Alexey Cherepanov
Ukrainian illustrator.
The illustrations come from the books: "The Moon Fish and the Moon" and "The Custodian of the Forest".
Alexey Cherepanov
Ukrainian illustrator.
The illustrations come from the books: "The Moon Fish and the Moon" and "The Custodian of the Forest".
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Jeff Bezos e Lauren Sanchez |
È successo. Dopo attese, prognostici e polemiche, Jeff Bezos e Lauren Sánchez si sono sposati. In occasione del matrimonio dell’anno una pioggia di oltre 200 ospiti d’eccezione, tra superstar, super imprenditori, super influencers, si è catapultata sulle sponde della Laguna di Venezia. E mentre il sole cala, l’asticella del glamour si alza a livelli a dir poco esagerati. Non senza qualche strappo alle regole dell’etiquette.
Si dice «sposa bagnata, sposa fortunata», ma non sappiamo se alla fine sia davvero così. Il primo giorno di festeggiamenti per il matrimonio più ricco - e contestato - dell’estate è finito in tempesta: temporale, fulmini, tuoni e rapida corsa ognuno al proprio taxi boat.
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Robert Aickman |
“Le risposte sono quasi sempre insufficienti, quasi sempre ingannevoli…
Alla fine è il mistero che resta, non la spiegazione.”
(Robert Aickman)
Robert Aickman (1914 – 1981) è uno scrittore quasi sconosciuto in Italia, e anche nella nativa Inghilterra viene ricordato, assai più che come narratore, come fondatore e presidente della Inland Waterways Association, l’associazione che curava la preservazione e il restauro delle vie d’acqua britanniche, quell’inland canal system, floridissimo fin dal Medio Evo ma progressivamente caduto in disuso dopo la Rivoluzione industriale. Già questa passione di una vita intera ci rivela qualcosa dell’uomo: un conservatore (in senso politico ed esistenziale) dai gusti antiquari e un eruditus nel senso classico del termine. Per parte di madre Aickman discendeva dal romanziere Richard Marsh (1857–1915), autore di The Beetle, romanzo oggi quasi dimenticato ma che nel 1897 contese al Dracula di Bram Stoker il primato di best-seller dell’occulto. E il fascino dell’occulto e del soprannaturale lo erediterà anche dallo zio Robert che per tutta la vita fu membro della Society for Psychical Research e del Ghost Club, e che sempre dichiarò di credere ai fantasmi: “Credo nella vita dopo la morte ma mi rifiuto di fornire particolari sul significato di queste parole, perché di tutti i tentativi futili e riduzionisti di definizione, questo è il più inutile”. E proprio nell’ambito della tradizione britannica della ghost-story viene collocata nella sua interezza l’opera narrativa dello scrittore: in realtà Aickman ha raramente scritto una ghost-story in senso classico, rifiutando persino di catalogarle usando questa etichetta e preferendo invece il termine strange stories. La sfumatura è fondamentale e i predecessori di Aickman sono ancora più che M.R. James o Oliver Onions, gli evocatori di fantasmi più dubbi ed eretici, come Henry James, Rudyard Kipling, e soprattutto Walter de la Mare, i cui spettri – se davvero appaiono – risiedono soprattutto nella mente di chi li vede, nello squadernarsi di un interno che diventa esterno dischiudendo le forme che Samuel Beckett definisce “the faint inscriptions of the outer world”.
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Con Balthus, giurati alla Mostra del cinema di Venezia del 1984 |
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Frederick Forsyth |
Frederick Forsyth
(1938 - 2025)
Tutti sembrano ricordare con grande precisione quello che stavano facendo il 22 novembre 1963, nel preciso istante in cui apprendevano la notizia della morte di Kennedy. Il presidente era stato colpito alle 12.22 ora di Dallas, e l'annuncio della sua morte era arrivato mezz'ora dopo, in base allo stesso fuso orario. A New York erano le 2.30, a Londra le 19.30 e ad Amburgo le 20.30 di una sera fredda e spazzata dal nevischio.
Se avesse saputo che la sua morte avrebbe scatenato una guerra, il ragazzo non avrebbe capito e non gliene sarebbe fregato nulla. Ecco cosa fa, la droga. Ti brucia il cervello.
Fa freddo a Parigi, alle sei e quaranta di mattina in una giornata di marzo, e il freddo sembra ancor più intenso quando sta per essere giustiziato un uomo. L'11 marzo 1963, a quell'ora, nel cortile principale di Fort d'Ivry, un colonnello dell'aviazione francese era in piedi davanti a un palo conficcato nella ghiaia gelida e mentre gli legavano le mani fissava con incredulità sempre meno evidente il plotone di fronte a lui, a una ventina di metri.
Il sogno tornò di nuovo, poco prima che iniziasse a piovere. Preso com'era dal sogno, lui non ud¡ neppure la pioggia.
Ecco di nuovo la radura nella macchia siciliana, sopra Taormina. Lui che usciva dal folto e si avviava lentamente verso il centro dello spiazzo, come stabilito. Teneva la valigetta nella destra. Arrivato in mezzo alla radura, si fermò, posò per terra la valigetta, arretrò di alcuni passi e si lasciò cadere in ginocchio, come d'accordo. La valigetta conteneva un miliardo di lire.
L'uomo a cui non restavano che dieci minuti di vita stava ridendo.
Il motivo del suo divertimento era un aneddoto raccontato dalla sua assistente personale, Monique Jaminé, che lo accompagnava dall'ufficio a casa in quella sera fredda e piovigginosa del 22 marzo 1990.
L'episodio riguardava una collega della Space Research Corporation di rue de Stalle, una donna che tutti credevano un'autentica mangiauomini e che invece era risultata essere lesbica. L'inganno solleticava lo spirito da caserma dello scienziato.
Nell'estate del 1983 l'allora capo del Secret Intelligence Service britannico, nonostante una certa opposizione interna, approvò l'istituzione di un nuovo Ufficio.
L'opposizione veniva soprattutto da quelli già esistenti, che avevano feudi territoriali sparsi in tutto il mondo: infatti il nuovo ufficio era destinato ad avere un'ampia giurisdizione, la cui portata superava le frontiere tradizionali.
Il Presidente degli Stati Uniti lesse il memorandum con un'espressione sempre più inorridita.
«Ma è spaventoso» disse, quando ebbe terminato. «Non ho alcuna possibilità di scelta. O piuttosto qualsiasi scelta faccia, degli uomini moriranno.»
Adam Munro alzò gli occhi su di lui, senza la benché minima simpatia. A suo tempo aveva imparato come, in linea di principio, gli uomini politici siano ben poco contrari alla perdita di vite umane, purché non risulti pubblicamente che vi è coinvolta la loro responsabilità personale.
«È già accaduto altre volte, signor presidente» disse con fermezza «e senza dubbio accadrà ancora. Noi, nell'Azienda, chiamiamo la cosa "l'alternativa del diavolo".»
Non splendevano stelle quella notte sopra la pista d'atterraggio nella boscaglia, e nemmeno la luna; vi erano soltanto le tenebre dell'Africa occidentale che avvolgevano gli sparsi gruppi simili a velluto caldo e bagnato. Lo strato nuvoloso quasi sfiorava le chiome degli alberi iroko e gli uomini in attesa si auguravano che ancora per qualche tempo non si dissolvesse, per proteggerli dai bombardieri.
PANI E PESCI
La moltiplicazione dei pani e dei pesci indica due miracoli di Gesù descritti nei Vangeli.
Il primo miracolo, nel quale Gesù sfamò cinquemila uomini con
Il secondo miracolo, nel quale Gesù sfamò quattromila uomini con sette pani e "pochi pesciolini", è riportato da Matteo 15,32-39[5] e Marco 8,1-10[6], ma non da Luca e Giovanni.
La tradizione cristiana ha visto l'episodio come una prefigurazione della ricchezza sovrabbondante dell'Eucaristia, sacramento fondamentale attraverso cui la Redenzione compiuta sulla croce si estende a tutti i tempi e a tutti i luoghi.
Negli Atti degli Apostoli, le parole di Gesù nell'Ultima Cena (e probabilmente anche il miracolo della moltiplicazione dei pani) sono ripresi da Paolo di Tarso, mentre nel pieno di una tempesta si trova in viaggio verso l'Italia a bordo di una nave. Rassicurato in sogno dall'angelo sulle vite dei naviganti, Paolo rende grazie a Dio e spezza il pane prima di rifocillare le 276 persone presenti dopo quattordici giorni passati a digiuno, senza prendere nulla (Atti, 27,33-35[7]).
Il primo miracolo è conosciuto anche come il "miracolo dei cinque pani e due pesci", perché il Vangelo di Giovanni riporta che cinque pani d'orzo e due piccoli pesci forniti da un ragazzo furono usati da Gesù per nutrire una moltitudine. Secondo il Vangelo di Matteo, quando Gesù udì che Giovanni Battista era stato ucciso, partì di là su una barca e si ritirò in disparte in un luogo solitario. Luca specifica che il posto era vicino a Betsaida. Le folle seguirono Gesù a piedi dalle città. Quando Gesù sbarcò e vide una grande folla, ebbe compassione di loro e guarì i loro malati. Quando si avvicinò la sera, i discepoli andarono da lui e dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare» (Mt, 14,15[8]).
Gesù disse che non c'era bisogno che se ne andassero, e ordinò ai discepoli di dare loro qualcosa da mangiare. I discepoli gli dissero che avevano solo cinque pani e due pesci, e Gesù gli chiese di portarglieli. Gesù ordinò alla gente di sedersi in gruppo sull'erba. Nel Vangelo di Marco le folle sedevano in gruppi di 50 e 100,[9] e nel Vangelo di Luca, Gesù ordina di dividere la folla in gruppi di 50,[10]sottintendendo che c'erano 100 gruppi.
Prendendo i cinque pani e i due pesci e alzando lo sguardo al cielo, Gesù rese grazie e spezzò i pani. Poi li diede ai discepoli e i discepoli li diedero al popolo. Mangiarono tutti e si saziarono, e i discepoli raccolsero dodici ceste piene di pezzi avanzati. Mangiarono circa cinquemila uomini, oltre a donne e bambini. Nel Vangelo di Giovanni, la moltitudine si radunò intorno a Gesù attratta delle guarigioni che aveva compiuto, e la moltiplicazione dei pani è considerata un ulteriore segno (greco: σημεῖον) che Gesù è il Messia, il profeta che (secondo la promessa in Deuteronomio, 18,15[11]) deve venire nel mondo (Giovanni, 6,14[12]).[13]
Il primo miracolo è conosciuto anche come il "miracolo dei cinque pani e due pesci", perché il Vangelo di Giovanni riporta che cinque pani d'orzo e due piccoli pesci forniti da un ragazzo furono usati da Gesù per nutrire una moltitudine. Secondo il Vangelo di Matteo, quando Gesù udì che Giovanni Battista era stato ucciso, partì di là su una barca e si ritirò in disparte in un luogo solitario. Luca specifica che il posto era vicino a Betsaida. Le folle seguirono Gesù a piedi dalle città. Quando Gesù sbarcò e vide una grande folla, ebbe compassione di loro e guarì i loro malati. Quando si avvicinò la sera, i discepoli andarono da lui e dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare» (Mt, 14,15[8]).
Gesù disse che non c'era bisogno che se ne andassero, e ordinò ai discepoli di dare loro qualcosa da mangiare. I discepoli gli dissero che avevano solo cinque pani e due pesci, e Gesù gli chiese di portarglieli. Gesù ordinò alla gente di sedersi in gruppo sull'erba. Nel Vangelo di Marco le folle sedevano in gruppi di 50 e 100,[9] e nel Vangelo di Luca, Gesù ordina di dividere la folla in gruppi di 50,[10]sottintendendo che c'erano 100 gruppi.
Prendendo i cinque pani e i due pesci e alzando lo sguardo al cielo, Gesù rese grazie e spezzò i pani. Poi li diede ai discepoli e i discepoli li diedero al popolo. Mangiarono tutti e si saziarono, e i discepoli raccolsero dodici ceste piene di pezzi avanzati. Mangiarono circa cinquemila uomini, oltre a donne e bambini. Nel Vangelo di Giovanni, la moltitudine si radunò intorno a Gesù attratta delle guarigioni che aveva compiuto, e la moltiplicazione dei pani è considerata un ulteriore segno (greco: σημεῖον) che Gesù è il Messia, il profeta che (secondo la promessa in Deuteronomio, 18,15[11]) deve venire nel mondo (Giovanni, 6,14[12]).[13]
La duplicazione del racconto in Marco e Matteo è stata fonte di discussione fra gli esegeti, che hanno notato che le piccole differenze fra i due testi suggeriscono che la prima moltiplicazione sembra indirizzata ad ebrei e la seconda a fedeli di origine pagana. Alcuni, perciò, si sono chiesti se non si tratti di due redazioni diverse di uno stesso episodio, sdoppiate a fine catechetico.
Alcuni commentatori considerano le differenze tra alcuni dettagli dei racconti un'indicazione del fatto che ci sono stati due miracoli distinti: per esempio i cesti usati per raccogliere il cibo rimasto erano dodici "κοφίνους" (cestini) in Marco 6,43[15] ma sette "σπυρίδας" (grandi canestri) in Marco 8,8[16]. Cornelio a Lapideaffermava che uno "σπυρίς" o "grande cesto" era il doppio di un "κόφινος".[17]
In Marco, 8,16-21[18] Gesù distingue i due miracoli in una conversazione con gli Apostoli.
La scena, che rappresenta questo miracolo evangelico, è stata spesso affrescata nei cenacoli di conventi di monache e frati.