martedì 24 novembre 2020

La Biblioteca nazionale di Napoli acquista all'asta una lettera di Leopardi


La Biblioteca nazionale di Napoli acquista all'asta una lettera di Leopardi

Comprata per ottomila euro dalla Finarte. Il poeta la scrisse nel 1825 al conte Muzzarelli per ringraziarlo di una poesia che gli aveva dedicato

Una lettera per “ Sua eccellenza reverendissima, monsignore Carlo Emmanuele Conte Muzzarelli”. La calligrafia, chiara e gentile, non inganna. È proprio quella di Giacomo Leopardi. La Biblioteca nazionale di Napoli entra in possesso di una rara missiva del grande poeta, che arricchirà l’enorme fondo a lui dedicato. Risale infatti a una settimana fa esatta il suo acquisto all’asta della Finarte dedicata a libri, autografi e stampe. L’operazione, conclusa per ottomila euro, ha visto l’importante la collaborazione della Soprintendenza archivistica del Lazio, che ha consentito alla Nazionale, riconosciuta come sede naturale del documento ( dato che sono proprio a Napoli quasi i tutti i fogli del recanatese, custoditi a lungo dall’amico Ranieri), di attivarsi attraverso i canali di spesa. Ed eccolo lì, il messaggio per il conte Muzzarelli, revisore dei conti al tribunale della Sacra Rota, accademico e figura di spicco nell’ambiente culturale romano.

La data di composizione è il 18 dicembre 1825, quella di ricezione il 22. Sono presenti ancora le tracce del bollo a cera e del timbro postale di Bologna, città in cui Giacomo alloggiò fino al novembre 1826. L’autografo appare al quarto foglio ( le cui dimensioni sono di 240 millimetri per 188). « La Biblioteca Nazionale – spiega il direttore, nonché soprintendente archivistico per la Campania Gabriele Capone – custodisce la quasi totalità del corpus delle opere leopardiane, oltre all’80 per cento delle corrispondenze inviategli da parenti e amici. Il nostro impegno è da tempo rivolto a incrementare il nucleo di lettere scritte da Leopardi stesso, per svelarne quegli aspetti artistici, poetici e personali». Un documento importante, quindi. E non solo per l’autore, quanto per il contenuto, che rivela un Giacomo ben poco schivo e riservato, come la sua canonica immagine ci tramanda.

Nei suoi fogli, infatti, ringrazia Muzzarelli per le “ gentilissime espressioni” a lui dedicate in un’ode scritta dallo stesso amico. « Si tratta di un componimento di particolare interesse bibliografico e storico – riprende Capone - di cui si trovano riferimenti: più volte citato negli epistolari e repertori, si rivela utile ad una maggiore comprensione della personalità del poeta». La lettera ci presenta un Leopardi tutt’altro che riluttante, anzi, ben felice per i versi in suo onore. E che, addirittura, accoglie compiaciuto l’invito di farli pubblicare. “ Approfittando della licenza che ella mi ha conceduto – scrive il Recanatese - ho fatto stampare qui le sue belle quartine in un foglio periodico di cui le mando copia. Se ne desiderasse qualche altro esemplare vedrei di poterla servire”.

Il componimento apparve sul settimanale “ Il Caffè di Petronio” del 24 novembre 1825 (numero 51, pagina 203), edito da Pietro Brighenti, che abitava a pochi passi dall’alloggio bolognese di Leopardi (preso a pensione dal tenore Aliprandi), attiguo al teatro del Corso. “ O tu, che la tua patria in suono ardito – compone Muzzarelli nella prima delle sette strofe - Togliesti all’ozio indegno/ Di un’anima non vile odi l’invito/Di Te, di Ausonia degno”.

Il conte è ammirato per il sincero entusiasmo patriottico del poeta per le sue prime Canzoni, soprattutto per quella “ All’Italia”, versi che in quel momento infiammavano tutti i liberali. L’ode sembra infatti elogiare il sodale tanto per la sua grandezza lirica quanto per il suo ardore risorgimentale. L’epistola, che presenta uno strappo al margine bianco superiore, è stata convalidata da Daniela Bacca, responsabile per la Nazionale della sezione Manoscritti rari, confrontando la grafia con gli altri autografi presenti nel Fondo Leopardiano. Un’ultima chicca arriva nella parte finale della pagina, in cui si legge di “ ritornare i miei saluti alla signora Orfei”. Molto probabilmente si allude ad Enrichetta Dionigi Orfei, poetessa romana amica di Giacomo ( che invece poco sopportava la madre, Marianna). “ Ho saputo – prosegue lo scritto - che ella è stata qui (a Bologna, ndr) qualche giorno e m’informai dove abitasse con l’intenzione di farle visita”. Un incontro che però non è mai avvenuto: “ In quel tempo fui obbligato da un incomodo di salute a tenermi per più settimane e però non mi fu possibile di vederla”.

LA REPPUBLICA





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