sabato 2 novembre 2019

Andersen / L'Acciaro Magico


L'Acciarino Magico - il soldato e il grande cane
Illustrazione: l’Acciarino Magico – il soldato di fronte al cane dai grandi occhi



L’acciarino Magico, testo completo e riassunto della favola di Andersen

L’Acciarino Magico

Un soldato marciava allegramente verso il suo villaggio: uno, due! Uno, due! Con lo zaino in spalla e la sciabola al fianco, ritornava dalla guerra. Improvvisamente incontrò una strega molto vecchia e brutta.

– Buongiorno, soldato, – gli disse, – hai una bella sciabola, ma il tuo zaino sembra vuoto. Ti piacerebbe possedere molti soldi?

– Si, certo, rispose il soldato.

– Bene, allora scendi nel tronco cavo di questo albero. Prima ti attaccherò una corda intorno alla vita, per farti poi risalire quando me lo domanderai – continuò la strega.

– Che cosa troverò in questo grosso albero? – domandò il giovane soldato.

– Denaro, soldato, tanto quanto ne vorrai. Quando sarai arrivato sul fondo, vedrai una galleria illuminata da un centinaio di lampade. Sulla sinistra troverai tre porte: ciascuna di esse apre una stanza. Nella prima camera vedrai un cofano sul quale è seduto un cane con due occhi grandi e piatti. Non averne paura, stendi per terra il mio grembiule blu a quadri, afferra poi il cane e mettilo su di esso: come per incanto, resterà immobile. Apri pure il cofano e prendi tutti i soldi di rame che desideri.

Se preferisci invece le monete d’argento, entra nella seconda stanza. Anche qui c’è un cofano difeso da un cane con due occhi grandi come le macine di un mulino. Agisci come la prima volta e prendi tutti i soldi d’argento che desideri.

Ma se vuoi l’oro, entra nella terza stanza. Anche là troverai un cane con due occhi grandi come la torre rotonda di Copenaghen. Fai come prima e prendi tutte le monete d’oro che desideri.

– Certo che mi conviene molto – mormorò il soldato.

– E voi cosa desiderate in cambio di queste ricchezze?

– Riportami solamente l’acciarino che mia madre ha dimenticato l’ultima volta che è scesa nell’albero.

– D’accordo. Dammi il tuo grembiule a quadri blu, attacca la corda intorno alla mia vita, poi scenderò subito in fondo all’albero – disse il giovanotto, risoluto.

Le cose andarono come aveva detto la strega. Il soldato trovò uno dopo l’altro i tre cani spaventosi con i loro occhi grandi. Si riempì le tasche di monete di rame, ma le svuotò subito dopo per prendere quelle d’argento ed infine per le monete d’oro di cui si riempì anche gli stivali e lo zaino. Ora era cosi ricco che avrebbe potuto comperare la città di Copenaghen!
Trovò l’acciarino, lo prese e chiamò la strega. Che cosa vuoi fare di questo acciarino? – le domandò il giovanotto quando fu nuovamente fuori sulla strada.

– Sei troppo curioso, soldato! Accontentati dell’oro che hai!

– Voglio anche l’acciarino! Ridammelo o ti ammazzerò!

La strega si rifiutò con fermezza; il soldato allora l’ammazzò e con passo pesante, perché era molto carico, si diresse verso la città vicina dove alloggiò nel miglior albergo.

Là condusse una bella vita, circondato da cortigiani che lo adulavano.

Un giorno sentì parlare dei pregi e della bellezza della principessa, figlia del re di Danimarca.

– Mi piacerebbe molto conoscerla – sospirò il soldato.

– È impossibile – gli fu risposto.

– La principessa vive rinchiusa in un castello, circondato da alte mura. Nessuno può avvicinarsi. Il re la sorveglia gelosamente perché un mago gli ha predetto che sposerà un semplice soldato.

Per dimenticare questa delusione il giovane uscì con i suoi amici e sperperò molti soldi; tanto che, un giorno, non gliene rimase nemmeno uno.

Lasciò l’albergo per andare a vivere in una povera mansarda. I suoi amici gli voltarono le spalle.

Una sera, volendo accendere la sua candela, batté l’acciarino della strega. Nell’attimo stesso che s’accese la scintilla, apparve uno dei tre cani con gli occhi grandi.

– Ordina, padrone! Io ti servirò – gli disse – e i miei compagni sono anch’essi pronti ad ubbidirti.

Il soldato capì che l’acciarino era magico e chiese alcune monete d’oro. In questo modo ridiventò presto ricco e adulato.

Tuttavia era triste, perché era innamorato segretamente della principessa.

Una notte, ormai disperato, incaricò uno dei cani di portargli la principessa. Era così bella, profondamente addormentata sul dorso dell’animale, che il soldato le diede un bacio. Il cane la riportò poi al castello.

Il giorno dopo la principessa raccontò ai genitori sovrani ciò che credeva fosse stato un sogno. Diffidente, il re la fece seguire dalle sue ancelle per vedere dove andasse di notte. Il cane, però, riuscì a far perdere le tracce.

Allora la regina fece cucire nei vestiti di sua figlia un taschino pieno d’orzo, forato all’estremità. Così, quando il cane, la notte seguente, portò via la principessa, i semi d’orzo caddero per terra indicando la strada che portava alla casa del soldato.

Il giovanotto fu immediatamente gettato in prigione e condannato all’impiccagione. Il giorno dell’esecuzione, moltissima gente si era riunita nella piazza. I sovrani e i giudici troneggiavano dall’alto di un palco.

Due guardie portarono il condannato che, prima di morire, espresse l’ultimo desiderio: quello di fumare un’ultima volta la pipa; ciò gli fu concesso. Prese dalla tasca l’acciarino magico e lo batté tre volte: i tre cani comparvero, feroci con i loro grandi occhi. Balzarono sui sovrani e li fecero precipitare dall’alto del palco sulla piazza ove si sfracellarono.

– Viva il piccolo soldato! – urlò la folla che detestava i sovrani tiranni – viva il nostro re!

Il soldato, divenuto re, sposò la principessa e furono felici per moltissimi anni, ben protetti dai tre cani dai grandi occhi.


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