lunedì 26 giugno 2017

Ida e Viviane, storie di donne in cammino


Ida e Viviane, 

storie di donne in cammino

16 DICEMBRE 2014 di Maria Serena Natale
Ida (2013)

Sono entrambe candidate al Golden Globe 2015 nella categoria Miglior Film Straniero. Due storie lontane nel tempo e nello spazio ma illuminate dallo stesso riverbero interiore, una volontà tenace. Ida (2013), la giovane novizia in cerca di se stessa e Viviane (2014), la moglie che sfida la legge per riprendersi la libertà.
Ida, orfana ebrea strappata all’Olocausto e cresciuta in un convento cattolico della Polonia comunista anni Sessanta, è un essere sradicato, senza identità né legami, grandi occhi scuri spalancati sul vuoto. Lo stesso nome che le è stato nascosto sarà per lei una conquista, un argine all’oblio, punto d’approdo e di partenza. Scoprirà un passato di dolore indicibile attraverso il viaggio con la zia ritrovata, Wanda – tra i personaggi femminili più intensi di questa stagione cinematografica -, incontrerà la sensualità, l’amore, il dubbio, la disperazione, la felicità. Un film morbido, compatto, disseminato di delicati bagliori.
In un tribunale rabbinico israeliano dei nostri giorni, Viviane trascina l’umiliante farsa del divorzio da Elijah, uomo inaccessibile sposato per volere della famiglia, il matrimonio una prigione di silenzio. Costretta a una surreale disamina delle incompatibilità che la separano dal marito, Viviane si dibatte tra le aspettative di una comunità votata all’equa ripartizione della sofferenza. Sfilano davanti agli esausti rabbini le comparse di un dramma privato reso pubblico dall’ostinazione della protagonista, continuamente richiamata a contenere un’energia erotica e vitale inammissibile. Da quell’aula non usciamo mai, le parole dei testimoni evocano una realtà esterna che è appena un sussurro, le persiane sempre chiuse, solo in una delle ultime scene Viviane, dando le spalle alla telecamera, guarda, con noi, fuori dalla finestra.


Viviane (2014)

Due sovversive, intimamente estranee a un mondo che non riconosce il loro diritto a decidere e darsi una direzione. Alle prese con l’enigma dell’essere donna, raccontato per scorci e inquadrature rétro nel raffinato bianco e nero del film del 2013 del polacco Pawel Pawlikowski (guarda il trailer in lingua originale)  e con il montaggio serrato dei primi piani che esaspera il dialogo muto dei volti in quello del 2014 scritto e diretto, con il fratello Shlomi, da Ronit Elkabetz che di Viviane è anche l’interprete (guarda il trailer in lingua originale).
In entrambi i casi, la fine della storia è l’inizio, un incosciente salto nel buio, primo passo di un percorso coraggioso e, soprattutto, solitario.
Ida in cammino sulla strada di campagna che la porta verso la vita che ha scelto. Di Viviane non ritroviamo più lo sguardo che ha dominato il racconto ma passi incerti su un pavimento bianco, i pochi metri tra quella stanza chiusa e il mondo.

CORRIERE DELLA SERA


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