lunedì 27 settembre 2021

Dalla camera di Testaccio, all’attico condiviso con Alberto Moravia, i luoghi preferiti di Elsa Morante

italian novelist and poet elsa morante 1918   1985, 1940s photo by pictorial paradegetty images

Dalla camera di Testaccio, all’attico condiviso con Alberto Moravia, i luoghi preferiti di Elsa Morante

Ciascuna delle opere della scrittrice potrebbe essere ricondotta alle stanze dentro cui prese forma.

DI ALESSIA VITALE 03/05/2021

Via dell'Oca 27: la scrivania con sopra la macchina da scrivere con la quale fu redatta l'ultima stesura di Aracoeli; le librerie contenenti i suoi libri e la sua collezione di dischi; i ritratti della scrittrice a opera di Carlo Levi e di Leonor Fini appesi alle pareti; i quadri dai vivaci colori del giovane pittore americano Bill Morrow; la poltrona per accogliere chi ha avuto la fortuna di esserle amico. La Biblioteca Nazionale Centrale di Roma fa riemergere "La stanza di Elsa", permettendoci di sbirciare dentro l’affascinante officina creativa dell’autrice, nell'attico affacciato su Piazza del Popolo, dove vide la luce buona parte della produzione letteraria di Elsa Morante. Manca solo la finestra affacciata sui sampietrini della piazza romana, ma sembra quasi di vederla, Elsa, china sulle sue carte con la penna in mano. "Scrivo sempre a mano, e procedo molto lentamente, e solo quando il periodo mi è venuto ben chiuso e calettato e le parole sono quelle che devono essere e non altre suggerite dalla fretta, solo allora passo ad altro periodo". Per i suoi lavori, scritti rigorosamente a mano, utilizzava spesso quaderni scolastici, quelli con la copertina nera e il taglio rosso, oppure grandi quaderni simili ad album da disegno, di cui numerava le pagine e sui quali amava scrivere nel senso longitudinale, distendendo la sua scrittura stretta e minuta solo sul recto, mentre il verso veniva lasciato bianco per revisioni e correzioni redatti in inchiostro rosso, o talvolta in verde per gli ultimi ritocchi. I quaderni manoscritti di ogni opera, anch’essi conservati nella Biblioteca Nazionale Centrale, rappresentano l'antefatto delle sue storie, rendono manifesta la lenta e minuziosa cura ai dettagli, raccontano il processo creativo all’interno delle sue stanze. Perché di stanze, ma anche camerette e pensionati, Elsa Morante ne ebbe numerosi e ognuno di essi ci racconta un tassello della sua storia da scrittrice.

elsa morante left, pietro nenni and luigi longo left at the restaurant, rome 1948 photo by archivio cicconigetty images
Elsa Morante, Pietro Nenni e Luigi Longo al ristorante, Roma. (1948).
UMBERTO CICCONIGETTY IMAGES

Una stanza tutta per sé e cinquecento sterline annue di rendita sono le condizioni minime necessarie per la donna che scrive: questo scriveva Virginia Woolf nel suo saggio, Una stanza tutta per sé, nel 1928. "Avere cioè un poco di pace e un tavolino tutto per me", dirà Elsa Morante pochi anni dopo. Questo il presupposto per le numerose realtà cui diede forma nei suoi libri: per scrivere aveva bisogno di isolarsi, di disporre di un luogo tutto suo dove lavorare in tranquillità, dove dedicarsi esclusivamente alle sue storie. Così ciascuna delle sue opere può essere ricondotta alla stanza in cui ha preso forma. La cameretta dell’infanzia nel quartiere popolare romano di Testaccio, quando fra i quaderni di scuola nascono disegni, storie, poesie e dialoghi. Sarà proprio un quaderno a righe di terza elementare a diventare Il mio primo libro. Narra la Storia di una bambola, con tanto di indicazione del prezzo di 2,10 lire. E poi le stanze dell’adolescenza nel quartiere di Monteverde Nuovo, dove la famiglia Morante si trasferisce e dove Elsa frequenta dapprima il ginnasio, poi il liceo, mantenendosi con la pubblicazione di poesie e racconti su alcune riviste.

E ancora le piccole e modeste camere ammobiliate della giovinezza al centro di Roma, al tempo dei primi faticosissimi tentativi di indipendenza quando, appena ventenne, decide di affrancarsi dalla famiglia. È questo il periodo delle fiabe e dei racconti per il Corriere dei piccoli e della collaborazione con I diritti della scuola sul quale esce a puntate il romanzo Qualcuno bussa alla porta. Fino alla stabilità degli spazi abitati dopo il matrimonio con Alberto Moravia, dapprima nel piccolo appartamento in via Sgambati, dove cominciò a prendere forma la prima stesura del romanzo Menzogna e sortilegio, e poi nell’attico nei pressi di Piazza del Popolo, in quella via dell'Oca 27 dove può disporre di due camere appartate al piano superiore. Poco tempo dopo, Elsa prende per sé anche un piccolo studio in via Archimede, sostituito nei primi anni Sessanta, con una casa/studio in via del Babbuino. Il tempo trascorso nel suo studio ai Parioli sarà un periodo di grande creatività per la scrittrice: una delle foto più celebri di Elsa la ritrae proprio nel suo laboratorio segreto, seduta dietro la scrivania, intenta a scrivere su un largo album con una fitta grafia minuta. Da questo studio usciranno una ricca produzione giornalistica e saggistica, ma anche L’isola di Arturo, la cui stesura l’assorbirà intensamente per cinque anni ma che le varrà il Premio Strega nel 1957, Nerina, un romanzo d'amore presto abbandonato che confluirà nel racconto Donna Amalia e, ancora, il racconto Lo scialle andaluso. Solo in seguito alla definitiva separazione da Moravia, avvenuta nel 1965, tornerà a lavorare in via dell’Oca: qui prenderanno vita Il mondo salvato dai ragazziniLa Storia e Aracoeli.

elsa morante left, pietro nenni right and luigi longo right at the restaurant, rome 1948 photo by archivio cicconigetty images
Elsa Morante, Pietro Nenni e Luigi Longo al ristorante, Roma. (1948).
UMBERTO CICCONIGETTY IMAGES

La curiosità generata dall’alone di mistero che avvolgeva i suoi numerosi laboratori creativi è testimoniata dall’interesse dei giornalisti, che non mancano mai di domandare o provare a descrivere le stanze di Elsa. "Gli amici dicono che Elsa Morante pensi in via dell’Oca quello che poi scrive nel pomeriggio in via Archimede. Per ora comunque Elsa Morante passa quasi tutta la sua vita in questi due appartamenti, tra dischi di Mozart, Verdi, Pergolesi, e gatti siamesi e persiani", scrive Giorgio Saviane su L'Espresso, nel 1955. Ma non è tanto lo studio della Morante a suscitare curiosità, la sua "stanza tutta per sé", quanto il suo personalissimo modo di aprirsi alla scrittura, il suo processo creativo che sembra vagare, come lei, da una stanza all’altra, da una casa all’altra. L'enorme lavoro che sta dietro a ogni romanzo non è espresso soltanto dall’estesa mole di manoscritti (quaranta quaderni per Menzogna e sortilegio, sedici per L'isola di Arturo, diciotto per La Storia), ma anche da una lunga elaborazione segreta che precede la scrittura che, solo in parte, arriva fino a noi attraverso carte sciolte, appunti, ritagli o anche il retro della carta delle sigarette. Non tutto troverà spazio sul libro stampato: molto verrà eliminato a seguito delle numerose revisioni, tagliando le pagine con un tratto verticale e riscrivendo da capo.

Di fatto, Elsa non sembra condividere interamente le parole di Virginia Woolf, secondo cui una donna se vuole scrivere romanzi deve avere soldi e una stanza per sé. Ancora nell’intervista di Giorgio Saviane nel 1955, alla curiosità del giornalista sul perché ha bisogno, per scrivere, di uno studio fuori casa, Elsa infatti risponde: "Non è esatto veramente che io non possa lavorare se non in uno studio fuori casa. Ci sono stati anni in cui non ho avuto, non dico uno studio, ma nemmeno un tavolino. Menzogna e sortilegio, il mio romanzo più lungo l’ho scritto in un’epoca della mia vita (gli anni dell’ultimo dopoguerra) in cui non disponevo di uno studio fuori casa e nemmeno di uno studio dentro casa. Abitavo allora con mio marito, Alberto Moravia, in un attico piccolissimo e inciampavamo di continuo l’uno sull’altro". Da una stanza all’altra, quindi, prende vita l’officina dove vengono costruiti i romanzi e dove il momento della scrittura è solo uno dei tanti passaggi della loro composizione.

BAZAAR




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