganti». Come Gatsby, Fitzgerald ha vissuto nell’alta società senza mai appartenerle. Fu anche per questo che donò al suo eroe la tenacia e la spregiudicatezza necessarie per trasformarsi da anonimo James Gatz del North Dakota nel «grande» Jay Gatsby, l’arrivista dal passato oscuro che a West Egg esaudisce il proprio sogno: essere di nuovo vicino a Daisy, la ricca amata di un tempo e cugina di Nick che non è riuscito a sposare a causa dell’inferiore rango sociale. Tra le righe di quest’infelice storia d’amore fa capolino l’altrettanto infelice biografia di Fitzgerald, che venne rifiutato dall’ereditiera Ginevra King perché troppo povero e che Zelda Sayre sposò soltanto dopo che lui raggiunse il successo.
La fama di Francis Scott Fitzgerald, nato a Saint Paul, Minnesota, esplose con opere di impronta autobiografica come Di qua dal Paradiso (1920), successo strepitoso da 40 mila copie, la raccolta di racconti Maschiette e filosofi (1920), Belli e dannati (1922) e la seconda raccolta Racconti dell’età del jazz (1922), queste ultime due meno fortunate degli esordi.
Con Zelda, affascinante e spregiudicata, visse una storia d’amore tormentata. Insieme si immersero negli eccessi dell’America proibizionista, viaggiarono in Europa e vissero a Parigi, il porto felice della lost generation. Ebbero una figlia, Scottie, e si trasferirono per un periodo a Great Neck, Long Island. Zelda subì un grave crollo nervoso il 23 aprile 1930, il primo di una serie che la portò a numerosi ricoveri in clinica.
L’incontro con Gatsby stravolge la vita di Nick. Attraverso l’aiuto di quest’ultimo, Gatsby prova a strappare Daisy al rude e maldestro marito Tom Buchanan. È questo disperato tentativo a dare forma alla sua tragedia. Fitzgerald ha consegnato alla storia la vicenda di un uomo che crede ciecamente nei propri sogni, e che per raggiungerli sfida anche la morte. A voler guardare in fondo al cuore di Gatsby, si troverà quello del suo creatore.
La traduzione di Fernanda Pivano che lo scoprì con Pavese
È in edicola dal primo aprile, con il «Corriere della Sera»,Il grande Gatsbydi Francis Scott Fitzgerald, secondo titolo della nuova collana «I classici di una vita». La serie raccoglie venti tra le più grandi opere della letteratura, provenienti dal catalogo Oscar Mondadori. Il volume è in vendita a € 6,90 più il costo del quotidiano, come le uscite successive, tutte settimanali. La collana è realizzata con la partecipazione di Intesa Sanpaolo. La traduzione italiana di Gatsbyproposta dal «Corriere» è quella storica di Fernanda Pivano (1917-2009). Il capolavoro di Fitzgerald è uno dei libri a cui era più affezionata. Nel corso della sua lunga carriera di americanista, saggista e traduttrice, Pivano scrisse del romanzo a più riprese, confessando di aver ritradotto, per puro piacere, alcuni passi che l’avevano affascinata. Scoprì Fitzgerald insieme a Cesare Pavese in un negozio di via Po, a Torino, subito dopo la guerra: frugando tra i volumi lasciati dagli Alleati si imbatterono nel curato da Dorothy Parker nel 1945 per Viki Portable Fitzgeraldng Press, nella collana di Malcolm Cowley. La versione in italiano del Grande Gatsby da lei firmata uscì nel 1950 per Mondadori, anno in cui Pavese morì suicida. La prima traduzione di Gatsby, di Cesare Giardini per la serie «I Romanzi della Palma» di Mondadori, venne pubblicata nel 1936 con il titolo Gatsby il magnifico. Tra le versioni in italiano dell’opera vanno segnalate quelle più recenti di Alessandro Ceni ed Enrico Rotelli, uscite rispettivamente per Giunti (2016) e per Bompiani (2019), e quelle di Franca Cavagnoli per Feltrinelli (2011) e di Pierdomenico Baccalario nella serie per ragazzi di De Agostini (2016). (ma. b.)
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