Il simbolo femminile della Sirena, tra paura e attrazione
Simboli ambivalenti di seduzione, conoscenza e ribellione
La forza di una narrazione risiede spesso nella sua capacità di generare simboli, potenti e duraturi. La simbologia femminile possiede una poliedricità dovuta agli attributi che le sono stati dati dalla narrazione maschile e che non è riuscita ad affermarsi nella letteratura antica come indipendente ed autonoma.
Il concetto stesso di simbolo risulta rilevante dal punto di vista morale ed estetico, sia in letteratura ed arte che nella cultura popolare, per via della sua immediata trascrizione di concetti verso spettatori che ne introiettano i significati profondi. Il termine stesso symbolum va ad indicare qualcosa di lanciato insieme, a creare un significato nuovo e inaudito.
Tra i vari modi che si sono succeduti per rappresentare la femminilità, le sirene, figure mitologiche ibride e ammaliatrici, hanno da sempre esercitato un fascino irresistibile sull'immaginario umano. Il loro canto, la loro bellezza seducente ed una natura ambigua, in bilico tra il mondo terrestre e quello marino, le hanno rese protagoniste di innumerevoli racconti, leggende ed opere d'arte. Ma al di là del loro valore simbolico generale, le sirene si sono spesso configurate come potenti metafore del femminile, incarnando le paure e i desideri maschili nei confronti delle donne.
Origine delle sirene
Sebbene ad oggi sia scontata la natura marina della sirena, nell'Antichità veniva rappresentata come una donna per metà umana e per metà uccello. Solo durante il Medioevo, ma già in epoca tardo-ellenistica, la sirena finì per cambiare forma divenendo donna per metà pesce. La spiegazione di questa metamorfosi si può ritrovare in un errore di trascrizione di "i" per “e” nella coppia pinnis/pennis. Ciò non esclude tuttavia che possa essere stato influenzato dalla figura della sirena bicaudata di ambito norreno che passa alla cultura tardo latina.
La natura duale della sirena si manifesta anche nell'immagine della sua personalità, in bilico tra immagine di attrazione e sgomento. L'etimologia stessa del termine ne sottolinea la complessità: potrebbe derivare dal greco "σειρά" (seirà), che significa "fune" o “corda”. Alluderebbe pertanto alla capacità della sirena di incantare, avvincere e incatenare. Altre interpretazioni la legano all'incanto delle luci del mezzogiorno o al ruolo di protettrici del canto, evidenziandone un’intrinseca polisemia.
Le sirene incarnano, dunque, una molteplicità di significati e forme simboliche. Nella tradizione popolare, la loro apparizione ai marinai dopo lunghi periodi di navigazione, in condizioni di stanchezza, denutrizione e solitudine, suggerisce come la loro immagine potesse essere frutto di percezioni alterate e giudizi offuscati. Analogamente alla confusione di quei marinai esausti, l'immagine delle sirene che ci è pervenuta rimane avvolta nel mistero e nell'ambiguità, sfuggendo a facili definizioni.
Le sirene nell’antica Grecia
Le prime occorrenze delle sirene ci arrivano dall’antica Grecia. Nel libro XII dell’Odissea, dopo aver superato le prove contro il ciclope Polifemo e la maga Circe, altro archetipo femminile importante, Ulisse si trova dinanzi ad una sfida di natura diversa, un confronto interiore che mette alla prova la sua stessa essenza. Non si tratta più di resistere a forze esterne, bensì di dominare i propri desideri e passioni di fronte al canto ingannevole delle sirene. La sua sete di conoscenza lo spinge ad un compromesso audace: farsi incatenare all'albero della nave, ascoltando il loro canto, pur di raggiungere il suo fine ultimo, la conoscenza.
Le sirene, depositarie di un sapere onnisciente sul passato, presente e futuro del mondo, incarnano la tentazione irresistibile del sapere proibito. Il loro canto, personalizzato per ogni uomo, fa leva sulle paure e sui suoi desideri più reconditi, rendendo l’ascolto ancora più insidioso. Ulisse, consapevole di questa minaccia, sceglie di affrontare il pericolo, ma con la nota strategia che gli consente di non soccombere al canto.
Un altro incontro degno di nota, proveniente sempre dalla Classicità, è quello tra le sirene e gli Argonauti. Se per l'episodio di Ulisse l'arma utilizzata era stata il silenzio, qui invece assistiamo ad un contro-canto, maschile e messo in atto da Orfeo. A tal proposito è utile ricordare la vicinanza delle sirene al mondo dell'Ade peraltro, tanto da essere state anche rappresentate come traghettatrici e guardiane dell'Oltretomba. Così anche i canti orfici, di natura ben diversa ma comunque associati agli Inferi. Giasone affronta le sirene durante il viaggio di ritorno, dopo aver conquistato il Vello d'Oro in Colchide. Preavvertito dal saggio centauro Chirone, egli sa che solo un'intuizione straordinaria potrà salvarlo dal loro canto ammaliatore. Questa intuizione si manifesta appunto in Orfeo, mitico cantore, che con la sua lira intona una melodia capace di contrastare il potere seduttivo della melodia femminile.
In questo senso Orfeo, con la sua musica divina e di carattere maschile, crea una sorta di contro-canto che distrae gli Argonauti e ammutolisce persino le stesse sirene. Solo Bute, un marinaio, non riesce a resistere all'incanto e si getta in mare, vittima della loro seduzione. A differenza dell'incontro ravvicinato di Odisseo, gli Argonauti mantengono una certa distanza dall’episodio, salvati dai canti orfici, pur potendole scorgere mentre cantano all'unisono.
Questo episodio sottolinea non soltanto il potere ammaliante delle sirene, ma anche la forza della musica e dell'arte, traslate in termini solamente maschili, come strumenti di resistenza e salvezza alle capacità seduttive femminili. La figura di Orfeo, in particolare, incarna il potere salvifico dell'arte, capace di contrastare persino le forze più oscure ed ammalianti.
La metafora della conoscenza e della seduzione
Queste incantatrici delle acque cantano, come menzionato precedentemente, una conoscenza proibita, promettendo verità pericolose per l’uomo che le ascolta. Qui sopraggiunge la metafora della tentazione sessuale del suo corpo e del suo canto, una sensuale melodia della distruzione. Invece di cedere alle avances sessuali, le sirene utilizzano la loro libido in modo strategico per ingannare, sfruttare e infine annientare gli individui coinvolti. Questa potenza cade però nel paradosso. Si è infatti osservato che in diverse rappresentazioni artistiche e mitologiche la sirena fosse priva dell’organo riproduttivo. Così questo bel corpo, spesso mostrato nudo su uno scoglio, è effettivamente incompatibile ai rapporti sessuali; la loro anatomia va a rappresentare la tensione tra attrazione e impossibilità di soddisfare il desiderio.
Di conseguenza, queste figure sono simboli ambivalenti di vita e morte: da un lato, rappresentano il fuoco che accende le passioni umane, mentre dall'altro, incarnano la capacità di spegnere tale fuoco, simboleggiando una dualità di creazione e distruzione.
Oltre le classiche sirene
Al di là della classica rappresentazione Dea Sirena che seduce e distrugge, è possibile notare come in alcuni testi la sirena si faccia invece portavoce del topos della consolazione, altro attributo femminile sebbene di segno opposto. Si ricorda in particolare il passo dell’Elena di Euripide, nel quale Elena invoca le piumate vergini per essere consolata con le dolci musiche del flauto e della cetra. In questo passo le sirene assolvono il compito di mediatrici tra il mondo umano e quello sovrannaturale, motivando così anche la loro natura ibrida. Si dice infatti che le sirene stazionassero alle porte dell’Ade con il compio di consolare le anime dei defunti con il loro dolce canto e di accompagnare le anime negli Inferi.
In conclusione possiamo osservare un'altra creatura particolare, chiamata Selkie, sirena della mitologia della celtica scozzese. Queste ultime sono caratterizzate dalla loro capacità di trasformarsi da foche in donne mediante la rimozione della pelle. Una particolarità che sottolinea la dualità identitaria di queste figure, non appartenenti né al mondo marino né a quello umano, riflettendo una tensione tra natura e cultura, tra identità selvaggia e civilizzata. La pelle di foca rappresenta per la Selkieil suo potere e la sua autonomia. Se la pelle viene poi sottratta o nascosta dagli esseri umani, la Selkie è costretta a rimanere sulla terra.
La pelle simboleggia la sua libertà, la sua possibilità di autodeterminarsi e non rimanere incatenata al ruolo che le viene imposto dalle norme. Inoltre incarna una connessione profonda tra il corpo femminile e la natura: questa capacità di vivere sia in mare che sulla terraferma suggerisce un legame fluido e malleabile con l’identità corporea, rappresentando una femminilità radicata nella natura stessa, che può essere repressa ma mai completamente dominata.
Nella maggior parte dei racconti, le Selkie riescono alla fine a recuperare la pelle e tornare nel mare, sfuggendo all’obbligo del matrimonio. Questa loro fuga sottolinea l’importanza dell’auto-determinazione e il rifiuto delle strutture oppressive e patriarcali. Per questi motivi si può affermare che le sirene, figure mitologiche con tratti seducenti e pericolosi, incarnino fondamentalmente una ribellione contro le norme patriarcali. Sfidando i canoni tradizionali del comportamento femminile, si oppongono ai ruoli passivi imposti dalla società.
Guardando poi questa natura ambivalente, che alterna forma marina ed umana, si viene a rappresentare anche una profonda complessità dell'identità femminile, nella tensione tra aspettative sociali e desideri personali. La resilienza delle sirene, che spesso riescono a riscattarsi e affermare la propria indipendenza, diventa una metafora delle sfide femminili per l'uguaglianza e la giustizia.
- Fontana con rilievo di sirena bicaudata, Monastero di Santa Clara, Vila do Conde, Portogallo
- Pinturicchio, "Sirena che allatta", dal "Soffitto dei Semidei", 1490 ca, Palazzo dei Penitenzieri, Roma
- Palazzetto in via dei rossi, targa con sirena bicaudata, Siena, Italia
- Pinturicchio, "Sirena che suona", dal "Soffitto dei Semidei", 1490 ca, Palazzo dei Penitenzieri, Roma
- Rilievo con sirena bicaudata nello Schloss Porcia, Spittal an der Drau, Carinthia, Austria
- Pinturicchio, "Sirena che dipinge", dal "Soffitto dei Semidei", 1490 ca, Palazzo dei Penitenzieri, Roma
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