domenica 2 luglio 2017

Hilary Mantel, la scrittrice anti-Kate un asso pigliatutto

Hilary Mary Mantel (Glossop, 1952) è una scrittrice e critica letteraria britannica


Hilary Mantel, la scrittrice anti-Kate un asso pigliatutto

La britannica, dopo aver vinto due volte il Booker, è ora in corsa per il Women’s Prize

CORRISPONDENTE DA LONDRA

Finirà il successo inarrestabile di Hilary Mantel per rovesciarsi in un pregiudizio sfavorevole? Dopo aver vinto i due più importanti premi letterari britannici, il Booker (nel 2009 e nel 2012, unica donna ad averlo vinto due volte) e il Costa, e incassato 40 mila sterline per il David Cohen (considerato il Nobel inglese), l’autrice della saga dei Tudor è nella lista delle finaliste del Women’s Prize, riconoscimento per scrittrici donne che prima del ritiro dello sponsor si chiamava Orange. La sua sola presenza sembrerebbe già un’ipoteca se non che la figura di asso pigliatutto rischia di creare nella giuria una sindrome da saturazione, un’antipatia da prima della classe. Ecco il tenore delle polemiche sui premi letterari britannici, ignare dell’acidità e dei sospetti di quelle di casa nostra. 

Con Wolf Hall, pubblicato in Italia da Fazi, e l’ultimo Bring Up the Bodies (Portate su i corpi, non ancora tradotto), la scrittrice sessantenne ha creato uno standard narrativo dove il fascino della trama si basa sulla freschezza di una ricostruzione rigorosa. La fedeltà storica è preservata rifuggendo gli effetti grossolani e le strizzate d’occhio al lettore. Le vicende di Thomas Cromwell, ambiguo ministro di Enrico VIII nella prima metà del ‘500, e la sua sottile manipolazione del mercuriale monarca, diventano attuali ma non moderne. Attraverso un tempo presente sapientemente evocativo la Mantel mantiene un’attenzione filologica ai modi di pensare del periodo. La parola «novità», ad esempio, non ha l’imprescindibile aura positiva odierna ma conserva quel senso minaccioso che aveva agli occhi dei cortigiani Tudor. 

Hilary Mantel ha fatto recentemente parlare di sé per una serie di giudizi impietosi sulla amatissima duchessa di Cambridge. Kate, tra il compiaciuto scandalo dei tabloid britannici, è stata definita «una bambola snodabile con il sorriso finto», una donna «il cui solo scopo è quello di procreare». Citate dalla stampa fuori contesto, le definizioni appartenevano a una serissima lettura che la scrittrice ha dato al British Museum sulla percezione dei «Corpi reali». Lei ha sempre rifiutato di scusarsi, dicendo che le affermazioni non si riferivano alla persona ma all’immagine creatasi nel circo mediatico.  

Le giurate del Women’s Prize, tra cui Cherie Blair e l’autrice di storie romantiche Joanna Trollope, decideranno la vincitrice soltanto a giugno, quando l’attuale lista di 15 scrittrici sarà ulteriormente ridotta per la sfida finale. Nella quindicina ci sono anche la turca Elif Shafak con Honour, un romanzo sul senso dell’onore musulmano e la britannica Zadie Smith con NW, una storia «post-etnica» sulla travagliata parte Nord Ovest di Londra.  
L’inclusione dell’opera della canadese Sheila Heti How Should a Person Be, «Come una persona dovrebbe essere», ha fatto storcere molte bocche. Il libro infatti è composto in buona parte di trascrizioni di vere conversazioni ed email. Il critico del Sunday Times ha chiuso il discorso: «Non aspettatevi colloqui sfolgoranti, ma soltanto le chiacchiere mediamente intelligenti di un pugno di artistoidi, tutte persone un filo auto-indulgenti».  

Tra i nomi che si fanno notare per la loro assenza, il primo è quello di JK Rowling: dopo la morte di Harry Potter la scrittrice inglese aveva imboccato la strada del romanzo per adulti con Il seggio vacante.



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