venerdì 2 giugno 2023

Tina Turner, l’ultima intervista al Corriere / «Le donne possono dire no alle molestie. Come ho fatto io»

 

Tina Turner, l’ultima intervista al Corriere: «Le donne possono dire no alle molestie. Come ho fatto io»

Tina Turner, l’ultima intervista al Corriere: «Le donne possono dire no alle molestie. Come ho fatto io»

di Matteo Cruccu25 maggio 2023 (modifica il 28 maggio 2023 | 16:12)
Così diceva a fine 2017 dal suo ritiro in Svizzera: era appena esploso il caso Weinstein

L’ultima intervista a Tina Turner, scomparsa mercoledì, al Corriere risale a fine 2017, è il ritratto di una donna tranquilla che ha trovato la pace in Svizzera, dopo tanti tumulti. Eccola, mentre stasera andra in onda su La7, alle 22.30, la biopic su di lei, «Tina - What’s Love Got to Do with it »

Di donne così energiche, nel libro della storia del pop, ne abbiamo conosciute davvero poche. Forse nessuna come Tina Turner, instancabile performer, capace di sgambettare da una parte all’altra del palco come una ragazzina quando era già sulla settantina. Forse, però, si farebbe fatica a riconoscerla oggi: Anna Mae Bullock, come si chiama all’anagrafe, ad anni 78 conduce tutt’altro tipo di esistenza. Ritirata, si potrebbe dire, nella sua villa sul lago di Zurigo, quieta Svizzera profonda, il Paese del suo ultimo marito, Erwin Bach, il produttore ben più giovane di lei (sedici anni di meno).

Il Paese di cui si è innamorata a tal punto, lei figlia del Sud nero e soul degli Stati Uniti, da avervi preso l’esclusiva nazionalità. «Nulla di strano, la Svizzera è un luogo spirituale: c’è qualcosa qui che mi aiuta a essere connessa con quel che veramente sono» dice la cantante, dalla sua tranquilla magione. Dove, in questa direzione paciosa, ha appena prodotto insieme ad altre cinque artiste di tutto il mondo, dalla nepalese Ani Choying all’israeliana Mor Karbasi, «Awakening Beyond», sorta di preghiera collettiva, con canzoni, nenie e litanie di varia ispirazione religiosa. «È stato un improvviso risveglio di coscienza, vogliamo andare oltre divisioni e barriere», spiega Tina, con ardore mistico. Già, Tina sa che la quiete di oggi arriva dopo una vita che tempestosa è dire poco, come vedemmo nel bel film Tina e come vedremo in un musical che esordirà in primavera. Lei che ebbe la forza di fuggire da un matrimonio sbagliato, con quell’Ike Turner, genio sul palco e tiranno in casa. Dopo l’ennesimo pestaggio, un giorno di metà anni 70, lo lasciò, si ritrovò in tasca solo 36 cent, ma riuscì a reinventarsi di fatto un’altra carriera, diventando la popstar globale del decennio successivo, quella di «Simply the Best» e «Private Dancer», canzoni che hanno accompagnato più di una generazione. «Ho imparato molto dalla mia esperienza, ne sono uscita più amorevole e forte».

Eppure al tempo di Weinstein, della molestia istituzionalizzata, non sembra così facile cavarsela per una donna dello spettacolo: «Non sono del tutto d’accordo. Le donne con cui ho lavorato a questo nuovo progetto dimostrano il contrario: Ani Choying, l’artista buddista dell’album, ha pubblicato un libro, Cantando per la libertà, davvero toccante. Lei, come le altre, per provare che le donne, insomma, possono dire no. Come detto, ho avuto anch’io i miei brutti momenti, ma ne sono uscita, oggi è un momento felice della mia vita e, col mio esempio, voglio che possano venirne fuori anche le altre». Donna, Tina. E nera, quando non era facile per una afroamericana affermarsi nello show business: figlia di lavoratori nei campi di cotone nel Tennessee, nel 2008 si emozionò per l’elezione di Obama. Su Trump è lapidaria: «Non voglio commentare». Altrettanto su un suo eventuale ritorno sulle scene, visto che non la vediamo su un palco praticamente da otto anni, salvo qualche sporadica incursione qui e là: «Sul rock e sulle danze ho già dato. Oggi sto bene così, godendomi il mio privato». Definitivamente tranquilla, sì, la Tina Turner dell’anno 2017.


CORRIERE DELLA SERA



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