domenica 21 febbraio 2016

Umberto Eco / E il professore diventò un personaggio di Dylan Dog


La striscia di Dylan Dog in cui compare Umberto Eco

E il professore diventò 
un personaggio di Dylan Dog


La passione di Umberto Eco per i fumetti ricambiata con un omaggio di Tiziano Sclavi

di ALESSANDRO TREVISANI
20 febbraio 2016 (modifica il 20 febbraio 2016 | 21:44)

Il 19 febbraio 2016 è scomparso nella sua casa milanese lo scrittore Umberto Eco. Aveva 84 anni Al numero 13 di Piazza Castello c’è un giacimento di fumetti che potrebbe fare invidia ai più meticolosi collezionisti. Soprattutto, da qualche parte, ci dev’essere un originale di Milo Manara: una striscia molto piccante, che il fumettista dedicò alla figlia di Umberto Eco. Un omaggio che lasciò spiazzato il prof. «Ma poi prese ad apprezzarlo», ci racconta Fulvia Serra, già direttore delle riviste Linus e Corto Maltese, amica storica dello scrittore morto venerdì a 84 anni. «In quella strip c’era una donna appoggiata di schiena su un letto. Ma la figlia di Eco era una mia fan, così non ebbi dubbi sulla mia scelta», racconta Manara.

Certo è che dei fumetti Eco era studioso e appassionato. Soprattutto di Dylan Dog. «Posso leggere la Bibbia, Omero o Dylan Dog per giorni e giorni senza annoiarmi», disse Eco una volta. Un amore ricambiato da Tiziano Sclavi, che nel 1998 affida a Bruno Brindisi la fumettizzazione di Eco, nel personaggio di Humbert Coe, un glottologo che il governo inglese chiama a decrittare alcuni misteriosi messaggi che provengono dallo spazio. L’albo, dal titolo Lassù qualcuno ci chiama, tratta il tema della lingua universale, tra Babele, il Galles e una girandola di divertenti incomprensioni tra i protagonisti della storia. 

Ma si sa che Eco prediligeva i comics americani. Aprile 1965: nel primo numero della rivista «Linus» (che si realizzava in via della Spiga), Eco intervista Oreste Del Buono e Elio Vittorini. Tema: i Peanuts. «La forza di Charlie Brown è che ripete sempre con ostinazione, ma con un senso del ritmo, qualche elemento fondamentale. Come certo jazz ripete con ostinazione una certa frase musicale», dice Eco ai suoi sodali, battezzando così la scienza fumettistica italiana.

Anche l’opera di Hugo Pratt era una grande passione, per Eco. Celebre la sua frase: «Quando ho voglia di rilassarmi leggo un saggio di Engels, se invece desidero impegnarmi leggo Corto Maltese». «Eco di Pratt aveva enorme rispetto», conferma Serra. Nella prefazione a Le Etiopiche (Bompiani, 1979) Eco scrive che Pratt «pronuncia la arringa più bella in favore del fumetto come genere autonomo», e chiude così: «Pratt rende materia di narrazione avventurosa la propria nostalgia della letteratura, e la nostra». 

E in fondo al fumetto di Dylan Dog, Humbert Coe cita «In cosa crede chi non crede», il dialogo tra Eco e il cardinale Martini pubblicato nel 1996. Il personaggio legge alcuni passi di Eco sull’esistenza di «messaggi che non perdono mai la propria traccia immateriale, gli incunaboli di una specie di aldilà laico. Dice allora Eco-Coe: «Chissà che la morte, anziché implosione, sia esplosione, e stampo, da qualche parte, tra i vortici dell’universo». Un fumetto ripetuto all’infinito, come i tenerissimi Peanuts: forse era proprio così che Eco immaginava la sua dipartita.

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