martedì 1 dicembre 2020

Il breve e felice viaggio del figlio di Goethe / "Napoli, città fiabesca"

 


Il breve e felice viaggio del figlio di Goethe: "Napoli, città fiabesca"


23 NOVEMBRE 2020

Nel 1830 August, quarantenne figlio del grande poeta tedesco, viaggiò in Italia sulle orme del padre: fu il periodo più bello alla vigilia di una prematura morte di Marino Freschi. «Al tramonto andammo a visitare la grotta di Posillipo, nel momento in cui dall’altro lato entravano i raggi del sole declinante. Siano perdonati tutti coloro che a Napoli escono di senno! Ricordai pure con commozione mio padre, cui proprio le cose da me vedute oggi per la prima volta avevano lasciato un’impressione incancellabile». Così Goethe il 27 febbraio 1787.

Le medesime emozioni per la bellezza di Napoli le dovette provare suo figlio, August, che soggiornò a Napoli circa un mese tra settembre e ottobre 1830, l’ultimo mese felice della sua breve vita: «La luna stava nascendo alle spalle del Vesuvio, era un grande spettacolo: presi la chitarra e cantai: "Il cuore mi batteva; presto, a cavallo!". Scoppiai in lacrime » . August era in Italia sulle orme del nonno, che aveva visitato Napoli nel 1740, e del padre che aveva trascorso in Italia due anni dal 1786 al 1788. Vi è una strana credenza che narra che talvolta i figli realizzano i desideri profondi dei padri: Goethe voleva morire a Roma ed essere sepolto al cimitero della Piramide, dove ora riposa August nella tomba ad opera di Thorvaldsen con la sobria e tremenda scritta Goethe filius. Senza il suo nome a conferma di un destino infelice: vivere all’ombra di cotanto padre non doveva essere facile. E Goethe anche con lui fu senza scrupoli. August fu il suo segretario privato, sposò una bella nobildonna, che era più innamorata del padre che di quel giovane che si consolava nell’alcol. Nel 1813 pareva che fosse suonata anche per lui la sua ora di gloria: la gioventù tedesca accorreva nelle file dei volontari nella guerra di liberazione da Napoleone. Ma il padre si oppose. Non si poteva marciare contro l’Empereur! E il figlio ubbidì.

Finalmente avvenne il distacco con il viaggio in Italia. Per la prima volta nella vita August intraprendeva — certo sulla scia del viaggio in Italia del padre — il suo grand tour, ben fornito di denaro e di lettere di presentazioni. A Milano August visita Manzoni e Cattaneo e di che cosa parlano, ma è ovvio, del padre! Lentamente il giovane comincia a cercare la sua strada. Dalla Toscana invece di proseguire come il padre per Roma, s’imbarca a Civitavecchia per giungere a Napoli. Navigazione tempestosa, ma alla fine la città l’accoglie: «Un magnifico sole illumina la città fiabesca» .

Prende alloggio dapprima a Chiaia e poi in un appartamento signorile a Santa Lucia. Per la prima volta nella sua vita sembra veramente spensierato, aiutato da abbondanti bevute di vino. Il suo soggiorno è caratterizzato dal rapporto con il giovane archeologo tedesco Zahn, che lo introduce agli scavi di Pompei dove ha libero accesso. Qui nominano " Casa di Goethe" — un omaggio riservato a pochissimi — l’attuale Casa del Fauno, appena scoperta. August è orgoglioso di informarne il padre. Mentre il poeta aveva visitato con un sentimento di venerazione le rovine, per August l’esperienza degli scavi si trasforma in una notturna liberazione dionisiaca, in una sorta di apertura scatenante: « Avevo portato con me uno zampognaro, la morta Pompei parve rianimarsi con i custodi e altra gentaglia al mio seguito, sembravo il pifferaio magico. Ballavano davanti la casa».

Anche la scalata sul Vesuvio avviene di notte e non senza rischio, superato dalle solite generose libagioni: « Il Vesuvio era in piena attività: ogni dieci minuti c’era un’eruzione, dappertutto volvano pietre che ci sfioravano il capo. Le tenebre notturne potenziavano la scena squarciata da boati estasianti. Bevemmo alla Sua salute, padre, e anche a ciò che amiamo».

Le escursioni lo portano a visitare le isole e la costiera, incurante, quasi spavaldo per le condizioni agitate del mare. Aveva approntato una sua goliardica filosofia pratica: «Mai inghiottire acqua di mare, questa dovrebbe essere mischiata al vino». In un’occasione dovette vedersela con il mare in tempesta, ma non si perse d’animo, anzi: «Inizio a comandare, offrendo a ognuno dei barcaioli cinque bottiglie, maccheroni e una buona mancia; ha funzionato: quei furfanti lavoravano come indemoniati». Vi è nelle lettere di August qualcosa di estremo, di eccessivo.

Come quando, alle Terme di Nerone, sempre di notte, si spoglia nudo — solo con un foulard ai fianchi — si getta in acqua. Vi è un atteggiamento adolescenziale: August aveva quasi 40 anni e ogni nuova esperienza era una prova di rottura dell’ordine aristocratico-borghese che regnava nella compassata casa paterna. Gite notturne, uso smodato del vino, un vivere in una libertà che rappresentava una fuga che non gli era stata concessa né a Milano né a Firenze. Giunto a Napoli August si lascia andare, non frequenta gli intellettuali o i nobili come aveva fatto il padre. Ma è una libertà condizionata con un appuntamento che non poteva ignorare: Roma, in cui giunge da Sud. Mentre il padre era entrato da Nord, da Piazza del Popolo, lui arriva da meridione, da Porta San Giovanni e vede subito il Colosseo, i fori, la Colonna Traiana e ne trae un’immediata percezione: «Roma è la più seria, Napoli la più bella» . I giorni sono rapidamente segnati dal crollo fisico. La cirrosi epatica non gli dà requie. A Roma si cura di lui August Kestner, il figlio di Charlotte Buff, la Lotte del Werther. Per saperne di più si può leggere della germanista napoletana Paola Paumgardhen, I tre Goethe in viaggio per l’Italia ( Bonanno editore, 2017).


LA REPUBBLICA






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