Storica dell’arte, dal 1999 Annalisa Zanni è direttrice del Museo Poldi Pezzoli. Ha realizzato una serie di interventi museografici innovativi e, accanto a essi, allestimenti evocativi dell’identità della casa museo, con la valorizzazione delle sue collezioni anche attraverso una serie di importanti mostre e la partecipazione a convegni internazionali. Si è inoltre dedicata a individuare strade nuove, di apertura, dialogo e comunicazione, per offrire al pubblico un’immagine più amichevole e soprattutto strumenti didattici aggiornati e approfonditi per conoscere meglio il Museo e le sue raccolte. Particolare attenzione ha riservato alla comunicazione e alla promozione del Museo, con iniziative speciali, rivolte alle diverse tipologie di pubblico (audioguide in più lingue, per adulti e bambini, varie edizioni del sito web). Negli ultimi anni ha dato avvio a iniziative volte a coinvolgere il pubblico giovane e le persone che lavorano offrendo, tra l’altro, il prolungamento dell’orario fino alle 21 il mercoledì con aperitivo e visite guidate. Per la sua attività ha ricevuto, nel 2011, l’Ambrogino d’oro del Comune di Milano.
La maggior parte della mia vita professionale si è svolta al Museo Poldi Pezzoli i cui ideali ho totalmente accolto, in una sorta di adesione simbiotica al progetto del collezionista. In effetti, absit iniuria verbis, sono sempre stata educata e continuo a credere al valore dell’etica, allo spirito di servizio, alla ricerca della bellezza come strumento di educazione e insieme di risorsa per la mente e per l’anima. I miei progetti di vita si sono incrociati poi, grazie agli studi, con una realtà così particolare come quella della casa museo di Gian Giacomo Poldi Pezzoli. Questo lavoro è senz’altro un privilegio, che ha comportato comunque delle notevoli difficoltà: ad esempio quella del riconoscimento di una professionalità e non solo di una passione che guida il percorso quotidiano di chi opera nelle istituzioni culturali, che solo oggi sembra essere parzialmente riconosciuto perché ricondotto entro standard gestionali. A fronte di questo, ho avuto moltissima gratificazione nelle relazioni personali e interpersonali grazie al rapporto didattico con i bambini - che fanno scoprire spesso ciò che l’adulto non sa vedere - nel condividere le opere con tutto il pubblico per immergersi nel senso della loro storia, della loro appartenenza e identità, riuscendo a comprenderle; nel far entrare nel museo e rendere protagonista il pubblico giovane; nell’opportunità di conoscere persone davvero straordinarie (Arnaldo Pomodoro, Italo Lupi, Giulio Paolini). Molti dei sogni di fatto sono diventati realtà in questi numerosissimi anni trascorsi nel museo anche perché, come mi piace sempre ricordare, ogni istituzione è costituita da un gruppo e non da una persona e ognuno vi partecipa con il proprio tassello. Parlo anche di ogni visitatore. Secondo me, chi occupa il vertice deve ascoltare e accogliere tutti questi suggerimenti e i diversi modi di percepire, operando nelle scelte che hanno arricchito enormemente la mia vita. Penso alle mostre e ai nuovi allestimenti realizzati dal Museo: un grande traguardo da superare. Alla luce di quanto ho appena detto, credo quindi di non essere un personaggio ma di voler rappresentare il museo, responsabile delle scelte culturali che vengono comunque sempre condivise. Il personaggio per me è sempre il museo.
Annalisa Zanni Foto di Carlo Pozzoni |
Essere ai vertici di una importante istituzione culturale, comporta anche un rapporto con il potere ...
Nel nostro settore credo che paradossalmente non ci sia mai stato un vero problema dovuto al genere, perché in realtà, cosa non positiva, fino a pochi anni fa lavorare nei beni culturali era considerata una professione non ben remunerata e quindi generosamente concessa alle donne. L’interesse negli ultimi anni si è notevolmente spostato perché il mercato sta tentando di dialogare con la cultura e, di conseguenza, aumentano sempre di più le figure maschili che assumono questo ruolo con un approccio più spregiudicato. Da quando esiste l’umanità la donna ha sempre avuto più potere dell’uomo, semplicemente manifestato in modi diversi, quindi credo che sostanzialmente ci sia un riconoscimento di genere. Di fatto molte donne potrebbero gestire il potere politico in modo eccellente e sono state troppo a lungo tenute lontane dalla politica.
Come ha vissuto l’assegnazione dell’Ambrogino d’oro?
Ne sono stata assolutamente felice, uno dei riconoscimenti che mi ha fatto più piacere. Mi sento perfettamente milanese con pregi e difetti. È un riconoscimento molto sobrio, sintesi di essenzialità, saper fare e saper donare in silenzio, criteri che a mio parere guidano l’assegnazione di questo premio.
Il “Poldi Pezzoli” testimonia anche una parte della storia di Milano …
Dopo la distruzione della Seconda guerra mondiale il Museo ha dovuto confrontarsi con spazi che avevano perso le decorazioni originali che, per quanto si è potuto, si è cercato di conservare. I nuovi spazi acquisiti hanno offerto la possibilità però di nuovi allestimenti e nuove idee. Caso esemplare è la nostra Armeria che nel 2000, grazie all’intervento dell’artista Arnaldo Pomodoro, è divenuta un’opera d’arte globale che dialoga magnificamente con le collezioni. Questo ha attratto un pubblico diverso lanciando segnali di vitalità e nuove opportunità di visione. Grazie alla lungimiranza del collezionista abbiamo delle raccolte di arte antica e di arti decorative di qualità straordinaria cui è seguita una politica di donazioni altrettanto eccezionale. La qualità rende famoso il museo nel mondo.
Gian Giacomo Poldi Pezzoli, classico collezionista ottocentesco: quali sono gli indirizzi del collezionismo privato, oggi?
Il collezionismo oggi guarda all’arte contemporanea anche perché le giovani generazioni considerano poco interessante quello dei loro genitori e dei loro nonni. È normale e giusto dialogare con ciò che ci circonda, ma in alcuni casi il fenomeno sfocia nel rifiuto di acquisire le collezioni appartenute alle famiglie, che sembrano non fare più parte della propria storia. È vero anche, d’altra parte, che esiste in Inghilterra, negli Usa e in Oriente un mercato d’arte antica che è decisamente più vivace. In un contesto del genere, un museo di arte antica, come il Poldi, restituisce le radici e la storia, comunicandolo però con linguaggi totalmente nuovi.
Sandro Botticelli, Madonna del libro |
Ha avviato numerose trasformazioni negli ambienti del Museo …
Tutto è iniziato nel 2000 con l’opera d’arte globale dell’artista Arnaldo Pomodoro, decisa e voluta dal precedente direttore, che poi ho personalmente seguito e portato a termine. Da quel momento non ci siamo più fermati, la contemporaneità e la rilettura degli ambienti e delle collezioni insieme ai nuovi parametri di buona conservazione delle opere - quindi prevenzioni e non solo restauro - sono diventati elementi indispensabili che dovevano entrare anche in un edificio storico e in una storia che nel 1943 aveva subito una pesantissima distruzione.
La trasformazione è avvenuta anche attraverso attività “collaterali” come aperitivi, conferenze, laboratori, visite guidate, mostre monografiche: quali sono i progetti per il futuro?
I progetti per il futuro sono legati al rapido cambiamento che la società ci offre. Sicuramente importante sarà aumentare gli spazi espositivi del museo per poter accogliere nuove collezioni, al fine di rappresentare, anche attraverso le arti decorative, la trasformazione del gusto del collezionismo dal passato al contemporaneo.
Come si colloca il “Poldi Pezzoli” nell’ambito dei musei milanesi e qual è il suo rapporto con la città?
Il Museo è in relazione con una delle anime più significative della città, quella privata per prima cosa. Milano è la città privata per eccellenza, città in cui riservatezza, solidarietà, impegno verso gli altri sono valori portanti. Basti pensare, ad esempio, al volontariato: l’Associazione Amici del Museo Poldi Pezzoli, i custodi, il Club del Restauro, l’Associazione Carabinieri che aiuta a tenere aperto e quindi visitabile il museo. Il Museo rappresenta tutti questi valori, nonché le scelte sofisticate che, già a partire dall’Ottocento, i viaggiatori stranieri venivano a cercare quando entravano in contatto con l’identità di Milano. Essere casa museo, e, lo ricordo, il Poldi Pezzoli è ente capofila del Circuito Case Museo di Milano, è sicuramente un valore aggiunto, perché consente l’avvicinamento del pubblico e la diffusione della conoscenza della storia e del gusto di una persona, Gian Giacomo Poldi Pezzoli, che ha creato questo luogo e le sue collezioni. Il rapporto con la città poi, in questo ultimo periodo, è molto cresciuto anche grazie alla molteplici attività dedicate alle famiglie, alle scuole, e alle iniziative che hanno coinvolto tutte le istituzioni, come è avvenuto in occasione della mostra dedicata alle Dame dei fratelli Pollaiolo (Le Dame dei Pollaiolo: una bottega fiorentina del Rinascimento).
Antonio Pollaiolo, Profilo di donna |
Quali sono i “tesori nascosti” del suo Museo, che meriterebbero di essere conosciuti?
Tra i leonardeschi l’Ecce Homo di Andrea Solario, l’Andata al Calvario di Bernardino Luini, il Ritratto maschile di Andrea Mantegna, la Madonna dell’Umiltà con due angeli musicanti di Zanobi Strozzi, Il pretino di Massimo Ceruti detto Pitocchetto, L’Allegrezza di Vittore Ghislandi, il servizio da tè e caffè di Meissen detto “Borromeo”, il Tappeto delle tigri, i due piccoli Crivelli, l’Annunciazione del Sassoferrato, le armature ageminate lombarde di Pompeo della Cesa del XVI secolo, la collezione degli orologi da carrozza, la croce astile di Bernardo Daddi e la collezione delle preziose croci altomedievali di Limoges.
Dove ci accompagnerebbe in un itinerario alla scoperta di una Milano artisticamente nascosta?
Sceglierei di portarvi alla scoperta della Milano archeologica, delle cosiddette Cinque Vie, viuzze tortuose della città romana, concludendo il tour al Museo Archeologico e godendo degli affreschi di San Maurizio al Monastero maggiore. Passerei poi ai Chiostri dell’Università Statale e alla chiesa di San Simpliciano. Infine, a mio parere, meritano una visita l’Orto Botanico di Brera, la Fondazione Arnaldo Pomodoro e gli studi di numerosi artisti e architetti, come quelli di Vico Magistretti o di Achille Castiglioni, di cui Milano è ricca.
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