giovedì 31 agosto 2017

Lo «sceicco» della Val Brembana e lo yacht di Dodi con Lady D





Lo «sceicco» della Val Brembana 

e lo yacht di Dodi con Lady D

Jonikal, scafo dell’ultima vacanza, 

era di Edoardo Polli, patron della Manifattura

di Donatella Tiraboschi
17 agosto 2017


shadow
«Era lo Jonikal di Edoardo Polli, soprannominato lo “sceicco” della val Brembana”». Estate 1997. Sono passati vent’anni da quei giorni ferragostani che gli segnarono la vita, professionale e non, ma Mario Brenna, fotografo comasco, ricorda ogni dettaglio: lo fa in un’intervista a Giorgio Gandola su «La Verità». E parla perfino del soprannome del primo proprietario dello Jonikal, lo yacht-capolavoro d’ingegneria e bellezza navale che quel (per lui, fortunato) giorno stazionava al largo dell’Isola di Cavallo in Sardegna. A bordo, innamorati, Lady Diana e Dodi Al Fayed. Ore di appostamenti, pazienza, tecnica e fortuna si condensarono negli scatti e nello scoop del «bacio del secolo» tra la principessa triste ed il miliardario egiziano, che finirono sui giornali di mezzo mondo e valsero a Brenna notorietà e una vagonata di centinaia di milioni di lire. Protagonista, in una storia d’amore appena sbocciata e subito tragicamente finita, un’alcova galleggiante considerata a tutt’oggi una delle 100 barche più grandi al mondo. E sullo sfondo, proprio come la scritta Jonikal nella foto che immortala Lady D in costume intero, seduta sulla pedana di poppa, la figura di Edoardo Polli, patron della Mvb, Manifattura Valle Brembana.
Una saga famigliare, zognese doc, che per oltre 100 anni ha segnato il destino di generazioni di bergamaschi, per decenni così florida da giustificare, in capo al nipote del fondatore, ai tempi direttore generale ed amministratore delegato, quel soprannome. Se il tessile era il petrolio delle nostre valli, Polli poteva davvero essere considerato uno sceicco. Per il quale fu facile innamorarsi dello Jonikal, varato nel 1990 e armato da Ugo Codecasa, una delle più prestigiose firme della cantieristica italiana. Progetto dell’architetto navale Vincenzo Ruggiero, 64 metri di lunghezza, 11 di larghezza, strutturato su tre piani, per dimensioni, all’epoca, il sesto più grande yacht in Italia. Conquistato dall’esclusività del brand del cantiere navale («Happiness is possessing a Codecasa») appassionato di motori e di velocità (sia in aria che per mare), l’allora 43enne Edoardo non esitò a mettere mano al portafoglio e a staccare un assegnone. La cifra rimase top secret. Si parlò di 17 miliardi di lire, esborso non certo da patema d’animo per Polli che, in azienda dal 1974, in quegli anni cavalcava un’onda altissima. Un’espansione che nel 1987 lo porta alla guida di un gruppo con 22 aziende per 2.900 dipendenti e 400 miliardi di fatturato. Ma ad Edoardo non basta.
Nel 1989 entra con una prima quota del 20% nella Legler ed è proprio nel luglio di quell’anno che viene comunicata l’alleanza tra i due gruppi che porta alla nascita di un colosso da oltre 800 miliardi di lire, leader italiano in molti segmenti dell’attività cotoniera. Ai vari shopping aziendali di quel periodo, ivi compresa l’avventura calabra del Gruppo Tessile di Castrovillari, Edoardo Polli aggiunge anche lo Jonikal che, battente bandiera inglese, dopo il battesimo dell’acqua, il 7 aprile 1990, prende il largo. Ma è la Mvb che comincia a navigare in acqua agitate. La crisi scoppia dopo la recessione del 1991: le entrate calano ed il debito cresce, tanto che alla fine è necessario un accordo con le banche alle quali Edoardo Polli aveva fatto forte ricorso nelle sue conquiste industriali. Addio, Jonikal. Le difficoltà finanziarie costringono Polli alla vendita del gioiello che viene acquistato da Mohammed Al Fayed, si favoleggiò per una cifra monstre di 65 miliardi di lire. Dal 2000 il magnate egiziano sta cercando di vendere (per una cifra intorno ai 40 milioni di dollari) il panfilo che ora ha cambiato nome. Si chiama Sokar, nome egiziano che significa «dio falco» e, sempre nei cantieri viareggini, è stata sottoposta a diversi restyling che ne mantengono inalterata signorilità e lusso: 18 camere per gli ospiti, tra cui 9 stanze matrimoniali e le cuccette per i 14 membri dell’equipaggio.
Sokar, che svolge servizio charter nel mar Mediterraneo e nel mar dei Caraibi per conto di una compagnia di yatching service mondiale con base a Montecarlo, approda spesso nei porti italiani. Non è uno yacht che passa inosservato. Per il fascino e la storia leggendaria, come quella che vuole che ci siano ancora i capelli di Lady D attaccati per errore con una vernice ad una parete e mai tolti per ricordarla. Un destino infelice che ha accompagnato anche la saga dei Polli e la Mvb fallita due anni fa. Il gruppo nel 1994 infatti si divide, da una parte la Legler con Edoardo Polli e dall’altra la Mvb dove ritorna alla guida lo zio di Edoardo, Vincenzo. Ma il vento soffia infido. Il giovane Vincenzo Andrea che sta risollevando la Mvb da diverse traversie, muore in un incidente motonautico a 37 anni nel 2002. Un anno fa, ad agosto, la morte di Alexander, 31 anni, figlio di Edoardo e della modella norvegese Ilde, in un lancio nel vuoto con il base jumping. Aveva confessato di essere «terrorizzato all’idea di morire».
CORRIERE DELLA SERA 



DRAGON

RIMBAUD

PESSOA


DE OTROS MUNDOS






mercoledì 30 agosto 2017

Biografia / Roberto Saviano / Il romanzo della vita

Biografia 

Roberto Saviano

Il romanzo della vita


Scrittore e saggista italiano

DATA DI NASCITA

Sabato  

LUOGO DI NASCITA

NapoliItalia

SEGNO ZODIACALE

Vergine

ETÀ

38 anni

Roberto Saviano nasce il 22 settembre del 1979 a Napoli, figlio di Luigi, medico campano, e di Miriam, ebrea ligure. Dopo essersi diplomato al Liceo Scientifico "Armando Diaz" di Caserta, si laurea in Filosofia all'Università Federico II di Napoli. A 23 anni intraprende la carriera di giornalista, per "Diario", "Il Manifesto", "Pulp", il "Corriere del Mezzogiorno" e "Nazione Indiana". Nel marzo del 2006 pubblica "Gomorra - Viaggio nell'impero economico e nel sogno di dominio della camorra", romanzo non-fiction pubblicato per la collana "Strade Blu2 di Mondadori.
Il libro si presenta come un viaggio nell'universo criminale dei luoghi della camorra, da Casal di Principe all'agro aversano. Tra boss malavitosi, rifiuti tossici smaltiti nelle campagne, ville sfarzose e popolazioni conniventi, l'autore parla di un Sistema che arruola come reclute ragazzi non ancora adolescenti, creando boss-bambini che ritengono che la sola maniera di morire con onore sia essere uccisi. Il libro vende quasi tre milioni di copie solo in Italia, e viene tradotto in più di cinquanta Paesi, comparendo nelle graduatorie di Best Seller, tra l'altro, in Svezia, Olanda, Austria, Libano, Lituania, Israele, Belgio e Germania.
Dal romanzo viene tratto uno spettacolo teatrale, che regala all'autore gli Olimpici del Teatro 2008 in qualità di migliore autore di novità; il regista cinematografico Matteo Garrone, invece, ne trae l'omonimo film, vincitore del Grand Prix Speciale della Giuria al Festival di Cannes.
Il successo, tuttavia, presenta anche una faccia della medaglia particolarmente nera: dal 13 ottobre del 2006, infatti, Roberto Saviano vive sotto scorta, assegnatagli da Giuliano Amato, allora ministro dell'Interno, in conseguenza delle intimidazioni e delle minacce subite (soprattutto dopo la manifestazione per la legalità tenutasi poche settimane prima a Casal di Principe, in cui lo scrittore aveva pubblicamente denunciato gli affari di Francesco Schiavone, capo del clan dei Casalesi).
Il 14 ottobre del 2008 si diffonde la notizia di un possibile attentato verso Saviano: la direzione distrettuale antimafia, infatti, viene a sapere da un ispettore di Milano che è in programma un piano per uccidere il giornalista prima di Natale sull'autostrada Roma-Napoli. Le indiscrezioni, tuttavia, vengono smentite dal presunto pentito che avrebbe fornito la soffiata, Carmine Schiavone, cugino di Francesco.
Il 20 ottobre di quell'anno, i premi Nobel Gunter Grass, Dario Fo, Rita Levi Montalcini, Desmond Tutu, Orhan Pamuk e Michail Gorbaciov si mobilitano chiedendo allo Stato italiano qualunque sforzo per garantire l'incolumità di Roberto Saviano, evidenziando al tempo stesso che la camorra e la criminalitàorganizzata rappresentano un problema che riguarda qualunque cittadino. L'appello, firmato anche da scrittori come Claudio Magris, Jonathan Franzen, Peter Schneider, Josè Saramago, Javier Marias, Martin Amis, Lech Walesa, Chuck Palahniuk e Betty Williams, sottolinea come non sia possibile che la denuncia di un sistema criminale causi, come prezzo da pagare, la rinuncia alla propria libertà.
L'iniziativa viene presto rilanciata da media stranieri come CNN, Al Arabiya, "Le nouvel observateur" e "El Pais", mentre su Radio 3 la trasmissione "Fahrenheit" organizza una maratona caratterizzata da letture di "Gomorra". Inoltre, grazie al quotidiano "La Repubblica" più di 250mila cittadini comuni sottoscrivono l'appello in favore dello scrittore.
Dopo aver vinto, per il film "Gomorra", il Premio Tonino Guerra del Bif&st di Bari per il miglior soggetto, Roberto Saviano nel mese di novembre del 2010 conduce in prima serata su Raitre la trasmissione "Vieni via con me", insieme con Fabio Fazio. Il programma fa segnare il record di ascolti per la rete, con il 31.60 % di share e più di nove milioni e 600 mila spettatori di media ottenuti nella terza puntata. Sempre con Fabio Fazio, a maggio del 2012 presenta su La7 "Quello che (non) ho": anche in questo caso, il programma fa segnare il record di share per la rete, grazie al 13.06 % ottenuto nella terza e ultima puntata.
Nel 2012, inoltre, viene accusato dalla nipote di Benedetto Croce Marta Herling di aver scritto un articolo non veritiero a proposito del filosofo abruzzese. Saviano, infatti, sostiene che in occasione del sisma di Casamicciola del 1883 Croce avrebbe offerto 100mila lire a chiunque l'avesse aiutato a uscire dalle macerie: la Herling smentisce, con una lettera pubblicata sul "Corriere del Mezzogiorno", la tesi dello scrittore (tesi per altro già proposta in tv durante "Vieni via con me") e ne critica l'attendibilità. Egli, per tutta risposta, querela il "Corriere del Mezzogiorno" e chiede quattro milioni e 700mila euro di risarcimento per danni patrimoniali: l'iniziativa suscita molte polemiche, in quanto Saviano, emblema della mutilata libertà di stampa, pretenderebbe, con la sua querela, di mettere a tacere una voce che lo critica.
Non è questa, per altro, l'unica polemica relativa allo scrittore, già accusato in passato di aver copiato, per "Gomorra", interi brani da articoli giornalistici di quotidiani locali della Campania, e in generale in più occasioni di non aver citato le sue fonti (come accaduto, per esempio, durante "Quello che (non) ho", quando, parlando di eternit, non ha citato Giampiero Rossi, scopritore di molte delle storie da lui raccontate). Saviano, inoltre, è finito nell'occhio del ciclone a causa delle dichiarazioni rilasciate il 7 ottobre del 2010 a Roma a favore di Israele, uno Stato elogiato dallo scrittore come luogo di civiltà e libertà: tali frasi hanno provocato indignazione da più parti, e Saviano è stato accusato (tra gli altri, dall'attivista Vittorio Arrigoni) di aver dimenticato le ingiustizie che la popolazione palestinese è costretta a subire.
Titolare di una laurea honoris causa in Giurisprudenza assegnatagli nel gennaio del 2011 dall'Università di Genova, Roberto Saviano, che dal 2012 è cittadino onorario di Milano, ha ispirato diversi artisti in ambito musicale: il gruppo piemontese dei Subsonica nell'album "L'eclissi" gli ha dedicato il brano "Piombo", mentre il rapper Lucariello ha composto la canzone "Cappotto di legno" (dopo aver ottenuto il permesso dello stesso Saviano), che racconta la vicenda di un sicario che si accinge a uccidere lo scrittore. Saviano appare anche al termine del videoclip della canzone di Fabri Fibra "In Italia" e nel brano "TammorrAntiCamorra" del gruppo rap 'A67, in cui legge un brano del suo libro.
La fama del giornalista campano, tuttavia, è arrivata anche all'estero, come dimostrano i Massive Attack (il gruppo britannico che ha scritto "Herculaneum", canzone ispirata a "Gomorra" e Saviano che è diventata colonna sonora del film di Garrone) e gli U2, che in occasione del concerto che hanno tenuto a Roma nell'ottobre del 2010 gli hanno dedicato il brano "Sunday bloody Sunday".
Nella primavera del 2013 a sette anni di distanza da Gomorra esce il suo secondo e attesissimo libro "ZeroZeroZero".



martedì 29 agosto 2017

Nadie Venturini / La mia storia d’amore con Roberto Saviano

Roberto Saviano

La mia storia d’amore con Roberto Saviano

Questo è il racconto di una storia d’amore. Della mia storia d’amore con Roberto Saviano.
Sì, forse “storia d’amore” è un termine eccessivo. Ma è l’unico che rende l’idea.
Perché di amore si tratta.
Si è sempre trattato di amore.
Si parte dal suo di amore, quello per la terra in cui è nato, quello per la verità.
Un amore così grande da decidere di andare incontro ad una vita sempre in fuga, una vita che fa diventare una scorta la tua famiglia, una vita senza la possibilità di rimanere a respirare l’aria in cui si è nati, una vita che non ti fa nemmeno andare a bere una birra con gli amici senza essere controllato a distanza.
Per andare incontro a tutto questo e molto altro, devi essere spinto davvero da tanto amore.
Fin da piccola, chissà perché, gli eventi legati a mafiacamorra e ‘ndrangheta mi hanno sempre incuriosita, eventi così assurdi da non sembrare veri, eventi che hanno alla base una cattiveria e un’ignoranza da far venire i brividi, eventi che analizzavo, che volevo capire, che mi sembrava impossibile fossero reali.
Quando è uscito “Gomorra”, mi sono precipitata in libreria: quelle storie, raccontate da un mio coetaneo – un ragazzo come me, che invece che seguire quegli eventi in tv, li viveva – dovevo leggerle immediatamente.
Da lì, film, altri libri, apparizioni tv e l’incredibile serie.
Roberto Saviano diventa adulto e io con lui.
Le sue parole, il modo di raccontare, magia, sempre amore.
E arriviamo ai giorni nostri, a “La Paranza dei bambini”.
Un libro che ho divorato.
Un libro che racconta i bambini che crescono per le vie di Napoli avendo come mito i grandi boss della camorra, scegliendo la strada della malavita e dei soldi facili, perché lavorare onestamente per uno stipendio da fame, secondo loro è da stupidi.
I “mini-boss” che avanzano sono al centro di questo splendido romanzo che consiglio a tutti di leggere.
Sono cose che succedono tutti i giorni. E non solo a Napoli. Sono i figli dei nostri vicini di casa, di nostro fratello, i nostri figli.
Sono bambini da salvare.
Lavorando in una redazione radiofonica, ho avuto la possibilità di organizzare un’intervista telefonica con Saviano e la casa editrice mi ha invitato alla presentazione del libro a Milano.
Erano dieci anni che aspettavo di incontrare Roberto. Dieci anni.
Dieci anni che mi dico, se incontrassi Roberto starei ore a parlare di tutto, perché sono troppe le cose che vorrei chiedergli.
E invece nelle storie d’amore, al primo appuntamento, finisce sempre così, emozione, imbarazzo, silenzio.
Non ho detto una parola, mi tremavano le gambe.
Perché cari haters, voi che non sopportate il successo altrui perché vorreste fosse il vostro, voi che davvero pensate che per soldi si possa decidere di vivere una vita così, voi che pensate che nemmeno viva così, quegli occhi pieni di verità e passione, li dovreste vedere da vicino.
In bocca al lupo per questo libro Robbè.


lunedì 28 agosto 2017

Charlize Theron / “La mia sfida da agente segreto: raccontare una storia con il corpo”



Charlize Theron: “La mia sfida da agente segreto: raccontare una storia con il corpo”

L’attrice è “Atomica Bionda”: credo sia un retaggio dei miei anni da ballerina

LOS ANGELES
Sono un po’ di anni che Charlize Theron non è più vista semplicemente come la bellezza di turno. Non che la sua avvenenza sia sfiorita: a 42 anni, con quel suo metro e 79 di lineamenti perfetti, con quella postura sinuosa e con quello sguardo che ti dice subito che oltre a essere una donna intelligente ha anche vissuto e sofferto, l’attrice sudafricana è una di quelle che hanno contributo a ridefinire l’idea della quarantenne contemporanea.  

A vent’anni da quando è arrivata a Hollywood conscia di essere troppo alta per inseguire il suo sogno di diventare ballerina e senza un dollaro in tasca, la Theron ha confuso pubblico e produttori con al sua versatilità. Glamour e bellezza, ma anche drammi come Le regole della casa del sidro e Woody Allen (Celebrity), fino al 2003 quando si è spogliata del suo sex appeal, ha acquistato 15 chili e con Monster ha vinto il suo Oscar. 

La Theron ha anche interpretato una serie di donne letali, dimostrando in modo definitivo che l’altra metà del cielo può stare perfettamente al centro di un film di azione. È stata Ravenna in Biancaneve e il cacciatore. È stata l’indimenticabile Imperator Furiosa dell’ultimo Mad Max, una guerriera indomabile con un solo braccio. Ora è Lorraine Broughton, la protagonista oltre che la produttrice di Atomica Bionda: una spia del M16 nella Berlino pre-caduta del Muro che indossa tacchi a spillo, è sempre sexy ed elegante e sa anche essere un’assassina estremamente e visceralmente efficiente. Come un altro celebre agente segreto al Servizio di Sua Maestà. Tanto che c’è chi sostiene che il prossimo Bond dovrebbe essere lei: Charlize Theron. 

Charlize Theron


Charlize, lei ha già dimostrato che con l’azione ci sa fare, ma qui siamo a un altro livello.  
«Non avrei dedicato così tanto tempo a questo progetto se non ci avessi visto una nuova sfida. E gran parte di questa sfida è stato il raccontare una storia con la fisicità. Ci sono molti film di azione con scene di lotta, ma ci sono pochi film-makers in grado di raccontare una storia attraverso corpo e movimenti. Questo mi affascina molto. Deve essere un retaggio di tutti i miei anni da ballerina, il mio primo impatto con l’idea di raccontare una storia senza usare la parola, ma il corpo». 

«Atomica Bionda» segue il successo di «Wonder Woman» diretto da quella stessa Patty Jenkins che le ha fatto vincere l’Oscar con «Monster». Pensa si stia aprendo una nuova era per le donne nel cinema?  
«È una questione complessa, parte di un’onda che va e che viene. Ricordo la prima volta che vidi Sigourney Weaver in Alien. Il personaggio di Ripley risvegliò qualcosa in me. Il pubblico reagisce, seguono altri film. Ma poi appena un film con una donna protagonista va male smettono e nessuno vuole più affrontarli. È ancora tutto molto difficile. Per tanto tempo hanno pensato che alle donne il genere azione non interessasse, ma è stato statisticamente provato che le donne amano l’azione e giocano con i videogames. Tornando a me, quando mi hanno mandato la graphic novel che ha ispirato questa storia mi è scattato un qualcosa che mi ha fatto dire: voglio fare questo film e voglio svilupparlo. Come un’amante del cinema, come una che avrebbe voluto vedere un film così». 

Pensa che dopo “Wonder Woman» sia arrivato il momento delle donne registe di film d’azione?  
«Sarebbe bello se questo momento potesse continuare. Un film come Wonder Woman, dal grosso budget, ha fatto toccare con mano agli studios questa possibilità. Le donne possono fare bene, se non meglio». 



domenica 27 agosto 2017

Il lungo e violento addio del Trono di Spade



Il lungo e violento addio del Trono di Spade

Domenica notte il via all’attesa settima e penultima stagione della serie tv: “Sarà molto diversa dalle precedenti”

Dopo un anno di attesa, milioni di fan in ogni angolo della terra potranno finalmente tornare a Westeros per la settima e penultima stagione del Trono di Spade . La fine dell’amata e pluripremiata serie è imminente, per gli spettatori italiani debutterà nella notte tra 16 e il 17 luglio su Sky Atlantic HD in contemporanea con gli Usa mentre nei giorni precedenti il canale 111 di Sky sarà dedicato a maratone delle sei stagioni precedenti.  

La lunga e insanguinata sfida per il comando dei sette regni continua promettendo nuovi colpi di scena, incredibili tradimenti e molto molto sangue. Sul Trono di Spade, la imponente sede del potere al castello di Approdo del Re, capitale dell’Impero di Westeros, è ritornata la Regina Cersei Lannister, la vedova nera che già orchestrò la morte del marito Re Robert Baratheone, che nel finale dell’ultima stagione aveva portato via la corona al loro figlio Tommen. Ma niente è tranquillo, l’Impero si ritrova sotto l’assedio di una serie di poteri formidabili. E poi sulla riva opposta del grande mare di Essos c’è la imponente Daenerys Targeryan al comando di un esercito di feroci soldati castrati e una flotta di vichinghi delle Isole di Ferro, forti di un paio di dragoni grandi come dei Boeing 737. C’è anche l’insidioso Petyr Baelish, alleato al momento con il mite eroe Jon Snow, un bastardo senza speranze di emergere che ora è Re del Nord.  

Tradimenti e colpi di scena  
«Quando la serie è iniziata nel lontano 2010 e la gente mi chiedeva di spiegarne il successo, dicevo che la crisi finanziaria del 2008 aveva generato un bisogno di fuga - ricorda Kit Harrington che è appunto Jon Snow -. È seguito un periodo di relativa calma, ma ora il mondo è di nuovo in piena turbolenza, stavolta politica. Il nostro show è popolato di personaggi molto machiavellici, ma il mondo ora ha personaggi reali che lo sono ben di più. Lo trovo affascinante, e anche un po’ inquietante». 

Herrington promette una stagione molto diversa. «Le unioni e le ri-unioni che abbiamo atteso per anni questa volta accadono - promette -. Ci sarà un passo molto molto veloce. E nessuno è felice, ma quando mai c’è stata felicità in Game of Thrones?». E da un punto di vista personale? «Sono entrato nella serie a poco più venti anni - continua -. Non avevo la minima idea che sarebbe diventato questo folle fenomeno culturale. E sarà strano lasciare tutto questo alle spalle». 

Sono gli stessi pensieri che si annidano nella testa di Nikolaj Coster-Waldau, il cinico e immorale Jaime Lannister, «Lo Sterminatore di Re» che si sente vivo solo quando fa l’amore o uccide. «Per me lo show verte su che cosa significa essere umani e perché il più delle volte siamo dei folli - spiega -. Avrei fatto volentieri altri tre anni di Game of Thrones e sono certo che sarebbe piaciuto anche alla Hbo. Ma rispetto la decisione dei creatori Weiss e Benioff». 

L’Italia & il Barolo  
Anche Coster-Waldau non si sbilancia sulla trama, se non per dire che tutto assume un ritmo più intenso e che «non ci vuole molto a indovinare che avremo un finale molto violento». E poi? «Non ho mai fatto un lavoro che dura così tanti anni, poter tornare allo stesso gruppo di persone è straordinario. Ho avuto molti amici e mi mancheranno. Anche perché so che le probabilità di essere coinvolto in una serie di questa rilevanza sono pressoché nulle, non c’è mai stato uno show così. E non credo ci sarà mai più». 

È tempo anche di iniziare a pensare a che cosa tenere e portarsi a casa come ricordo. Coster-Waldau vuole la sua Mano D’Oro. E Harrington? «La mia spada - aggiunge senza esitazione -. Lo ripeto dalla prima stagione, e mi avevano detto: certo. Ma ora questa spada ha un valore immenso e mi dicono: vedremo. Temo finirò con l’avere una replica!». 

Harrington sta anche pensando al suo tempo libero e sembra destinato a passare più tempo in Italia. «Quest’anno sono venuto da voi già tre volte, a Roma, a Napoli e per Dolce e Gabbana. Ora sto tornando per il festival di Giffoni, seguirà il Gran Premio e quindi una vacanza con la famiglia. Vorrei anche tornare a Venezia, e sulla costa amalfitana. E poi amo il vostro vino: il Barolo, da un po’ ho iniziato ad apprezzare il Barolo». 

DRAGON