martedì 13 ottobre 2015

Pippa Bacca / Quando la performance diventa missione


Pippa Bacca, Lavanda dei piedi


Pippa Bacca

Quando la performance diventa missione


GIOVANNA LACEDRA
13 OTTOBRE 2015


Ricorderete tutti, o quasi – spero, in ogni caso, che ricordiate in molti – la terribile vicenda in cui perse la vita una delle più giovani e pure artiste italiane contemporanee.
Era il 12 aprile 2008. Più di sette anni fa. E lei non aveva che trentaquattro anni. Si chiamava Pippa Bacca. La trovarono morta durante una sua performance. Morì viaggiando, morì agendo. Morì durante l’esibizione del reale. Spose in viaggio era una performance itinerante, una sorta di missione per lei. Iniziata da più di un mese, sarebbe andata avanti ancora per molto, perché Pippa – così idealista e innamorata della vita, così ferita nell’intimo dal dolore del mondo, così fiduciosa nel genere umano – aveva deciso di spostarsi proprio nei territori del terrore, dove la violenza sterminava vite e dove la guerra dilatava la miseria, per portare un messaggio di pace. Bianco come la purezza d’animo di chi ha una sua fede. Bianco come l’abito che aveva deciso di indossare. Bianco come la luce di ogni alba che la vedeva svegliarsi energica, vestirsi da sposa con un abito a “cipolla” e piazzarsi poi sul ciglio di una strada, con un cartello in mano e aspettare. Aspettare con fiducia che qualcuno si fermasse per darle un passaggio e consegnarla alla prossima città, in una sorta di performance-pellegrinaggio verso i luoghi del dolore.

Pippa Bacca, performance Autostop per Tuzla

La performance si svolse in autostop. Ogni mattina Pippa correva il rischio di affidare la propria vita a un perfetto sconosciuto, ma la sua stima nei confronti del prossimo era sempre stata un ottimo carburante per le sue scelte. Come lei stessa volle precisare: “La scelta del viaggio in autostop è una scelta di fiducia negli altri esseri umani, e l’uomo, come un piccolo dio, premia chi ha fede in lui!”.
Era partita insieme all’artista Silvia Moro l’8 marzo del 2008, proprio in occasione della giornata che ogni anno festeggia le donne per la loro forza di volontà, per il loro coraggio, per le loro conquiste sociali e politiche, per i loro diritti e per la loro incessante lotta contro le discriminazioni d’ogni sorta. La performance era stata sostenuta dall’associazione Culturale Erodoto. Le due donne partirono vestendo entrambe abiti da sposa disegnati da Byblos, altro nobile sostenitore del progetto. La destinazione scelta fu Gerusalemme e per raggiungerla passarono attraverso la Slovenia, la Croazia, la Bosnia, la Bulgaria. Avevano ancora un bel po’di strada da fare: sarebbero dovute arrivare in Siria, attraversare poi il Libano, la Giordania, Israele e la Palestina. Giunte in Turchia, però, qualcosa si ruppe.
L’ultima notizia di Pippa risaliva al 31 marzo, giorno in cui era arrivata finalmente a Istanbul. Come di consueto lei e Silvia si erano separate, per poi ritrovarsi in abitazioni private, ospedali o gallerie d’arte del luogo. Le sue tracce, però, si erano perse all’improvviso. Sino a quel tragico 12 aprile. quando – dopo incessanti ricerche e appelli da parte dei famigliari –, il suo corpo fu ritrovato violato e senza vita. L’ultimo autista che Pippa aveva incontrato determinò il suo destino. Quel mattino, infatti, a offrirle un passaggio fu un cittadino turco pregiudicato, che aveva già avuto problemi con la legge a causa di furti. Murat Karatas, trentotto anni, la vide appostata sul solito ciglio di strada e la caricò sul suo camion nero. Giunse con lei sino alla località di Gebze. Poi, evidentemente, decise di cambiare direzione: invece di addentrarsi nella cittadina, dirottò verso una stradina che conduceva in un bosco. Lì, spense il motore. E fu forse quello il momento in cui Pippa capì che forse non è sempre possibile aver fiducia in tutto il genere umano. Che qualche volta ci si può sbagliare. E che quando ci si accorge di aver compiuto questo errore… può essere troppo tardi.

Pippa Bacca, performance Autostop per Gorizia


Avrà gridato, Pippa, mentre lui l’aggrediva. Avrà gridato mentre la costringeva a stare ferma e le strappava il suo candore di dosso. Probabilmente si sarà dimenata, avrà tentato di far qualsiasi cosa pur di divincolarsi. Ma da un bosco disperso in un luogo sconosciuto, con nessun’altra presenza umana nei dintorni che non sia la tua e quella del tuo carnefice, non è certo facile scappare. Soprattutto, poi, se chi ti aggredisce è fisicamente più forte di te. È un uomo ed è anche particolarmente violento. Urli. Ma riesci a farlo fino a che non viene persino a mancarti il fiato. Perché le sue mani ruvide stanno cingendo il tuo collo. E stringono, stringono. Asfissiano. Urli, ma lo fai finché il fiato non lo perdi del tutto.
Pippa Bacca è stata violentata e poi strangolata da quell’uomo. Il suo corpo esanime è stato ritrovato esattamente nel luogo del delitto. Era stata gettata fuori dal camion e poi sepolta alla bene e meglio. L’assassino fu rintracciato perché in seguito all’omicidio aveva utilizzato il cellulare della vittima. La notizia giunse immediatamente in Italia, addolorando profondamente i famigliari e sconvolgendo l’opinione pubblica. Voleva attraversare Europa dell’Est e Medio Oriente, Pippa. Insieme a Silvia desiderava portare in più luoghi possibili il suo messaggio di pace. Credeva nell’umanità, nella sua capacità di far vincere l’amore sulla morte. Ma il suo viaggio finì troppo presto e purtroppo senza darle pienamente ragione.
Sua madre, Elena Manzoni, sorella dell’artista concettuale Piero Manzoni, dopo aver appreso la scioccante notizia disse: “La natura di mia figlia era questa: era piena d’entusiasmo, di gioia di vivere”. I funerali si svolsero presso la Basilica di San Simpliciano a Milano, con la partecipazione dell’allora sindaco Maria Letizia Moratti e del console turco. Il presidente della Repubblica Turca, Abdullah Gul, trasmise le sue ufficiali condoglianze. Sul sagrato gremito di gente fu adagiata la sua bara, coperta da un drappo verde. Il verde era il suo colore preferito. Verde come la natura più pura. Verde come le foglie che ritagliava per i suoi lavori. Verde come la speranza che aveva sempre caratterizzato la sua personalità. E palloncini verdi furono lasciati volare in cielo alla fine della cerimonia, mentre i partecipanti con un brindisi corale salutavano la sua vita, promettendo di ricordarne per sempre il lascito.
Pippa Bacca, la nascita del progetto "Spose in viaggio"

Poco più di un anno dopo, infatti, Elena Manzoni riuscì ad organizzare una mostra dedicata alla straordinaria “missione” di sua figlia. Spose in Viaggio | Brides on tour, inaugurata presso la Fondazione Mudima di Milano nel dicembre 2009, fu uno straordinario evento documentativo e celebrativo. Le tappe più importanti del viaggio di Pippa e Silvia vennero testimoniate da fotografie e video, oggetti e souvenir. Immagini fotografiche ritraevano Pippa in autostop o durante un celebre rituale da lei battezzato come “la lavanda dei piedi”. Ovunque andasse, infatti, cercava l’ospedale della città, ne rintracciava l’ostetrica e le proponeva di prestarsi a questo speciale momento della performance: la donna doveva sedersi e rispondere a un’intervista, accettando di raccontare aneddoti su quello che resta il mestiere più antico del mondo. Pippa si era portata da Milano una bacinella. Lavava i piedi della prescelta con acqua e sapone, quindi li asciugava con la mantellina del vestito da sposa. Infine li ungeva di oli e profumi. Durante il “rito” poneva all’ostetrica di turno domande relative alla prima vita che aveva fatto nascere. In questo modo l’azione artistica rendeva omaggio alla vita. Nel testo in catalogo di Giorgio Bonomi si può leggere: “Pippa Bacca ha aperto la mente e il cuore di tanta gente, in tutto il mondo, per cui il male si è trasformato, dialetticamente, in bene…”.
L’idea di Spose in viaggio era nata nella mente di Pippa come una sorta di riflessione. Di fondo, non riusciva a comprendere questa eccessiva attenzione che le spose hanno nei riguardi di un abito che indosseranno per un solo giorno. Durante il matrimonio di un’amica fu colpita dal timore esagerato che questa aveva di imbrattare lo strascico dell’abito nuziale. Un abito volutamente candido, dunque facilmente sporcabile. La sua silenziosa genialità la portò a rovesciare questa logica. E così, l’abito bianco che si indossa un solo giorno, divenne per lei l’abito di molti giorni: l’abito della strada, l’abito di un percorso, l’abito di un viaggio. L’abito che vuol essere sporcato dai territori attraversati, dai luoghi visitati. Dall’esperienza. L’abito di un matrimonio tra popoli. L’abito della tregua. L’abito della pace. Come è andata lo sappiamo ormai tutti. Preferisco, invece, concludere questo articolo con i versi di una poesia di Edoardo Sanguineti, che Pippa considerava il vero incipit del suo progetto:
Quando ci penso, che il tempo è venuto,

la partigiana che qui ha combattuto,

quella colpita, ferita una volta,

e quella morta, che abbiamo sepolta,
femmina penso, se penso la pace:
pensarci il maschio, pensare non piace.

Quando ci penso, che il tempo ritorna,

che arriva il giorno che il giorno raggiorna,

penso che è culla una pancia di donna,

e casa è pancia che tiene una gonna,
e pancia è cassa, che viene al finire,
che arriva il giorno che si va a dormire.


WSI


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