Made in Italy 2021
Vino, olio, pasta: le eccellenze che vengono dalla campagna
Ci sono prodotti che sono ambasciatori dell’Italia in tutto il mondo, prodotti che nascono dalla terra: il lavoro dei campi non può fermarsi, neanche a fronte della pandemia. Quale futuro attende queste realtà nel nuovo anno?
Vino, pasta, olio: simboli del made in Italy, di un’Italia che sa produrre cose buone non solo per gustarle, ma anche per portarle nel mondo. Prodotti semplici e meravigliosi, che nascono dal lavoro dell’uomo nelle campagne: un lavoro che non può conoscere soste. Il 2020 con il coronavirus ha certamente creato problemi al settore dell’agricoltura: quali sono le prospettive per il 2021? Lo abbiamo chiesto a chi fa e vende vino, olio e pasta, a disegnare uno spaccato sul futuro delle nostre eccellenze.
Il vino: un sorso di ottimismo
«L’Italia del vino deve essere ottimista, la vendemmia 2020 è stata qualitativamente importante e quantitativamente in linea con le aspettative, abbiamo a livello globale il miglior rapporto qualità prezzo e un must che è il Made in Italy. I dati, le proiezioni e l’interesse verso il nostro settore ci danno dunque delle prospettive positive per il 2021, idealmente da primavera, la variabile indipendente è però ancora legata alla pandemia da Covid-19». Così Corrado Mapelli coo – member of board di Gruppo Meregalli, azienda leader nella distribuzione di alcolici. «Questo 2020 inevitabilmente è stato un anno difficile – continua Mapelli – perché oggi il vino è anche sinonimo di aggregazione, di celebrazione, di compagnia e purtroppo quello che stiamo attraversando ha inevitabilmente frenato i consumi praticamente azzerando per più mesi il consumo fuori casa…. È cresciuto l’on-line e l’asporto ha retto, dunque un dato positivo per l’off-trade a fronte del forte calo nell’on-trade». Se poi proviamo a ipotizzare quali saranno i prodotti italiani più richiesti, Mapelli non ha dubbi: «I “grandi” territori, le “grandi” DOC, DOCG, i Brand più importanti soprattutto per l’export saranno i più richiesti, ma credo che lo stesso valga anche a livello Nazionale. Siamo (e forse saremo ancora) in un periodo dove prevale l’incertezza, dove purtroppo tutto cambia di settimana in settimana e dunque anche inconsciamente le scelte che facciamo sono orientate verso ciò che ci dà qualche certezza, verso qualcosa di noto, di sicuro».
L’ottimismo è presente anche nelle parole di chi il vino lo fa: parliamo di Prosecco, sicuramente un’icona del vivere all’italiana, e ne parliamo con Federico Dal Bianco, vicepresidente di Masottina: «la nostra azienda nasce nel 1946, un anno dopo la fine della Seconda guerra mondiale, in un territorio che è stato in prima linea nel conflitto. Questo nostro inizio ci ha reso inclini alla rinascita, al cambiamento. Il 2020 ha portato tutti noi ad affrontare una crisi sanitaria, sociale ed economica di proporzioni impensabili. Ci siamo trovati tutti spiazzati, ma questo dilatarsi del tempo ci ha anche permesso di guardare dentro alla nostra organizzazione aziendale per trovare nuovi spunti per innovare e migliorare. Questa crisi ci ha insegnato come sia importante investire nella multicanalità e sullo sviluppo di prodotti biologici sempre più richiesti dai consumatori. La mia famiglia lavora da sempre al rispetto dell’ambiente, perché è proprio la terra il nostro più importante alleato e bene prezioso». Forte di questo impegno, Masottina riesce a puntare sul futuro: «L’anno prossimo vedrà la luce un prodotto a cui sia io che mio padre, Adriano enologo dell’azienda, teniamo in particolar modo, il Prosecco DOC Treviso Rosé. Per quanto riguarda i mercati siamo cresciuti in UK, nonostante l’instabilità dell’emergenza e nonostante la Brexit, grazie anche e soprattutto al Prosecco Doc Rosé che ci ha permesso un incremento oltre il 30% a valore e una previsione di un’ulteriore crescita per il 2021. Altri importanti incrementi sono stati registrati in Svizzera del 46%, in Svezia e Nuova Zelanda, forti della strategia di multicanalità intrapresa».
La pasta, un bene rifugio
«La pasta nel 2020 si è rivelata un bene rifugio. Ovviamente noi sapevamo già che gli Italiani la consideravano tale, ma anche chi l’aveva abbandonata per cibi considerati erroneamente più contemporanei si è dovuto ricredere. La pasta è buona, facile da cucinare, mette d’accordo tutta la famiglia, può essere abbinata a un numero infinito di condimenti». Le parole di Riccardo Felicetti raccontano non solo l’amore degli Italiani per un prodotto che non deve mai mancare in tavola, e che è stato visto come una fonte di sicurezza in un periodo di grandi incertezze, ma anche l’annata positiva vissuta dall’azienda di famiglia, il Pastificio Felicetti: «non abbiamo avuto flessioni, anzi, i consumi di pasta sono aumentati di oltre il 20% negli ultimi mesi. Un consumo prevalentemente domestico, in quanto al ristorante non ci si poteva andare, nemmeno in pausa pranzo!». E per l’anno prossimo? «La filiera del grano e della pasta è stata tenuta in sicurezza e per il 2021 faremo in modo di continuare nella nostra impostazione, per continuare a garantire le forniture a chi non l’ha mai abbandonata e a chi invece si nuovamente affezionato alla pasta».
La via dell’olio
Per quanto riguarda l’olio, le maggiori difficoltà si sono registrate per quei produttori che riforniscono prevalentemente i ristoratori. Orizzonti più rosei per chi si rivolge al consumo domestico. È il caso di Pietro Coricelli. «Il 2020 , nonostante le grandi difficoltà di gestione e soprattutto la preoccupazione data non solo dal contesto socioeconomico ma anche dalla sicurezza per i nostri collaboratori, in ambito lavorativo è stato un anno gratificante» dichiara Chiara Coricelli, Amministratore Delegato dell’azienda, che continua: «abbiamo consolidato la nostra posizione in Italia ampliando la distribuzione ponderata e arrivando a una quota di mercato vicina all’8%, confermando il ruolo di quarto operatore nazionale nel settore oleario. Sicuramente il nostro focus sul canale retail in italia ha aiutato a raggiungere questi risultati positivi: il canale retail in Italia segna infatti +35% rispetto al 2019. Il 2021 che si sta affacciando si presenta più difficile per il settore oleario. I mercati si sono bruscamente innalzati a causa della scarsa produzione di extra vergine nazionale (praticamente dimezzata rispetto alla precedente) e a una produzione spagnola (leader mondiale per volumi) rallentata dalla pioggia e di conseguenza dalla visione ancora incerta per il futuro».
Diverso il punto di vista delle piccole realtà, come Poggio Torselli, azienda prevalentemente vinicola che lega la produzione di olio all’attività di enoturismo: «è lì che raggiungiamo i più alti margini di guadagno, lavorando su formati molto piccoli. Ma quest’anno la componente delle degustazioni è mancata. Questo per la campagna 2019, che ha visto poca produzione, non è stato un dramma, ma se la tendenza rimane questa, nel 2021 si rischia di rimanere con molto olio invenduto: la produzione del 2020 infatti è stata molto interessante sia per qualità che per quantità, dopo annate difficili. Ecco, se manca il contributo dell’enoturismo per noi sarà un problema, perché la vendita sui canali tradizionali ci lascia un margine ridotto».
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