EDVARD MUNCH La prostituta grassa, 1899 |
La grafica di Edvard Munch
Fra audacia e impertinenza
di
MANUELA MARCHESAN
Il desiderio di dedicarsi più intensamente alla grafica, anche con l'intenzione di far conoscere i propri soggetti a un pubblico più vasto, spinge Edvard Munch nel 1896 a recarsi a Parigi, alla ricerca di ispirazioni e di abili stampatori. L'elemento propulsivo di questa scelta è da ricercare nella sua spinta verso la grafica a colori: la diffusione della conoscenza della xilografia giapponese e lo sviluppo della cromolitografia per la realizzazione dei manifesti per gli spettacoli facevano di Parigi la città in cui poter approfondire lo studio delle potenzialità della grafica, in ambienti professionali di altro livello, in un contesto dominato dalla circolazione delle idee.
Nei primi tempi di permanenza in città, Munch si concentra sull'incisione e la litografia; in seguito pratica anche la xilografia per la quale diventa uno dei primi artisti moderni a utilizzare il legno lungo la fibra, procedura che gli permette di realizzare immagini anche piuttosto grandi e di integrare le asperità del legno nel lavoro finito, di cui gli accidenti diventano parte integrante e fondamentale. Con la stessa disinvoltura sperimenta pratiche più veloci rispetto alla tradizionale grafica, come il ricorso a una versione semplificata dell'acquatinta, consistente nel procurarsi lastre di zinco già lavorate attraverso la sabbiatura, saltando così la lunga operazione di preparazione della matrice, e si avvicina a un tipo particolare di mezzatinta, consistente nella divisione della lastra originale in piccole zone stampabili separatamente.
EDVARD MUNCH_ Due persone – I solitari, 1898 |
Munch conosce questo metodo - utilizzato nelle arti grafiche per realizzare cliché tipografici per le illustrazioni – grazie all'amicizia con Paul Hermann, un grafico tedesco che aveva vissuto molti anni negli Stati Uniti, dove la mezzatinta era utilizzata soprattutto in ambito commerciale e meno per le sue applicazioni artistiche. Occorre dire che altri artisti coevi utilizzavano analoghe procedure di frazionamento del soggetto, come il danese Jens Ferdinand Willumsen, che per le sue acqueforti tagliava la lastra di rame in due parti inchiostrandole separatamente per poi ricomporle, e lo stesso Gauguin, le cui tavole di legno ritagliate e sagomate per la stampa a colori, erano probabilmente conosciute da Munch. Sappiamo che l'artista norvegese applica tecniche analoghe a una serie di acqueforti a colori del 1896-97 e nelle xilografie a partire dal 1896.
Anche per la xilo a colori, infatti, il procedimento tradizionale consisteva nel realizzare una tavola per ogni colore: la difficoltà stava nella giustapposizione del disegno, che deve essere perfetto, operazione che richiede una grande precisione. Munch semplifica questo procedimento ritagliando i pezzi della tavola con un seghetto da traforo, colorandoli separatamente con diverse tinte, e ricomponendoli nel tutto come un puzzle: in questo modo ottiene una stampa a colori da un'unica matrice e con un solo passaggio sotto il torchio.
EDVARD MUNCH Le ragazze sul ponte, 1918 |
Il frazionamento del soggetto che ne consegue viene sfruttato dall'artista per conferire alla composizione tensione e rigore, così come l'impiego di colore sempre più trasparente e leggero, in grado di fare risaltare la venatura del legno, finisce col diventare effetto intenzionalmente perseguito nella costruzione dell'immagine. Come sempre, impertinenza e audacia premiano l'arte: Edvard Munch non si risparmia nello sforzo di piegare la tecnica della sgorbia e del raschietto alle esigenze dettate dalla sua volontà espressiva.
Manuela Marchesan
Frequento l'Istituto d'Arte a Bologna, termino gli studi di Storia dell'Arte al Dams e fondo il mio primo studio, Storie/linee, in cui lavoro come grafica e illustratrice al servizio di musei, agenzie e case editrici. Negli anni '90 mi affaccio al mondo del libro per l'infanzia, inizio a pubblicare con alcune case editrici italiane e sono invitata a partecipare a mostre d’illustrazione.
Negli stessi anni inizio a occuparmi di manifesti, cartellonisti e pubblicità di cinema per la Cineteca di Bologna, attività che affianco alla passione per l'illustrazione e non solo. Per un breve periodo, infatti, le mie figure escono dalle pagine dei libri per invadere i muri di alcune abitazioni che decoro non senza una certa fatica fisica, ragione per cui, mossa da una cronica curiosità per le novità soprattutto se nascono da una riappropriazione del passato, approfondisco altri linguaggi figurativi fino ad arrivare al contatto con l'arte dell'incisione e delle tecniche di stampa calcografica. E’ il punto di non ritorno: il passo successivo sarà quello di fondare, a Bologna, l'atelier di stampa le MagnificheEditrici per realizzare e auto-produrre, quasi mai da sola, libri e oggetti, ma anche libri-oggetto, che sono una sorpresa da sfogliare.
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