sabato 14 settembre 2024

Liam Young al “Laboratory of the future”

 


Key-frame tratta dal film "Planet City" (2021) di Liam Young: un'immensa e complessa città iperbolica, una grande Megalopoli di 10.000.000.000 di abitanti dove vive l’intera popolazione mondiale


Liam Young al “Laboratory of the future”

18esima Mostra Internazionale di Architettura 2023

Chiara rigotti
10 DICEMBRE 2023

La Biennale di Venezia con la 18esima Mostra Internazionale di Architettura 2023, uno dei più prestigiosi eventi nel campo dell'arte e dell'architettura, ha visto quest’anno la partecipazione di numerosi talenti artistici, ma uno in particolare ha catturato l'attenzione degli spettatori: Liam Young, un architetto visionario che ha trasformato le sue idee in film affascinanti e suggestivi.

La Biennale di Venezia quest’anno si impegna concretamente nella lotta al cambiamento climatico, promuovendo un modello più sostenibile per la progettazione, l'allestimento e lo svolgimento delle sue attività. Nel 2022 ha ottenuto la certificazione di neutralità carbonica per tutte le manifestazioni che si sono svolte durante l'anno. Ciò è stato possibile grazie a un'attenta raccolta di dati sulle emissioni di CO2 generate dalle manifestazioni stesse e all'adozione di misure adeguate. Il processo per raggiungere la neutralità carbonica è stato certificato secondo lo standard internazionale PAS2060 dal RINA.

Per le manifestazioni della Biennale, la componente più significativa dell'impronta di carbonio complessiva è legata alla mobilità del pubblico partecipante. Pertanto, questa mostra sarà la prima grande esposizione di architettura ad adottare un percorso verso la neutralità carbonica, riflettendo anche sui temi di decolonizzazione e decarbonizzazione.

La direttrice Lesley Lokko, classe 1964, con una laurea in architettura alla Bartlett School of Architecture, dottorato alla London University, una tra i fondatori della prima scuola post-laurea di architettura nel continente africano, la Graduate School of Architecture (Gsa) di Johannesburg, ha sottolineato che una mostra di architettura è contemporaneamente un momento e un processo. Oltre alla narrazione, sono importanti anche le questioni legate alla produzione, alle risorse e alla rappresentazione che spesso vengono trascurate. È stato chiaro fin dall'inizio che la Mostra "The Laboratory of the Future" avrebbe adottato il concetto di "cambiamento " come elemento centrale, “un invito a immaginare diversamente, a fare le cose in modo diverso.”

All’interno del Laboratorio si trova uno spazio particolare, Il Carnival, che arricchisce il programma di “The Laboratory of the Future” durante i sei mesi della Mostra con incontri, conferenze, tavole rotonde, film e performance che mirano ad esplorare i temi della Biennale Architettura. Proprio a Carnival, Liam Young ha presentato a maggio un film su gigantesche infrastrutture che galleggiano in mezzo all’oceano: “The Great Endeavor” un film che vuole darci una visione positiva di un futuro dove sapremo collaborare in maniera pluridisciplinare per salvarci.

Holly Jean Buck, una scienziata socio-ambientale, insieme a Liam Young, propone un manifesto che va oltre la semplice riduzione delle future emissioni di anidride carbonica. La loro proposta è di sviluppare la capacità di rimuovere attivamente l'anidride carbonica dall'atmosfera e immagazzinarla nel sottosuolo. Questo progetto ambizioso richiederebbe il più grande sforzo di ingegneria nella storia umana e lo sviluppo di una nuova infrastruttura di dimensioni paragonabili a quella utilizzata dall'industria globale dei combustibili fossili. Chiamato "The Great Endeavor" (La Grande Impresa), questo è un tentativo utopico di coordinare azioni per "decolonizzare l'atmosfera".

Sul cantiere di queste infrastrutture fuori misura, ondeggianti, lavorano migliaia di persone coordinate al ritmo della Vocalist Lyra Pramuk. I costumi da lavoro sono stati disegnati dall’artista Ane Crabtree, con cui Liam aveva collaborato per i costumi di Planet City, esposti nel 2022 al MoMA. Liam Young è soprattutto un regista e designer speculativo nato in Australia. Ha sviluppato una reputazione significativa per il suo lavoro che unisce l'architettura, il cinema e la narrazione. Ha studiato architettura presso la Royal Melbourne Institute of Technology (RMIT) in Australia. Le sue opere sono state esposte in istituzioni e eventi di fama mondiale, tra cui la Biennale di Venezia 2021, il Museum of Modern Art (MoMA), il Victoria and Albert Museum (V&A).

Young è uno dei fondatori del think tank di Futuri Urbani: Tomorrows Thoughts Today e dello studio di ricerca nomade Unknown Fields. Young è stato in precedenza visiting professor di architettura all'Università di Princeton e attualmente ricopre una posizione presso l'Architectural Association di Londra e dirige il M.A. in Fiction and Entertainment presso il Southern California Institute of Architecture con Alexey Marfin a Los Angeles. Young ha collaborato con vari artisti, architetti e pensatori per immaginare e comunicare futuri alternativi. Il suo lavoro spesso esplora temi come l'impatto della tecnologia sulle città, il ruolo della sorveglianza e dei dati, la sostenibilità ambientale e le implicazioni sociali dell'urbanizzazione. I suoi film esplorano la relazione tra architettura, tecnologia e società, offrendo al pubblico prospettive uniche sull'ambiente costruito.

Liam Young immaginando le sedi di Facebook e Google, come ha scritto Andreea Cutieru su Archdaily, porta a una riflessione su un tipo di architettura in cui la scala umana non è più la misura predefinita dello spazio e in cui i parametri che definiscono l'oggetto costruito non si basano sulla condizione umana, sui segni culturali e sui modelli di movimento o orientamento. Nell'organizzazione spaziale sono imperativi il tempo, le esigenze tecniche e l'efficienza del processo. In questi paesaggi automatizzati, le persone sono semplicemente incaricate di supervisionare i processi automatizzati.

Apparentemente privi di qualità architettoniche e in un certo senso non progettati per le persone, ciò che distingue queste tipologie dall'infrastruttura è la loro relazione con il nostro paesaggio culturale. L'edificio anonimo che ospita i server di Google è, infatti, un archivio culturale per la società contemporanea. Secondo Rem Koolhaas la tipologia architettonica principale dei prossimi anni saranno proprio le banche dati.

Per capire meglio questo architetto visionario, vorrei citare i film che sono riusciti a cambiare il rapporto tra autore e spettatore coinvolgendolo con le stesse tecnologie che si rappresentano e criticano poi nei film. Primo tra tutti il film per cui l’ho conosciuto, "Planet City" (2021), un film sperimentale che immagina un'immensa e complessa città iperbolica, una grande Megalopoli di 10.000.000.000 di abitanti dove vive l’intera popolazione mondiale. Il film mostra Torri protette da facciate solari che producono l’energia sufficiente a tutti gli abitanti e orti urbani per l’agricoltura.

In ogni quartiere vengono celebrate danze tradizionali, 365 danze, una al giorno per raccontare le culture di Planet City. Ogni quartiere si rappresenta attraverso ritmi tribali, musica elettronica, costumi selvaggi e innovativi allo stesso tempo, creati dall’artista Ane Crabtree, costumista di Handmaid's Tale, Westworld e Invasion e con uno straordinario gruppo di artisti e maker provenienti da tutto il mondo.

"In the Robot Skies" un cortometraggio realizzato nel 2016, l’autore affronta i temi della sorveglianza. Il film sperimentale esplora la vita quotidiana in una città futuristica utilizzando droni per la ripresa e la narrazione. Il film è stato realizzato in collaborazione con il regista di drone cinematografico Derek Lamberton e il compositore Forest Swords. Le scene sono state girate interamente con l'uso di droni, che fungono da occhi volanti per raccontare la storia.

La trama segue due personaggi, James e Mary, che comunicano attraverso una serie di droni che pattugliano il cielo della città. I droni fungono da intermediari, osservando e registrando le loro interazioni. La storia si sviluppa attraverso le prospettive dei droni, fornendo un punto di vista unico sulla vita nella città futuristica. L' autore esplora temi attuali come la tecnologia e l'intimità nelle città del futuro. Il film offre uno sguardo suggestivo sulle dinamiche sociali e il modo in cui le tecnologie emergenti possono influenzare la nostra esperienza urbana. Il cortometraggio è stato presentato in diverse mostre e festival cinematografici ed è stato ampiamente elogiato per la sua innovazione nel modo di utilizzare i droni come strumenti cinematografici.

Anche in "Where the City Can't See", un cortometraggio del 2016, girato interamente in realtà virtuale, seguiamo una serie di personaggi in una Detroit futuristica e industriale. I personaggi si muovono attraverso la città di Detroit di notte, esplorando gli spazi abbandonati e le strutture industriali. La storia si svolge in un futuro in cui l'uso della tecnologia e della realtà virtuale è pervasivo nella vita quotidiana.

"Where the City Can't See" esplora temi come la tecnologia, l'intelligenza artificiale, la sorveglianza e la relazione tra gli esseri umani e l'ambiente costruito. Il film offre uno sguardo speculativo su come la città e la vita urbana potrebbero evolversi in un futuro prossimo. Uno degli aspetti distintivi di questo cortometraggio è stato l’utilizzo innovativo della tecnologia di realtà virtuale. Gli spettatori sono immersi nella prospettiva dei personaggi, vivendo l'esperienza attraverso i loro occhi e partecipando attivamente alla narrazione.

Di nuovo lo spettatore è anche regista, attore e protagonista. Il cortometraggio ha dimostrato la capacità di Liam Young di esplorare le potenzialità narrative e visive della tecnologia emergente e di creare esperienze coinvolgenti che spingono i confini del cinema tradizionale al di là della relazione statica con lo spettatore, stimolando l’immaginazione e la partecipazione del pubblico. "Under Tomorrow's Sky" (2013) è invece un progetto diverso e il primo davvero importante. Un progetto di narrativa spaziale composto da una serie di storie, video e installazioni, che esplora il futuro delle città attraverso visioni speculative.

Il progetto si concentra sulle sfide e le possibilità che le città del futuro potrebbero affrontare. Esplora temi come la sovrappopolazione, la tecnologia avanzata, l'urbanizzazione e l'impatto ambientale. Attraverso una combinazione di narrazione, immagini e installazioni, Young ha creato un'esperienza che invita il pubblico a riflettere sulle conseguenze delle scelte attuali sulla forma delle città di domani. Il progetto include anche collaborazioni con artisti, architetti, scrittori e designer. "Under Tomorrow's Sky" è stato esposto in varie istituzioni e mostre internazionali, offrendo al pubblico una visione provocatoria e stimolante del futuro delle città. Ha contribuito a consolidare la reputazione di Liam Young come pensatore speculativo e innovatore nel campo dell'architettura e del design.

Ma Liam Young non è il primo architetto a credere nell’immaginazione e nella realtà virtuale come strumento partecipativo per visualizzare un futuro ottimista, per esempio lo studio di Architettura Diller Scofidio + Renfro di New York ha una lunga storia di collaborazioni multidisciplinari che abbracciano il cinema, la performance e l'arte. Il loro progetto più importante è il Blur Building per l'Expo 2002 in Svizzera, che ha fornito una straordinaria esperienza spaziale e sensoriale ai visitatori.

Il Blur Building è un'architettura atmosferica, una massa di nebbia generata da forze naturali e artificiali. L'acqua viene pompata dal Lago di Neuchâtel, filtrata e spruzzata come una sottile nebbia attraverso 35.000 ugelli ad alta pressione. Un sistema meteorologico intelligente legge le mutevoli condizioni climatiche di temperatura, umidità, velocità e direzione del vento e regola la pressione dell'acqua in diverse zone. Entrando nel Blur, le referenze visive e acustiche vengono cancellate. C'è solo una "schermatura ottica" e il "rumore bianco" degli ugelli pulsanti.

A differenza degli ambienti immersivi che cercano una fedeltà visiva in alta definizione con una sempre maggiore virtuosità tecnica, il Blur è decisamente a bassa definizione. In questo padiglione espositivo non c'è nulla da vedere se non la nostra dipendenza stessa dalla visione. È un esperimento di de-emphasis su scala ambientale. Il movimento al suo interno non è regolamentato. Il pubblico può salire fino all'Angel Deck attraverso una scala che emerge dalla nebbia verso il cielo azzurro. L'acqua non è solo il sito e il materiale principale dell'edificio; è anche un piacere culinario. Il pubblico può bere l'edificio. All'interno, c'è un ambiente acustico immersivo creato da Christian Marclay.

Conclusione

La crisi climatica in corso, evidente anche nelle recenti situazioni meteorologiche in Italia, coinvolge profondamente il mondo della ricerca e della progettazione, mettendo in discussione qualsiasi soluzione apparentemente risolutiva. L'architettura stessa si trova vulnerabile di fronte a questa crisi climatica che supera i confini delle singole discipline. Secondo Lesley Lokko, "il futuro non è un copione da scrivere da zero, si trova nei vuoti del presente". Marina Otero Verzier, Direttrice delle Ricerche presso Het Nieuwe Instituut (HNI), sottolinea che le miniere di litio, i parchi eolici e i pannelli solari sono parte integrante degli sforzi di decarbonizzazione per affrontare i peggiori impatti del cambiamento climatico. Tuttavia, questa transizione è vana se non viene affrontata insieme a una riconsiderazione etica di una società fondata sull'esplorazione, lo sfruttamento e il consumismo.

Lesley Lokko afferma che “La via da seguire è indicata dalle parole di Thomas Sankara, ex presidente del Burkina Faso e leader carismatico dell'Africa occidentale sub-sahariana: "Dobbiamo osare per inventare il futuro". Tutto ciò deve avvenire senza lasciare indietro nessuno, seguendo il principio di "Leaving no one behind" dell'Agenda 2030 dell'ONU, che richiede il rispetto, la protezione e la promozione dei diritti umani da parte di tutti i paesi.”

La Biennale di Architettura non offre soluzioni o ricette, ma definisce l'agenda per il pianeta, invitando a ripensare l'architettura in un mondo di risorse limitate. È un appello a comprendere che le scelte che facciamo hanno impatti a lungo termine, sia in termini di occupazione degli spazi che di utilizzo dei materiali. Concepire nuovi modi di vivere e ripensare la produzione stessa è un tema politico ed economico di grande rilevanza.

Il lavoro di immaginazione di Young è essenziale perché ci permette di sfidare le concezioni predefinite e di esplorare possibilità alternative. Ci incoraggia a pensare oltre i limiti attuali e a considerare soluzioni innovative per i problemi che affrontiamo come società. Ci aiuta a stimolare la nostra creatività e ad adottare un approccio proattivo nel plasmare l'avvenire.

Osare inventare l'avvenire richiede coraggio e apertura mentale. Le opere di Young ci invitano a rompere gli schemi e a immaginare soluzioni audaci che potrebbero trasformare il nostro mondo. La sua visione ci spinge a considerare l'architettura non solo come un'arte estetica, ma come uno strumento per la trasformazione sociale e la creazione di ambienti più sostenibil e inclusivi.


Key-frame tratta dal film "Planet City" di Liam Young
Key-frame tratta dal film sperimentale "Planet City" di Liam Young
Key-frame tratta dal film "Planet City" di Liam Young : la biennale s'impegna a celebrare i temi della decolonizzazione dell'Africa e quelli inerenti al clima
Key-frame tratta dal film "Planet City" di Liam Young
Key-frame tratta dal film "Planet City" di Liam Young
Key-frame tratta dal film "Planet City" di Liam Young
  1. Key-frame tratta dal film "Planet City" di Liam Young 
  2. Key-frame tratta dal film sperimentale "Planet City" di Liam Young 
  3. Key-frame tratta dal film "Planet City" di Liam Young : la biennale s'impegna a celebrare i temi della decolonizzazione dell'Africa e quelli inerenti al clima 
  1. Key-frame tratta dal film "Planet City" di Liam Young 
  2. Key-frame tratta dal film "Planet City" di Liam Young 
  3. Key-frame tratta dal film "Planet City" di Liam 



MEER






venerdì 13 settembre 2024

"Biomimicry in Architecture" di Michael Pawlyn




Wasya: una nuova biblioteca biomimetica ispirata al lavoro di Christopher Alexander e Neri Oxman


"Biomimicry in Architecture" di Michael Pawlyn

Analisi di un nuovo paradigma per il futuro dell’urbanizzazione

10 OTTOBRE 2023, 

 

A ottobre del 2007 l’umanità passava da un mondo essenzialmente rurale ad un mondo urbano: per la prima volta, eravamo più numerosi nelle città che nelle campagne! Questo evento non è capitato senza una rivoluzione sociale nei paesi africani, asiatici e dell’America Latina. L’umano si agglutina nelle città che diventano delle vere e proprie megalopoli. La maggior parte di esse si situano vicino al mare: più della metà dell’umanità vive oggi a meno di 50 km dell’oceano.

(Gilles Boeuf)

Gilles Boeuf che ha scritto l’introduzione al libro di Micahel Pawlyn pubblicato in Francia nel 2019, è professore alla Sorbonne di Parigi, Presidente del Consiglio scientifico dell’Agenzia Francese per la Biodiversità, Ex presidente del Museo Nazionale di Storia naturale ed ex Consigliere scientifico al Ministero dell’Ambiente, dell’Energia e del Mare.

Ho scelto di analizzare il presente testo per enfatizzare l'importanza di una rivoluzione di paradigma nell'approccio all'urbanizzazione crescente, sia nei paesi industrializzati che in quelli attualmente in fase di industrializzazione e, conseguentemente, di rapida urbanizzazione. Particolarmente in quest'ultimo caso, vi è la possibilità di introdurre nuovi modelli di sviluppo urbano che siano rispettosi dell'ambiente e delle comunità che lo abitano. Se tali nazioni riescono a proiettarsi verso il futuro senza ripetere gli stessi errori del mondo industrializzato e senza emulare i modelli occidentali, i quali hanno esaurito le risorse naturali, potrebbero invece tracciare nuove strategie verso una vita in città che sia armoniosa con la natura, inclusiva e salutare.

Il fulcro dell'opera di Michael Pawlyn è la ricerca di un rapporto rinnovato e sinergico tra architettura e ambiente naturale, al fine di evitare la possibilità che l'essere umano si veda emarginato dalla sua stessa natura. In questo contesto, Gilles Boeuf, nell'introduzione del volume, si interroga su quale aspetto avranno le città future e quale ambiente vorremmo che queste ci offrissero. L'urbanizzazione ha creato una netta frattura tra gli individui e la natura circostante: molti giovani non sono più in grado di riconoscere una spiaggia o una foresta e spesso ignorano l'origine dei cibi che quotidianamente li nutrono.

Come siamo giunti a questo punto? E, soprattutto, è possibile evitare che questa situazione si estenda ulteriormente, sfavorendo il mondo naturale, considerando il repentino aumento demografico? Possiamo prevenire il progressivo cementificarsi del suolo e la sua trasformazione artificiale? Quali strategie potrebbero essere adottate per controllare e gestire efficacemente il flusso costante di prodotti alimentari dalla campagna alle aree urbane? Tuttavia, la domanda cruciale per noi professionisti riguarda la comprensione di come architettura e città possano rispondere a queste sfide.

Considerando i mutamenti climatici in corso, che prevedono un notevole aumento delle temperature nelle zone urbane, ci poniamo la questione: come affronteremo l'eventuale formazione di isole di calore entro il 2050?Queste sono le domande a cui il libro vuole rispondere dando all’architettura delle missioni specifiche e chiare:

  • conservare il Patrimonio materiale che ci è stato affidato dal passato, nostra memoria storica e identitaria,
  • sviluppare un habitat sano e gradevole, sostenibile, evitando gli errori del passato,
  • contribuire alle economie d’energia grazie alla scelta di materiali, all’uso d’isolamento termico, alla decarbonizzazione dell’atmosfera e forse, come nel lavoro dell’architetto visionario Liam Young, allo stoccaggio di CO2,
  • armonizzare residenze e attività economiche diverse,
  • favorire la verticalità in ambito urbano per evitare di cementificare il suolo all’infinito,
  • moltiplicare le iniziative perché il mondo naturale torni nelle città.

La questione centrale rimane come l'architettura possa contribuire in modo significativo a reintegrare l'elemento naturale all'interno delle città, ristabilendo un'armoniosa relazione tra l'ambiente costruito e l'ambiente naturale stesso. Questo processo può avvenire attraverso la creazione di trame "verdi" e "blu", che sfruttino le risorse dei fiumi e delle foreste, restituendo alle città un tocco di "selvatico".

L'emergere della pandemia di Covid-19 ha messo in luce come il semplice atto di passeggiare nei parchi abbia comportato un significativo miglioramento dello stato di salute degli abitanti delle città, oltre a contribuire parzialmente alla riduzione delle disparità sociali tra i cittadini. Ha fornito una possibilità di benessere naturale anche a coloro che non potevano permettersi una vacanza. La capacità degli alberi di abbassare le temperature durante le condizioni climatiche più estreme è un fatto universalmente riconosciuto.

Pertanto, emerge un imperativo per gli architetti: collaborare strettamente con gli ecologisti al fine di affrontare in modo efficace le sfide ambientali. In questa prospettiva, l'architettura può evolvere da una mera forma estetica a un veicolo per il cambiamento positivo, promuovendo la coesistenza tra uomo e natura all'interno dei contesti urbani. Tale sinergia rappresenta una pietra angolare nella realizzazione di città sostenibili e in sintonia con le esigenze dell'ambiente e delle comunità che vi risiedono.

Il nucleo centrale del libro di Michael Pawlyn è focalizzato su come il processo di costruzione e, in senso più ampio, l'architettura in tutte le sue forme debbano nutrire un impegno per un futuro intriso di ispirazione proveniente dal mondo naturale, un futuro orientato alla biomimetica.

Questa opera non si limita a esporre soltanto principi biomimetici, ma assume la forma di un vero e proprio manuale, ricco di esempi e azioni applicabili al ventunesimo secolo. Tale manuale ci induce a riconsiderare il mondo da nuove prospettive, con l'obiettivo di generare contesti urbani che non solo si rigenerino in armonia con la natura, ma che siano altresì inclusivi e prosperi. (Come afferma Dame Elle MacArthur, pagina 13).

Attraverso un'analisi incisiva del mondo costruito e del mondo naturale, il testo parte dalla contrapposizione nell'origine di entrambi: il mondo costruito si caratterizza per strutture monolitiche, mentre il mondo naturale per strutture gerarchiche. Nel mondo costruito, la forma è imposta da influenze esterne, mentre nel mondo naturale prevalgono l'auto-assemblaggio e, soprattutto, la minimizzazione dell'emissione di tossine nell'ambiente.

Quest'ultimo punto risulta fondamentale, poiché la natura non fa uso di elementi tossici, a differenza del mondo artificiale che impiega l'intera tavola periodica degli elementi, compresi quelli tossici. Dame Elle MacArthur riconosce in Michael Pawlyn un erede spirituale di Christopher Alexander e Victor Papanek, entrambi originari di Vienna. Per comprendere l'importanza di questo volume è opportuno esaminare le loro figure nel contesto dell'architettura e del design.

Christopher Alexander è stato un influente architetto e teorico del design, nato il 4 ottobre 1936 a Vienna e deceduto a Sussex il 17 marzo 2022. È noto per aver sviluppato teorie innovative nel campo dell'architettura e del design, con un'enfasi particolare sulla creazione di spazi e ambienti armonici, funzionali e significativi. Alexander è diventato famoso soprattutto per il suo lavoro sulla "Teoria della Forma", espressa in diversi libri tra cui "The Timeless Way of Building" (1979) e "A Pattern Language" (1977). La sua filosofia si basa sulla convinzione che l'architettura debba rispondere alle esigenze delle persone che la abitano, fornendo spazi che siano intuitivi, funzionali e in armonia con l'ambiente circostante.

Uno dei concetti chiave sviluppati da Alexander è quello dei "pattern" (modelli). Egli sosteneva che esistono soluzioni architettoniche ripetibili e riconoscibili che rispondono a bisogni umani universali. Questi pattern sono elementi di design che possono essere applicati in vari contesti, e Alexander ha sviluppato una serie di 253 pattern in "A Pattern Language". Questi pattern spaziano dalla progettazione di singoli spazi a considerazioni urbane più ampie.

La sua influenza si è estesa oltre il mondo accademico e dell'architettura, influenzando anche il campo del design e dell'urbanistica. I suoi concetti di creazione di ambienti abitabili, basati sulla connessione tra forma, funzione e contesto, hanno ispirato architetti, designer e urbanisti in tutto il mondo.

Christopher Alexander ha trascorso gran parte della sua carriera accademica alla University of California, Berkeley, dove ha sviluppato le sue teorie e insegnato architettura. Ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti per il suo contributo nel campo dell'architettura e del design. La sua eredità continua a influenzare la progettazione di spazi abitativi umani che siano funzionali, esteticamente gradevoli e in sintonia con l'ambiente circostante.

Victor Papanek è stato un designer, teorico e attivista sociale di origine austriaca, nato il 22 novembre 1923 a Vienna e deceduto il 10 gennaio 1998. È stato un pioniere nel campo del design sociale, concentrandosi sull'aspetto etico e responsabile del design e promuovendo un approccio centrato sulle esigenze umane e sulla sostenibilità.

Papanek è noto soprattutto per il suo libro "Design for the Real World: Human Ecology and Social Change" (1971), che è diventato uno dei testi fondamentali nel campo del design sociale. In questo libro, Papanek critica l'approccio tradizionale al design che spesso promuoveva il consumo e lo spreco, sottolineando invece l'importanza di progettare per migliorare la qualità della vita delle persone e dell'ambiente.

Un concetto chiave nel pensiero di Papanek è il "design per tutti" (design for all), che sottolinea l'importanza di creare oggetti e ambienti che siano accessibili e utili a tutte le persone, indipendentemente dalle loro abilità o circostanze. Ha anche promosso l'uso di materiali sostenibili e il riciclaggio nel design, molto prima che la sostenibilità diventasse una preoccupazione diffusa.

Papanek è stato un attivo sostenitore del design responsabile e sociale, lavorando per integrare il design nei contesti umanitari, sviluppando progetti che rispondessero alle esigenze dei meno fortunati e delle comunità marginalizzate. Ha anche influenzato l'educazione al design, cercando di introdurre concetti etici e sociali nei programmi di formazione dei designer.

Oltre ai suoi contributi nel campo del design, Papanek è stato coinvolto in iniziative di attivismo sociale e ambientale. Ha lavorato per promuovere l'educazione sulla responsabilità sociale del design e ha cercato di creare un impatto positivo attraverso il suo lavoro.

L'eredità di Victor Papanek è evidente nell'approccio odierno al design sociale e sostenibile. Le sue idee hanno ispirato molti designers e professionisti del settore a considerare le conseguenze sociali e ambientali del loro lavoro, e a impegnarsi per creare un mondo più equo e sostenibile attraverso il design responsabile.

Il ventunesimo secolo si profila come un'epoca di transizione, non solo nell'ambito dell'ambiente costruito, ma nell'economia nel suo complesso. Esaminiamo dunque quali sistemi economici potrebbero guidarci attraverso una transizione illuminata per creare uno spazio sano per una popolazione di 9 miliardi di persone. È essenziale considerare che un cambiamento dall'attuale sistema lineare, profondamente scollegato dalla natura, è ormai imperativo. Emergono come priorità la creazione di nuovi modelli innovativi che ci emancipino dall'asservimento a materiali costosi e inquinanti, nonché dalle sfide legate all'approvvigionamento energetico.

Negli ultimi 20 anni, si sono sviluppate diverse teorie economiche e idee che hanno contribuito a modellare il dibattito economico globale. Alcune di queste teorie includono: Economia comportamentale: Questa teoria si concentra sullo studio del comportamento umano e delle decisioni economiche in situazioni reali. Gli economisti comportamentali hanno evidenziato come le persone spesso agiscano in modo irrazionale e non sempre seguano i modelli economici tradizionali basati sull'assunzione di comportamenti razionali.

Economia dell'innovazione: Questa teoria esplora come l'innovazione tecnologica e il progresso scientifico influenzino la crescita economica. L'attenzione è posta sull'importanza dell'innovazione e della ricerca e sviluppo per stimolare la competitività e il progresso economico. Economia circolare: Questa teoria si concentra sulla sostenibilità ambientale e propone un modello economico che mira a ridurre l'uso delle risorse naturali e il rifiuto, promuovendo il riciclo e il riutilizzo dei materiali. L'obiettivo è quello di creare un'economia più sostenibile ed ecologicamente responsabile.

Teoria della decrescita: Questa teoria critica il modello di crescita economica illimitata e propone di ridurre l'economia per raggiungere un equilibrio con la capacità del pianeta di sostenere la vita umana e gli ecosistemi. Sostiene che la crescita infinita sia insostenibile e che sia necessario concentrarsi sulla qualità della vita, la giustizia sociale e l'equità.

Economia collaborativa: Questa teoria si basa sul concetto di condivisione delle risorse e della collaborazione tra individui e aziende attraverso la tecnologia e la condivisione di informazioni. Piattaforme come Uber, Airbnb e altre aziende peer-to-peer sono esempi di modelli di business basati sull'economia collaborativa. Queste sono solo alcune delle teorie economiche che hanno guadagnato attenzione e rilevanza negli ultimi anni. Il dibattito economico continua a evolversi e ad adattarsi alle sfide e alle opportunità del mondo in rapida trasformazione.

Il libro "Biomimicry in Architecture" valorizzando un tipo di economia circolare, comincia con la distinzione tra biomorfosi e biomimetismo: secondo Michael Pawlyn, la differenza tra biomorfosi e biomimetismo è una distinzione chiave nel processo di trarre ispirazione dalla natura per l'architettura e il design. Il termine "biomimetismo" si riferisce all'atto di trarre ispirazione dai principi e dai modelli della natura per creare soluzioni innovative. Nel contesto dell'architettura, il biomimetismo coinvolge l'analisi di come la natura affronta determinati problemi di progettazione e come tali soluzioni possono essere adattate ed applicate agli edifici. Pawlyn sottolinea che il biomimetismo non si limita a copiare la forma esterna degli organismi naturali, ma cerca di comprendere i principi fondamentali che stanno alla base delle loro funzioni, per poi applicarli in modo creativo all'architettura.

D'altra parte, il termine "biomorfosi" fa riferimento alla riproduzione diretta delle forme e delle strutture trovate nella natura all'interno del design. In questo caso, l'architettura può prendere direttamente ispirazione dalla morfologia degli organismi naturali, incorporando elementi visivi e strutturali nel proprio design. Tuttavia, Pawlyn mette in guardia dall'eccessiva letteralità nell'applicazione della biomorfosi, suggerendo che invece di copiare fedelmente le forme naturali, è importante adattarle in modo funzionale e sostenibile all'ambiente costruito.

In breve, mentre il biomimetismo si concentra su principi e soluzioni funzionali derivate dalla natura, la biomorfosi riguarda l'incorporazione diretta di forme naturali nei design architettonici. Pawlyn promuove un approccio bilanciato in cui entrambi gli approcci possono coesistere per creare edifici e ambienti che siano sia funzionali che esteticamente piacevoli.

Nel libro vengono esaminati vari esempi di come la natura abbia ispirato soluzioni innovative nell'architettura. Uno dei casi discussi riguarda il sistema di raffreddamento delle termiti e come questo principio possa essere applicato in edifici per ridurre l'uso di energia per il condizionamento dell'aria. Le termiti costruiscono i loro nidi con particolari strutture che consentono il passaggio dell'aria e il controllo della temperatura interna, evitando l'accumulo di calore eccessivo.

Un altro esempio è tratto dalla forma delle ossa, che sono strutture leggere e resistenti. Questo concetto è stato applicato nello sviluppo di una struttura a "guscio" per un edificio, che offre resistenza e stabilità utilizzando una quantità minima di materiale, riducendo così l'impatto ambientale (per esempio nella struttura del guscio del riccio di mare o della spugna di vetro, che cresce nei fondi oceanici resistendo alle forti correnti).

Pawlyn esplora anche come le piante adattate ai climi aridi possano ispirare soluzioni per la raccolta e l'uso efficiente dell'acqua piovana negli edifici. Le foglie delle piante in questi ambienti spesso raccolgono e convogliano l'acqua verso le radici, un principio che può essere applicato per raccogliere e immagazzinare l'acqua piovana per scopi domestici.

Un ulteriore esempio riguarda le caratteristiche di autopulizia delle foglie di loto. Pawlyn analizza come questa proprietà possa essere utilizzata per progettare superfici di edifici che respingano lo sporco e l'umidità, riducendo la necessità di manutenzione e pulizia (esemplare è il lavoro di Neri Oxman al Media Lab del MIT di Boston).

L’autore esplora inoltre il potenziale della stampa 3D nell'ambito dell'architettura e della progettazione sostenibile, considerandola come uno strumento innovativo per applicare principi biomimetici. Pawlyn riflette sulla capacità della natura di autocostruirsi attraverso processi di autoassemblaggio, in cui le parti interagiscono in modo armonioso per formare strutture complesse. Egli suggerisce che la stampa 3D potrebbe emulare questo principio naturale, consentendo la creazione di forme e strutture architettoniche altamente efficienti e sostenibili.

Tuttavia, Pawlyn esprime anche cautela nei confronti dell'uso della stampa 3D, sottolineando che l'approccio dovrebbe essere basato su una comprensione approfondita dei processi naturali. Egli mette in guardia dall'adozione acritica di tecnologie avanzate senza una solida base biologica e morfologica. Egli riconosce che la stampa 3D offre opportunità straordinarie, ma sottolinea l'importanza di mantenere una connessione con i principi fondamentali del mondo naturale.

In conclusione, l'opera di Michael Pawlyn "Biomimicry in Architecture" rappresenta un'illuminante esplorazione dell'intersezione tra la natura e l'architettura, aprendo nuove prospettive per il design e la costruzione sostenibile. Il libro ci guida attraverso un viaggio che va oltre la mera estetica e si addentra nei principi fondamentali su cui si basano gli organismi viventi. Pawlyn ci sfida a superare le convenzioni del design tradizionale, invitandoci a studiare la natura con occhi critici e a riflettere su come possiamo applicare tali scoperte al nostro mondo costruito.

Attraverso una serie di esempi illuminanti e case study dettagliati, l'autore dimostra come i principi biomimetici possano essere integrati in vari aspetti dell'architettura, dall'efficienza energetica alla struttura e alla materialità. La sua visione va oltre la semplice imitazione delle forme naturali, spingendoci a comprendere le profonde connessioni tra l'ambiente costruito e quello naturale.

La distinzione tra biomimetismo e biomorfosi sollevata da Pawlyn ci offre un ulteriore strumento concettuale per affrontare l'interazione tra architettura e natura. L'importanza di adattare i principi biologici e morfologici alla funzionalità dell'architettura è un messaggio centrale che emerge dalla sua analisi. In definitiva, "Biomimicry in Architecture" è un richiamo all'innovazione basata sulla saggezza della natura. Pawlyn ci incoraggia a superare i confini delle convenzioni e ad abbracciare un nuovo paradigma di progettazione che sia in armonia con l'ambiente e che miri a costruire spazi che non solo rispettino il pianeta, ma migliorino anche la qualità della vita delle persone. La sua opera si pone come una risorsa preziosa per coloro che cercano di plasmare il futuro dell'architettura in modo sostenibile, ispirato dalla bellezza e dall'efficienza della natura stessa.

Michael Pawlyn, Biomimétisme et Architecture, tradotto da Elisabeth Lefer e Bruno Lhoste, Editions Rue de l’échiquier, Paris, 2019.


Wasya, una nuova biblioteca biomimetica ispirata al lavoro di Christopher Alexander e Neri Oxman: la struttura della sala di lettura si autoassembla in materiali naturali come il legno, il corten e il bambù
Wasya: una nuova biblioteca biomimetica ispirata al lavoro di Christopher Alexander e Neri Oxman
Wasya, una nuova biblioteca biomimetica ispirata al lavoro di Christopher Alexander e Neri Oxman: la luce solare penetra dolcemente attraverso pannelli di vetro disposti in armonia con l’ambiente circostante
Wasya: una nuova biblioteca biomimetica ispirata al lavoro di Christopher Alexander e Neri Oxman
Wasya, una nuova biblioteca biomimetica ispirata al lavoro di Christopher Alexander e Neri Oxman: gli spazi sono illuminati in modo naturale senza disturbare i lettori immersi nei loro mondi letterari.
Wasya: una nuova biblioteca biomimetica ispirata al lavoro di Christopher Alexander e Neri Oxman
  1. Wasya, una nuova biblioteca biomimetica ispirata al lavoro di Christopher Alexander e Neri Oxman: la struttura della sala di lettura si autoassembla in materiali naturali come il legno, il corten e il bambù
  2. Wasya: una nuova biblioteca biomimetica ispirata al lavoro di Christopher Alexander e Neri Oxman
  3. Wasya, una nuova biblioteca biomimetica ispirata al lavoro di Christopher Alexander e Neri Oxman: la luce solare penetra dolcemente attraverso pannelli di vetro disposti in armonia con l’ambiente circostante
  1. Wasya: una nuova biblioteca biomimetica ispirata al lavoro di Christopher Alexander e Neri Oxman
  2. Wasya, una nuova biblioteca biomimetica ispirata al lavoro di Christopher Alexander e Neri Oxman: gli spazi sono illuminati in modo naturale senza disturbare i lettori immersi nei loro mondi letterari.
  3. Wasya: una nuova biblioteca biomimetica ispirata al lavoro di Christopher Alexander e Neri Oxman




MEER





mercoledì 11 settembre 2024

Richard Ford: ecco il nuovo libro «Per sempre»

 

Richard Ford, 80 anni (fotografia di Javier Lizon/Epa)


Richard Ford: ecco il nuovo libro «Per sempre»


di RICHARD FORD


Il 17 settembre esce per Feltrinelli il nuovo romanzo dello scrittore americano, che prosegue la saga con protagonista Frank Bascombe. Eccone un estratto


U ltimamente penso alla felicità di più rispetto a prima. Non è una riflessione oziosa in nessuna fase della vita; ma per me, che sono nato nel 1945 e mi avvicino all’età massima prevista dalla Bibbia, è un argomento da un milione di dollari.


Essendo d’origine presbiteriana (non praticante, non credente, come gran parte dei presbiteriani), ho attraversato la vita serenamente attenendomi a una forma di felicità che forse avrebbe riscosso l’approvazione del vecchio Knox, seguendo la linea sottile tra i principi gemelli: «Ciò che non ti uccide ti fortifica» e «La felicità è tutto ciò che non è martellante infelicità». Il secondo è più nel solco di sant’Agostino — ma tutti questi complessi sistemi portano allo stesso mistero: «Che fare adesso?».


Tale via di mezzo ha funzionato abbastanza bene in gran parte delle situazioni che la vita mi ha messo davanti. Una graduale, a volte impercettibile successione nel tempo, nella quale non accadeva nulla di superlativo, ma nemmeno nulla a cui non si potesse sopravvivere, e quasi tutta piuttosto accettabile. La grave perdita del mio primo figlio (ne ho un altro). Il divorzio (due volte!). Ho avuto un tumore, i miei genitori. sono morti. Anche la mia prima moglie è morta. Mi hanno sparato al petto con un AR-15 e per poco non morivo anch’io ma, incredibilmente, sono ancora qui. Sono scampato agli uragani e a quella che si potrebbe definire una depressione (lieve, sempre che fosse depressione). Nulla, però, da abbattermi al punto tale che tirare le cuoia mi sembrasse una buona idea. Tanta buona letteratura contemporanea, che leggo a letto — se oriento la pagina nel modo giusto —, riguarda proprio certe questioni, come la felicità, che ci sfugge sempre, anche se non smettiamo mai di cercarla. (...) 

E quindi, semplicemente facendo una media, direi che sono stato felice. Abbastanza felice, comunque, di essere Frank Bascombe e non un altro. Fino a poco tempo fa questo mi bastava e avanzava per andare avanti.

(traduzione di Cristiana Mennella. © 2023 Richard Ford - © Giangiacomo Feltrinelli editore Milano).

Il libro e gli incontri in Italia con l’autore

«Per sempre» di Richard Ford esce martedì 17 settembre tradotto da Cristiana Mennella per Feltrinelli (pp. 360, euro 22). Richard Ford sarà in Italia nei prossimi giorni per presentare il suo romanzo. Giovedì 12 settembre sarà una tra le voci protagoniste della seconda edizione di Palinsesti Feltrinelli, la presentazione (a inviti) con Carlo Feltrinelli e Alessandra Carra delle novità editoriali della nuova stagione. Appuntamento alle ore 18.30 nella Fondazione di viale Pasubio a Milano. Più tardi, a partire dalle 19.45 parteciperà a «La notte dei libri (benvenuti a Casa Feltrinelli)», una festa aperta a tutti per inaugurare la nuova sede del Gruppo Feltrinelli in via Quadrio: Ford firmerà le copie del nuovo libro in anteprima. Giovedì 19 settembre invece, sempre a Milano, alle 19 sarà alla libreria Feltrinelli di piazza Piemonte 2 con Sandro Veronesi. Il giorno dopo, il 20 settembre, sarà al festival Pordenonelegge (Capitol, ore 19, con Gabriele Romagnoli). Infine, sabato 21 settembre alle ore 19, presentazione al Museo Civico di Rovereto (Trento) con Giorgio Gizzi.


CORRIERE DELLA SERA



martedì 10 settembre 2024

Richard Ford / Torna Frank Bascombe nel nuovo romanzo «Per sempre»

 


Richard Ford: torna Frank Bascombe nel nuovo romanzo «Per sempre»



di MATTEO PERSIVALE

In uscita per Feltrinelli il 17 settembre, il libro racconta la malattia e la morte del figlio dell’ex agente immobiliare. L’autore sarà in Italia a Milano, Pordenone e Rovereto


Nelle ultime pagine di Per sempre, Frank Bascombe — ex giornalista sportivo, ex scrittore mancato, ex agente immobiliare, ex donnaiolo, protagonista di cinque libri che hanno cambiato la letteratura americana degli ultimi decenni — reagisce al lutto per la scomparsa del suo secondo figlio maschio facendo quello che faceva tanti anni prima, quando morì il suo primogenito a soli nove anni. Fa volontariato, nell’unico modo possibile per un taciturno amante dei libri: legge ai non vedenti. Il giornale, di solito (tranne i necrologi e gli editoriali di destra). E, quando gli chiedono di portare un libro, sceglie Casa desolata di Charles Dickens e legge a alta voce quell’incipit strabiliante: «Nebbia ovunque. Nebbia su per il fiume, che fluisce tra isolette e prati verdi; nebbia giù per il fiume che scorre insudiciato tra le file di navi e le sozzure che giungono alla riva di una grande (e sporca) città. Nebbia sulle paludi dell’Essex, nebbia sulle alture del Kent. Nebbia che s’insinua nelle cambuse dei brigantini di carbone; nebbia sparsa sui cantieri e librata nel sartiame dei grandi bastimenti…». È uno di quei paradossi che piacciono tanto a Richard Ford: la più famosa ode alla nebbia della letteratura moderna declamata dal protagonista di un romanzo fatto di quei «momenti luminosi, momenti che possono cambiare il modo in cui il lettore vede le cose, e il modo in cui pensa» che subito il recensore del «New York Times» individuò 37 anni fa nella prima raccolta di racconti fordiani, Rock Springs, come la specialità dell’autore.


Se Robert Frost conosceva bene la notte, Ford ha enorme familiarità con la nebbia: Frank si fa educatamente beffe dei giovani scrittori americani di oggi che hanno successo perché trovano una spiegazione per tutto, mentre lui in 74 anni non ha quasi mai trovato la spiegazione di niente. Un’esistenza passata in mezzo alla nebbia, appunto: e questa è l’unica forma di illuminazione a lui concessa dagli dei (d’altronde quando Zeus nel libro XVII dell’Iliade decide finalmente di far svanire la fitta nebbia da lui inviata sul campo di battaglia, lo fa per favorire un massacro).


Per sempre (apparso l’estate scorsa negli Stati Uniti e nel Regno Unito, in uscita il 17 settembre in Italia, edito come tutto Ford da Feltrinelli: traduzione di Cristiana Mennella) è l’ultimo capitolo della saga di Frank Bascombe: Sportswriter (1986), Il giorno dell’Indipendenza (1995: vince sia il premio Pen/Faulkner sia il Pulitzer per la narrativa, cosa mai successa né prima né dopo), Lo stato delle cose (2006) e i racconti di Tutto potrebbe andare molto peggio (2014).


Frank Bascombe — come Nathan Zuckerman per Philip Roth, Duane Moore per Larry McMurtry, Rabbit Angstrom per John Updike — diventa per forza di cose l’alter ego del suo autore, anche se Ford ha spiegato a «la Lettura» otto anni fa in una lunga intervista nella sua casa del Maine che «Frank è fatto di linguaggio», e anche se non sente la sua voce di Frank come Henry James udiva quella dei suoi personaggi, un’idea otto anni fa ha cominciato a infastidirlo. Allora aveva 72 anni e sperava di gustare una meritata pensione con la moglie Kristina nella bella casa in riva all’oceano sulla costa del Maine. 

Ma che cosa succederebbe, pensò Ford, se Frank si trovasse a accompagnare suo figlio malato prima in clinica per una cura sperimentale e poi in un ultimo viaggio attraverso gli Stati Uniti? Inesorabilmente, ecco prendere forma un nuovo romanzo. E Ford è tornato al suo mestiere: la sveglia alle cinque e trenta, la scrittura. «Non vorrei vivere così a ottant’anni», disse allora. E invece, adesso ha proprio ottant’anni (portati mirabilmente) e sta per arrivare in Italia (a Milano, Pordenone e Rovereto)a presentare Per sempre

Nel romanzo (in originale Be Mine) vediamo Paul che ne Il giorno dell’Indipendenza era un adolescente traumatizzato dalla morte del fratellino e oggi è un quarantasettenne malato di Sla. Cerca in una terapia sperimentale della Mayo Clinic un’estrema possibilità di salvezza. Frank lo accompagna e poi parte insieme con lui in uno dei classici viaggi attraverso l’America durante un periodo di festa(San Valentino) com’è tradizione per i libri del ciclo bascombiano (Pasqua in Sportswriter, il 4 luglio ne Il giorno dell’Indipendenza, il giorno del Ringraziamento ne Lo stato delle cose, Natale in Tutto potrebbe andare molto peggio). 

È un libro sull’amore. Ha scritto in passato Ford (Tra loro): «Sono stato fortunato ad avere due genitori che si amavano, e in mezzo a quel grande, quasi incomprensibile amore, sono riusciti ad amare me. L’amore come sempre conferisce bellezza» e Frank ama il figlio di un amore fatto di strana complicità tra eccentrici, di comprensione se non proprio di accettazione delle differenze, spesso radicali, tra padri e figli. E — su Internet li chiamano spoiler — anticipiamo che Ford non crede nei miracoli: Paul, malato incurabile, alla fine del libro muore. Muore in piena pandemia mentre Frank è a poche decine di metri da lui, non al capezzale ma in auto con la figlia, ad ascoltare la partita di baseball dei Red Sox che perdono contro gli odiati Yankees: niente miracoli, in questo libro. O meglio, un miracolo c’è: Frank continua a vivere, nel suo modo sgangherato, spiegando ai lettori che ancora si ostinano a cercare nei romanzi le risposte ai problemi della vita che quello è il compito del self-help — e se va bene i libri possono indicarci le domande giuste, solo quelle.

«Catturare l’ineffabile», ci ha insegnatoNanda Pivano, è il talento di Ford (che lei aveva annusato subito, sul pronti-via, quasi mezzo secolo fa). Una contraddizione in termini, un mestiere impossibile — anche alzandosi prima dell’alba ogni mattina.

Un altro paradosso? Ford, che attraverso la sua carriera ha raccontato con straordinaria profondità e verve inimitabile il rapporto tra padri e figli, di figli non ne ha avuti. Ricordava però Harold Bloom che neppure Jane Austen ne aveva: ma tutti noi lettori, in un senso molto concreto, siamo figli dei grandi scrittori che amiamo.

Il libro e gli incontri in Italia con l’autore

«Per sempre» di Richard Ford esce martedì 17 settembre tradotto da Cristiana Mennella per Feltrinelli (pp. 360, euro 22). Richard Ford sarà in Italia nei prossimi giorni per presentare il suo romanzo. Giovedì 12 settembre sarà una tra le voci protagoniste della seconda edizione di Palinsesti Feltrinelli, la presentazione (a inviti) con Carlo Feltrinelli e Alessandra Carra delle novità editoriali della nuova stagione. Appuntamento alle ore 18.30 nella Fondazione di viale Pasubio a Milano. Più tardi, a partire dalle 19.45 parteciperà a «La notte dei libri (benvenuti a Casa Feltrinelli)», una festa aperta a tutti per inaugurare la nuova sede del Gruppo Feltrinelli in via Quadrio: Ford firmerà le copie del nuovo libro in anteprima. Giovedì 19 settembre invece, sempre a Milano, alle 19 sarà alla libreria Feltrinelli di piazza Piemonte 2 con Sandro Veronesi. Il giorno dopo, il 20 settembre, sarà al festival Pordenonelegge (Capitol, ore 19, con Gabriele Romagnoli). Infine, sabato 21 settembre alle ore 19, presentazione al Museo Civico di Rovereto (Trento) con Giorgio Gizzi.



CORRIERE DELLA SERÁ