giovedì 22 giugno 2017

Hollywood e il sesso / Gli amori esagerati di Ava Gardner

Ava Gardner

9 LUGLIO 2013 di 

Ebbe «solo» tre mariti. Ma cambiò amanti come si cambiano i vestiti. Oltre a una straordinaria attrice, fu per due decenni la «donna più irresistibile di Hollywood». Ai piedi di Ava Gardner caddero miliardari, registi, grandi scrittori, toreri e cantanti: Frank Sinatra e Howard Hughes, Clark Gable ed Ernest Hemingway, Dominguín e George C. Scott. Con altre celebrità duellò da pari a pari: di Humphrey Bogart disse che «era un bastardo», di Aristotele Onassis «un piccolo stronzo allupato».Nessun uomo riuscì a tenerle testa: troppo grande, sicura di sé, moderna ed emancipata rispetto al modello di donna cui lo Zeitgeist li aveva abituati. Prima di Ingrid Bergman, prima di Marilyn, prima di Liz Taylor, prima di Angelina, c’era Ava Gardner. Più di vent’anni dopo la sua morte, nel gennaio 1990, escono, piene di golose rivelazioni e giudizi fulminanti, le memorie postume dell’artista. Dettate nell’ultimo periodo della sua vita al giornalista Peter Evans, ora pubblicate con l’autorizzazione della famiglia, The Secret Conversations (edizioni Simon&Schuster) sono la trascrizione fedele delle conversazioni notturne della Gardner con l’ex corrispondente del Daily Express, deceduto nel 2012 poco dopo aver completato il libro.
È una galleria a tratti ironica e affettuosa, molto più spesso impietosa e senza peli sulla lingua. Ari Onassis ci provò disperatamente, la ospitò più volte sul celebre Cristina, ma la descrizione meno contundente che la diva gli dedica è quella di «un primitivo con lo yacht». «Provava continuamente a stupirmi, ma io stupivo lui». Fu sulla nave del miliardario greco che Ava Gardner incontrò Winston Churchill, col quale condivise una memorabile sbronza. Del primo marito, l’attore Mickey Rooney, sposato nel 1942 a 19 anni, racconta il vorace appetito sessuale, ma anche la latente pedofilia: lo lasciò dopo appena un anno, quando scoprì che aveva fra le sue amanti una quindicenne.
Poi fu il turno del jazzista Artie Shaw, un «prepotente» che le fece dare lezioni di scacchi da un maestro, salvo poi innervosirsi fino a diventare violento quando la moglie cominciò a batterlo. Il terzo e ultimo matrimonio fu quello con Frank Sinatra, «un dio arrogante, che puzzava di sesso»: sei anni, dal 1951 al 1957, nei quali la carriera della Gardner esplodeva, mentre «old blue eyes» sembrava alla fine. Finì con lui depresso e lei in fuga verso la Spagna, dove cominciò la storia d’amore con Ernest Hemingway. Da Papa imparò la passione per le corride, che l’avrebbe portata nelle braccia di Dominguín: «Una dolce follia».
Evans racconta che quando chiesero al torero se rimpiangeva di non averla sposata, questi rispose: «No, perché non mi avrebbe lasciato tempo per toreare». Poi vennero l’eccentrico miliardario Hughes, «un razzista puzzolente»; il regista John Huston, «lo adoravo, mi manca, nessuno mi conosceva come lui»; l’attore Robert Mitchum che le fece fumare una canna di hashish, e perfino, ma «siamo usciti una sola volta», il mafioso Bugsy Siegel, l’uomo che creò Las Vegas. Non mancano nel libro giudizi taglienti e gossip sulle colleghe:
Lana Turner? «Le piacevano i gangster, sul serio». Elizabeth Taylor? «Non è bella, è carina. Io ero bella». Grace Kelly? «Adorava le scommesse. Una volta abbiamo scommesso 20 dollari che Hyde Park fosse più grande del Principato. Lei diceva di no. Vinsi io. Mi mandò i dollari, un Magnum di Dom Perignon e un pacchetto di aspirine per dopo la sbornia. Mi conosceva bene». C’è un solo, strano silenzio, nelle conversazioni di Ava Gardner: manca la storia d’amore con Walter Chiari, consumata nel 1957 a Roma sul set de La Capannina. Finì presto, è vero. Si favoleggia che durante una cena nella quale l’attore aveva fatto una irridente imitazione di Frank Sinatra, da poco suo ex marito, la diva, sdegnata, si alzò, uscì e andò direttamente a Fiumicino, dove prese l’aereo per gli Stati Uniti.
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