lunedì 30 novembre 2020

Walter Tevis / La regina degli scacchi


 Walter Tevis

La regina degli scacchi


A otto anni, Beth Harmon sembra destinata a un'esistenza squallida come l'orfanotrofio in cui è rinchiusa: sola, timida, bruttina, dipendente dai farmaci, terrorizzata da un mondo che non capisce e che non fa nulla per capirla. Finché un giorno si trova davanti una scacchiera. Gli scacchi diventano per lei non soltanto un sollievo, ma anche una speranza: schemi di gioco come la Difesa Siciliana e il Gambetto di Donna ("The Queen's Gambit" è proprio il titolo originale di questo romanzo) sono le armi con cui comincia a farsi prodigiosamente strada nei tornei e nella vita. Ma se da una parte la sua precoce ascesa all'olimpo scacchistico la porta ad affrontare, a soli diciassette anni, il campione mondiale, la maestria di giocatrice non basta a liberarla dalla paura, dalla solitudine e dalle tendenze autodistruttive. Un ritratto femminile, una storia che vibra di suspense, un atto d'amore verso il gioco più nobile e spietato: "La regina degli scacchi" è l'ultimo romanzo di uno scrittore che è riuscito a narrare come pochi altri l'alienazione, la speranza e il riscatto.


RECENSIONI

«Un personaggio indimenticabile, un’opera perfetta e commovente».
Jonathan Lethem

«Un libro appassionante [...] una magnifica ossessione».
Los Angeles Times

«Prima di aprire La regina degli scacchi vi consigliamo di fasciarvi le dita, altrimenti rischiate di rosicchiarvele fino al gomito per la suspense».
Houston Chronicle




mercoledì 25 novembre 2020

«La regina degli scacchi» / Il conflitto tra talento e prezzo da pagare

 



«La regina degli scacchi», il conflitto tra talento e prezzo da pagare

1 novembre 2020 (modifica il 1 novembre 2020 | 20:40)

Nella serie Netflix, la bravura dell’ideatore e regista Scott Frank è stata quella di innestare nelle sfide della scacchiera i traumi, le ossessioni e il desiderio di affermazione della protagonista

«Quelle come te non hanno vita facile. Sei due facce della stessa medaglia; da una parte il talento, dall’altra il prezzo da pagare. Non si può dire quale sarà il tuo di prezzo, avrai il tuo momento di gloria, ma questo non durerà, tu hai così tanta rabbia dentro, devi fare attenzione». Chi parla è Scheibel, il vecchio custode di un orfanotrofio che sta insegnando alla piccola Beth Harmon il gioco degli scacchi. Basata sull’omonimo romanzo di Walter Tevis (titolo originale: «The Queen’s Gambit»), «La regina degli scacchi» (Netflix) racconta la vita di una bambina prodigio abbandonata e accolta da un orfanotrofio nel Kentucky alla fine degli anni ‘50. La giovane scopre di avere un’incredibile predisposizione per gli scacchi, che a poco a poco diventeranno le armi con cui comincerà a farsi strada nei tornei e nella vita.



Nel cinema (ne «Il settimo sigillo» di Ingmar Bergman il cavaliere Antonius Block gioca a scacchi con la morte) e nella letteratura («Attraverso lo specchio» di Lewis Carroll si basa sulle mosse di pezzi di scacchi che prendono vita), gli scacchi sono stati spesso usati come allegoria della vita: sono un gioco di strategia, dove non basta una buona mossa, occorre un buon piano, una visione del mondo e, soprattutto, un nemico da battere. Chiunque esso sia. La bravura dell’ideatore e regista Scott Frank è stata quella di innestare nelle sfide della scacchiera i traumi, le ossessioni, il desiderio di riscatto e di affermazione di Beth (Anya Taylor-Joy), come se ogni mossa facesse parte di una tessitura narrativa. Per la ragazza gli scacchi sono un «gioco» che incanala, e nello stesso tempo esaspera, un’aggressività implacabile. Le partite, anche per chi non ne conosce le regole, diventano così la storia di un conflitto insanabile tra talento e prezzo da pagare. Gli abiti che Beth indossa sono splendidi: visivamente, anche il glamour fa parte del suo momento di gloria.

CORRIERE DELLA SERA



martedì 24 novembre 2020

La Biblioteca nazionale di Napoli acquista all'asta una lettera di Leopardi


La Biblioteca nazionale di Napoli acquista all'asta una lettera di Leopardi

Comprata per ottomila euro dalla Finarte. Il poeta la scrisse nel 1825 al conte Muzzarelli per ringraziarlo di una poesia che gli aveva dedicato

Una lettera per “ Sua eccellenza reverendissima, monsignore Carlo Emmanuele Conte Muzzarelli”. La calligrafia, chiara e gentile, non inganna. È proprio quella di Giacomo Leopardi. La Biblioteca nazionale di Napoli entra in possesso di una rara missiva del grande poeta, che arricchirà l’enorme fondo a lui dedicato. Risale infatti a una settimana fa esatta il suo acquisto all’asta della Finarte dedicata a libri, autografi e stampe. L’operazione, conclusa per ottomila euro, ha visto l’importante la collaborazione della Soprintendenza archivistica del Lazio, che ha consentito alla Nazionale, riconosciuta come sede naturale del documento ( dato che sono proprio a Napoli quasi i tutti i fogli del recanatese, custoditi a lungo dall’amico Ranieri), di attivarsi attraverso i canali di spesa. Ed eccolo lì, il messaggio per il conte Muzzarelli, revisore dei conti al tribunale della Sacra Rota, accademico e figura di spicco nell’ambiente culturale romano.

La data di composizione è il 18 dicembre 1825, quella di ricezione il 22. Sono presenti ancora le tracce del bollo a cera e del timbro postale di Bologna, città in cui Giacomo alloggiò fino al novembre 1826. L’autografo appare al quarto foglio ( le cui dimensioni sono di 240 millimetri per 188). « La Biblioteca Nazionale – spiega il direttore, nonché soprintendente archivistico per la Campania Gabriele Capone – custodisce la quasi totalità del corpus delle opere leopardiane, oltre all’80 per cento delle corrispondenze inviategli da parenti e amici. Il nostro impegno è da tempo rivolto a incrementare il nucleo di lettere scritte da Leopardi stesso, per svelarne quegli aspetti artistici, poetici e personali». Un documento importante, quindi. E non solo per l’autore, quanto per il contenuto, che rivela un Giacomo ben poco schivo e riservato, come la sua canonica immagine ci tramanda.

Nei suoi fogli, infatti, ringrazia Muzzarelli per le “ gentilissime espressioni” a lui dedicate in un’ode scritta dallo stesso amico. « Si tratta di un componimento di particolare interesse bibliografico e storico – riprende Capone - di cui si trovano riferimenti: più volte citato negli epistolari e repertori, si rivela utile ad una maggiore comprensione della personalità del poeta». La lettera ci presenta un Leopardi tutt’altro che riluttante, anzi, ben felice per i versi in suo onore. E che, addirittura, accoglie compiaciuto l’invito di farli pubblicare. “ Approfittando della licenza che ella mi ha conceduto – scrive il Recanatese - ho fatto stampare qui le sue belle quartine in un foglio periodico di cui le mando copia. Se ne desiderasse qualche altro esemplare vedrei di poterla servire”.

Il componimento apparve sul settimanale “ Il Caffè di Petronio” del 24 novembre 1825 (numero 51, pagina 203), edito da Pietro Brighenti, che abitava a pochi passi dall’alloggio bolognese di Leopardi (preso a pensione dal tenore Aliprandi), attiguo al teatro del Corso. “ O tu, che la tua patria in suono ardito – compone Muzzarelli nella prima delle sette strofe - Togliesti all’ozio indegno/ Di un’anima non vile odi l’invito/Di Te, di Ausonia degno”.

Il conte è ammirato per il sincero entusiasmo patriottico del poeta per le sue prime Canzoni, soprattutto per quella “ All’Italia”, versi che in quel momento infiammavano tutti i liberali. L’ode sembra infatti elogiare il sodale tanto per la sua grandezza lirica quanto per il suo ardore risorgimentale. L’epistola, che presenta uno strappo al margine bianco superiore, è stata convalidata da Daniela Bacca, responsabile per la Nazionale della sezione Manoscritti rari, confrontando la grafia con gli altri autografi presenti nel Fondo Leopardiano. Un’ultima chicca arriva nella parte finale della pagina, in cui si legge di “ ritornare i miei saluti alla signora Orfei”. Molto probabilmente si allude ad Enrichetta Dionigi Orfei, poetessa romana amica di Giacomo ( che invece poco sopportava la madre, Marianna). “ Ho saputo – prosegue lo scritto - che ella è stata qui (a Bologna, ndr) qualche giorno e m’informai dove abitasse con l’intenzione di farle visita”. Un incontro che però non è mai avvenuto: “ In quel tempo fui obbligato da un incomodo di salute a tenermi per più settimane e però non mi fu possibile di vederla”.

LA REPPUBLICA





mercoledì 11 novembre 2020

Jorge Cadavid / Teoria dell'iceberg

 



Jorge Cadavid

TEORIA DELL'ICEBERG


Nella cabina, con l'asma,

leo Moby Dick.

Sento lo sfioramento del metallo

della passantissima nave di artiglieria

contra gli icerberh.

L'ombra della morte è bianca.


Jorge Cadavid
Antartica
Raffaelli Editore, Rimini, 2020, p. 73



giovedì 5 novembre 2020

Le parole di Karl Ove Knausgård nella newsletter de «la Lettura»

Karl Ove Knausgård


Le parole di Karl Ove Knausgård nella newsletter de "la letura"

Venerdì 2 ottobre il «diario» via mail dell’inserto con l’incipit del nuovo libro dello scrittore norvegese (Feltrinelli) in anteprima e il filosofo Mauro Bonazzi su Platone

di CECILIA BRESSANELLI

1 ottobre 2020 (modifica il 1 ottobre 2020 | 22:04)


Un testo del filosofo Mauro Bonazzi, l’anticipazione del nuovo libro di Karl Ove Knausgård, i consigli dalla redazione su cosa leggere, guardare, ascoltare nei prossimi 7 giorni: venerdì 2 ottobre arriva la newsletter de «la Lettura».

Tutti i venerdì i lettori possono ricevere nella loro casella di posta elettronica il «diario» del supplemento culturale, che ogni settimana si apre su un tema diverso. Un altro canale di dialogo, gratuito, dell’inserto con i suoi lettori, in un tono spesso più intimo e colloquiale. La newsletter offre sempre anche l’anticipazione di un romanzo di grandi autori italiani o internazionali, e l’agenda sulle uscite di libri, film, serie tv, su concerti e mostre da non perdere. La newsletter arriva agli abbonati all’App de «la Lettura» che lo desiderano (ma ci si può iscrivere, anche indipendentemente dall’App, su corriere.it/newsletter).

Karl Ove Knausgård

Oggi, dicevamo, Mauro Bonazzi — che con Raffaella Colombo ha curato Sotto il segno di Platone (Carocci) —rilegge il filosofo ateniese alla luce di una certa tendenza all’individualismo, se non al narcisismo, che caratterizza la nostra epoca. Da Platone viene tratto soprattutto uno stimolo a fare comunità e a riconsiderare le ragioni del nostro stare insieme. Nel nuovo numero de «la Lettura», in arrivo nel weekend, Bonazzi si confronterà poi con Francisco Gonzalez (Università di Ottawa) sulla ricezione novecentesca di Platone e l’attualità della sua concezione politica.

Nella newsletter di oggi, anche l’incipit di In Autunno(Feltrinelli, dall’8 ottobre), primo libro di un nuovo ciclo del norvegese Knausgård, ispirato alle stagioni e dedicato alla quartogenita Anne. Lo racconta l’autore stesso nell’intervista di Alessia Rastelli nel nuovo numero dell’inserto, in edicola domenica 4 ottobre e sabato 3 in anteprima nell’App de «la Lettura» e nella Digital Edition del «Corriere». Ogni giorno l’App de «la Lettura» offre un extra digitale: oggi è un testo di Ermanno Paccagnini sui «cattivissimi» della letteratura.


CORRIERE DELLA SERA







lunedì 2 novembre 2020

Morto Sean Connery


 

Morto Sean Connery: fu sette volte 007 e Guglielmo da Baskerville ne «Il nome della rosa», ma anche Highlander e Jimmy Malone ne «Gli intoccabili»

Se ne è andato a 90 anni uno degli attori iconici del XX secolo. Ecco un ritratto per immagini del divo di Hollywood che fece il bagnino, il lavapiatti e il muratore prima di arrivare al successo


di Laura Zangarini
25 agosto 2020 | 07:13


Le origini

Sean Connery nasce a Fountainbridge, un sobborgo di Edimburgo, il 25 agosto del 1930 da Joseph Connery, un contadino e camionista scozzese figlio di immigrati irlandesi, e da Euphemia «Effie» McBain, una cameriera scozzese. Ha un fratello minore, Neil, anch’egli attore. All’età di undici anni inizia a prendere lezioni di danza; a sedici decide di lasciare la scuola e di arruolarsi nella Marina Militare Britannica. A questo periodo risalgono due particolari tatuaggi che si fa apporre sul braccio destro: «Scotland Forever» («Scozia per sempre») e «Mom & Dad» («Mamma & Papà»). La sua esperienza nella Royal Navy si interrompe nel 1950, quando non supera le visite mediche per una grave ulcera gastrica ed è congedato.


Gli inizi

Connery ha fatto svariati mestieri, tra cui il bagnino, il muratore, il lavapiatti, il verniciatore di bare, la guardia del corpo e infine il modello. All’età di diciannove anni posa nudo per l’Edinburgh Art College. Inizia a manifestare quella che inizialmente sembra una sfortuna, la precoce calvizie, caratteristica che in seguito contribuirà ad aumentare il suo fascino maturo. All’inizio degli anni Cinquanta Connery inizia a farsi conoscere sulle scene inglesi: dopo diverse piccole parti in ambito teatrale, nel 1951 prende parte al musical «South Pacific», in scena a Londra. Grazie al fisico slanciato e atletico, all’alta statura (1,89 metri) e allo sguardo ammaliante, il seducente Sean partecipa inoltre al concorso di Mister Universo (1953), in rappresentanza della Scozia, classificandosi al terzo posto. È il trampolino di lancio per il suo definitivo ingresso nello showbiz, e inizia con piccole parti in produzioni televisive e in pellicole cinematografiche che gli procurano una discreta notorietà; tra queste ultime si segnalano «Il bandito dell’Epiro» (1957) di Terence Young, «Estasi d’amore - Operazione Love» (1958) di Lewis Allen, con protagonista Lana Turner, e «Darby O’Gill e il re dei folletti» (1959) di Robert Stevenson, prodotto da Walt Disney.


Il grande successo con James Bond

La svolta professionale arriva per Sean Connery nel 1962, quando viene scelto da Albert Broccoli e Harry Saltzman per interpretare James Bond, nome in codice 007, l’agente segreto britannico protagonista dei romanzi di Ian Fleming, ruolo che ricoprirà in sette pellicole (compresa una fuori serie). Per esigenze dei produttori, Connery è costretto a indossare un toupet, a causa della calvizie e del fatto che un capo scoperto avrebbe certamente nuociuto al fascino del personaggio di Bond; l’attore ne farà tuttavia uso anche in interpretazioni successive come in «Marnie» (1964). Nuovamente diretto da Terence Young, dopo una prima collaborazione nel 1957, Connery si dimostra perfetto per quel ruolo, sia dal punto di vista fisico sia dal punto di vista caratteriale: astuto, elegante, freddo, seducente, in breve divenne uno dei più celebri sex symbol del pianeta. Curiosamente, qualche tempo prima aveva partecipato ad un concorso, indetto dal giornale «London Express,» indetto per scegliere il futuro James Bond cinematografico, ma si classifica solo al 3º posto. Recita inoltre accanto a famose donne che più tardi diventeranno star del cinema, tra le quali Ursula Andress e Daniela Bianchi. Il primo film «Agente 007 - Licenza di uccidere» ottiene un successo strepitoso e convince Connery a vestire ancora i panni di 007 per altre quattro pellicole «A 007, dalla Russia con amore» (1963), «Agente 007 - Missione Goldfinger» (1964), «Agente 007 - Thunderball» («Operazione tuono») (1965) e «Agente 007 - Si vive solo due volte» (1967): tutti registrano straordinario successo sia di incassi che di critica. Interpreta il ruolo di 007 fino al 1967, quando durante le riprese del quinto film «Agente 007 - Si vive solo due volte» di Lewis Gilbert, Connery decide di abbandonare il personaggio, preoccupato della sua identificazione solo con l’agente segreto. Verrà sostituito da George Lazenby nel successivo film «Agente 007 - Al servizio segreto di Sua Maestà» (1969) di Peter R. Hunt. Nel 1971, dopo lunghe e complesse trattative causate dalle insistenze della produzione e dalle recensioni negative del pubblico su «Lazenby», Connery riprende il ruolo nel film «Agente 007 - Una cascata di diamanti» di Guy Hamilton, raggiungendo un accordo con i produttori; dopo il successo della pellicola il suo addio diviene definitivo passando così il testimone a Roger Moore. Tuttavia nel 1983 tornerà nuovamente sui suoi passi grazie al salario record nel film «Mai dire mai» di Irvin Kershner, un remake di «Agente 007 - Thunderball» («Operazione tuono») da lui già interpretato nel 1965 fuori dal ciclo ufficiale.

Non solo 007: da Marnie a Rapina record a New York

Connery evita di rimanere intrappolato in un unico ruolo grazie alle esperienze che seguiranno, dimostrando capacità e versatilità in ruoli differenti e impegnativi, con registi prestigiosi come Sidney Lumet, Alfred Hitchcock e John Huston. Il primo di questi ruoli è in «Marnie» (1964) di Hitchcock, dove Connery interpreta la parte di un uomo flemmatico che deve far fronte ai gravi problemi psicologici della donna amata (Tippi Hedren). Sempre nello stesso anno affianca Gina Lollobrigida nel film «La donna di paglia» di Basil Dearden, dove veste i panni dell’ambiguo Anthony Richmond. L’anno dopo recita in «La collina del disonore», diretto da Sidney Lumet, in cui esordisce abilmente anche nel genere carcerario, mentre è protagonista della commedia «Una splendida canaglia» (1966) di Irvin Kershner, al fianco di Joanne Woodward e Jean Seberg, che però non riscuote il successo sperato. Nel 1968 recita insieme a Brigitte Bardot nel western «Shalako» di Edward Dmytryk, ma anche questa pellicola non convince pienamente la critica. Dopo un periodo di pausa, ritorna sui grandi schermi nel 1970 con «I cospiratori», di Martin Ritt, pellicola a metà tra il dramma-storico e il dramma-politico in cui recita accanto a Richard Harris, e con «Rapina record a New York» di Sidney Lumet, una delle sue migliori interpretazioni.

Da Assassinio sull’Orient-Express a Highlander

Nel 1972 interpreta due delle migliori pellicole della sua filmografia: «Riflessi in uno specchio scuro» di Sidney Lumet, dove interpreta un violento e sadico commissario di polizia, e soprattutto «Zardoz» di John Boorman, riconosciuto come uno dei migliori film di fantascienza degli anni settanta. Nel 1974 collabora ancora con Lumet in «Assassinio sull’Orient-Express», dal giallo di Agatha Christie, nel quale Connery veste i panni del colonnello Arbuthnot. In seguito ad alcune pellicole di poco conto come «Ransom, stato di emergenza per un rapimento» (1974) di Caspar Wrede, appare in «L’uomo che volle farsi re» (1975) di John Houston, a fianco di Michael Caine, dove interpreta un eccentrico e visionario avventuriero, al contrario del vecchio e vulnerabile eroe in «Robin e Marian» (1976) di Richard Lester. Dopo il deludente «Il prossimo uomo» (1976) di Richard C. Sarafian, partecipa al film di guerra «Quell’ultimo ponte» (1977) di Richard Attenborough, per poi chiudere il decennio con l’avventuroso «1855 - La prima grande rapina al treno» (1979) di Michael Crichton e il kolossal «Meteor» (1979) di Ronald Neame. Gli anni Ottanta iniziano con il fantascientifico «Atmosfera zero» (1981) di Peter Hyams, dove interpreta uno sceriffo federale mandato nello spazio per indagare su alcune morti sospette: il film ha un discreto successo di incassi, ma la critica lo accoglie tiepidamente. Ha più fortuna il successivo «I banditi del tempo» (1981) di Terry Gilliam, ancora una volta nel pieno della fantascienza con l’aggiunta di un côté ironico. Nel 1982 è protagonista del drammatico «Cinque giorni una estate» di Fred Zinnemann, mentre si trova a suo agio nella saga epica di «Highlander - L’ultimo immortale» (1986) di Russell Mulcahy, interpretato insieme a Christopher Lambert.

La consacrazione con Il nome della Rosa e l’Oscar per Gli intoccabili

Un grande consenso della critica arriva con l’interpretazione di Guglielmo da Baskerville, il monaco enigmatico, ma razionale del film «Il nome della rosa» (1986) di Jean-Jacques Annaud, tratto dall’omonimo romanzo scritto da Umberto Eco. La pellicola ottiene un consenso straordinario in tutto il mondo. Connery vince il Premio BAFTA come miglior attore: quella del monaco da Baskerville sarà una delle più celebri interpretazioni della sua carriera. La consacrazione definitiva arriva grazie al ruolo di Jimmy Malone, incorruttibile poliziotto e difensore della giustizia, accanto a Kevin Costner, Robert De Niro e Andy García nel capolavoro di Brian de Palma «The Untouchables - Gli intoccabili» (1987). Per questa interpretazione il divo scozzese ottiene un premio Oscar e un Golden Globe nella categoria miglior attore non protagonista. Seguono il thriller «Il presidio - Scena di un crimine» (1988) di Peter Hyams, mentre nel 1989 regal« altre due interpretazioni: in «Sono affari di famiglia», diretto nuovamente da Sidney Lumet, con Dustin Hoffman e Matthew Broderick, è un affascinante e astuto ladro, mentre in«Indiana Jones e l’ultima crociata» di Steven Spielberg, con Harrison Ford, interpreta il padre del protagonista. Ne «La casa Russia» (1990), diretto da Fred Schepisi e tratto dall’omonimo romanzo di John le Carré, recita la parte dell’anticonformista editore/clarinettista Bartholomew «Barley» Scott Blair, che viene coinvolto insieme a Michelle Pfeiffer in una intricata spy-story internazionale ambientata a Mosca. Sempre nel 1990 veste i panni di Marko Ramius, comandante del sottomarino sovietico Ottobre Rosso in «Caccia a Ottobre Rosso» diretto da John McTiernan. L’anno dopo partecipa al film «Robin Hood - Principe dei ladri» di Kevin Reynolds, dove in un cameo interpreta Riccardo Cuor di Leone. Nel 1994 prende parte al film «Il primo cavaliere», con Richard Gere e Julia Ormond, dove interpreta Re Artù, mentre è un elegante ma micidiale ex agente segreto britannico, ingiustamente imprigionato negli Stati Uniti, nell’avventuroso «The Rock» (1996) di Michael Bay. Veste di nuovo i panni di un ladro, complice di Catherine Zeta Jones, in «Entrapment» (1999) di Jon Amiel. Nel 2000 co-produce e interpreta «Scoprendo Forrester» di Gus Van Sant, nel quale incarna un vecchio e introverso scrittore. Nel 2002 la regina Elisabetta II lo nomina Sir. Nel 2003 è protagonista e co-produttore esecutivo ne «La leggenda degli uomini straordinari» di Stephen Norrington, ispirato al fumetto «La Lega degli Straordinari Gentlemen».

Il ritiro dalla recitazione

Nel 2005 Connery dichiara in una intervista a «The New Zealand Herald» di volersi ritirare dalla recitazione, dicendo di essere «stufo degli idioti»; nella stessa intervista rivela di aver rifiutato il ruolo di Gandalf nella trilogia «Il Signore degli Anelli» («Non capivo la sceneggiatura» fu la motivazione; la CNN ha riferito che a Connery era stato offerto fino al 15% degli incassi al box office mondiale: se avesse accettato avrebbe potuto guadagnare per la trilogia qualcosa come 400 milioni di dollari) e di Albus Silente nella saga di «Harry Potter» («Non credevo nel progetto»). Sempre nel 2005 la star torna un’ultima volta nei panni di James Bond, prestando voce e fattezze al personaggio nel videogioco «Dalla Russia con amore», tratto dall’omonimo film del 1963. Nel 2012 dà invece voce al protagonista del film d’animazione «Sir Billi», di cui è anche produttore esecutivo, in quella che è, a oggi, la sua ultima interpretazione.

La vita privata

Connery è sempre stato molto geloso della propria privacy. Si è sposato due volte: nel 1962 con l’attrice australiana Diane Cilento, dalla quale ha avuto un figlio, Jason (1963), anch’egli diventato attore, che gli ha dato un nipote, Dashiell (1997). Cilento è morta nel 2011 all’età di 78 anni. Divorziato nel 1973, si è risposato due anni dopo con la pittrice Micheline Roquebrune, di un anno più vecchia di lui. La coppia si è trasferita a vivere alle Bahamas negli anni Novanta. La loro villa si trova a Lyford Cay, sulla punta occidentale dell’isola di New Providence. Nel 2019 la loro proprietà è scampata alla furia dell’uragano Dorian, che ha invece devastato Great Abaco, che dista poco più di un centinaio di chilometri dalla loro casa. «Siamo stati molto fortunati» ha dichiarato il divo. Micheline ha raccontato nei dettagli al magazine francese «Gala» come ha conosciuto «l’uomo più sexy del mondo» («People», 1989). Connery ha 23 anni ed è ancora sposato con Diane Cilento quando incontra per la prima volta Micheline, 24 anni, al golf club Mohammedia in Marocco. Tempo 24 ore e finiscono a letto. «La chiave era nella porta — spiega Micheline a «Gala» —. Stava leggendo un giornale, sdraiato, nudo. In un passo, sono saltata sul letto, ho slacciato la mia cintura di pelle e ho fatto finta di frustarlo mentre ballavo». Poi continua: «Sean mi ha afferrato e mi ha baciato appassionatamente. Quasi brutalmente. Animalescamente. La sua pelle sprigionava un profumo, non di sabbia calda, più simile alla selce, un odore caldo e inebriante come quello di due pietre che si sfregano l’una contro l’altra. Ero trasportata. Per i quattro giorni successivi abbiamo continuato a giocare a golf come sconosciuti, poi ci incontravamo per fare l’amore come pazzi. La realtà è anche meglio della fantasia. Nessun uomo ha mai avuto questo effetto su di me». Dopo la loro avventura in Marocco, sia Sean che Micheline tornano alla loro vita con i rispettivi partner. Due anni dopo, Micheline riceve un messaggio da Sean, che le chiede di incontrarlo a Marbella, in Spagna. All’inizio, Micheline esita: «Ho pensato: ma chi si crede di essere?». Ma una volta sul posto, «lui ha fissato i suoi occhi nei miei e mi ha detto: “Mi sei mancata... Non riesco a smettere di pensarti e non posso dimenticarti».

L’impegno per l’ambiente e per la Scozia

Sean Connery, che è vegano, dal 2011 fa parte dell’Advisory Board dell’organizzazione per la protezione della vita marina Sea Shepherd. Nel 2014 ha lottato, insieme all’organizzazione Save the Bays, contro l’ostruzione di una costiera alle Bahamas. In più supporta finanziariamente il progetto per la protezione del clima di Al Gore. L’attore ha inoltre sempre professato il proprio orgoglio di scozzese e l’amore profondo per il suo Paese. Ha sostenuto vigorosamente la campagna per l’indipendenza della Scozia in occasione del referendum del 2014, e ha supportato il Partito Nazionale Scozzese (SNP), sia finanziariamente che attraverso apparizioni pubbliche. Sono celebri le sue uscite pubbliche in kilt, il tipico gonnellino scozzese, e il tatuaggio sul braccio destro «Scotland Forever», che tuttavia non ha mai permesso che si notasse nei suoi film.

domenica 1 novembre 2020

Ursula Andress e Sean Connery / «James Bond? Accettai pur pensando che nessuno lo avrebbe mai visto»

Sean Connery e Ursula Andress


L’INTERVISTA

Ursula Andress e Sean Connery: «James Bond? Accettai pur pensando che nessuno lo avrebbe mai visto»

L’attrice: «La sceneggiatura non mi era piaciuta per niente. Sean era pieno di vitalità, di passione per le donne. Adorava le donne. Era molto uomo, indubbiamente»

di Renato Franco

1 novembre 2020 (modifica il 1 novembre 2020 | 07:46)




La Venere del Botticelli della cultura pop. Ursula Andress esce dall’acqua in bikini color panna, le conchiglie nelle mani, il coltello alla cintura. L’effetto di Mosè quando apre le acque. Una folgorazione, un’immagine indelebile, scolpita nel bronzo del cinema. La prima Bond Girl, quindi quella che si ricordano tutti. Dopo di lei solo imitazioni. Nata in Svizzera, ma cittadina del mondo, Ursula Andress vive a Zagarolo, in provincia di Roma. Il suo italiano è un impasto di 84 anni di esperienze e empatia. «Provo un dolore grande per la sua partenza. Era un grande uomo, oggi uomini così non esistono più, sono tutti troppo narcisisti, troppo presi da se stessi. Uno come Sean oggi è difficile da trovare. È stato un amico grande e un attore favoloso».

Aveva capito che stava per girare un film che avrebbe fatto storia?

«In realtà era una produzione piccola, io avevo accettato il film pur pensando che nessuno lo avrebbe mai visto, la sceneggiatura non mi era piaciuta per niente. Non conoscevo Sean, e pensavo: sarà la prima cosa che faccio al cinema e anche l’ultima. Poi invece il film ha preso il volo, la chimica tra noi due funzionava, era la combinazione giusta».

Aveva capito che stava per girare un film che avrebbe fatto storia?

«In realtà era una produzione piccola, io avevo accettato il film pur pensando che nessuno lo avrebbe mai visto, la sceneggiatura non mi era piaciuta per niente. Non conoscevo Sean, e pensavo: sarà la prima cosa che faccio al cinema e anche l’ultima. Poi invece il film ha preso il volo, la chimica tra noi due funzionava, era la combinazione giusta».

Che atmosfera si respirava sul set?
«Io adoravo Ian Fleming, la Giamaica, l’oceano, i posti favolosi, la gente adorabile, ma nessuno pensava mai potesse avere questo successo clamoroso. Nessuno durante la lavorazione ci ha mai detto che stavamo girando scene fantastiche o che erano contenti di quello che stavamo facendo».

Che effetto le fa essere entrata così prepotentemente nell’immaginario collettivo?

«Il film costava appena 800mila dollari, niente a che vedere con le cifre di oggi. Io pensavo che in quella scena avrebbero messo degli effetti speciali, delle onde enormi dietro di me. Invece niente. Sono uscita così dall’acqua, come esco tutti i giorni dal mare... Penso di essere stata fortunata perché il pubblico voleva un personaggio più vero. Prima c’erano Gina, Sophia, con le loro forme rotonde, io invece ero piuttosto atletica, ma con un corpo niente di speciale: non sono stata mai in una palestra. La mia fortuna è stata che in quel momento cercavano qualcosa di diverso».

Con Connery siete rimasti amici tutta la vita. Che amico era?

«Fedele. Aveva la capacità di capire al volo la gente, quelli pieni di se stessi, i superficiali. E poi aveva un senso dell’umorismo che mi piaceva moltissimo. L’ultima volta ci siamo visti in Svizzera, Sean aveva preso casa a Gstaad vicino a me. Abbiamo fatto tante serate insieme, mi invitava sempre, Montecarlo, Londra, New York... Da quando ci siamo conosciuti fino ad ora siamo rimasti amici. Amici amici».

Come attore non è stato solo 007.

«Al di là di James Bond ha fatto una grande carriera. È stato bravissimo nel Nome della rosa, nei film con Lumet. È stato un grandissimo».

Cosa le rimane?

«Tante cose divertenti, che però adesso mi fa quasi pena, mi fa male ricordare. Abbiamo vissuto dei momenti bellissimi e mi rimangono dei ricordi favolosi. Per me Sean non è morto rimarrà sempre vivo con me, ci sarà sempre».
Si vive solo due volte, ma Sean Connery per sempre.


CORRIERE DELLA SERA




FICCIONES
Casa de citas / Sean Connery / Tal vez no sea un buen actor

DE OTROS MUNDOS
Dr No / El inicio de la saga de James Bond
Muere el actor Sean Connery a los noventa años
Sean Connery / James Bond

PESSOA
Morre o ator Sean Connery, aos 90 anos

DRAGON
Sean Connery / A Dangerously seductive icon of masculinity
Obituaries / Sean Connery

RIMBAUD