venerdì 13 settembre 2019

Art Brut e sovversione / L'artista Nancy Spero

Nancy Spero nel suo studio di New York nel 1973


Art Brut e sovversione

L'artista Nancy Spero

GIOVANNA LACEDRA
13 SETTEMBRE 2019

Siamo negli Anni Cinquanta.
Mentre l’America diventa patria dell’astrazione, dell’Action Painting, dell’Informale e del Minimalismo, una giovane artista di nome Nancy Spero sceglie di usare il medium pittorico in maniera antitetica rispetto alle tendenze correnti; sperimenta altre possibilità grafiche, iconografiche, simboliche e visive, passando dalla pittura ad olio su tela alle tempere su carta, e fermandosi poi a questa – alla carta – sedotta dalla sua natura fragile, vulnerabile, dunque molto più esposta al rischio di una ferita, certamente più delicata, ma anche più maneggevole. La carta diventa il suo supporto prediletto: ne prova le diverse tipologie, le diverse grammature e ne sfrutta le caratteristiche utilizzandola sia per la stampa che per il collage. In corso di ricerca, poi, le tematiche che privilegerà si stringeranno via via sempre più attorno ad un nucleo sostanzialmente femminista e con una impostazione politica di sinistra.
“Sentivo che volevo fare un'arte sovversiva” ha affermato in un’intervista fattale da Hans Ulrich Obrist, successivamente inserita nel libro Live of the artists, live of the architects, pubblicato nel 2015.


Nancy Spero

Figlia di una ebrea russa e di un venditore di stampe, classe 1926, Nancy acquisisce forse da quest’ultimo la passione per la grafica e per i materiali cartacei. Si forma presso l’Art Institute di Chicago ed inizia a studiare la pittura Fauvista di Matisse – in particolare la sintesi delle figure nelle sue opere più tarde – e l’Art Brut di Jean Dubuffet, notoriamente nata “dalla solitudine e da impulsi creativi puri ed autentici”. L’arte, per quel che la riguarda, non deve anelare ad una estetica del bello ma del vero. Di quel vero che è denuncia e opposizione. E per dire il vero, per fare verità, l’immagine da sola non le basta. Sceglie, così, di integrarla con la parola. Testo e immagini diventano gli ingredienti del suo operare.
Le tecniche che adotta su supporto cartaceo sono l’acquaforte, la litografia, la pittura grezza ed il collage. Nel frattempo prende a studiare autori come Antonin Arthaud e Bertold Brecht e frequenta, a Parigi, lo studio dello scultore italiano Alberto Giacometti. La sua formazione si impasta così con la sensibilità di una donna in lotta contro ogni forma di violenza e per i diritti umani.


Nancy Spero, Codex Artaud

Come ha scritto Carla Subrizi nel suo saggio Azioni che cambiano il mondo:
La sua pittura ha rifiutato i formati tradizionali scegliendo superfici molto sviluppate in verticale o in orizzontale, ha scelto materiali effimeri (prima la carta da disegno, poi la carta giapponese) per contrastare l’egemonia della tela, ha usato il collage (talvolta anche perché sulla carta, quella giapponese, ad esempio, era impossibile disegnare), lo stencil, il disegno a matita, per cercare altre soluzioni che non fossero l’uso dell’olio o della tempera (per lei considerati la tradizione della pittura); è tornata alla figura nell’Epoca storica dell’Espressionismo Astratto Americano.
Femminista radicale nonché attivista, Nancy ha sostenuto le lotte di genere. Nel 1966 ha prodotto la War Series realizzando una sequenza di grafiche essenziali, in cui le figure, costruite da un segno graffiante e dinamico, occupano lo spazio con esplosiva prepotenza.


Nancy Spero, Notes in Time - Triple Canopy

Nel 1969 a New York ha preso parte al gruppo Women Artists in Revolution (WAR), organizzando vivaci proteste contro ogni forma di discriminazione e razzismo, e nel 1972 ha fondato, insieme ad altre 21 artiste donne, l’A.I.R. (Artists In Residence), una galleria in cui ha esposto diversi suoi lavori. Sono gli anni in cui nasce la sua opera più nota: il Codex Artaud (1971-1973), una raccolta di 37 collage posti su pannelli numerati dall’I al XXXIII in cui immagini riprese dal repertorio iconografico di antiche civiltà quali quella egiziana, indiana, celtica, romana, si interfacciano con i testi scritti dal poeta e drammaturgo francese Antonin Artaud, per lunghi anni considerato folle e rinchiuso in un manicomio. Di Artaud la Spero aveva letto i primi testi teatrali tradotti negli Stati Uniti agli inizi degli anni Cinquanta ed era stata colpita dalla forza della decostruzione sintattica che li caratterizzava. Accanto alla prosa, la Spero inserisce serpenti con sonagli fallici o animali da bestiario medievale, ibridi, androcefali, antropomorfi, il tutto in un repertorio che mescola realtà e fantasia, verità e superstizione. Le figure, all’interno dei collage del Codex, risultano piccole, sovrapposte e affiancate. Il tema che emerge da questo assemblage di simboli e narrazione è quello dell’emarginazione, della follia, della censura.
L’elemento isolato non produce, per Spero, senso e significati. Deve convivere con altri segni e con le parole, le quali hanno la funzione di rendere le figure meno autoreferenziali, determinando dialogo e rimandi semantici: è in questa complessità di segni e significati, sempre spostati verso un altro segno, che le figure si percepiscono come piccole, come elementi appartenenti a una fitta trama di immagini e significati.
(Carla Subrizi)

Nancy Spero, Picasso and Frederick's of Hollywood, 1990

Nancy ha sempre avuto una predilezione per i formati particolari, spesso stretti e lunghi, dunque maggiormente sviluppati in verticale o in orizzontale. Le sue opere risultano occupate o da un solo simbolo ripetuto più volte, o da figure semplificate attraverso un segno rapido, sintetico, graffiante. I soggetti occupano l’intera superfice, oppure risultano piccoli, talvolta seriali, e vengono collocati accanto a testi in prosa. Tra gli elementi simbolici più feroci troviamo la svastica, il fallo, l’escremento, e tra le icone femminili prescelte si evidenziano le Veneri del Paleolitico, le acrobate cretesi, le musiciste egizie, le vittime del Nazismo. La storia viene ricucita sulla carta e il discorso sulle problematiche di genere si ripete in una scansione non più cronologica: la donna ha ancora artigli da limare e spazio da pretendere.
Per il collage, nello specifico, si è sempre servita di figure ritagliate da illustrazioni di giornali o fotografie. Il serbatoio cui ha attinto è stato sia quello storico-artistico che quello dei media o della pubblicità.


Nancy Spero, The Dance

Per Nancy Spero l’arte coincide sempre con la vita. Ne svela ferite, soprusi e miserie.
Nel 1994 lavora su un testo di Bertold Brecht dedicato ad una prostituta ebrea, intitolato La ballata di Marie Sanders. Disegna un corpo femminile legato e lo ripropone più volte, in più opere differenti, posizionandolo ora accanto al testo di Brecht, ora accanto ad una divinità egizia, ora accanto ad una partigiana russa come se fosse una presenza senza tempo e di ogni tempo.


Nancy Spero, War Series

A consacrarla nell’Olimpo delle artiste attiviste dello scorso secolo, la mostra del 1988 al Museum of Contemporary Art di Los Angeles e quella del 1992 al MoMA di New York. Nel 1997 ha esposto a Documenta X di Kassel, mentre la sua più importante retrospettiva si è tenuta nel 2011 al Centre Pompidou di Parigi. Nancy Spero muore nel 2009, per insufficienza cardiaca a Manhattan all’età di 83 anni.



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